Negli ultimi due anni e mezzo, Alina aveva suonato innumerevoli volte il citofono con i cognomi Cimaglia e Lucchi, al numero tredici di Via Volsinio. Il condominio nel quale viveva Noemi era un edificio color crema di cinque piani, pulitissimo e altoborghese, che sorgeva vicino alla chiesa di San Saturnino dove la sua amica era stata battezzata e comunicata; tuttavia, nel trovarsi davanti al portone di legno che tanto le era familiare, quel sabato pomeriggio, Alina si sentì come Rainbow di fronte all'ingresso di un dungeon ben gremito di mostri.
La Punto materna era scomparsa dietro l'angolo. Non poteva più tornare indietro.
Certo che posso tornare indietro, pensò Alina, togliendo il dito dal pulsante del citofono e asciugandosi le mani sudate sui pantaloni neri. Posso prendere l'autobus e andare da nonna Brunilde. Potrei perfino andare a piedi.
L'ipotesi di saltare la festa e tapparsi in un posto sicuro con la musica nelle orecchie le balenò in mente per la centesima volta, e per la centesima volta — ma dopo averci rimuginato per un tempo che le sembrò molto lungo — Alina la scartò. Aveva litigato con Ludovica ed Elisa per quella festa: anche se non aveva più la minima voglia di andarci, non poteva rischiare di litigare anche con Noemi e restare veramente sola come un cane (così aveva detto Ludovica: ogni volta che Alina ci pensava si sentiva bruciare di rabbia e vergogna, e le veniva voglia di strillare tipo Rob Halford su Painkiller).
Era una questione di principio. Di quale principio, esattamente, Alina non lo sapeva e preferiva non stare a ragionarci troppo.
Alina deglutì, strinse il manico della busta che conteneva il regalo per Noemi — la musicassetta del nuovo best of di Freddie Mercury, uno dei pochi artisti che entrambe apprezzavano — e controllò per l'ennesima volta lo stato del suo abbigliamento. La mamma era stata prima sorpresa e poi entusiasta di sapere che si sarebbe vestita elegante per l'occasione: dopo pranzo, l'aveva presa in custodia e aveva dichiarato che le avrebbe dato una mano a prepararsi e alla festa avrebbe fatto furore, nemmeno l'avrebbero riconosciuta.
Per prima cosa, l'aveva piazzata davanti allo specchio e aveva passato un'ora a piastrarle i capelli. Alina aveva protestato e brontolato e pensato che avrebbe preferito una sessione di pulizia dei denti con il nazista che torturava Dustin Hoffmann nel Maratoneta. La mamma aveva fatto: "Su, su, ho quasi finito" per tutto il tempo.
Alla fine sua madre aveva finito, e le aveva legato i capelli in una mezza coda, lasciando il resto sciolti sulle spalle. Poi aveva fissato la pettinatura con la lacca.
"Mamma, spero sia quella senza CFC," aveva commentato Alina, ripensando alle lotte per l'ambiente di Laura Conti.
"Tranquilla, lo strato di ozono è salvo," era stata la tranquilla risposta della mamma, che poi aveva rimirato il lavoro finito con gli occhi che brillavano. "Quanto sei bella, figlia mia, sembri una principessa delle fate!"
Alina aveva roteato gli occhi ed emesso un grugnito, ma poi si era concessa qualche secondo per rimirare la sua nuova pettinatura: i capelli avevano dei riflessi luminosi che non aveva mai visto. Guardarsi allo specchio le dava una sensazione piacevole, invece della solita indifferenza.
Un'altra ora era stata spesa per la scelta dei vestiti, caduta poi su pantaloni e camicia neri, e un maglione rosso con il collo a v che era stato di sua madre, ma adesso le andava piccolo. Alina era riuscita a imporre la scelta delle Doc Martens tirate a lucido, e in cambio aveva acconsentito a farsi mettere un leggerissimo tratto di matita sugli occhi.
Era in piedi davanti al portone da quasi cinque minuti. Faceva un gran freddo, e stava iniziando a piovere. Sentendosi come una stupida a restare lì impalata, prese un respiro profondo e, finalmente, suonò il citofono.
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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...