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I giorni passavano, l'estate era ormai arrivata. Il caldo iniziava a diventare insopportabile soprattutto per una donna incinta, era Giugno ed ero all'ultimo mese di gravidanza, la pancia mi esplodeva e Teo scalciava come un giocatore di calcio facendomi male a volte. Ogni volta che si faceva sentire era un'emozione immensa e non vedevo l'ora di averlo tra le mie braccia. Volevo uscire e me lo faceva capire. La dottoressa mi disse che sarebbe dovuto nascere entro la fine di Giugno e avevo molta ansia, normale per una donna in gravidanza che ha paura che possa succedere qualcosa al proprio figlio. Era il 29 Giugno e ancora tutto tranquillo, Teo scalciava per uscire ma ancora preferiva restare dentro.
Con Andres non so descrivere come andavano le cose, mi stava vicino, mi chiamava sempre e veniva a casa mia per aiutarmi. Dal punto di vista della nostra relazione però non vedevo un miglioramento, cercavo sempre di avvicinarmi e avere un minimo di contatto fisico ma nulla, era freddo come la pietra e distaccato. Iniziavo a stancarmi di questa situazione perché lo amavo con tutta me stessa e non sapevo più come dimostrarglielo e fargli capire che quel bacio con Benjamin non era stato assolutamente voluto. Non avevamo più parlato della sua famiglia e non chiesi neanche, non perché non fossi interessata ma perché avrei solo peggiorato le cose. Non avevo idea di cosa stesse succedendo e se davvero era riuscito a farle ragionare come mi aveva detto. Ero molto curiosa di saperlo ma non mi raccontava più niente. Questo cambiamento del nostro rapporto mi faceva molto male. Siamo passati ad essere complici l'uno dell'altra, raccontarci tutto ogni minimo dettaglio, a non sapere più niente che non riguardasse il bambino. Forse era solo lui che ci teneva insieme e non era giusto con il bambino dovesse vivere con due persone che si sforzavano di stare insieme ma non lo volevano veramente. Avremmo deciso quanti giorni sarebbe dovuto stare con me e quanti con lui, era questa la soluzione migliore per quando sarebbe cresciuto un po', solo che io non volevo che mio figlio vivesse così in bilico. Non volevo che risentisse di questa situazione, non dovevo sforzarmi per stare con Andres perché era l'unica cosa che desideravo, ma lui?
Ceravo risposte e dato che l'uomo che avevo davanti non me ne dava nessuno chiesi al suo migliore amico, con qualcuno tutto questo tempo doveva pure sfogarsi no? E se quella persona non ero io, nom poteva essere nessun altro se non Marco. Quindi lo chiamai quando Andres non era a casa con me.
"Ehi Marco ti disturbo?" Chiesi non appena iniziò la chiamata. Mi mangiavo le unghie per l'ansia.
"Ciao Najwa da quanto tempo... non mi disturbi dimmi tutto" mi disse, era sempre stato molto gentile e disponibile con me.
"Per caso Andres ti ha raccontato come va con la sua famiglia?" Domandai mentre con fatica cercavo di alzarmi dal divano. Ero una balena con quella pancia.
"Non dovrei dirti niente in realtà..." tentennò un po' lui, sicuramente Andres gli aveva detto di non parlare.
"Ti scongiuro! Fallo per una povera donna incinta che a malapena riesce ad alzarsi dal letto.." lo pregai ridendo, si mise a ridere anche lui.
"Ho bisogno di sapere perché non lo riconosco più e non so se il problema sono ancora loro o sono io..." gli spiegai convincendolo a parlare.
"Con la sua famiglia va tutto bene. Ha chiarito e sembra che abbiamo trovato un equilibrio, non ce l'hanno più con te e sembrerebbero disponibili a conoscerti..." mi raccontò lui, rimasi allibita da quelle parole, ero nello stesso tempo felice per questo traguardo ma non capivo perché me lo teneva nascosto e perché continuasse a comportarsi così.
"Perché non me lo dice? Ti ha parlato di me o non so se ha deciso cosa vuole fare?" Cercavo spiegazioni ed entrai nel pallone perché volevo togliermi l'unico pensiero che avevo in testa cercando qualsiasi altra giustificazione.
"No di te non mi ha detto niente. Mi parla solo di Teo ma non di voi..." disse desolato. Lo ringraziai per l'aiuto che mi aveva dato, dovevo ricambiargli molti favori.
Non mi amava più. Stava con me solo per Teo e non sapeva come dirmelo. Era questa l'unica spiegazione che riuscivo a darmi, altre non mi venivano in mente. Iniziai a piangere mentre il bambino scalciava, non voleva che stessi male e lui lo sentiva e assorbiva tutto il mio dolore. Non riuscivo a crederci, volevo prenderlo a schiaffi e sfogare tutta la mia rabbia ma nello stesso tempo volevo solo sprofondare nelle sue braccia, sfogarmi con lui e dirgli quanta paura avessi di perderlo e di restare da sola con il bambino, di quanta paura avessi a diventare madre e non esserne all'altezza.
Arrivò a casa mia per cena e mi trovò sul divano mentre guardavo il vuoto con le lacrime che lentamente scendevano sulle mie guance. Si preoccupò ovviamente vedendomi così e si avvicinò.
"Cosa è successo? Perché stai così?" Mi chiese sedendosi accanto a me. Io mi alzai subito anche se con difficoltà e iniziai ad andare avanti e indietro per il salotto guardando il pavimento e con una mano dietro la schiena per sostenere la pancia e l'altra in bocca mentre mangiucchiavo le mie unghie.
Lui si alzò subito dopo di me e allargò le braccia per chiedermi spiegazioni.
"Perché sei così con me anche se la tua famiglia è disposta a conoscermi?" Domandai diretta fulminandolo con lo sguardo, restò impassibile davanti a quelle parole e capii subito che avevo parlato con Marco anche se non dovevo.
"Per quale cazzo di motivo mi tratti così? Me lo merito?" Continuai in preda ad un attacco di panico piangendo come una disperata.
"Non sono questi i problemi seri della vita ma io ho bisogno di sapere se ti vedrò solo come il padre di mio figlio o anche come l'uomo che dormirà accanto a me. Dimmelo perché io non ce la posso fare più." Dissi per concludere, mi guardava senza parlare e annuiva con la testa. Era arrivato il momento di dirmi quello che pensava e cosa voleva fare. L'attesa era diventata stressante per me.
"Non sono sicuro di potercela fare..." si giustificò avvicinandosi a me.
"Che vuoi dire con questo?" Non lo feci finire di parlare, avevo fretta di sapere.
"Voglio dire che io ci sarò per il bambino ma..." interruppe il discorso, avevo già capito cosa volesse dire e annuì con la testa per fargli capire che avevo compreso.
"Ma per me non ci sarai. Va bene Andres messaggio ricevuto..." dissi rassegnata, sapevo che stava imponendo a se stesso questa cosa che non era assolutamente vera.
"Ci sarò sempre quando avrai bisogno ma non posso dirti che starò con te nello stesso letto..." continuò a spiegarmi ma mi stava facendo rimanere ancora più male. Non avevo più niente da perdere quindi scoppiai e dovevo dirgli tutto quello che mi passava per la testa.
"Tu mi ami?" Chiesi seria.
"Non è questo il punto." Rispose lui.
"No, è questo il punto." Dissi io.
"Non è questo il punto." Continuava a ripetere lui, cercando di sviare il discorso.
"Il punto è questo e non mi hai risposto." Controbattei io, ero più testarda e volevo una risposta. Piangevo e stavo sfogando tutto il mio dolore. C'era silenzio e nessuno dei due parlava più.
"Si, ti amo." Disse lui ad un tratto, lo guardai ancora più arrabbiata, dispiaciuta e delusa.
"Allora quando ami una persona cerchi una soluzione, non butti via tutto quanto. Ci pensi bene..." gli dissi io, poi mi fermai un attimo riflettere e aggiunsi.
"Perché potrebbe non ricapitarti." Conclusi con il cuore il cuore in gola e con voce strozzata. Era molto difficile mettere un punto a quella storia soprattutto se nessuno dei due voleva farlo e allora perché dovevamo?
Tutto ad tratto si avvicinò veloce verso di me, mi prese il viso e mi baciò. Non desideravo altro se non quello e subito le nostre lingue si intrecciarono in un bacio passionale. Il suo sapore, il suo profumo, i suoi baci, lui, mi erano mancati troppo. Il bacio però non durò a lungo.
"Cazzo Andres..." dissi staccandomi dalle sue labbra terrorizzata.
"Cosa c'è?" Mi chiese perplesso.

"Si sono rotte le acque..." risposi agitata.

IL SILENZIO DI UNA ROSSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora