Parte 60: Magari i suoi sensi di colpa si attiveranno.

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Mi tolgo i tacchi e mi alzo in piedi, evitando di cadere dal balcone magari. 

"Astrid apri questa cazzo di porta." Avete presente il detto parli del diavolo e spuntano le corna?

Ecco, credo che Nate Hepbourne lo prenda un po' troppo alla lettera.

Merda. 

Appoggio le braccia sul bracciolo del divano, cercando di rimanere in piedi.

Mi viene da vomitare.

"Astrid se non apri la porta la butto giù." 

"Vattene." Riesco a dire prima che un giramento di testa mi obblighi a sedermi. 

Aveva ragione Jules, devo seriamente smetterla di bere.

Un colpo mi fa venire la tachicardia, probabilmente ha tirato un pugno alla porta.

Mi obbligo ad alzarmi in piedi, prima che l'hotel non venga a vedere che diamine succede.

Arrivo fino alla porta e la spalanco, Dio è così bello.

I nostri occhi non riescono a staccarsi gli uni dagli altri, cazzo io ci sto provando, a non innamorarmi di lui, ci sto provando molto, molto seriamente, ma come fai a non provare nulla per qualcuno che ti guarda in quel modo? 

"Ma che ti prende!?" 

"Non sono affari tuoi Hepbourne." Comincio ad avviarmi verso la terrazza, per prendere una boccata d'aria. 

"Mi stai prendendo in giro?" 

"Sono serissima invece." Lui resta fermo dov'è, mentre segue ogni mio movimento.

"Pensi che sia un idiota per caso? Astrid non stai bene-"

"IO STO BENISSIMO." L'ho urlato.

Non volevo urlarlo.

Non so perché l'ho fatto. 

"Non ci credi neanche tu, ti sei vista? A malapena stai in piedi!" Si avvicina così velocemente a me che non me ne rendo conto nemmeno io quando si trova di fronte a me.

Okay, credo di dovervi spiegare come siamo finiti in questa situazione.

Dodici ore prima: 

Dopo aver parlato al telefono, aver discusso con Jules sulla meta delle nostre vacanze, averla convinta a partire per Ibiza, aver fatto le valigie in tutta fretta ed aver rubato un jet a mia madre, eccoci qui.

In bikini, sedute sulla terrazza di un bar sulla spiaggia di Figueratas a bere spritz e champagne alle undici del mattino.

"Ancora nulla?" Mi domanda Jules notando che non distolgo lo sguardo dal cellulare.

Scuoto il capo posando il cellulare sul tavolino in legno, a Ibiza ci sono 30° gradi, una temperatura decisamente troppo alta per la mia sensibilissima pelle newyorkese.

"Una settimana, una settimana e non si è nemmeno degnato di chiamarmi." Sbotto disgustata.

Non che mi aspettassi altro da lui ben chiaro.

"Forse dovresti chiamarlo tu, ci hai mai pensato?" La sola occhiataccia che lancio alla mia migliore amica le fa alzare le mani in segno di difesa.

"Evidentemente sta benissimo senza di me, come io sto benissimo senza di lui."

Sei un idiota.

Tu cosa vuoi?

Ma chi credi di prendere in giro?

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