In considerazione della sua condotta solitamente buona, e del fatto che il pugno rifilato a Debora non avesse causato nessun danno grave, Alina venne sospesa per un solo giorno. Il consiglio di classe le diede la possibilità di spiegare le sue ragioni, ma Alina non volle aggiungere nulla alla versione dei fatti portata da Debora: ovvero, che il pugno fosse stata una reazione spropositata a un'innocua presa in giro. A che cosa sarebbe servito raccontare tutta la vicenda, coinvolgendo Noemi? Solo a metterla in imbarazzo. Era stata comunque lei a colpire per prima, e sarebbe stata punita ugualmente.
Peggio ancora della sospensione, fu il dover chiedere scusa alla nemica, sotto gli occhi delle rispettive madri. Alina odiò ogni singolo momento di quell'ordalia. Per prima cosa, lei e la mamma dovettero salire al sesto piano in uno stretto ascensore di metallo (Alina non sopportava gli ascensori, le facevano venire il fiato corto); sulla porta, le aspettava la madre di Debora: una signora scura di carnagione e capelli tanto quanto la figlia era bionda e chiara, la quale le salutò con freddezza e squadrò Alina con la faccia che si riserva alle criminali incallite.
La sua compagna di classe riposava in una cameretta rosa, su un letto guardato a vista dai poster di Luke Perry e Tom Cruise. Alina recitò le sue scuse, cercando di metterci tutta la sincerità possibile — aveva il terrore che la mamma potesse trovare le sue parole insufficienti e sentirsi in dovere di aggiungere qualcosa.
"Non preoccuparti, Alina," rispose Debora, rivolgendole un sorriso dolciastro di indulgenza posticcia. Con il naso ingessato, parlava come qualcuno che soffrisse del peggior raffreddore del mondo. "Spero che potremo essere amiche, d'ora in poi."
La signora Morreale rivolse alla figlia un sorriso radioso d'orgoglio.
Alina fece buon viso a cattivo gioco. "Ma certo," disse, stiracchiando le labbra e nel frattempo immaginando Eddie, la mascotte degli Iron Maiden, che rivolgeva a Debora il suo ghigno da cadavere disseccato e poi trucidava a colpi di machete quei bellimbusti patinati appesi ai muri.
Ad Alina era sembrato di ritornare a respirare solo dopo essere scesa nuovamente in strada, ma quando sua madre le aveva messo una mano sulla spalla, si era scansata con malgarbo. Non si era mai sentita così umiliata.
Il ritorno a scuola dopo la sospensione si rivelò un'esperienza quasi altrettanto spiacevole. Messo un piede oltre l'ingresso, Alina era stata accolta da un coro sguaiato da parte di Storaro e quattro maschi suoi succubi, che si erano messi a cantare in coro la colonna sonora di Rocky. Storaro aveva anche improvvisato un brano di telecronaca di pugilato, mentre quelli intorno facevano i suoni della folla in delirio e se la ridevano della grossa.
Alina era passata oltre mostrando loro il dito medio.
Durante la prima ora, la Messina aveva decretato un cambio di posti: Alina ed Elisa sarebbero diventate compagne di banco a titolo permanente; Noemi era stata piazzata indietro, al fianco di Maura (che di certo non avrebbe perso tempo a chiederle quale fosse la strategia migliore per ingraziarsi Milena). Nessuna delle dirette interessate osò avanzare il minimo commento, anche perché la Messina aveva messo su una delle sue famigerate facce da direttrice di penitenziario.
A ricreazione, Noemi uscì di fretta dall'aula al seguito della sua nuova comitiva. Alina la guardò andare via, aspettando che l'amica sentisse il peso dei suoi occhi dietro la schiena e si girasse per vedere il suo disappunto. Ma Noemi non si girò.
Laura e Mary Grace si attardarono un momento accanto al banco di Alina.
"Vieni?" chiese Laura, accennando alla porta.
Alina pensò al rumore prodotto da duecento studenti che sfogavano in cortile la frustrazione delle ore trascorse in classe; immaginò Storaro e i suoi amici che ridevano scambiandosi le loro battute sconce e davano calci a una palla di carta impacchettata con lo scotch, mentre Noemi faceva la passerella con Milena, sotto lo sguardo adorante e invidioso delle ragazze che non erano abbastanza fortunate da appartenere a una compagnia così popolare. Non aveva voglia di assistere a un solo minuto di quello spettacolo.
"Non mi va di scendere, oggi," rispose, tirando fuori il walkman. "Ci vediamo dopo."
Laura esitò un momento, ma Mary Grace la tirò per una manica e le fece segno di andare.
Elisa fu l'ultima ad alzarsi. Per un attimo sembrò che stesse per dire qualcosa, ma poi Alina inforcò le cuffie, schiacciò play ed Elisa diede una piccolissima scrollata di testa, prese il cappotto e si allontanò.
Nell'aula erano rimaste solo Alina e Ludovica. Quest'ultima stava china su uno dei suoi disegni, masticando assorta le unghie della mano che non stringeva la matita. Un pallido sole filtrava dalle finestre: Alina chiuse gli occhi e allungò il viso verso quel tenue calore, come una pianticella rimasta troppo tempo al buio. Nelle sue orecchie, i Metallica suonavano Fade to Black e la chitarra elettrica arpeggiava una marcia funebre, cullandola e facendole desiderare di poter restare lì per sempre, con il viso al sole, gli occhi chiusi e la musica a confortare la sua solitudine.
Alina aprì le palpebre per trovarsi davanti Ludovica, in piedi davanti al banco, che la fissava. La ragazza si aggiustò gli occhiali, diede una rassettata a una di quelle sue felpe enormi e senza forma, poi tornò a succhiarsi un'unghia. Sembrava più grassa, sciocca e imbranata che mai.
"Che c'è?" chiese Alina, scostandosi una cuffia dall'orecchio senza nascondere l'irritazione.
Ludovica tolse la mano di bocca e la guardò titubante. "Senti," disse infine, con quel mormorio che costringeva sempre l'interlocutore a chiederle di ripetere ("Voce, De Angelis!" era solita pungolarla la Pepieri, la prof di italiano), "io volevo solo dirti che hai fatto bene, secondo me."
"A fare cosa?" chiese Alina, sebbene non ci fosse bisogno di chiarimenti.
"A dare un pugno in faccia a Morreale," chiarificò Ludovica, e i suoi occhi sembrarono illuminarsi, nel ricordare l'accaduto. "Se lo meritava. La odio, è solo una stupida oca senza cervello."
Il petto di Alina si riempì di una rabbia irragionevole. Premette il tasto pausa e si tolse le cuffie con un gesto di ostentata esasperazione che la portò a strapparsi una dozzina di capelli.
"Che se lo meritava siamo d'accordo, guarda," rispose, "ma, visto che la odi tanto, non potevi pensarci tu a darle un bel cazzotto? E magari anche a Milena e Valentina, perché no? Invece di aspettare che arrivasse una deficiente come me a farsi saltare i nervi e beccarsi la sospensione."
Ludovica sembrò rimpicciolirsi davanti alla sua reazione. "Ma, ma io non volevo dire..." pigolò.
"Lo so!" la interruppe Alina, alzandosi dalla sedia. "Ma perché non provi anche tu ad alzare un po' la voce e magari pure le mani, quando quelle stronze ti fanno qualcosa? Sono due anni e tu sempre lì a piangere: no, per favore, basta, smettetela, andate via." Alina si produsse in una breve imitazione del tono lamentoso di Ludovica e della sua postura difensiva con le braccia strette intorno; la sua interlocutrice sussultò e Alina si detestò per quella crudeltà inutile, ma era tardi per rimangiarsela. "Perché non provi a reagire, cazzo?"
"Non sono capace," bisbigliò Ludovica, con una voce più tenue che mai, scuotendo avvilita la testa e guardando il pavimento. Alina sospirò e sedette pesantemente; la rabbia l'aveva abbandonata, rapida come era giunta.
"Dai, lascia perdere, Ludovica," disse, accennando a rimettersi le cuffie. "Mi hanno sospesa per un giorno, non è successo niente."
Sembrò che Ludovica stesse per replicare qualcosa, ma Alina si coprì le orecchie (Fade to Black nel frattempo era finita ed era rimasto solo il fruscio della cassetta) e l'altra rinunciò. A testa china, Ludovica rimise la sua unghia in bocca, tornò al banco e riprese a lavorare al suo disegno: uno strano mostro di forma sferica, con dieci occhi appesi ad altrettanti tentacoli e una grande bocca dentata.
Alina girò la cassetta dall'altro lato. Un familiare sentimento di pena e fastidio — ma unito a un senso di colpa peggiore del solito — la indusse a distogliere lo sguardo dalla sua compagna e ad alzare ancora un poco il volume del walkman.
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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...