L'anziano barista aveva le pupille dilatate, gli occhi spalancati e lo sguardo di chi sta guardando l'inferno dritto in faccia, ed è consapevole di non aver alcuna via di fuga; sembrava essersi arreso alla consapevolezza che nessuno sarebbe arrivato ad aiutarlo.
Jeff lo afferrò ancora per il colletto della giacca con una forza che sembrava quasi impossibile per la sua stazza, e lo spinse facendolo andare a sbattere con la schiena inarcata contro alla parete; poi, con un movimento troppo rapido per essere previsto, puntò nuovamente il coccio di vetro dritto al suo collo e portò il viso a pochi centimetri dal suo.
L'uomo emise un flebile lamento, e quasi senza rendersene conto si ritrovò a guardare con orrore il solco che percorreva le guance del killer, ridotto ormai ad una spessa cicatrice. Ne era disgustato, e terribilmente spaventato. -È tutto quello che so, lo giuro... - riuscì a balbettare il poveretto, tra i singhiozzi del pianto.
Jeff si soffermò per qualche attimo ad ascoltare il ritmo accellerato delle palpitazioni del suo cuore, che sentiva chiaramente pulsare sotto alle dita; aveva ancora il pieno controllo della situazione, ma sentiva che se avesse continuato ad imporsi in modo così violento avrebbe finito per perdere la testa e diventare pericoloso anche per gli altri. Non poteva permettersi nulla di tutto ciò, si disse.
-Lo giuro... Lasciatemi in vita, per l'amor di Dio-. Una goccia di sudore scendeva giù per la fronte dell'anziano.
Il moro si perse ad osservare il terrore che riempiva i suoi occhi come fosse del nutrimento dal quale trarre sostentamento, mente Jason continuava a godersi la scena a pochi metri di distanza, compiaciuto. Aveva sempre amato il modo di fare di Jeff, lo aveva affascinato fin dai tempi lontani in cui erano stati vicini di cella in carcere, ed ogni volta che gli capitava di poter assistere ad una sua sceneggiata pensava che fosse una delle cose più divertenti del mondo.
Tuttavia, dopo diversi secondi di silenzio durante i quali il vecchio barista pensò di essere certamente spacciato, intervenne all'improvviso Jane che si avvicinò al moro senza alcun timore, poggiando una mano sulla sua spalla con affetto. -Adesso basta Jeff, lascialo andare- gli disse, afferrando un piccolo lembo della felpa che indossava ed iniziando a tirarlo delicatamente verso di se. -Ci ha detto dove andare, non è necessario fargli del male-.
Il killer trattenne il fiato, e si concentrò ancora sulla piacevole sensazione di avere quell'uomo stretto in pugno, il totale controllo della situazione. Gli sarebbe bastato premere un po' la mano ed il vetro rotto della bottiglia ne avrebbe lacerato la carne, poi le vene che in quella precisa parte del corpo risultavano essere molto ben esposte e fragili: lui lo sapeva bene. Stava per obbedire al suggerimento di lei e lasciarlo andare, ma qualcosa gli stava impedendo di indietreggiare; forse stava perdendo il controllo, forse desiderava ucciderlo.
Una seconda voce però lo raggiunse poco dopo, seguita dall'inconfondibile suono metallico emesso da un'arma da fuoco quando viene caricato un colpo in canna. -Lascialo, subito-.
Liu aveva estratto dalla cintura la sua fidata pistola di servizio, e la stava puntando dritta alla testa del fratello. -Ora- ripeté, impaziente.
Solo a quel punto Jeff riuscì a recuperare la calma, sopprimendo ancora una volta il lato malvagio della sua mente e sostituendolo con quello più razionale, che gli suggeriva di fare ciò che gli veniva chiesto. Fece un passo indietro, abbassando la bottiglia rotta; uccidere quell'uomo non era mai stata una priorità, dopotutto.
Ma ecco che, solo un secondo dopo, il barista trovandosi finalmente libero dalla sua presa ebbe uno scatto d'ira così veloce ed imprevisto che nessuno si rese conto di ciò che stava accadendo, almeno finché Jeff non si ritrovò con la schiena a terra.
L'uomo tentò di fuggire dalla porta sul retro gridando aiuto, ma Jason riuscì prontamente a fermarlo. -Dove cazzo credi di andare, bastardo- ghignò, afferrandolo per il busto e spingendosi fino al centro della sala, ove lo costrinse a mettersi a sedere in una delle panche in legno solitamente dedicate alla clientela.
Liu disarmò la pistola, e raggiunse il poveretto. -Dove si trova la capanna di cui parlavi prima?- domandò, andando dritto al punto. Nel frattempo, con un ghigno di dolore in volto, Jeff tornò in piedi ed approfittò del trambusto per recuperare a sua volta una bottiglia dal bancone. Piena di grappa, questa volta.
In qualche modo doveva pur soffocare l'agitazione che sentiva in corpo, e l'alcool era sempre stato un'ottima soluzione a questo problema.
-Era la casa dei miei genitori, ormai è solo un rudere... Ma non si trova molto lontano da qui- spiegò il vecchio, annaspando. -Vi si arriva seguendo un sentiero, ma non è molto facile orientarsi se non conoscete la zona... -. Abbassò lo sguardo, riprendendo a piangere come un bambino. -Se mi risparmiate, posso accompagnarvi io stesso. Non cercherò ancora di scappare, lo giuro-.
-Quanto ci vorrà, andando a piedi? - domandò Jane, tentando di mostrarsi gentile agli occhi del poveretto: stava provando molta pena per lui, nonostante tutto. E quel suo sguardo gentile, ed il tono di voce dolce e pacato, sembrarono davvero rincuorare l'uomo che sollevò la testa per incrociare i suoi occhi. -Non più di un'ora, se partiamo subito e non facciamo soste direi al massimo quaranta minuti-.
Liu annuì, espirando aria calda dalle narici. -Allora mostraci la via- disse, con la fronte aggrottata. -Non ti verrà fatto niente, se non stai mentendo-.
Un breve silenzio inghiottí la stanza, mentre il barista si asciugava le lacrime con la manica della giacca. -Non sto mentendo, lo vedrete tra poco. Potrei soltanto sapere... Che cosa ha combinato quella ragazza, di tanto grave? -.
Il castano allargò un piccolo sorriso. -È una criminale- si limitò a dire, senza fornire alcuna informazione specifica. Sistemò il colletto della giacca, e sospirando richiamò l'attenzione del resto del gruppo: -Bene, muoviamoci allora-.
Fu in quel momento che Jane si voltò verso Jeff, e si rese conto che lui si era messo a sedere sul bancone, e stava trangugiando una bottiglia di grappa a grandi sorsi come fosse della semplice acqua. Rimase impietrita: negli ultimi mesi era riuscita con tanta fatica a fargli vincere la sua dipendenza dall'alcol, non ne aveva più bevuta una sola goccia da quando si era trasferito a vivere da lei. Vederlo con quella bottiglia in mano l'aveva lasciata senza parole, ma ciò che maggiormente la preoccupava era il fatto che lui in teoria non avrebbe potuto bere neanche un bicchiere di birra, in concomitanza con gli psicofarmaci che assumeva. La reazione tra i due elementi sarebbe potuta essere disastrosa.
Lo raggiunse a passo svelto, strappandogli la bottiglia dalle mani. -Ma che fai, hai perso la testa?- esordì, lanciandogli un'occhiataccia. E lui, irritato da quella reazione, si riprese immediatamente il suo bottino spingendola via. -Cazzo Jane, lasciami in pace- borbottò, indietteggiando con la grappa in mano.
-Appunto, lascialo stare- intervenne la voce di Jason, evidentemente divertito dalla situazione.
Ma la ragazza, che non si stava divertendo proprio per niente, strinse le labbra ed assunse un'espressione adirata. -Sei proprio un coglione quando fai così, Jeff- gli disse, gettandosi su di lui nel tentativo di strappargli ancora una volta la bottiglia dalle mani. Ma ciò che ottenne questa volta fu una reazione decisamente più violenta da parte sua, perché le mollò un spinone ancora prima che potesse toccarlo fancendola quasi andare a sbattere contro ad un mobile; subito dopo, con la testa penduta da una parte, con la mano libera estrasse dalla tasca il foglio di carta che aveva conservato. -Ehi, tu- sbraitò, rivolgendo lo sguardo al vecchio barista. -E di questo, sai qualcosa?-.
Tutti quanti gli altri rimasero confusi in quel momento, perché nessuno di loro aveva idea di cosa fosse quel foglio scarabocchiato che lui stava sventolando energicamente; Jane lo afferrò con rabbia pensando fosse uno scherzo, ma nel momento in cui ebbe percorso con lo sguardo quelle poche righe impresse con l'inchiostro, un brivido percorse la sua schiena.
Non riusciva a crederci, Ben era stato preso in ostaggio da Judge Angel.
Ecco perché non riuscivano più a trovarlo.
Ma come aveva fatto a farlo sparire così velocemente, e senza che nessuno di loro si fosse reso conto di niente?
Senza dire una parola passò il foglio di carta nelle mani di Jason, per poi volgere uno sguardo disperato a Jeff il quale, come niente fosse, continuava a bere. Soltanto adesso capiva che forse lui stava cercando di soffocare con l'alcool la risalita in superficie della parte malata di se stesso, risvegliata dallo scontro con quell'uomo; probabilmente stava bevendo anche perché farlo gli era mancato molto negli ultimi tempi, ma evidentemente il motivo non era soltanto questo.
-La.. Lascia quella bottiglia- insistette ancora una volta la ragazza, con molta più calma rispetto a poco prima. -Per favore Jeff, dobbiamo andare. Sono davvero preoccupata-.
Soltanto allora il killer obbedí, e con un pesante sospiro lasciò cadere la grappa che si riversò sul pavimento, sotto ai suoi piedi. Non disse niente ma le si posizionò accanto: iniziava a sentirsi stordito, e sperava che questo sarebbe stato sufficiente ad impedirsi di avere qualche altra reazione esagerata.
Lei lo guardò negli occhi, e li trovò un po' meno vuoti del solito: forse grazie all'alcool che aveva appena trangugiato, forse a causa di tutta quella storia assurda che lo stava impegnando tanto, il killer sembrava aver ritrovato un po' di quella forza d'animo che nelle ultime settimane sembrava aver perduto per sempre. Stava reagendo agli stimoli esterni in modo molto più pacato per i suoi standard, ma senza perdere il contatto con la realtà: nonostante tutto era stato molto bravo, si disse.
-Andiamo subito- esclamò con decisione Liu, lanciando uno sguardo d'intesa al vecchio barista ancora completamente in balia del terrore. -Facci strada, e vedi di non provare a fregarmi o te ne pentirai. Potrei arrestati anche subito, se solo volessi- lo avvertí.
L'uomo si limitò ad annuire lasciando intendere che aveva ben capito, ed uscendo dalla porta sul retro si incamminò seguito a ruota dal resto del gruppo.
-Magari lungo il tragitto mi racconti anche di quel foglio, eh?- aggiunse il castano.
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Into The Madness - 3
Hayran KurguTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...