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Avete presente quelle cose che accadono una sola volta nella vita? Quelle che dovete afferrare in un preciso istante perché altrimenti le perdete? Come quei treni che se non prendi al volo finiranno per essere soltanto rimorsi, avete presente? Succede anche con le persone, questo ho imparato. Ci sono alcune persone che entrano nella nostra vita e dobbiamo tenerle, dobbiamo custodirle, amarle per quello che sono e farci amare per quello che siamo, senza fingere di essere altro. Lui è la mia sola volta, quell'esatto momento in cui i suoi occhi mi guardano e sento quel senso di scompiglio nello stomaco, quando guardo il cielo e so già dove vorrei essere, cosa vorrei e con chi vorrei essere. Lui è il mio posto sul divano con la pioggia fuori mentre ascolto musica. Lui è la mia sola volta.
"Najwa devi venire subito, ti mando la posizione. Sbrigati." Mi disse agitato Marco. Temevo il peggio, doveva fare in fretta. Era difficile ragionare in quei momenti, le mani sudavano e tremavo come non avevo mai fatto.
"Marco cosa è successo cazzo. Sta bene?" Chiesi io mentre mettevo in moto la macchina.
"Devo andare adesso fai in fretta." Mi rispose lui. Odiavo quando lasciavamo i discorsi a metà. Non sapevo cosa aspettarmi arrivata lì, la posizione indicava una strada statale che portava al centro di Madrid. Pensai subito ad un incidente stradale ma cercavo in qualsiasi modo di auto convincermi che non fosse così. Ma cosa poteva succedere su una strada se non quello.
Arrivata sul punto la scena che avevo davanti ai miei occhi sembrava un film. C'era l'ambulanza e diverse pattuglie della polizia, c'era stato un incidente. Una macchina era sottosopra completamente distrutta ma dentro non vedevo nessuno, poi c'era la macchina di Andres che era andata fuori strada e anche questa era ormai ridotta male. Di Andres nessuna traccia. Mi avvicinai di più sul punto facendomi spazio tra le tante persone che stavano osservando. Le lacrime mi bagnavano il viso, ero disperata. La paura di averlo perso per sempre diventò padrona del mio corpo. Non ero in me e non riuscivo a ragionare. Sentivo ogni parte di me sgretolarsi secondo dopo secondo e per quanto cercassi di calmarmi non riuscivo. Vidi Marco parlare con la polizia, anche lui era spaventato e agitato.
"Marco per favore dimmi dove sta. Cosa è successo, la sua macchina è distrutta."Lo scongiurai di portarmi da lui, volevo spiegazioni. Volevo vederlo e assicurarmi che stesse bene.
"Najwa è privo di sensi. Non reagisce più, lo stanno portando in ospedale..." mi spiegò lui con le lacrime agli occhi, nel frattempo l'ambulanza sfrecciò via e man mano il suono delle sirene si fece sempre più lontano.
Scoppiai a piangere disperatamente e mi fiondai tra le braccia di Marco che cercò di consolarmi e tenermi in piedi. La gambe non reggevano e facevo fatica a respirare.
"Ti prego andiamo da lui..." chiesi singhiozzando, Marco annuì e con la mia macchina andammo all'ospedale dove era diretta l'ambulanza. Era piuttosto lontano e durante il tragitto Marco mi spiegò cosa gli aveva detto la polizia. Erano riusciti a vedere dalle telecamere della strada tutta la scena. Una macchina in controsenso e a tutta velocità è andata proprio contro Andres, facendolo finire fuori strada perché non riuscì a mantenere il controllo del volante. Quella macchina si è poi ribaltata per l'impatto è per l'alta velocità con voi correva. Sembrava proprio che l'avesse fatto volontariamente perché Andres ha cercato in tutti i modi di schivarla come si è visto dalle telecamere ma la macchina ha cercato in tutti i modi di andargli sopra. E ci era riuscita.
"Hijo de puta. È stato Antonio." Affermai io guardando la strada.
"L'uomo nell'altra macchina è morto e non era Antonio." Disse lui confuso, non aveva capito prima quando glielo avevo spiegato.
"Ovvio che non era lui, stava a casa mia quando è successo..." replicai io. Avevo mille pensieri in testa e l'odio che provavo per quell'uomo aumentava.
"Avrà sicuramente trovato qualche disperato che aveva bisogno di soldi e in cambio di qualche mazzetta da cinquanta avrà accettato di fare questa cazzata che l'ha fatto morire." Spiegai a Marco. Avevo capito il suo gioco, fare del male a lui avrebbe fatto molto più male a me.
"Ma non è vero dai... non farti paranoie." Mi disse lui mente continuava a guidare.
"Non sono paranoie. Mi ha detto che mi avrebbe lasciato un regalo per il bambino tra poco perché a causa del processo che perderà non riuscirà a vederlo." Continuai sempre più convinta di quello che dicevo.
"Voleva ferire me ma non sapeva cos'altro farmi visto che ha provato di tutto. Fare del male ad Andres era l'unico modo per ferirmi. E ci è riuscito." Conclusi. La gola mi bruciava e i miei occhi si bagnarono nuovamente di lacrime, non potevo credere che la cattiveria umana potesse arrivare a quel punto. E non potevo credere che sarei potuta rimanere sola di nuovo,  questa volta con un figlio da crescere e una vita troppo dura da vivere da sola.
Arrivammo all'ospedale e subito ci dirigemmo verso il pronto soccorso per chiedere dove stesse e come stesse. Ci dissero che lo avevano ricoverato in terapia intensiva e che era privo di sensi, come se stesse in coma in poche parole. Reagiva difficilmente, aveva un trauma cervicale quindi era costretto a tenere il collare cervicale rigido e due costole rotte.
Parlammo col dottore che sembrava essere molto preoccupato.
"Mi preoccupa il fatto che il battito cardiaco non è regolare." Ci spiegò lui, cercò di non farci agitare ma era inevitabile.
"Dottore cosa gli può succedere?" Chiese Marco temendo la risposta.
"Dipende, se continua in questo modo alcune parti del corpo potrebbero rimanere paralizzate. Dobbiamo tenere sempre sotto controllo il cuore per evitare una tachicardia o qualsiasi altro tipo di problema." Confermò il dottore. Mi cadde il mondo addosso. Ero terribilmente dispiaciuta e mi sentivo in colpa come non mai. Era in quella situazione per colpa mia, se non stesse con me, se non mi avesse mai conosciuta non avrebbe mai avuto nessun problema.
"C'è qualcuno di voi che questa notte può restare qui?" Chiese il dottore. Ovviamente mi offrì io, sarei stata giorni interi per aspettare che si risvegliasse.
Tornai a casa per preparare i suoi vestiti e i miei da portare per il periodo che sarebbe dovuto rimanere lì. Tornai velocemente in ospedale era ormai sera, un'infermiera mi accompagnò nella camera dove era stato messo. Nel rivederlo scoppiai di nuovo a piangere, non ce la facevo a vederlo ridotto in quello stato. Mi avvicinai al suo letto e gli presi la mano stringendola. Aveva graffi sul viso e sembrava davvero che non ci fosse più, non dava nessun segno. Lo guardavo e piangevo, era sempre stata colpa mia e non se lo meritava. Non potevo lasciarlo in quel momento, dovevo essere forte per lui come lui lo è sempre stato per me.
"Ce la devi fare. Io senza di te non ce la faccio amore, io e tuo figlio abbiamo bisogno di te, ti prego..." sussurrai tenendo stretta la sua mano che veniva bagnata dalle mille lacrime che scendevano dal mio viso.

IL SILENZIO DI UNA ROSSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora