Alina trascorse la ricreazione pomeridiana in classe, con le cuffie in testa, sparandosi nei timpani Show No Mercy degli Slayer. Temeva il momento del ritorno in classe dei suoi compagni, ma allo stesso tempo era impaziente di parlare con Noemi. Non riusciva ancora a credere che la sua amica avesse potuto comportarsi con tanta cattiveria, solo per strappare qualche risata a quelle tre arpie!
Se c'era una cosa di cui era certa, era che Milena non avrebbe spifferato alla Messina quanto era accaduto in mensa: farlo sarebbe equivalso ad attirare l'attenzione dell'insegnante sull'impresa di Noemi.
Milena non ha bisogno di fare la spia per mettermi nei guai, pensò. Si vendicherà con tutta calma, come e quando vuole lei. Fu sorpresa dal nervosismo che quella considerazione le suscitava. Gli occhi ambrati e cattivi di Milena lampeggiarono nella sua mente. Come aveva fatto a passare due anni in classe con lei e non accorgersi mai che aveva lo sguardo di un felino che puntava la sua preda?
Un paio di minuti dopo il suono della campanella, i suoi compagni di classe rientrarono in aula. Noemi fu tra le ultime a varcare la porta: quando i loro occhi si incontrarono, Alina lesse sul viso dell'amica un misto di imbarazzo e disagio che mai si sarebbe aspettato di veder comparire a causa sua.
Noemi distolse lo sguardo, passò accanto al banco che per due anni aveva condiviso con Alina e si diresse verso il fondo dell'aula.
Alina si costrinse a non voltarsi. Tirò fuori i materiali di tecnica, fingendo indifferenza, con il cuore e lo stomaco in subbuglio. Posò sul banco carta millimetrata, squadra, goniometro, sentendo che Noemi, Milena e le altre in fondo alla classe stavano discutendo; le loro parole andavano perse nel chiacchiericcio generale dell'aula, ma i loro sguardi le bruciavano sulla nuca.
Alina sentì un nodo stringere la gola e rimase sgomenta nello scoprire che aveva voglia di piangere, proprio lì, in mezzo a tutti, come una marmocchia di prima elementare che vuole la mamma. Frugò dentro di sé alla ricerca della rabbia che l'aveva incendiata pochi minuti prima, del desiderio di rovesciare banchi e sedie, urlare, prendere Milena, Valentina e Debora e farle a pezzi a mani nude, farne materia per una canzone degli Slayer ("I'll rip your flesh 'till there's no breath, dismbembered destiny"): tutto sparito. Si sentiva prosciugata, vuota di tutto tranne che di un terribile scoramento. Voleva soltanto tornare a casa e stendersi sul letto, dietro una porta ben chiusa.
Il pensiero della sua stanza calda, accogliente e lontana, le fece salire le lacrime agli occhi. Si chinò sullo zaino e finse di essere molto occupata a frugare in cerca di qualcosa.
Così facendo, scoprì che, tanto per migliorare le cose, aveva lasciato il compasso a casa.
Quando sentì di avere abbastanza controllo sulle sue emozioni, rialzò la testa e vide che Elisa Zhang si era seduta accanto a lei. La ragazza cinese le sorrise, ma non ritenne di doverle dare spiegazioni relative al cambio di posto con Noemi.
Alina sospirò, puntò i gomiti sul banco e si stropicciò gli occhi con le mani finché il suo campo visivo non si riempì di scintille.
Guardò Elisa, che aveva già disposto tutta l'attrezzatura davanti a sé.
"Mi sono scordata il compasso," disse, con un filo di voce.
"Puoi usare il mio, se vuoi," rispose Elisa, spostando la custodia al centro del banco.
Il professor Bolzoni entrò in classe. Tutti si alzarono in piedi, per poi tornare a sedersi a un suo cenno.
Bolzoni si sistemò alla scrivania, inforcò gli occhiali, fece per aprire la sua valigetta; poi si fermò, grattandosi la corta barba grigia.
"E questa che storia sarebbe?" esclamò, corrucciato. "Zhang, Cimaglia, perché avete cambiato posto?"
Qualche secondo di silenzio. Alina prese un lungo respiro e lo rilasciò lentamente.
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Ho attraversato le terre selvagge
Teen FictionAlina e Noemi frequentano la terza media in una scuola del quartiere Flaminio, a Roma: impulsiva e irruenta l'una, spensierata e socievole l'altra, le due amiche sono diversissime fra loro, eppure inseparabili. Elisa è studiosa, pacata e solitaria...