Parte 28: Si salvi chi può.

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Il silenzio riempie l'aria per dei secondi, o forse minuti, mi sembrano delle ore, prima che il suo cellulare non prenda a squillare all'impazzata.

Dopo qualche secondo molla il mio braccio e risponde al cellulare mentre io riprendo fiato: "Stai scherzando? Com'è possibile?"

"Non lo so Nate, è qui davanti a me e ha detto che vuole testimoniare ma non vuole parlare con me." E' l'unica cosa che riesco a sentire.

"E' una ragazzina spaventata, non parlerà con noi." Alzo un sopracciglio nella sua direzione e lui sembra illuminarsi quando lo nota: "Ma so con chi lo farà. Tienila lì, offrile qualcosa non mi interessa non deve muoversi hai capito JJ? Noi arriviamo."

Noi?

NOI arriviamo?

Appena chiude la chiamata si gira verso di me: "Muoviti, ti spiego tutto in macchina."

"Cosa? Ma scherzi? NATE!" E' scomparso dentro l'appartamento.

"Dio quanto ti odio!" Impreco prima di entrare a mia volta in casa per cercare le mie scarpe.

"Mi dici cosa sta succedendo?" Gli chiedo entrando nell'ascensore.

"C'è una ragazzina nel mio ufficio che vuole testimoniare in una mia causa ma non parla con JJ e se non parla con JJ al 99,9% non parlerà nemmeno con me quindi prego Dio che parli con te." Mi spiega a raffica guardando qualcosa sul suo cellulare.

"Nessun essere umano parlerebbe con te, sembri un portacenere Hepbourne." Rotea gli occhi alla mia esclamazione.

"Di che caso si tratta?" Chiedo mettendomi la cintura di sicurezza: "Violenza domestica." Mi fa il resoconto mettendo in marcia, lei è scappata, posso capirlo: "Quanti anni hanno, i figli intendo."

"Lui ne ha 14, lei ne ha 12 o 13 credo. Non abbiamo trovato il certificato di nascita. Scusa tu come hai capito che erano più di uno?

"Chiamala intuizione."

Mi zittisco un'attimo, posso solo immaginare cosa ha passato quella famiglia.

"Scusa una piccola domandina, io il francese lo parlo fino ad un certo punto. Quello delle superiori." Espongo, è un problema se non posso comunicare con lei.

"Farò da tramite."

Problema risolto insomma.

"Ora dove sono la madre e il figlio?" Chiedo, siamo quasi arrivati.

"Il figlio è all'ospedale, la madre è con lui." Mentre scendiamo dalla macchina mi rendo conto di quanto sia veloce quell'automobile, wow lui può svegliarsi alle 8.00 ed essere qui alle 8.05 mentre io devo fare il giro di Parigi per arrivare in azienda, è ingiusto.

"Aspetta." Mi ferma. 

"Che c'è?" Trattiene una risata: "Scusa ma.." Scioglie l'ammasso di capelli che ho raccolto in uno chignon più o meno ordinato districandoli con le dita, lì, davanti a circa non so, cinquanta persone.

"Okay sei a posto, mi piacciono di più sciolti." Dice per poi scombinarmeli come faceva mio fratello, anzi come fa tutt'ora mio fratello.

Sbuffo seguendolo nell'ascensore: "Almeno questa volta non mi obblighi a fare le scale." Gli faccio notare ricordandogli la volta che siamo venuti perchè Mr. Arroganza qui presente aveva perso le mie chiavi.

"Questa volta non hai i tacchi." Mi fa presente. Mi mordo l'interno della guancia.

"Touché."

Le porte dell'ascensore si aprono: "E' lei?" Chiedo indicando una ragazza bruna seduta su un divanetto nel al suo ufficio, lui prende il suo cellulare: "Si credo di si." 

Gli prendo il cellulare dalle mani senza pensarci due volte: "Certo che è lei coglione, come si chiama?" Chiedo restituendogli il suo cellulare.

"Ariel." Lo guardo: "Io vado da lei, ti chiamo io se c'è bisogno, non ti azzardare ad avvicinarti a noi prima che io te lo dica io okay?" Chiedo senza ricevere risposta.

Gli pizzico la guancia: "OKAY?" Chiedo a voce un po' più alta: "CERTO SI! Mamma quanto sei manesca!" Si lamenta massaggiandosi la guancia destra: "Parla quello che è stato citato 4 volte in tribunale." 

Cammino verso di lei: "Ehi, scusami." Attiro la sua attenzione.

"Capisci quello che dico?" Le chiedo prima di cominciare qualsiasi discorso, lei annuisce: "Oh bene, perfetto perché sono una frana con il francese." Le faccio presente accovacciandomi di fronte a lei: "Posso sedermi?" Le chiedo, annuisce senza dire una parola: "Ariel, giusto?" Annuisce.

"Tu.. tu non sembri una di loro." Mi fa presente con un sussurro guardando tutti gli uomini e le donne fuori dal vetro.

"Oh no, assolutamente no, veramente non dovrei nemmeno essere qui, se mia madre lo scoprisse mi rispedirebbe subito a New York." Le confesso sorridendo.

Mi guarda dall'alto al basso: "Come mai non sei vestita, come loro?" Mi domanda.

"Intendi perché non sono vestita come una noiosa democratica del secolo scorso?" Chiedo guardando le persone al di fuori del vetro: "Beh, si."

"Ti dirò un segreto. Fino a 5 minuti fa ero nel mio appartamento con uno dei miei libri preferiti con la luce del tramonto che invadeva la cucina."

"Allora perché sei qui?"

"Diciamo, per aiutare un amico. Tu perché sei qui?" Azzardo a chiederle, lei rimane un'attimo in silenzio: "Per aiutare Zach. Quello è il tuo amico?" Cerca di cambiare discorso: "Già.." Rispondo in modo da far sembrare che mi dispiaccia.

Perchè non ti dispiace?

Non ho mai detto questo.

Torno a guardare lei: "Ariel? Chi è Zach?" Le chiedo mettendomi a gambe incrociate, lei mi guarda: "Zach è mio fratello, papà lo ha.." Interrompe la frase a metà.

Le prendo la mano, è gelida: "Puoi dirmelo Ariel, non sono un'avvocato, ne una psicologa, ti puoi fidare di me." Le dico cercando di farla sentire più al suo agio possibile, ci vorrà un bel po'.

***

Dopo 1 ora e mezza, due the al limone e parecchi racconti agghiaccianti esco dalla stanza lasciando un po' quella povera creatura da sola. 

"Ehi Hepbourne." Lo richiamo uscita dallo studio.

"E' pronta. Se vuoi parlarle." Si gira verso di me.

"Astrid Soccers-Johanson?" Chiede una voce alle mie spalle.

"Papà?" Nate sposta lo sguardo fra me e l'uomo sulla cinquantina che è appena uscito dall'ascensore.

"Papà?" Ripeto dopo di lui.

"Nathaniel, potresti gentilmente spiegarmi cosa ci fa la figlia di Jean Soccers e Raphael Johanson nel nostro studio legale?" Nell'esatto momento in cui finisce la frase mi squilla il cellulare.

Ho una pessima sensazione.

Un po' riluttante lo tiro fuori: "E' mia madre."

Ed è una fottutissima videochiamata.

"Nathaniel?" Lo richiama il padre.

"Aspetta un secondo. Non rispondere." Mi ordina.

"Io DEVO risponderle, se non le rispondo si insospettirà e in meno di 5 minuti mio fratello sarà qui davanti con tutta la sua squadra dell'NSA e non mi sembra il caso." Mi sposto davanti ad una parete blu per poi fare un profondo respiro.

"MAMMA!" La saluto al telefono fin troppo gioiosa.

"Cosa hai fatto?" Ma perché nessuno mi crede? Ero un'ottima bugiarda fino a qualche anno fa!

"Jean?" Dice Hepbourne Senior.

Eccolo.

Lo vedete il disastro imminente?

Lo sentite incombere?

Perchè io si.

Si salvi chi può.

Tutta Colpa Di AviciiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora