Il sole d'ottobre stava lottando già da un po' contro le dense nubi color ferro, ma ormai era accerchiato da tutti i lati e sembrava in procinto di gettare la spugna. Alina rilasciò un soffio d'aria nel mettere piede fuori dal portone della scuola, e si accorse solo in quel momento del sollevarsi di un peso che si era trascinata appresso per tutta la giornata. Era una sensazione nuova, certo piacevole in quel momento, ma che recava con sé la consapevolezza che l'invisibile fardello si sarebbe ripresentato uguale la mattina seguente, al suono della prima campanella.
Alina fece due passi, incespicò nei lacci, imprecò sotto voce e si chinò ad annodare le Converse. Un dito di vento freddo si insinuò sotto la sua giacca di jeans e nei buchi sui pantaloni che lasciavano scoperte le ginocchia. Il giorno successivo avrebbe dovuto almeno considerare l'idea di vestirsi più pesante — o l'avrebbe fatto la mamma per lei.
Quel pensiero le fece realizzare che non aveva alcuna voglia di vedere sua madre dopo aver passato il pomeriggio da nonna Brunilde; tanto meno di fare il tragitto in macchina con lei e subire i suoi tentativi di fare conversazione che si sarebbero conclusi, con ogni probabilità, in un litigio. Perché la mamma non capiva che voleva essere lasciata in pace?
Ma no, le cuffie in macchina non si mettono, è da asociali, rimuginò Alina. Chiedi scusa a Debora e vedi di essere sincera, vèstiti più pesante che stai sempre come finfirillino ai bagni, non ascoltare il walkman in macchina... nemmeno quando aveva sei anni sua madre la trattava così da babbea.
Qualcosa di morbido la colpì sulla testa e rotolò via: era la carta appallottolata di una pizza al taglio, macchiata d'olio e sugo. Alina, ancora piegata su un ginocchio con i lacci in mano, alzò la testa per vedere le arpie e Noemi passarle accanto.
"Oh, scusa Moretti," fece Milena, fingendo premura. "T'ho visto lì e ho pensato che eri un secchio della monnezza."
Ci fu un'esplosione di ilarità sgangherata che coinvolse anche un paio di persone di un'altra classe, gente che Alina nemmeno conosceva. Un branco di iene, ecco cosa sembravano. Noemi fece un mezzo sogghigno imbarazzato (era chiaro che non volesse rischiare di restare indifferente a una battuta di Milena), ma si voltò subito dall'altra parte.
"Forse è un cassonetto della Caritas per i vestiti usati," rincarò Valentina.
"Ma manco alla Caritas ce li vogliono quelli!" offrì il suo contributo Maura, dal retro del corteo.
Alina le odiò tutte con grande impeto, ma per la prima volta, sentì ancora più forte dell'odio il desiderio di sparire dalla faccia della terra. Aveva lo stomaco contratto e le parole serrate in gola; per la vergogna e l'umiliazione che provava, odiò anche sé stessa.
Si alzò lentamente e si asciugò le palme delle mani sui jeans, soffermandosi a guardarli con attenzione per la prima volta da mesi: erano vecchi e stinti, con l'orlo sporco che strusciava per terra e due buchi sfilacciati attraverso i quali tutti potevano vedere le sue ginocchia ossute, sbucciate come quelle di una bambina per via dei suoi cocciuti tentativi di imparare ad andare sullo skate. Meritavano davvero di stare nell'immondizia. Decise che non li avrebbe più indossati.
Alina si affrettò verso la fermata dell'autobus, resistendo alla tentazione di seguire con lo sguardo Noemi, che si allontanava in direzione opposta con il suo corteo. Arrivata sotto la pala gialla con la scritta ATAC, prese il walkman e cominciò a frugare nello zaino alla ricerca di una cassetta. Passò in rassegna le sue opzioni, poi infilò un nastro dei Megadeth. Avrebbe immaginato di essere su un palco e di sputare fiele e acido sul mondo, come faceva Dave Mustaine con la sua voce puntuta.
"Alina!" si sentì chiamare, prima di poter inforcare le cuffie.
Elisa agitò una mano per salutarla. La sua nuova compagna di banco veniva verso di lei a passo svelto e schiena dritta; era ben coperta contro il freddo — cappotto, sciarpa rossa, scarponcini — e portava lo zaino su entrambe le spalle, indifferente allo stile che andava per la maggiore a scuola e che imponeva di farlo pendere da una sola cinghia. In mano stringeva qualcosa che Alina riconobbe essere il suo diario.
STAI LEGGENDO
Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...