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Due giorni dopo Andres aveva portato la maggior parte delle sue cose a casa mia e iniziò a sistemarle e a mettere tutto in ordine.
"Ti ho fatto un po' di spazio nel mio armadio se vuoi mettere i tuoi vestiti." Suggerì io mentre gli mostravo dove sistemare le sue cose. Mi fissava un po' stranito e nel frattempo spostavo le mie magliette.
"Sei seria?" Mi disse lui indicando l'armadio. Non capisco a cosa si riferisse infatti lo guardavo perplessa e con una risata isterica. Chiesi ovviamente il perché.
"In un armadio così grande mi hai lasciato solo un lato... è pieno di felpe che non usi mai." Spiegò ridendo. Scoppiai a ridere anch'io perché aveva ragione.
"Ed adesso come facciamo?" Domandai pensando ad una soluzione.
"Semplice. Butti un po' di queste felpe che non ti servono e lo spazio si libera." Rispose subito e convinto. Lo guardai ovviamente male, ero molto affezionata alla mie felpe e quindi non le avrei mai lasciate.
"Ma non se ne parla proprio. Le mie felpe non le tocchi..." dissi con un filo d'ironia ma in realtà c'era un pò di serietà.
Iniziammo così a discutere su questa cosa, ovviamente era una discussione ironica, ci stuzzicavamo a vicenda e ogni tanto cercava di farmi il solletico ma riuscivo ad allontanarmi.
Amavo quei momenti, sembravamo una vera e propria coppia, eravamo complici e insieme potevano spaccare il mondo. Da quando era entrato nella mia vita non riuscivo ad immaginarmi la mia quotidianità senza di lui.
"Prima o poi qualcuna non la troverai più." Mi provocò cercando di farmi innervosire. Io imbronciai il muso e poi lo abbracciai. Mi strinse forte a se e mi fece sentire protetta, come se stessi in una bolla di vetro e nessuno poteva toccarmi.
Squillò il suo telefono e rispose vicino a me, nel frattempo io mettevo a posto le sue cose liberando un altro pò di spazio.
"Va bene grazie mille. Ci vediamo allora settimana prossima..." chiuse la chiamata e sul suo volto comparì una espressione leggermente preoccupata.
"Che succede?" Chiesi preoccupata, immaginavo cosa fosse successo.
"Tra una settimana c'è il processo..." mi disse lui cercando di darmi conforto. Rimasi un po' scossa, me lo aspettavo ma così di punto in bianco mi lasciò senza parole. Era il momento di affrontare quella situazione e forse mettere finalmente un punto.
"Va bene... vedremo come andrà" rassegnata dissi.
Speravo che andasse tutto bene, Andres mi abbracciò e mi lasciò un bacio sulla fronte per darmi forza. Mi bastava avere lui al mio fianco e mi sentivo di poter fare tutto.
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Il giorno dopo Andres doveva sbrigare alcune faccende insieme a Marco che finalmente aveva trovato qualche film in cui recitare.
Io restai a casa, stranamente decisi pulire e mettere un po' d'ordine, non lo facevo mai e non so dove trovai la voglia.
Di solito quando facevo le pulizie mettevo la musica al massimo, in quei momenti mi sentivo particolarmente inspirata e tra una spolverata ed un'altra scrivevo qualche rigo di una canzone. Volevo riprendere un po' in mano la musica che avevo lasciato da parte per parecchio tempo. Mentre scrivevo qualcosa e iniziavo ad immaginarmi qualche nota, bussarono alla porta. Pensavo fosse Andres ma era andato via da poco, Alba mi avrebbe avvisata se fosse venuta, e quindi non avevo idea di chi potesse essere.
La fortuna però non è mai dalla mia parte, perché anche quando si rompono i rapporti con una persona questa si presenta davanti alla porta di casa tua?
Antonio mi guardava con occhi freddi, mi sentivo completamente in soggezione e la tensione diventò protagonista del nostro incontro. Ma perché era lì davanti a me?
"Posso entrare?" Mi chiese scontroso, pretendeva anche di venire a casa mia e di comandare.
"No" risposi decisa. Lo guardavo con occhi di sfida, non avevo più paura di lui ma adesso dovevo stare attenta anche alla persona che cresceva dentro di me. Mostrargli le mie paure era una forma di autodistruzione.
"Cosa cazzo vuoi?" Lo precedetti. Volevo arrivare subito al dunque e sapere il motivo del suo arrivo.
"Non stare sempre sulla difensiva dai. Volevo farti i complimenti..." mi disse lui. Mi lasciò leggermente perplessa, non capivo cosa volesse. Era normale che stessi sulla difensiva con lui, era imprevedibile e pericoloso.
"Complimenti di cosa?" Cercai di trovare una risposta. Lui guardò in basso ridendo e toccandosi la barba, sembrava nervoso o infastidito, non riuscivo più a capirlo.
"Per quando è prevista la nascita? Così ti porto un regalo..." ironizzò. Mi rise in faccia come per prendermi in giro. Io ero molto seria, mi cadde il mondo addosso, in quel momento avevo paura che potesse farmi qualcosa.
"Quasi sicuramente non riuscirò a vederlo, quindi un pensierino te lo lascio tra un po'..." mi disse lui. Mi mandò un bacio e se ne andò lasciandomi spiazzata, avevo il cuore in gola. Sembrava che lui sapesse che avrebbe perso il processo e quindi per ricordarmi della sua presenza voleva lasciarmi un regalo. Ma quale? Perché non poteva lasciarmi vivere la mia vita?
Era capace di tutto. Poteva fare del male a me e quindi anche al bambino ma il suo obbiettivo non era questo. Fare del male alle persone che mi erano vicine e a cui volevo bene sarebbe stato più efficace. Perché i colpi su di me riuscivo ad attutirli ma quando le persone che amavo stavano male io mi sentivo morire dentro. Rimasi per alcuni secondi ferma quando se ne andò, iniziai a pensare a cosa avesse potuto fare ma non riuscivo a capire.
Ero abbastanza agitata, mi aveva anche se indirettamente avvisata di qualcosa, non positiva ovviamente. Io ero a casa e stavo bene, Andres era fuori e non avevo sue notizie perché era uscito da poco. Fu a quel punto che collegai tutto, Antonio era arrivato a casa mia solo 10 minuti dopo che Andres era andato via, come se avesse aspettato che uscisse per suonare alla porta. Cosa aveva in mente? O cosa aveva già fatto? Conosceva molte persone che potevano fare "il lavoro sporco" per conto suo.
Chiamai subito Andres per sapere se stesse bene ma dopo 3 chiamate ancora non rispondeva. Diventavo sempre più agitata e stava per venirmi un attacco di panico.
Cercai anche Marco che per fortuna rispose.
"Ma...Marco... Andres sta con te vero?" Chiesi con voce tremolante.
"No ancora non è arrivato, perché cosa è successo?" Mi rispose confuso senza capire la preoccupazione.
"Cazzo. È uscito da un quarto d'ora, sarebbe già arrivato." Esclamai io senza però spiegargli niente. Mi resi conto che non stava capendo la situazione quindi raccontai cosa fosse successo e la mia preoccupazione.
"Tranquilla Najwa. Adesso aspettiamo un po', magari c'è traffico. Se non arriva vengo lì da te e troviamo una soluzione." Cercò di tranquillizzarmi ma il mio sesto senso non aveva mai sbagliato. La paura iniziò a salire sempre di più.
Mezz'ora prima ero tra le sue braccia e baciava la mia pancia, avevo tutto ed ero felice. Però in quel momento, quando non sapevo dove fosse o se stesse bene mi sembrava di perdere tutto.
Marco mi richiamò.
"Najwa..."

IL SILENZIO DI UNA ROSSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora