Quattro

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La linea telefonica di Noemi era occupata. Ancora.

Alina sbatté giù la cornetta, spremendo un ding! esasperato dal vecchio telefono grigio, e tornò in camera sua. Girò brevemente lo sguardo sui poster dei suoi numi tutelari — Lemmy, Ozzy, Ronnie James Dio, i Guns, i Metallica — poi tornò alla scrivania a fissare il libro di storia, aperto al capitolo che avrebbe dovuto studiare nel pomeriggio, a casa della nonna; se non che, era stata troppo impegnata ad arrovellarsi su quanto era successo a scuola per concentrarsi sui moti rivoluzionari del 1821.

Provò a leggere qualche paragrafo, ma le parole del testo le attraversavano il cervello come un ruscello d'acqua fresca. Per l'ennesima volta, si trovò a ripercorrere con il pensiero le settimane precedenti, alla ricerca di un episodio che spiegasse in qualche modo il comportamento di Noemi. Tutto inutile: da quando la scuola era cominciata, non c'era stato nessun litigio fra loro, solo qualche sciocco battibecco che si era sempre concluso in grandi risate; Alina era certa di non aver fatto nulla che avesse potuto indurre l'amica ad arrabbiarsi con lei. Durante i mesi delle vacanze estive, Milena e le galoppine erano state relegate nell'insignificanza e a malapena nominate. Perché, allora, Noemi aveva cominciato ad andare in giro con loro, truccarsi come loro e divertirsi alle spalle di Ludovica insieme a loro?

Forse, rimuginò Alina, Noemi stava cercando di farsi notare da Storaro: da quando quello sgradevole personaggio era apparso nella loro classe a settembre per ripetere la terza media — non solo odioso, quindi, ma pure scemo come una capra — aveva monopolizzato le attenzioni di quasi tutte le ragazze e schiacciato sotto il suo tallone dispotico i ragazzi. Alina era rimasta schifata nello scoprire che anche Noemi c'era rimasta sotto, ma era una sbandata che all'amica poteva perdonare volentieri — anche se, fosse stato per lei, avrebbe dato Storaro in pasto ai coccodrilli senza esitare un momento.

Quello che non poteva tollerare, era che Milena cercasse di irretire Noemi con le sue lusinghe per fare di lei una delle sue servitrici. Decise che quella sera gliel'avrebbe detto chiaro e tondo. La sua migliore amica non era un'oca come Debora e Valentina: sarebbe rinsavita davanti alla nuda verità dei fatti.

Guardò l'orologio: erano le nove e mezza. Lei e Noemi si sentivano tutti i giorni alle nove. Alina aveva provato a telefonare cinque volte negli ultimi trenta minuti, ricevendo in risposta solo l'irritante tu-tu-tu della linea occupata.

Al diavolo, tanto domani non mi interroga, pensò, e chiuse il libro con un tonfo molto soddisfacente. In mattinata, avrebbe dovuto ricordarsi di copiare matematica da qualche compagna bendisposta: aveva iniziato a completare gli esercizi, ma si era subito scontrata con un'equazione chilometrica che le aveva fatto passare la voglia.

Desiderò avere il telefono in camera, per non dover fare avanti e indietro ogni cinque minuti, ma i suoi genitori erano stati irremovibili, insinuando che se avesse avuto un apparecchio nella sua stanza avrebbe finito per stare al telefono con Noemi tutti i giorni fino a tarda notte. Tipico dei suoi, pensare che a tredici anni compiuti non fosse capace di decidere quando era il momento di riattaccare la cornetta!

Sospirò e tornò in corridoio per fare un altro tentativo. Passò accanto alla porta chiusa di Maurilio, suo fratello, il quale persisteva nell'ascoltare In Utero dei Nirvana, come aveva fatto senza interruzione da quando il disco era uscito. Un po' di varietà proprio no? E poi, quel Kurt Cobain cantava peggio di un gatto con il mal di gola.

Prese il telefono, compose il numero, e tese tutti i muscoli nell'udire che ai brevi suoni staccati si era sostituito il lungo squillo della linea libera. Attese qualche secondo, accorgendosi con fastidio che il cuore le batteva più forte e aveva le mani sudate.

"Pronto?" rispose la voce familiare della madre di Noemi.

"Pronto, sono Alina. C'è Noemi, per favore?"

Ho attraversato le terre selvaggeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora