È incredibile come molte cose succedano nel momento sbagliato, quando non puoi intervenire e non hai la minima idea di quello che stia succedendo.
Quante probabilità c'erano che in quell'ospedale stesse accadendo l'inferno proprio nel momento in cui avevo deciso di non andare?
"Najwa dove cazzo sei?" Mi disse Marco agitato, avevo appena riacceso il telefono, era scarico e lo misi sotto carica in macchina. Non lo avessi mai fatto.
"Ero al bar con le altre, cosa è successo..." chiesi iniziandomi a preoccupare, non era suo solito chiamarmi e soprattuto così agitato.
"Andres stava per morire, ti hanno chiamata ma non ricevendo risposta hanno cercato me per fortuna..." mi spiegò lui affannato, probabilmente aveva fatto una corsa per arrivare in ospedale.
Ed io dov'ero? A divertirmi con le mie amiche come se gli non potesse succedere nulla.
Chiusi subito la chiamata e sollecitai Alba ad andare più veloce per raggiungere l'ospedale al più presto, da una bella giornata si era trasformata in un putiferio. Dovevo andare da lui subito dopo il processo, non dovevo divertirmi, sarei dovuta essere lì con lui e magari evitare che succedesse quello che è successo. Cos'era capitato ancora non lo sapevo. L'unica cosa che gli avevo promesso era di stare sempre con lui e di prendermene cura, non ho rispettato la mia promessa e ho rischiato di perderlo senza neanche salutarlo per l'ultima volta. I sensi di colpa diventavano sempre più grandi e il cuore ormai batteva fuori dal torace. Sembrava come una punizione per non aver fatto quello che dovevo fare e la meritavo tutta. Non potevo vivere senza quell'uomo e perfetto significherebbe morire insieme a lui.
Arrivammo in fretta all'ospedale, Alba aveva corso parecchio sulla strada. Mi fiondai subito in terapia intensiva con le mie amiche cercando qualche dottore che potesse dirci cosa fosse successo. Cercavo Marco ma non lo trovavo, la stanza di Andres era vuota e non sapevo cosa fare. Misi le mani tra i capelli disperata finché poi finalmente vidi venirmi incontro Marco.
"Cosa è successo? Sta bene? È vivo?" Chiesi in panico. Speravo che stesse bene per non avere ulteriori sensi di colpa.
"Adesso lo stanno operando. Si era svegliato..." mormorò lui, non voleva dirmelo perché sapeva che avrei avuto i sensi di colpa per mesi perché non ero lì in quel momento.
"Dovevo essere qui cazzo..." dissi guardando in alto cercando di non far scendere le lacrime. Sbuffai e abbracciai Alba che era sulla mia destra.
"Voleva alzarsi dal letto non so per quale motivo ma è caduto a terra, non so di preciso cosa gli sia successo, stavo aspettando che i dottori mi dicessero" mi raccontò lui. L'importante era che lo avevano salvato, io non avrei saputo cosa fare.
Era da un paio d'ore nella sala operatoria e in tempo si era fermato, come in tribunale. Andavo avanti e indietro per il corridoio, ogni tanto mi fermavo davanti alla finestra per guardare Madrid che iniziava ad illuminarsi. Erano le 7 di sera e il mio stomaco iniziò a brontolare, non avevo mangiato nulla perché ero al processo. Rimase solo Alba con me mentre Marco andò a prendere da mangiare.
"Ho bisogno di fumare in questo momento." Confessai alla mia amica, sapevo che non potevo.
"Mi sa che tuo figlio/a non è molto d'accordo con questo." Disse lei determinata, non me lo avrebbe permesso.
"Avrei voluto vedere i suoi occhi quando si è svegliato..." sussurrai mentre osservavo il panorama che si vedeva al quinto piano. Alba però mi sentii.
"Non sentirti in colpa. Ti stavi solo svagando un po' come è giusto che sia..." cercò di consolarmi ed alleviare il mio dolore.
"Se fossi stata lì non si sarebbe alzato e probabilmente adesso sarei sul letto a parlare con lui..." m'incolpai nuovamente. La mia amica faceva di tutto pur di tirarmi su con il morale.
"Adesso sta bene e lo stanno aiutando, l'importante è questo." Mi disse lei mettendo il suo braccio intorno al mio collo e portando la mia testa verso il suo petto.
"Guarda quanto è bella Madrid..." mormorò la donna al mio fianco. Le volevo un bene dell'anima e la sua capacità di distrarmi dal dolore e di sollevarmi era unica.
Per fortuna che era mia sorella.Passò un'altra ora e nel frattempo Marco era arrivato con il cibo. Mentre mangiavo il mio panino il dottore finalmente si avvicinò a noi e ci spiegò tutto.
"Quando si è alzato dal letto è caduto perché gli è venuta una trombosi alla gamba, è stata provocata da una placca di sangue che si è accumulata nell'arteria e l'ha occlusa non permettendo al sangue di circolare regolarmente. Può capitare che ci sia un'arresto cardiocircolatorio in questi casi ma siamo riusciti a riprenderlo subito. È normale che avvenga nei pazienti che sono fermi a letto per molto tempo e poi provano ad alzarsi. Siamo subito intervenuti sulla gamba e adesso sta bene." Concluse il dottore, ascoltavo attentamente tutto quello che diceva ed erano come delle martellate al cuore, il dolore era anche mio.
"Adesso dov'è?" Chiesi io preoccupata. Il dottore mi tranquillizzò.
"Adesso è nella sua stanza, sta dormendo. Ogni giorno gli somministriamo l'eparina per evitare che si verifichi di nuovo una trombosi. Ti accompagno da lui se vuoi..." accettai subito senza neanche pensarci, Alba e Marco mi lasciarono andare da sola perché era tardi, io li salutai e seguii il dottore. Nel tragitto per andare alla stanza che era un po' lontana dalla sala d'attesa il dottore fece una riflessione.
"La cosa che mi ha sorpreso di Andres è che quando lo abbiamo sollevato da terra non era del tutto privo di sensi e ha pronunciato delle parole, di solito nessuno riesce a parlare in quei casi." Mi raccontò il dottore, io chiesi quali parole avesse pronunciato.
"Posto lontano io e te..." accennai un sorriso timido, erano le parole che gli avevo detto mentre era in come. Mi aveva ascoltata.
"Ma si risveglierà vero domani?" Domandai.
"Si adesso sta solo dormendo, probabilmente si sveglierà tardi ma non è più in coma." Tirai un sospiro di sollievo sentendo quelle parole. Forse riuscivo a vedere una fine a quest'altro tunnel buio.
Arrivammo alla camera e il dottore mi lasciò entrare da sola, lo avvisai che sarei rimasta lì la notte e lo ringraziai.
Entrai lentamente nella stanza, sul letto Andres dormiva beato, non volevo svegliarlo. Lui ha il sonno profondo e poi era tutto imbottito di farmaci, non lo avrebbe svegliato neanche una bomba scoppiata accanto a lui.
Lo guardavo e m'innamoravo di più, era così bello anche quando dormiva e non vedevo l'ora che si svegliasse per poterlo baciare. Mi mancava troppo il suo sapore, le sue mani su di me, i nostri corpi a contatto e volevo sentirlo mio per sempre.
Con gli occhi rossi e gonfi stranamente riuscì a prendere un po' di sonno sul letto accanto al suo, ma mi svegliavo sempre per controllarlo.
L'indomani mattina alle 8 ero già sveglia, andai a prendere il latte dalla macchinetta accanto alla camera, e presi anche dei biscotti per fare colazione. Mi misi sul tavolo di spalle ad Andres per mangiare, inzuppavo tranquillamente i miei biscotti nel latte pensando al futuro in particolare, ma facevo fatica ad immaginarlo.
"Posso mangiarli anche io i biscotti?" Disse una voce alle mie spalle. Rimasi pietrificata a guardare avanti a me, finalmente la risentì ed era la sensazione più bella che avessi mai provato. Mi girai di scatto verso di lui e mi guardava con i suoi bellissimi occhi spalancati, non riuscì a trattenere le lacrime. Andai verso il letto e lo abbracciai stendendomi accanto a lui. Piangevo e non riuscivo a sommettete, il suo braccio mi stringeva leggermente e anche lui piangeva. Abbiamo avuto paura di perderci, guardarsi di nuovo negli occhi, parlare e piangere insieme era la cosa più bella che mi potesse capitare.
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IL SILENZIO DI UNA ROSSA
FanfictionE se il passato non fosse poi così passato? Cosa succede se una persona da un giorno all'altro entra nella tua vita e scava in quei segreti che hai tenuto sempre nascosti? E cosa succede se ti innamori di quella persona? Fino a quanto ci si può spin...