Alina tese i muscoli e sentì una goccia di sudore scivolare, fastidiosa, giù per la schiena. Tra il secondo e il terzo set della partita era corsa nello spogliatoio a bere, ma adesso era di nuovo accaldata e aveva una gran sete. Molleggiandosi sulle gambe, fissò lo sguardo su Noemi che andava a fondocampo: le sue battute erano micidiali e, con la mira che aveva, avrebbe sicuramente lanciato dritto su Ludovica o Saverio.
Dopo una partita a dir poco infuocata, le due squadre erano ferme sul quattordici pari, e adesso il primo match point era affidato alla giocatrice più brava della classe. Sarebbe stata una battuta durissima da contrastare.
La mano di Noemi entrò in contatto con la palla, facendo rimbombare la palestra: un attimo dopo, un bolide filava oltre la rete, verso Ludovica.
"Mia!" strillò Alina, nonostante la palla fosse un po' troppo distante dalla sua zona. Ludovica, contenta di ricevere soccorso, si scansò di buon grado e Alina ribatté la palla nell'altra metà campo. Valentina tentò di respingerla, ma la mandò sulla rete e poi a terra.
Alina levò le braccia al cielo ed esultò a gran voce, come se stesse giocando la finale dei mondiali di pallavolo.
"Tiratela un po' di meno, Caritas!" esclamò Milena, appostata sotto rete.
"Non è colpa mia se siete delle zappe!" ribatté Alina, con le mani intorno alla bocca per farsi sentire meglio.
Si udì il frush frush di Guerreschi che, seduto alla cattedra, abbassava il giornale.
"Miei fulgidi esempi di fair play sportivo," disse, sornione, "volete che vi mandi tutti negli spogliatoi in anticipo?"
"No, prof, per favore!" implorò Alina. "Abbiamo quasi finito!"
"Allora più giocare e meno parlare, e specialmente niente sfottere gli avversari, che non siamo in Curva Nord all'Olimpico."
"A professo', ma che c'ha lei contro la Curva Nord, scusi?" intervenne Storaro.
Guerreschi fece un gesto sdegnoso con la mano e si nascose nuovamente dietro al Corriere della Sera.
La battuta e il match point passarono alla squadra di Alina: la responsabilità ricadeva su Stefano Trivisonno, che era un giocatore discreto ma a volte, per paura di battere corto, metteva troppa forza nel lancio e spediva la palla dritta oltre la linea di fondocampo.
"Forza, Stefano!" lo incitò Alina, gocciolante di sudore e piena di adrenalina fino agli occhi. "Dai che gli facciamo il c..." si interruppe e guardò verso la cattedra, dove il giornale di Guerreschi già fremeva. "...punto decisivo!" si corresse.
Stefano annuì, prese la palla, batté da sotto e, nel chiaro tentativo di evitare il suo consueto errore, lanciò troppo piano e la mandò dritta sulla rete.
Questa volta toccò agli avversari esultare.
Stefano si mise le mani in faccia, poi rivolse un gesto di scuse al resto della squadra.
"Tranquillo!" lo rassicurò Alina, che in quel momento l'avrebbe volentieri preso a calci.
Adesso Alina era sotto rete (il posto dove era meno utile in assoluto), al fianco di Elisa. Davanti a lei, nell'altra metà campo, c'era Milena.
"Chi sarebbero adesso le zappe, Caritas?" sibilò la sua avversaria.
"Aspetta la fine della partita per festeggiare, tu," replicò Alina.
Mary Grace andò alla battuta, lanciò secco e preciso addosso a Saverio, che serrò i pugni e respinse a fatica. Noemi, dall'altra parte del campo, ribatté con molta più eleganza. La palla fece avanti e indietro quattro volte, poi finì a Bianchi, che saltò e la schiacciò. Nell'impossibilità fisica di fare muro (le sarebbe servito uno sgabello), Alina balzò a sinistra per respingerla con una manata, ma il suo metro e quarantasette la tradì: riuscì a toccare la palla solo con la punta delle dita, senza poterle dare abbastanza forza da scavalcare la rete.
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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...