Capitolo 58

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Ci sono momenti in cui il dolore diventa così forte da farti sentire la sua forza anche sulla pelle, forse perché non è mai soddisfatto di quello che causa alla mente, vuole sempre di più. Il petto brucia terribilmente come se la pelle si fosse strappata creando innumerevoli ferite, pronte ad infettarsi, a far propagare il dolore e il marcio fino ad ucciderti. Il dolore non è mai sazio, si ciba di ogni spiraglio di luce, accenno di vita, di sorrisi, di emozioni positive, fino a controllarti e bruciare tutto quello che fa parte della tua realtà: legami, stabilità, tutto. E la mente cede, la mente inizia a far male, a dirti che non può resistere a tutto quel dolore, e infine un filo si spezza, tutto va in frantumi e niente appare come dovrebbe. Tutto quello che ti circonda diventa un nemico, tu sei un nemico e diventi paranoico, incapace di vedere una via d'uscita.
Raegan ormai non riusciva più a ricordare un attimo in cui era stata in grado di respirare, momenti in cui le era stata concessa la possibilità di sedersi e vivere con tutta se stessa ciò che le era rimasto.
Quando sentì le parole dei medici il suo cuore sembrò fermarsi e il tempo smise di scorrere, come se fosse caduta in una voragine che la rendeva cieca ad ogni cosa ma che, poco a poco, iniziava a soffocarla. Il petto le faceva male, bruciava come se le stessero buttando alcol su ferite vive, le sue gambe non sembrarono più in grado di reggere il suo peso finendo per costringerla a sedersi per terra, con le spalle contro il muro. Il respiro le si mozzò, i polmoni sembrarono collassare completamente e di colpo si ritrovò a cercare invano di far entrare aria nei polmoni, ma l'aria che, un tempo era quasi un sinonimo di vita, ora sembrava soffocarla solo di più, come se fosse fatta di fuoco e tutto ciò che desiderava era bruciarle i polmoni, soffocarla.

«Raegan!» la chiamò Abigail cercando di mantenere il controllo ma, vedendo la sua amica in quello stato, l'agitazione iniziò a prendere il controllo anche del suo corpo. Usò ogni piccola parte di sé per controllarsi, per far notare il meno possibile quanto quella situazione la stesse preoccupando, sapeva che farsi prendere dal panico avrebbe solo peggiorato le cose e Raegan aveva bisogno di qualcuno che le parlasse con calma, che la facesse ragionare e capire che non era sola.

«Raegan, guardami.» dissi mettendosi davanti a lei senza però azzardarsi a toccarla.
Nel mentre, il loro ostaggio, rimaneva poco lontana da loro ma non scappò anzi, si avvicinò ad Abigail chiedendo se potesse aiutarla ma quest'ultima scosse il capo. Raegan reagiva malamente quando qualcuno cercava di calmarla o controllarla, ancora di più se a farlo era uno sconosciuto o qualcuno con cui non aveva un buon rapporto.

«Guardami!» le ripeté senza però alzare particolarmente la voce. Il suo tono era calmo, amichevole, e il suo sguardo era fisso sulla sua amica che dopo un po' seguì la sua indicazione. Raegan era nel panico, muoveva la mano con cui teneva la pistola fin troppo vicina alla testa, il suo respiro era irregolare, i pensieri scorrevano incontrastati, ma riuscì a recuperare un po' di controllo e ad ascoltare Abigail.

«So che sei preoccupata, comprendo il tuo dolore e... sappi che sono qui, non sei sola e mai lo sarai. Faremo tutto il necessario per far sì che tutto vada nel verso giusto. Segui il mio respiro.» le disse indicando il suo viso per poi iniziare ad inspirare dal naso ed espirare dalla bocca. Raegan chiuse gli occhi per un po', poi tornò a guardare Abigail e seguì le sue indicazioni. Ebbe un po' di difficoltà a stabilizzare un minimo il respiro ma chi aveva di fronte le trasmetteva sicurezza, calma, e quel sorriso sincero le dava conforto, forza, come se poco a poco stesse iniziando a credere che essere legata a qualcuno non era una debolezza. Certo, i suoi nemici non si erano mai risparmiati a ferire le persone che amava e che aveva amato ma, allo stesso tempo, comprendeva che non sarebbe mai riuscita ad arrivare lì se non fosse stato per quelle persone che l'avevano sempre supportata, aiutata anche quando sbagliava. Lei aveva sbagliato in passato, continuava a farlo nel presente e probabilmente l'avrebbe fatto anche nel futuro. Come chiunque altro lei era umana, lontana dalla perfezione ma sempre pronta a migliorarsi, senza tagliare fuori chi, in realtà, erano i suoi più grandi punti di forza.

«May We Meet Again» - {Addicted To You - Sequel}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora