La linea che distingueva le due personalità di Jeff era così sottile da essere quasi invisibile, e troppo spesso istinti ed emozioni dell'una e dell'altra finivano per fondersi assieme rendendo il suo comportamento del tutto imprevedibile. La sua instabilità era tale da permettere la contemporanea esistenza di due impulsi totalmente opposti all'interno della sua mente, e lui stesso non aveva modo di poter prevedere quale di questi avrebbe prevalso sull'altro.
Affetto ed odio.
Brutalità e compassione.
Orgoglio e vergogna.
Era capace di oltrepassare la linea che divideva la parte conscia della sua mente da quella profondamente malata e cinica in un brevissimo lasso di tempo, e con la stessa rapidità poteva tornare indietro; oppure, qualche volta, addirittura restava in bilico tra oblio e luce e finiva per farsi prendere a pugni da entrambe le parti di se stesso.
-Porca puttana Jeff, fermati!- gridò Jason, osservando la scena da dietro le sue spalle, con orrore.
Ma il moro non diede alcun peso al suono tremante di quella voce, e continuò a tenere lo sguardo fisso sul volto del fratello spostando gli occhi, di tanto in tanto, sul suo collo. Teneva stretto tra le dita il coccio appuntito, pronto a sferrare un attacco che quasi certamente sarebbe stato letale: conosceva bene la composizione del corpo umano, e solo chiudendo gli occhi sarebbe stato in grado di visualizzare ogni vena, nervo e muscolo che si nascondevano sotto a quella pelle chiara.
A nulla servirono i tentativi degli altri di dissuaderlo dal compiere quel gesto, perché il suo corpo fremeva e la sua mente gli comunicava con insistenza un desiderio violento, indomabile. Aveva sete di sangue, di quel sangue.
E Liu, trovandosi disarmato e con le spalle al muro, in quel momento capì di essere spacciato.
Il mostro dal quale era fuggito per anni era tornato per ucciderlo, e la sua volontà stava per compiersi senza che lui potesse anche solo tentare di difendersi. Guardava gli occhi chiari del fratello minore con orrore e rassegnazione; il suo cuore batteva con forza dentro al torace, le ginocchia tremavano.
Pensò per un solo secondo di provare a sgusciare via di lato, ma non ebbe neanche il tempo di muoversi perché Jeff, con l'agilità di un predatore affamato, si lanciò su di lui senza esitare.
Liu trattenne il fiato nel momento in cui lo sentì afferrare la sua spalla sinistra con il fine di bloccarne parzialmente i movimenti, ed il pezzo di ceramica fu premuto con poca forza alla base del suo collo. Aprì la bocca alla ricerca di ossigeno e chiuse gli occhi per un brevissimo lasso di tempo, aspettandosi di sentire il dolore causato dalla lacerazione della sua pelle; ed in quel momento, pensando rapidamente, si disse che quella storia che tutti raccontano forse non era poi così vera. Sapeva che la sua fine era vicina, eppure non vide tutti gli istanti più significativi della sua vita passargli davanti come un nastro che scorre al contrario: non provò nulla, se non una raggelante sensazione di vuoto.
Era già passato un secondo, forse due.
Ma Liu non aveva percepito alcun dolore.
Deglutì a vuoto e continuò ad annaspare con le palpebre spalancate; Jeff lo stava ancora tenendo in pugno, ma non lo aveva ferito. Sentiva chiaramente la sua mano premuta con forza sulla spalla, ed una ciocca di capelli sfiorargli la pelle; poi, solo qualche attimo dopo, a queste percezioni si unì una lievissima pressione che Jeff esercitò con la fronte, poggiandola sul suo petto.
Immobilizzato dal terrore il castano non osò muovere un solo muscolo.
Pareva che Jeff stesse tentando di abbracciarlo, ma che desiderasse allo stesso tempo ucciderlo nel modo più atroce possibile.
Jane osservò la scena come un impotente spettatore, e più volte tentò di intervenire ma si ritrovò puntualmente ferma sulla stessa mattonella.
-..Mi... Mi dispiace-. La voce del killer salì dalla sua gola con un tono estremamemte pacato, ma carico di sofferenza.
-Mi... Dispiace tanto...-.
E nel momento in cui Liu sentì il coccio di ceramica infragersi al suolo, capì che davvero Jeff non intendeva fargli del male.
Lanciò uno sguardo terrorizzato a Jason poi a Jane, continuando a restare immobile come una statua mentre il fratello minore, singhiozzando, afferrava un lembo della sua maglietta e lo stringeva nel pugno.
-Mi dispiace...- ripeté Jeff ancora una volta, travolto da emozioni che non riusciva assolutamente a gestire. Aveva appena realizzato di aver perso il controllo ancora una volta, ma pur rischiando di perdere quel poco che restava era riuscito a fermarsi; e così, con la fronte premuta sul petto del fratello che sentiva espandersi e ritrarsi velocemente, si concesse un secondo per riempirsi le narici del suo profumo.
Forse non era mai stato così vicino a suo fratello prima d'ora, non era mai riuscito a penetrare la sua anima in quel modo neanche quando, da bambini, erano stati due fratelli inseparabili. Così legati e così simbiotici che spesso venivano scambiati per gemelli.
Liu riuscì a recuperare un po' di controllo, quanto bastava a dargli il coraggio di sollevare le braccia e premere le mani sui fianchi di Jeff, ma solo per scacciarlo via. Lo respinse con uno spintone facendolo indietreggiare di un passo, e sfruttò il varco appena creato per sgusciare via ed allontanarsi da lui; era spaventato e la sua mente era ancora in subbiglio, ma era certo di non volere affatto quel contatto con lui. Si allontanò di diversi passi, camminando in modo così scoordinato da colpire un paio di mobili prima di riuscire a riprendere il totale controllo; mentre Jeff, immobile, continuava a fissare il punto in cui fino ad un attimo prima lui si trovava.
-Io... Io ho bisogno di...- balbettò Liu, guardandosi intorno come non ricordasse più neanche dove si trovava. Voltò le spalle e barcollando raggiunse la cucina, affrettandosi a buttar giù un bicchiere d'acqua con la quale per poco non finì per strozzarsi a causa del tremore della sua mano.
Era totalmente nel panico, e non riusciva più a calmarsi. Valutò per un istante di chiudere la porta per impedire a chiunque altro di raggiungerlo in quella stanza, ma si ritrovò semplicemente a fissare il vuoto con il corpo che non ne voleva sapere di smetterla di tremare.
Nel frattempo, oltre quel muro di cartongesso che separava la cucina dal salotto, Jason e Ben si scambiavano uno sguardo sbalordino mentre Jane tentava invano di comunicare con Jeff. Quest'ultimo si era immobilizzato, e non intendeva più reagire ad alcun tipo di stimolo nonostante i ripetuti quanto disperati tentativi della ragazza di attirare la sua attenzione.
-Forse è meglio se lo porti fuori- commentò Jason, scrollandosi nervosamente dalla giacca una polvere che in realtà non c'era. -Direi che ha già fatto abbastanza danni, potremmo aver perso l'occasione di collaborare con Liu grazie a questo-.
Jane non rispose, ma strinse con forza la mano sinistra di Jeff e lo costrinse a seguirla, trascinandolo dietro di se come fosse un cane spaventato. Riuscì a condurlo fino alla porta-finestra che conduceva al piccolo balcone, e non trovando alcuna panca o sedia su cui farlo adagiare lo fece sedere a terra, con la schiena poggiata contro alla parete.
-Jeff, parlami- gli disse, mettendogli una mano sotto al mento. -Dimmi qualcosa, ti prego-.
E il killer, con gli occhi socchiusi, ritardò molto a fornirle una risposta. Sospirò pesantemente sollevando le spalle e strinse le mandibole, come stesse tentando di resistere al dolore emotivo che lo stava divorando. -Ho... Ho rovinato tutto- mormorò, con un filo di voce.
-Te l'ho detto Jane... Finisco per distruggere tutto quello che tocco-.
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Into The Madness - 3
FanfictionTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...