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La conversazione finii male ovviamente, non potevo aspettarmi altro sapevo già che sarebbe andata a finire in quel modo.
Non potevo più sopportare quella situazione, io e Andres ci allontanavamo giorno dopo giorno per delle persone che nella sua vita era a malapena presenti. Se avessimo lasciato perdere tutta quella faccenda avremmo vissuto la nostra storia normalmente come facevamo prima, senza considerare quelle donne. Ancora una volta pensai che la colpa fosse mia perché insistetti tanto per conoscerle e non lo avevo ascoltato. Purtroppo finché non vedo con i miei occhi quello mi dicono non ci credo.
Mi mancava Andres e volevo capire cosa gli stesse succedendo, era cambiato e non volevo che buttasse tutto all'aria per questa cosa.
Decidi di andare a casa sua dopo essere andata da sua madre, non rispondeva alle chiamate e non avevo idea di come stesse, e non sapere nulla di lui mi uccideva. Avevo bisogno di sentirlo costantemente vicino a me come una calamita con un frigorifero, se la calamita non è attaccata al frigo cade. Io mi sentivo cadere, vuota e persa in uno spazio in cui non sapevo muovermi e con un bambino in pancia che non sapevo più se avesse vissuto una vita semplice.
Bussai alla porta insistentemente e Andres aprii lentamente, entrai senza dire nulla e lui non si oppose.
"Hai intenzione di ignorarmi ancora per molto?" Dissi io stizzita. Non volevo aggredirlo, non se la stava passando bene sicuramente ma feci tutt'altro.
"Cosa hai risolto andando da mia madre e venendo qui?" Mi chiese a sua volta lui, evidentemente lo avevano già avvisato.
"Andres sono qui perché sei il mio fidanzato, sei la mia famiglia e non sentirti per giorni mi uccide..." spiegai mantenendo la calma, non capivo perché fosse così freddo nei miei confronti, non avevo fatto assolutamente nulla, eppure sembrava così.
"Ho bisogno dei miei spazi e del mio tempo." Mi rispose deciso. Che spazi e tempo gli servivano? Perché questo cambiamento radicale? Cosa avevo fatto?
"Andres veramente non capisco, perché sei così freddo..." domandai dispiaciuta, ci stavo veramente male per questa cosa, doveva aprirsi con me, sfogarsi e invece si allontanava soltanto non risolvendo nulla. Cercai di avvicinarmi a lui prendendogli la mano e abbracciandolo ma si spostò.
"Dimmi ti prego cosa ti succede perché sto rimanendo di merda..." mormorai quasi piangendo.
"Che ti ha detto mia madre?" Mi chiese ignorando la mia reazione alla sua freddezza.
"Mi ha detto che non ne vuole sapere niente di me e mi ha screditata come al solito." Raccontai asciugandomi le lacrime. Lui iniziò a camminare nervoso per la stanza e lo seguivo con lo sguardo.
"Ecco perché non volevo che le conoscessi." Mi disse, stava iniziando a sciogliersi e ad abbassare i muri.
"Tranquillo sto bene." Cercai di rassicurarlo ma compresi la sua preoccupazione.
"No non stai bene e non posso sopportare di vederti così..." sussurrò a bassa voce per non farsi sentire mentre guardava fuori dalla finestra il panorama di Madrid, era di spalle a me. Andai vicino a lui da dietro e lo abbracciai.
"Starei meglio se tu stessi con me." Gli dissi. Mi accorsi che piangeva. Era difficile per lui, non voleva lasciare la sua prima famiglia perché in un modo o in un altro era legato, e non aveva intenzione di lasciare me e suo figlio. Si trovava tra due fuochi, per quando riguarda me poteva stare con entrambi, non gli avrei mai impedito di vedere la sua famiglia. Ma sua mamma e sua sorella non gli avrebbero permesso di stare con me ora che mi conoscevano, e lo avrebbero messo davanti ad una scelta. Ma lui chi avrebbe scelto?
"Ti va di sfogarti?" Chiesi andando davanti a lui, presi il suo viso tra le mani e lo guardai negli occhi. Mi disse di no ma insistetti.
"Non voglio che tu accumuli tutto dentro. Prima o poi esploderei e non voglio che succeda, apriti con me ti prego..." quasi lo scongiurai, volevo veramente creare quel rapporto di confidenza in cui non ci si fa problemi a parlare di tutto. Io con lui avrei parlato di ogni singola cosa, e mi sarebbe piaciuto se lo avesse fatto anche con me. Era duro come una roccia, troppo testardo, non riuscì a convincerlo e quando mi staccai da lui continuava ad avere il suo solito atteggiamento da strafottente e menefreghista, lo stava facendo apposta per farmi andare via. Sapevo che era molto fragile e pensava non mi fossi accorta delle sue lacrime ma feci finta di niente. Ero molto delusa e lo notò.
"Non puoi ogni volta alzare i muri nei miei confronti, io ci metto la volontà ma non andremo avanti per molto così..." dissi dispiaciuta e nel frattempo mi dirigevo verso la porta con il suo sguardo puntato verso di me.
"Ti amo Andres, come non ho mai amato nessun altro. E si, sono fottuta perché senza di te non so dove andare. Non credo di meritarmi tutto questo..." conclusi piangendo, mi feci coraggio e andai via sbattendo la porta. Non mi seguì anche se avrei voluto che lo facesse, di solito lo avrebbe fatto, ma cosa gli era scattato nella mente? Era come se stesse prendendo in considerazione l'opzione di lasciarmi andare per sempre, quindi si stava auto convincendo che fosse la scelta giusta e stava cercando di allontanarsi per non sentire la mia mancanza.

Passarono altre due settimane e ci sentimmo e vedemmo veramente poco, mi chiamò 3/4 volte per sapere cosa stessi facendo e se stessi bene, ogni volta sentire la sua voce è un sollievo, anche solo dalla chiamate riuscivo a percepire il suo dolore. Mi sentivo sola in casa senza di lui, era ritornato quel silenzio insopportabile che soltanto la sua voce poteva colmare. La principessa si era ritrovata di nuovo sola nel suo castello e il suo principe azzurro sembrava non avesse la minima intenzione di tornare.
"Ti manco?" Chiesi schietta al telefono, aspettò un po' prima di rispondere, sentivo il suo respiro profondo dal telefono.
"Si mi manchi." Mi confermò. Con quelle parole il mio cuore iniziò a battere forte e sorrisi come una stupida.
"Ritorna a casa allora..." proposi. Restò in silenzio pensando a cosa rispondere e quando sembrava che stesse per dire qualcosa chiuse la chiamata. Era veramente strano.
Volevo amarlo in tutte le sue sfaccettature, tutti i suoi lati positivi e negativi, ma non me lo permetteva. Non sapevo più che fare per fargli capire che di me poteva fidarsi sempre e che ero la spalla su cui piangere.
Dopo un'ora circa sentii bussare alla porta, andai ad aprire e con grande sorpresa mi ritrovai lui davanti. Non feci altro che sorridere, ero felice che fosse lì e che mi avesse ascoltata. Era distrutto, non lo avevo mai visto così affranto e giù di morale. Si fiondò tra le mie braccia piangendo come un bambino e non poteva fare altro se non stringerlo forte a me e dargli tutto il mio appoggio.
Decise di sfogarsi ed io ero pronta ad ascoltare.
"Se solo ci fosse mio padre qui sarebbe il primo a toccarti la pancia e a parlare al bambino..." singhiozzava, appena iniziò a parlare fu subito un colpo al cuore, la sua ferita più grande era il padre, purtroppo deceduto.
"Ti avrebbe amata come ti amo io. Sarebbe riuscito a far ragionare mia madre e anche lei ti avrebbe accettata nonostante la sua gelosia." Mi spiegò. Era chiaro che il dolore era principalmente per l'assenza del padre, della madre e della sorella gli importava relativamente.
"Siamo stati tutti male per la sua morte, era l'uomo perfetto, il padre migliore. Io ho deciso di andare avanti ma loro sono rimaste a quell'incidente che lo ha portato via. Non riescono più ad essere felici e impediscono a me di esserlo." Raccontò. Mi vennero i brividi e non riuscì a non piangere. Era tra le braccia e gli asciugavo le lacrime che si presentavano in continuazione sul suo viso.
"Non sono persone cattive ma non riescono più ad accettare nessuno in casa e si comportano così. Non posso lasciarle..." mi disse. Non doveva neanche pensarla questa cosa, non volevo che scegliesse tra me e loro, doveva stare con entrambi.
"Mi manca così tanto Najwa..." sussurrò con difficoltà, a malapena gli uscivano le parole di bocca.
"Ehi... io sono convinta che tuo padre sia fiero di te e in questo momento è qui da qualche parte e non vorrebbe vederti così..." lo rassicurai così come lui avrebbe fatto con me. Riuscì a sollevarlo un po'.
"Le cose si risolveranno tranquillo." Mi distruggeva vederlo ridotto in quello stato, amavo quel lato fragile di lui, e sarei stata lì al suo fianco per essere la sua ancora.
Andammo a dormire e finalmente lo avevo accanto a me nel mio letto, mi era mancato abbracciarlo, il sul profumo, la sua voce e il suo corpo. Lo strinsi forte a me sotto le coperte e non lo lasciai andare neanche per un attimo. Si addormentò stanco come i bambini quando smettono di piangere dopo ore, chissà da quanto giorni non dormiva e quanto poco sonno avesse sulla spalle.

IL SILENZIO DI UNA ROSSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora