Capitolo 21

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Fu una questione di attimi impercettibili, nati e morti con una tale velocità da farmi credere che non fossero nemmeno accaduti. E la mia vita sembrava girare intorno a quello, a quel tempo che correva senza mai aspettarmi, darmi il tempo di reagire, di accorgermi di ciò che mi accadeva intorno e agire per rendere tutto meno doloroso. Eppure la situazione era quella, l'attimo era passato, il futuro si era adattato ad esso e io mi ritrovavo lì, ancora con il piede negli attimi precedenti, come se non mi fossi mai mossa da lì.
Guardai la mia coinquilina che fossava il suolo con gli occhi sgranati e con la mano sporca di sangue, e di colpo mi sentii una persona completamente diversa, senza più dolore ma con una rabbia che cresceva a dismisura, che bruciava dentro di me, che mi faceva tremare e che mi spinse a prendere il coltello dell'assaltore e a metterlo sul suo collo.

«Tu...» dissi stringendo i denti e facendo pressione sul suo collo.

«No...» sentii dire dalla mia coinquilina e subito mi voltai verso di lei. La sua mano era ancora posata sul suo collo ma la sua attenzione non era verso la sua ferita.

«Non uccidere.» continuò tirandosi su e guardandomi con una smorfia di dolore sul viso.

«V... Vedi? È tutto okay. Non mi ha presa in pieno...» disse togliendo la mano dal suo collo facendo notare un taglio non troppo profondo che partiva dalla clavicola sinistra fino ad arrivare al mento.
La guardai a lungo come se non ci credessi, poi tornai a guardare l'assalitore, mossi il coltello e gli feci un taglio simile facendolo gemere dal dolore.

«Occhio per occhio, dente per dente.» dissi per poi passare il coltello alla mia coinquilina, afferrare il suo polso e andare via.
Passammo un bel po' di tempo in silenzio, un po' perché io non avevo intenzione di aprir bocca e un po' perché la mia coinquilina si ritrovava stupita dalle mie azioni e chissà da cos'altro.
Camminavamo a passo veloce per le strade della città, provavo una strana calma, una di quelle che si prova quando si finisce per nutrire una parte di noi che a lungo avevamo tenuto sottochiave, come una bestia sanguinaria che sbatte continuamente contro le sbarre della sua gabbia e che, una volta sazia, decide di andare a riposare, di darci un po' di tempo prima che torni a cercare altro sangue, a nutrirsi di dolore, rabbia, rimpianti, fino a corroderti e spingerti a diventare qualcosa di disgustoso, simile a chi odiavi in passato.

«Non dovevi.» disse la mia coinquilina una volta entrate nel nostro nascondiglio. Io storsi il naso, andai a prendere il necessario per medicarla e infine la guardai dritta negli occhi.

«Cosa avrei dovuto fare, mh? Passargli il coltello e fargli finire il lavoro? Oppure dovevo chiedergli di fare fuori anche me in modo da risparmiarmi tutta la merda che sta venendo fuori e che continuerà ad uscire?» dissi a denti stretti ricevendo da lei uno sguardo preoccupato.

«Uccidere qualcuno non migliorerà le cose anzi, le peggiorerà. Scaricare il tuo dolore su chi pensi che lo meriti non ti renderà migliore di loro.» disse allungando la mano per prendere il necessario ma io la bloccai.

«Oh magari ero peggiore di loro prima che il mio cervello andasse a farsi fottere.» dissi iniziando a disinfettare la sua ferita. Lei non si lamentò molto, si limitò a qualche smorfia ma oltre a quello non fece storie; evidentemente era abituata.
I secondi a seguire furono travolti dal silenzio, quasi come se lei fosse sul punto di dirmi qualcosa tirandosi indietro subito dopo.

«Perché ti vogliono morta?» le chiesi curiosa ma anche irritata da tutti quei segreti. Lei sospirò e portò leggermente la testa indietro per permettermi di medicarla per bene.

«Te l'ho detto.» disse solamente facendomi irritare ancora di più.

«Vuoi davvero portare avanti questo gioco? Credimi, sono sul punto di perdere la pazienza.» le dissi iniziando a fasciarle il collo dopo che il suo sguardo si posò nuovamente su di me.

«May We Meet Again» - {Addicted To You - Sequel}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora