℘ąཞɬɛ 46 - Lama

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Trascinandosi appresso il suo stesso corpo Jason riuscì ad aggrapparsi al tronco ruvido di un albero, conficcando le dita insanguinate tra le crepe della corteccia, per poi sollevarsi in piedi con una fatica disumana. Il suo volto era caratterizzato da un ghigno di dolore molto evidente, che esprimeva appieno la sofferenza fisica che stava patendo: la profonda ferita sulla sua spalla non sembrava voler smettere di sanguinare nonostante avesse ormai inzuppato del tutto la sua camicia, e generato grumi densi e caldi tra il tessuto e la pelle recisa; il secondo solco scavato dalla lama della spada in prossimità delle costole, poi, gli stava impedendo di mantenere una normale posizione eretta a causa delle continue fitte di dolore che gli provocava. Nonostante questo l'uomo dai capelli rossi riuscì, zoppicando in modo molto marcato, ad allontanarsi di una decina di metri dal luogo dello scontro ed approfittare di quella temporanea tregua per sfilarsi la camicia di dosso ed arrotolarla, legandola poi ben stretta sulla ferita più profonda: la priorità in quel momento era cessare o almeno rallentare la perdita ematica.
Una violenta folata di vento attraversò il bosco come fosse un terrificante urlo della natura, ed insinuandosi tra le aperture sulle pareti alimentò ancora una volta le fiamme che stavano avvolgendo la vecchia baracca, ormai alte fino al cielo; una enorme colonna di fumo si innalzava nera come la pece, ed era ormai di certo ben visibile fin dalla cittadina.
Judge Angel strinse con decisione l'impugnatura della sua spada, e fece appello a tutto il coraggio in quel preciso momento: aveva ormai capito di essere spacciata, sapeva che se anche fosse riuscita ad abbatterli tutti quanti sarebbe comunque stata in seguito individuata e catturata dalla polizia. Perciò a quel punto non era più importante per lei tenere un profilo basso o aver cura della propria incolumità; al contrario, ciò che intendeva fare era compiere un ultimo grande atto prima di soccombere, e quale gesto sarebbe stato più nobile del fermare per sempre un mostro quale Jeff the Killer?
Istintivamente la donna sorrise come se stesse pregustando quel momento, anche se con grande amarezza. -Io sono la giustizia, ed agisco in nome e per conto di tutti coloro che non possono difendersi più- esclamò, ridacchiando in modo nervoso. Qualche ciuffo dei suoi capelli biondi le pendeva sulla fronte sudata, aderente alla pelle. -Non accetterò mai di vivere in una società che considera gente come voi, al pari degli altri-.
Fece un passo avanti, con il volto piegato in un ghigno di rabbia e dolore, pronta ad attaccare e decisa a farlo nel modo più feroce possibile. -Dovete tornare a marcire laddove siete sempre stati, o meglio ancora sotto terra!-. Gridò quest'ultima frase con tutta la voce che aveva un gola, e conficcando le suole delle scarpe nella terra umida fece uno scatto in direzione di Jeff, tentando di anticiparne i movimenti; non mirava a ferirlo ma ad ucciderlo, perciò contava di riuscire a raggiungere con la punta della spada un punto vitale.
Ma dimostrando di non aver perduto quella dimestichezza nel combattimento che aveva sviluppato nei lunghi anni vissuti da reietto, il moro schivò egregiamente l'attacco salvo per un piccolo strappo che si aprí nel tessuto della sua felpa. Passò al contrattacco solo un secondo dopo, sotto agli sguardi pietrificati di Jane e Liu che non seppero in che modo intervenire, anche perché il tutto avvenne nel giro di pochi secondi.
Jeff riuscì con un balzo a posizionarsi sul lato sinistro di Angel, e prima che lei trovasse il tempo necessario a reagire le conficcò il coltello tra le costole, per poi estrarlo subito dopo. La donna sembrò ignorare il pulsante dolore che invase il suo corpo immediatamente dopo, e tenendo salda la sua arma sferrò un secondo attacco, che andò nuovamente a vuoto: la punta della spada si conficcò nel terreno, con un tonfo sordo. A quel punto, con un calcio ben assestato, Jeff riuscì a strapparle la spada via dalle mani ed a far cadere l'oggetto lucente, ormai sporco di sangue, in un cespuglio d'erba ingiallita poco distante.
Angel tentò rapidamente di recuperare la sua arma da terra, ma le mani di Liu raggiunsero per prime l'impugnatura e la trascinarono  fuori dalla sua portata, impedendole di riprendersela. -Basta così, ti prego- le disse il poliziotto, indietreggiando di qualche passo con la spada accuratamente custodita dietro alla schiena.
La donna dai capelli biondi abbassò lo sguardo, e poggiò con delicatezza una mano tremante sulla ferita che portava sul fianco; era piena di rabbia, adesso anche nei confronti di sé stessa per non essere riuscita a portare a termine la sua missione. -Non capisci... Dammi quella spada...- disse, annaspando. Era così arrabbiata che il suo corpo non smetteva di tremare vistosamente, ma allo stesso tempo aveva già iniziato ad avvertire una preoccupante instabilità: la sua testa aveva iniziato a girare. -Noi due siamo dalla stessa parte. Dalla parte della giustizia..- continuò a farfugliare.
-No che non lo siamo- rispose Liu con freddezza, scuotendo il capo. -Non puoi fare giustizia in questo modo-. Con le mani si ritrovò a stritolare il manico della spada senza neanche rendersene conto, ed il suo viso assunse un ghigno di disgusto.
Non tentò neanche di fermare Jeff, quando lo vide spingerla a terra e bloccarla premendo una scarpa sulla sua gola; per la prima volta, si sentiva davvero autorizzato a desiderare di fare la cosa sbagliata a sua volta. Non riuscì ad elaborare la cosa con piena coscienza, ma seppe in quel momento che desiderava davvero uccidere quella donna.
-..Liu?- mormorò Jane tentando di attirare la sua attenzione, forse perché aveva già capito che qualcosa in lui era cambiato. Ma non ricevette alcuna risposta, ed anche in questa occasione non osò intromettersi: dopotutto, a quel punto non aveva poi tanta importanza.
Il giovane poliziotto raggiunse Judge Angel e la osservò dall'alto in basso, mentre veniva bloccata a terra da Jeff, e finalmente notificò la presenza di vero e proprio terrore nei suoi occhi. Doveva aver capito che per lei le cose si erano messe davvero troppo male.
-Jeff, scansati- ordinò con freddezza il castano, poggiando una mano sulla spalla del fratello per spingerlo via. Forse quella era la prima volta che osava toccarlo spontaneamente, come se non lo reputasse il suo peggior nemico.
Il moro obbedí all'istante, e liberando Angel dalla presa si allontanò di un solo passo restando poi immobile ad osservare i movimenti dell'altro con attenzione.
-Benjamin era solo un ragazzino- ghignò Liu, trovandosi adesso faccia a faccia con la donna, che ricambiava il suo intenso sguardo. -Non aveva fatto niente di male, a nessuno. L'hai ucciso solo per scoraggiarci nella ricerca, è così?-.
La sua voce era piena di rabbia, stridula e tremolante.
Tanto che quasi poteva sembrare quella di un'altro.
Ma al dolore espresso dalle sue parole si contrappose l'ennesima risata isterica di Judge Angel, che nonostante si trovasse ad un passo dalla morte non sembrava aver perduto il suo atteggiamento di superiorità e disprezzo. -Non avreste dovuto coinvolgerlo, se non volevate vederlo morire-.
Il poliziotto sentì il suo corpo attraversato da un brivido di rabbia cieca, che lo indusse a sollevare con decisione la spada seppur non ne avesse mai maneggiata una in tutta la sua vita, e puntarla dritta al collo della donna. -Era solo un ragazzino!- gridò ancora, con quanta forza aveva ancora in corpo.
E Jason, che distante una decina di metri osservava la scena con la schiena poggiata contro ad una roccia, sentì una lacrima calda solcargli il volto nel momento in cui Ben fu nominato.
Quello era il momento giusto.
Liu osservò sprezzante il volto divertito della bionda, che continuava a ridacchiare come volesse schernirlo fino alla fine, e capí che desiderava ardentemente toglierle la vita.
Doveva essere punita per questo.
Doveva pagare.
Con le mani tremanti applicò una lieve pressione al manico della spada, ma esitò per diversi secondi trasportato da un intreccio di dubbi e paure: teneva lo sguardo fisso in quello di lei, che ridendo sembrava stesse solo aspettando di venir uccisa, e riprese a tremare come una foglia.
Pensò "devo farlo", "adesso lo faccio", ma continuava a restare fermo con quella dannata spada tra le mani.
Poi, all'improvviso, vide Jeff posizionarsi accanto a lui e poggiare molto delicatamente una mano sulle sue, come a volergli dire di lasciar andare l'arma; teneva il volto basso, le labbra strette, ed il viso nascosto dalle lunghe ciocche di capelli neri come la pece.
-Liu...- mormorò, con un filo di voce. -Non sporcarti le mani, lascia fare a me-.
Il castano deglutí a vuoto, ed ebbe l'impressione di non riuscire più a respirare. Realizzò in un istante che Jeff aveva ragione, che non avrebbe dovuto macchiarsi di quell'orrendo crimine, che lui era un poliziotto e non un assassino. Non avrebbe mai dovuto sporcarsi di quel sangue, gettare via il percorso di giustizia e correttezza che aveva intrapreso così come la sua carriera, solo per dar sfogo a quella rabbia.
Per Jeff, invece, una vittima in più non avrebbe fatto assolutamente alcuna differenza. Quella donna sarebbe stata solo un misero numero in più, che si sarebbe sommato a quelli di tutte le altre persone alle quali aveva strappato la vita nei modi più disparati.
Per un attimo quel ragionamento gli parve sensato, ma solo un paio di secondi dopo capí che era tutto completamente sbagliato.
-No, Jeff- gli disse, allargando un piccoloso sorriso carico di rammarico. -Non lo trovo giusto-.
Il moro infilò la mani nelle tasche, tenendo lo sguardo fisso a terra laddove Judge Angel si trovava bloccata, distesa sul quel sottile filo che separava la sua vita dalla morte. -Ma per me non fa... Davvero nessuna differenza- mugolò.
Liu scosse la testa e gli rivolse un timidissimo sorriso, a quel punto aveva recuperato il controllo. Allentò la presa sulla spada e la sollevò delicatamente, per poi lasciarla cadere al suolo dietro alle proprie spalle.
-Non la uccidiamo- esordí deciso, mentre una goccia fredda di sudore scendeva giù dalla sua fronte. -Pagherà la pena che le spetta, secondo la legge-.
E proprio mentre procurava quelle parole, il cellulare nella sua tasca iniziò a squillare nonostante la batteria fosse ormai quasi del tutto scarica. Sul display acceso, il numero telefonico del suo capo di dipartimento.
"..Merda" pensò, scambiandosi uno sguardo preoccupato con Jeff.
"E ora?".

Into The Madness - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora