Diciotto

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Al suono dell'ultima campanella del 22 dicembre, Alina si sentì come se avesse preso il volo su una moto spaziale insieme all'androide cromato di Painkiller.

Due settimane di vacanza! Davanti a quella meravigliosa prospettiva, i dubbi, le preoccupazioni e i problemi dei giorni precedenti scomparivano come nebbia nel vento. Due settimane da passare svegliandosi e andando a letto all'ora che le pareva, senza dover dividere tutti i giorni lo spazio e l'aria con gente che non sopportava; due settimane senza i compiti in classe e il silenzio in aula, senza doversi alzare di scatto come una marionetta all'ingresso dei professori, senza essere interrogata alla cattedra o messa al patibolo della lavagna. Due settimane di mattine e pomeriggi liberi, per ascoltare musica tutto il tempo, andare sullo skate, suonare la chitarra, passeggiare senza meta o poltrire sul divano guardando una replica di Supercar o McGyver.

Perché la vita non poteva essere sempre così?

Alina prese sottobraccio Ludovica ed Elisa mentre uscivano in cortile. "Ce l'abbiamo fatta!" esclamò, riparandosi gli occhi davanti al sole freddo di dicembre. "Siamo arrivate vive alle vacanze."

"Mancano cinque mesi e mezzo alla fine della scuola," commentò Ludovica, nel tono di chi intravede un'oasi nel deserto e spera che non sia un miraggio.

"Devo dirvi la verità, questa volta mi sembrava che Natale non arrivasse mai," confessò Elisa, calcandosi il berretto in testa. "Le ultime settimane non sono state proprio una passeggiata!"

Alina annuì. Incrociò lo sguardo di Saverio, che stava passando loro accanto per andare a raggiungere Mario e un paio di altri ragazzi della sezione B, e gli rivolse un cenno di saluto. Saverio sorrise e lo ricambiò rapidamente, ma non si fermò.

"Sono preda del raptus analeee... guarda che cazzo sto a faaa'..." lo sentì intonare con voce sguaiata (era una di quelle tremende canzoni sconce dei Prophilax: Saverio le sapeva tutte a memoria) mentre distribuiva saluti e pacche sulla schiena a Mario e agli altri.

Alina era troppo di buonumore per soffermarsi sul fatto che Saverio avesse evitato, come al solito, di farsi vedere vicino a Ludovica. Decise che quella questione sarebbe stata rimandata a dopo le vacanze, come qualsiasi altro pensiero relativo alla scuola.

Elisa, nel frattempo, stava pescando qualcosa dallo zaino. "Ho una cosa per voi," annunciò. Tirò fuori due pacchetti, realizzati con carta natalizia rossa e legati con un nastro, e li mise in mano alle amiche.

"E questo che sarebbe?" fece Alina, stupita.

"Sarebbe un regalo di Natale, Ali," replicò Elisa, sorridendo della sua reazione. "Si scambiano fra amici e parenti, e si aprono la sera della Vigilia. Oppure la mattina del 25, a seconda delle preferenze. Hai presente?"

"Ma non dovevi! Grazie!" esclamò Ludovica, guardando incredula il suo pacchetto con già il primo accenno di lucciconi dietro agli occhiali. "Io non ti ho preso niente..."

"Non l'ho mica fatto per avere un regalo in cambio," affermò Elisa, mettendo su il tono altero che usava quando interpretava Zadoka, e che le riusciva tanto bene. "È un piacere! E poi, tu mi hai invitato a giocare a D&D con voi. La tua amicizia per me è già un regalo."

Ludovica si lanciò sull'amica per abbracciarla, ripetendo "grazie" all'infinito. Elisa ricambiò, contenta.

"Attenta De Angelis, che la strozzi!" ragliò Mossa, da un capannello che comprendeva anche Bianchi, Binetti e Trivisonno.

"Stai attento te, Mossa, che ti dò una scarpata nei denti, hai capito?" strillò Alina al suo indirizzo. Mossa fece una risata di scherno che lasciava trapelare un certo disagio, sembrò voler replicare, poi ci ripensò e si voltò dall'altra parte.

Ludovica ed Elisa avevano ignorato lo scambio di battute.

"Beh, grazie del regalo, Eli," disse Alina, rigirandosi fra le mani il pacchetto. "Scusa, ma io non ho niente per te. Poi figurati, con la mia ben nota povertà..."

Elisa fece spallucce e le sorrise. "Vale la stessa cosa che ho detto a Ludo," rispose. "Siamo amiche. Va bene così. Non fare quella faccia preoccupata, non devi abbracciarmi se non vuoi."

Alina ridacchiò, guardò Elisa negli occhi e provò, inaspettata, una tale vertigine d'affetto nei confronti dell'amica che le venne davvero l'impulso di saltarle al collo e stringerla forte. Fino a quel momento, non si era resa conto di quanto sedersi ogni mattina accanto a Elisa le avesse fatto bene, nei giorni in cui il resto della classe sembrava tenerla a distanza, o prenderla in considerazione solo per beffarsi di lei.

Desiderò poter esternare quel sentimento, ma le si annodò la lingua. "Vuol dire che mi farai copiare i compiti per le vacanze?" chiese invece, tanto per buttarla sul ridere.

"Non ci pensare nemmeno."

"Andiamo alla fermata?" chiese Ludovica. "Non vedo l'ora di andare a casa. Ho famissima e voglio finire di leggere I draghi della notte d'inverno."

"Andate voi, oggi torno a piedi con mia sorella," disse Elisa, lanciando un'occhiata all'altro lato del cortile, dove i bambini delle elementari chiacchieravano, si rincorrevano e andavano incontro ai genitori. Alina scorse subito Sofia, la sorella di Elisa: si era tirata su una manica e stava confrontando un braccialetto di scubidou con quelli di altre due compagne in grembiule bianco. Era una bambina dall'espressione dolce e trasognata, con un viso paffuto nel quale gli occhi sottili quasi scomparivano e capelli più lunghi di quanto Elisa li avesse mai portati, legati in due code. Aveva dieci anni e frequentava la quinta.

"Allora ci sentiamo dopo Natale, ok?" disse Alina. "Non pensate di potervi liberare di me solo perché abito a Labaro."

"Volentieri," rispose Elisa.

"Ma certo," concordò Ludovica. La sua espressione felice si incupì un po'. "Certo, che peccato, avremmo potuto fare un paio di partite fantastiche se..."

"Dai, Ludo, le faremo!" le strillò nell'orecchio Alina. Quel giorno, non voleva farsi guastare l'allegria da nulla. "Andiamo, che mi si fredda il pranzo!"

Elisa agitò la mano mentre le amiche si allontanavano.

"Ali, tu cosa fai a Natale?" chiese Ludovica, aggiustandosi lo zaino sulle spalle.

"La vigilia andiamo a cena da nonna Brunilde," rispose Alina, sentendosi sempre più leggera man mano che il cancello della scuola si allontanava, dietro le sue spalle. "Poi, a Natale, andiamo dalla mia bisnonna Adelina, quella che vive a Campodimele. Ci sarà quasi tutta la famiglia dalla parte di mio padre, un casino incredibile! Certi parenti ancora non mi ricordo di chi siano cugini, zii o nipoti, guarda..."

"Io al contrario: faccio vigilia con i parenti di papà, e Natale con quelli di mamma," disse Ludovica. "Non vedo l'ora di stare con i miei cugini! Magari riusciamo a fare una partita a D&D o a un altro gioco, mentre i miei sono occupati a guardare la tv o a chiacchierare con gli zii."

All'angolo della strada, le due ragazze passarono accanto alla piccola edicola che smerciava Cioè, fumetti e figurine a tutti gli studenti della Achille Mauri. Noemi era in piedi all'interno del chiosco e occhieggiava le copertine delle riviste femminili. Nel sentire la voce di Alina, si girò e accennò un saluto silenzioso verso di lei. Alina ricambiò.

Ludovica girò gli occhi verso Noemi, poi li riportò alla strada e non disse niente.

"Anche a me piacerebbe giocare a Natale!" esclamò Alina. "Magari posso insegnare D&D a quegli indemoniati dei miei cuginetti. Chi lo sa se riesco a farli stare seduti per una mezz'ora."

"Se lo fai, dimmi com'è andata," sorrise Ludovica.

"Anche tu, se giochi con i tuoi cugini!"

"Speriamo che, almeno a Natale, i miei non rompano le scatole! Mannaggia ad Alberino Liguori e alle sue cavolate..."

Alina udì una voce familiare alle spalle e non poté resistere alla tentazione di voltarsi indietro: Noemi era stata raggiunta all'edicola da Debora e le due parlavano scrutandosi con cautela.

Dopo qualche momento, Alina le vide ritornare verso l'ingresso della scuola, dove Milena e Valentina confabulavano in attesa.

Ho attraversato le terre selvaggeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora