29.

22 2 0
                                    

Passarono due giorni dopo il test di gravidanza, con Andres ci eravamo visti poco e stranamente non sospettava nulla, cercai di evitarlo in quei giorni almeno fino a sabato ma dovevamo parlare con gli avvocati, organizzarci e di quello si occupava lui.
Ero un po' frastornata, non stavo molto bene, avevo costantemente la nausea e più volte appena finivo di mangiare dovevo subito rimettere in bagno. Erano sintomi normali della gravidanza, avrei dovuto tenere quel bambino solo fino a sabato e non osavo immaginare come sarebbe stato tenerlo per nove mesi. Fisicamente quindi non ero proprio in forma. Psicologicamente neanche.
Mi sentivo troppo in colpa sia per il bambino ma anche per Andres. Ero molto combattuta, sapevo che non era la scelta giusta ma in quel momento mi sembrava l'unica cosa da fare. Quel bambino forse sarebbe stata la gioia più grande e l'inizio di qualcosa di stupendo ma non riuscivo a prendere la consapevolezza. Andres voleva un figlio? Pensai solo a me e a quello che volevo io. Mi resi conto di essere un'egoista e questo per una relazione non era l'ideale. Mi ero messa in testa questa cosa e l'avrei portata a termine, chiunque non fosse stato d'accordo poteva benissimo andare via.
Ragionavo così quando ero in panico e non sapevo cosa fare, finivo sempre per allontanare tutti e rimanere da sola.
Quel pomeriggio dovevo andare a parlare con gli avvocati, decisi di uscire di casa perché non potevo restare segregata dentro per sempre. Avevo la coscienza pulita e quindi non dovevo preoccuparmi di niente.
Andres mi venne a prendere e quel pomeriggio si accorse per mia sfortuna che non stavo tanto bene. Si preoccupò subito come sempre, riusciva a capirmi da un solo sguardo.
"So che hai qualcosa." Affermò lui facendo un sorriso curioso. Mi abbracciò da dietro ma cercai di distaccarmi. Ero molto nervosa e scontrosa e non stavo riuscendo a sopportare nessuno. Mi girai male.
"Niente. Facciamo tardi andiamo." Dissi io prendendo la borsa e uscendo di casa senza aspettarlo. Rimase sorpreso ma non fece domande stranamente. Quando non ero di buon umore di solito non ero così acida ma gli ormoni stavano facendo in loro lavoro.
Entrammo in macchina e ci mettemmo un po' ad arrivare allo studio dell'avvocato, era un po' distante da Madrid. Per tutto il tragitto regnava il silenzio, guardavo fuori dal finestrino ed ero persa tra i miei pensieri. Mentre eravamo fermi ad un semaforo Andres ne approfittò per parlarmi.
"Adesso si può sapere cosa hai oppure sei ancora nella modalità stronza?" Mi chiese quasi provocandomi. Non aveva capito che era meglio lasciar perdere quel giorno.
"Cazzo ti ho già detto che non ho niente quante volte devo dirtelo ancora?" Sbottai infastidita. Cosa mi succedeva? Quel segreto mi stava mangiando dentro, era come se volessi dare la colpa a lui quando ero il problema.
"Quando ti passa poi dimmelo." Disse infastidito e forse anche un po' dispiaciuto. Le persone dopo un po' si stancano di starmi dietro e lasciano che faccia quello che voglio.
Arrivammo allo studio quasi come due sconosciuti, nessuno dei due proferiva parola e i nostri occhi non si incrociavano neanche per sbaglio. L'avvocato ci avvisò delle ultime novità.
"Allora il tuo caso è stato preso in mano da un giudice. Perché in mezzo ci sono cose molto più serie rispetto alle diffamazioni di cui ti accusata lui." Iniziò l'uomo.
"Quindi come procede?" Domandai impaziente.
"Dice che guarderà bene tutte le prove sia tue che quelle di Antonio. E ci sarà l'udienza tra qualche settimana, vorrà sentire dei testimoni e vuole verificare un po' di cose." Continuò guardando un po' di carte che aveva davanti.
"Ma che tipo di prove ha lui? Oltre a dire che non è vero cosa può fare altro?" Intervenne Andres. Antonio non aveva nessuna prova che io dicessi il falso quindi quello che aveva presentato a giudice non era sicuramente qualcosa di vero e legale soprattutto.
"Di questo non ne ho idea purtroppo, vedremo all'udienza. Stai tranquilla Najwa..." mi rassicurò l'avvocato anche se non riuscivo a mantenere la calma.
Andammo via che era già sera ma ancora il muro che c'era tra di noi non si era abbassato.
"Vuoi venire da me stasera?" Mi chiese cercando di placare le acque.
"No portami a casa." Risposi decisa. Sbuffò lui sbattendo la portiera della macchina e iniziò a guidare verso casa. Questo lato di me non lo aveva mai visto e non gli piaceva molto.
Giunti a casa mia, mi seguii ed entrò dentro senza che gli dicessi niente. Voleva capire cosa stesse succedendo anche se era consapevole di andare in contro ad un litigio pesante.
"Hai dimenticato qualcosa?" Dissi stizzita. Non mi ero mai successo di essere infastidita dalla sua presenza. Non ero in me infatti.
"Si ho dimenticato la vecchia Najwa, vorrei conoscere la nuova" borbottò lui venendomi in contro e sedendosi sullo sgabello a braccia conserte.
"Non sono in vena di battute. Se hai finito vattene" gli ordinai io indicandogli la porta. Stava perdendo la pazienza.
"Che cazzo di problemi hai?" Sbottò lui arrabbiato.
"Non ti lascio un minuto per paura che tu stia male. Mi sono messo in tutto questo per noi e poi quello che ricevo è questo?" Disse nervoso. Gli animi si stavano scaldando.
"Non te l'ho chiesto di entrare nella mia vita. Lo hai deciso tu." Risposi indifferente. Questo era anche vero, era stato lui ad avvicinarsi a me io non ho mai chiesto niente.
"Non ti è dispiaciuto però venire a letto con me vero? Mi vuoi dire di nuovo che sono uno dei tanti Najwa?" Iniziò a rinfacciarmi un po' di cose e non la sopportavo questa cosa.
"Che fai mi rinfacci le cose? Non è dispiaciuto neanche a te mi sembra o sbaglio?" Iniziai così a farlo anch'io. Si avvicinò a me.
"Vedi come siamo? Te l'ho già detto che finiremo per distruggerci." Dissi io allargando le braccia e guardandolo negli occhi. Non mi fece parlare.
"Ti rendi conto che dici solo cazzate?" Mi sorprese con quelle parole. Poi continuò.
"Cerchi solo delle scuse per mandare tutto a puttane. E sai perché? Perché sei innamorata come non lo sei mai stata prima d'ora, ed uno come a differenza di altri che ti sei scopata ti può rompere il cuore. E questo lo so è terrificante ma non puoi continuare a scappare da tutto. Non sei una bambina..." piangeva. Quelle parole erano così piene di verità che non risposi perché avrei fatto solo una figuraccia. Girò a vuoto per casa con le mani tra i capelli.
Poi ritornò da me.
"Ogni volta che nella tua vita le cose vanno bene cerchi sempre un pretesto per rovinare tutto. Pensi solo a te cazzo e non te ne rendi conto. Non ci sei solo tu in questo mondo.." Si fermò per riprendere fiato. Prese le sue cose e si diresse verso la porta. Guardavo ogni suo movimento senza avere il coraggio di parlare.
"E so come ti senti perché in questo momento mi stai distruggendo." Concluse sbattendo la porta e andandosene.
Ancora una volta aveva ragione e mi sentivo una merda, non solo lo avevo trattavo male ma gli stavo nascondendo anche la cosa più importante. Probabilmente lo avevo già perso eppure restavo lì a fissare il vuoto.

IL SILENZIO DI UNA ROSSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora