Due

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"Alina, io non ci posso credere," mormorò papà, alzando gli occhi dal diario dopo un tempo che le era sembrato interminabile. Doveva aver letto e riletto la nota almeno dieci volte. "Hai fatto a botte il primo giorno di scuola, mentre entravi."

Alina, in piedi in mezzo allo studio, incrociò le braccia e girò la testa per sbirciare il poster del tour del '74 degli Scorpions — autografato dai membri della band — che campeggiava nella sua cornice di vetro sopra la scrivania. Lo sguardo di Uli Roth con i baffoni da hippie era molto più facile da sostenere di quello di suo padre.

"Non ho fatto a botte, papà," protestò debolmente, cercando di ignorare il calore dietro le guance. "Ho solo dato un calcio a Bianchi e lui mi ha dato uno spintone. Fine."

"Beh, anche se non vi siete presi a sprangate, vale comunque come fare a botte, temo," replicò papà, prendendo una biro e apponendo la sua firma in calce alla nota. "Non è la prima volta quest'anno, come la tua preside ha voluto ricordarci. Ci ha convocati a scuola domani, lo sai?"

"Certo che lo so, papà," fece Alina, irritata. "L'ho letta anche io la nota." Che tono odioso che aveva messo su. Si sarebbe presa a schiaffi da sola. Staccò gli occhi dagli Scorpions per guardarsi le punte dei calzini a righe (le scarpe giacevano in un angolo della sua camera, calciate via con stizza qualche minuto prima). I capelli arruffati le caddero sulla faccia.

La preside non si era risparmiata, quella mattina: dopo aver torchiato lei, Elisa e Bianchi nel suo ufficio fino a ricevere una versione dei fatti soddisfacente, li aveva scortati in classe, interrompendo la lezione della Pepieri. Gli alunni della terza C erano saltati in piedi come molle e avevano trattenuto il respiro, mentre la Feregotti faceva il suo ingresso e si piazzava davanti alla cattedra, squadrandoli come il sergente di Full Metal Jacket davanti alle sue reclute pappemolli. Dopodiché, la preside aveva ordinato ad Alina e Bianchi di consegnare i diari, per ricevere la nota e la convocazione dei genitori. Elisa era stata risparmiata: la preside si era convinta della sua innocenza e del fatto che avesse cercato di fermare la rissa prima che cominciasse.

Non contenta, la Feregotti aveva fatto la predica a lei e Bianchi davanti a tutti; già che c'era, se l'era presa anche con il resto della classe, la quale, a suo dire, era composta per la maggioranza da un insieme di teppistelli maleducati e gattemorte pettegole, che mostravano solidarietà fra loro solo quando si trattava di infastidire i professori e rispettare il codice dell'omertà: il numero di note che la terza C aveva rimediato, diceva la preside sfogliando implacabile il registro, stava lì a dimostrarlo.

"Tuttavia", aveva aggiunto, fissando Alina, "riesce ancora a stupirmi come una ragazza proveniente da una famiglia normale, che si suppone debba aver ricevuto una qualche sorta di educazione, possa abbassarsi a questi livelli da bullo di periferia — pugni in faccia, calci, pestoni — e sempre colpendo per prima. Ma del resto i bulli dicono che chi mena per primo mena due volte, giusto?"

Era evidente che la Feregotti sperasse di suscitare in lei una reazione, ma Alina si era limitata a mordersi l'interno delle guance e fissare l'angolo di quaderno sul quale stava tracciando la M dei Metallica con tanta forza da bucare il foglio. Sentiva la preside parlare, ma nel frattempo pensava ai Sodom e agli Slayer, a James Hetfield che scandiva die die die motherfucker die, a Varg Vikernes che riempiva Euronymous di coltellate, a Satana e alla morte, alle copertine splatter dei Cannibal Corpse e a King Diamond con la faccia dipinta e il microfono fatto di ossa incrociate.

"Non ho cominciato io, sai," affermò Alina, trovando infine il coraggio di guardare suo padre. "Andrea Bianchi, e quell'altro deficiente di Mossa, hanno preso in giro me, Ludovica ed Elisa. Me lo dicevi sempre, alle elementari, che andava bene alzare le mani per difendersi."

Ho attraversato le terre selvaggeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora