La tv a schermo piatto proiettava le immagini sbiadite di un vecchio documentario ed il volume era impostato sul valore più basso, in modo che il suono emesso dalle casse fosse solo un rumore di sottofondo appena percettibile.
Oltre a questo, il salotto di casa Arkensaw era avvolto nel silenzio più totale.
Un sottile strato di polvere era posato sui davanzali più in alto, mentre il tavolinetto da fumo era da poco stato ripulito e lucidato con attenzione. Una sensazione di ritrovata pace aleggiava nell'aria, unita al profumo che un bastoncino di incenso acceso stava emanando attraverso una sottile scia di fumo.
Eppure, nella mente di Jeff, risuonava costante ed opprimente un caotico susseguirsi di voci e suoni che non appartenevano a quella stanza; aveva l'impressione di trovarsi nel bel mezzo di una platea di persone, che non facevano altro che vociferare frasi e parole incomprensibili.
Il ragazzo, seduto sul divano con le gambe incrociate, si reggeva il mento con entrambe le mani e fissava in modo costante lo schermo della tv, ma senza guardarla per davvero. Tutto doveva essere tornato alla normalità da un paio di giorni, ma per lui le cose non erano andate esattamente così.
Si sentiva strano, sapeva che il controllo sui suoi impulsi si stava indebolendo e non ne comprendeva pienamente il motivo: era tornato a casa assieme a Jane, l'avevano fatta franca entrambi ed ogni cosa era tornata al suo posto seppur non avesse ancora certezze per il suo futuro.
Una voce nei meandri della sua mente continuava a suggerirgli che tutto stava andando troppo bene, che non meritava di trovarsi in quel luogo ed in quel momento.
Non lo meritava affatto.
La sua vita era sempre stata un susseguirsi di tragedie, errori imperdonabili e violenze di ogni genere; ne era avvezzo, quella era la sua sola ed unica normalità.
Lentamente spostò lo sguardo sulla porta aperta che si affacciava sul corridoio, il suo volto era totalmente inespressivo. A pochi metri sentiva i passi di Jane, suono che aveva sempre ritenuto confortante ma che adesso, per qualche ragione, gli scaturiva una sensazione sgradevole.
Tutto era andato troppo bene.
Sentiva di non riuscire a tollerarlo, di non sentirsi a suo agio in quella posizione di comfort, di non essere parte di quella realtà in cui era riuscito a stabilire un contatto con suo fratello dopo tutti quegli anni ed essere tornato a casa sano e salvo dopo aver portato a termine l'impresa che li aveva riuniti.
Distese le gambe e si alzò in piedi, abbandonando il cuscino sul quale era rimasto seduto per un tempo indefinito ma sufficiente a lasciarvi impresso il profilo delle natiche e della schiena; poi, a passo lento, abbandonò il salotto.
Trovò Jane in corridoio, e si accorse subito che nel suo sguardo era presente della preoccupazione; o meglio, della paura. La vide bloccarsi e restare immobile a guardarlo, con una mano leggermente sollevata e tesa verso di lui. Sembrava avesse già capito cosa stava per accadere, lo conosceva ormai molto bene.
Jeff avvicinò la mano sinistra alla tasca dei pantaloni e sfilò fuori un coltello, non era certo di sapere quando e dove lo avesse preso; ma adesso non aveva alcuna importanza. Nel momento in cui Jane vide l'arma stretta tra le sue mani spalancò le palpebre ed indietreggiò rapidamente andando a sbattere contro alla parete, ma non ebbe tempo a sufficienza per fuggire: un attimo dopo lui l'aveva già afferrata e bloccata contro allo stipite della porta, avvicinando la lama alla sua gola. La mano con cui reggeva il coltello tremava visibilmente, tanto da far vibrare la lama appoggiata alla pelle.
La conosceva bene, quella pelle: ne conosceva l'odore, la morbidezza, il calore. Nonostante tutto ciò che aveva passato Jane aveva scelto di restare al suo fianco per tutto quel tempo, convincendosi che in lui ci fosse davvero qualcosa di buono.
Si sbagliava.
"Distruggo tutto quello che tocco" le aveva confidato, sapendo bene di star dicendo la verità. E adesso sì che anche lei se ne sarebbe resa conto una volta per tutte.
Il killer non esitò a conficcarle il coltello nella gola, lo fece con fermezza e convizione; un gesto rapido gli permise di far affondare la lama nella sua carne, ed in un attimo si ritrovò con le mani intrise di sangue. Del sangue dell'unica persona che forse lui avesse mai amato, e che aveva ricambiato il suo affetto nella medesima intensità.
Caldo, viscido ed appiccicoso.
STAI LEGGENDO
Into The Madness - 3
FanficTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...