Gli occhi ghiacciati di Jeff si posarono dapprima sul volto di Jason, che scrutò con attenzione senza lasciar trapelare alcuna espressione di stupore o sorpresa. Riconobbe da subito quella faccia, quella sua corporatura slanciata ma massiccia, e quella capigliatura dal colore così rosso da avere un aspetto innaturale: era stato tenuto richiuso nel medesimo carcere ove venne collocato anche lui, assieme a Smiley, Toby e molti altri ergastolani.
Lo ricordava bene.
Jason the Toymaker, questo era il nomignolo che gli era stato affibbiato, per via delle cose orribili che aveva fatto ai componenti della sua famiglia.
Al suo fianco, poco distante, riconobbe invece il fastidioso ragazzino che aveva incontrato dopo il suo risveglio dal coma. Ma non ricordava affatto il suo nome.
Vide Jane voltarsi di scatto verso di lui, con le labbra strette e le sopracciglia inarcate: era chiaramente molto scossa, ma sembrava che non le fosse stato fatto del male. La ragazza allungò un braccio ed afferrò il suo polso con delicatezza, forse stava cercando di rassicurarlo o, ancora più probabile, era spaventata dalla reazione che lui avrebbe potuto avere e voleva tenersi pronta a bloccare i suoi movimenti come meglio poteva, qualora si sarebbe ritenuto necessario.
-Jeff..- la sentì mormorare; ma il suono della sua voce al moro parve provenire da lontano, come fosse un eco appena percettibile al di là di una montagna. Jeff spostò gli occhi alla sua destra ignorando il fatto che la ragazza stesse disperatamente cercando il contatto visivo, ed aggrottando la fronte osservò in silenzio il corpo immobile del cane, adagiato sul fianco sinistro ed immerso in una pozza di sangue.
Dado era morto.
E non aveva di certo bisogno di avvicinarsi a lui per verificarlo.
Il suo corpo era inerte sul pavimento, gli occhi vitrei ancora spalancati, e la parete retrostante era macchiata di schizzi rossi che avevano iniziato a colare lentamente verso il suolo.
La visione di quell'immagine raccapricciante sembrò dapprima non scatenare alcuna reazione da parte del killer, il quale restò fermo per diversi secondi limitandosi semplicemente a guardare; non sembrava affatto scosso o adirato, ma questo fu soltanto perché in quel momento la sua mente si era spenta. I suoi sensi si erano affievoliti, come se si trovasse avvolto in un fitto strano di ovatta che lo separava da ciò che aveva attorno, non era in grado di udire e comprendere le voci degli altri, o elaborare in modo cosciente ciò che stava vedendo. Ma questo, come era capitato già altre volte, fu solo il lampo che precedette il tuono.
Una luce accecante, che lo stordì solo per un paio di secondi.
-Sapevo che ti avrei trovato qui- esordì Jason, che pareva non aver affatto compreso la pericolosità della situazione in cui si era ficcato. -Non ci ho creduto neanche per un attimo, che fossi morto per mano di quel tipo-.
Ben, affianco a lui, apparve in quel momento molto più coscienzioso nonostante il suo carattere spavaldo e sconsiderato; fece infatti qualche passo indietro lungo il breve corridoio che conduceva al salotto, allontanadosi con cautela dal resto del gruppo.
E dopo il lampo, giunse il tuono.
Così impetuoso ed improvviso che fece gelare il sangue nelle vene di tutti i presenti.
Il volto di Jeff cambiò aspetto, liberandosi dell'espressione neutrale che aveva assunto fino ad allora: i suoi occhi brillarono di rabbia e di una follia disumana, la sete di sangue salì impetuosa prendendo il controllo delle sue azioni ed il cuore iniziò a pompare più sangue nei suoi arti, preparandosi all'azione. Persino Jane ebbe l'istinto di mollare la presa sul suo polso ed indietreggiare, terrorizzata.
Erano ben tre le persone pronte a fermarlo, e Jeff era completamente disarmato. Eppure, tutti in quel momento erano spaventati a morte.
Jason sollevò entrambe le mani e tentò di dimostrarsi amichevole, sperando di riuscire in qualche modo a placare la reazione del killer alla sua nascita, prima che la attuasse. -Jeff, io non sono ven...- riuscì a balbettare, appena prima di vederlo balzare su di lui come un leone farebbe con una preda. E Jeff non intendeva limitarsi a spaventarlo, disarmarlo o cacciarlo via: il suo unico obbiettivo adesso era ucciderlo, e non si sarebbe fermato fino a che non avesse avuto le mani imbrattate del suo sangue.
Il moro puntò dritto alla base del collo di Jason, che afferrò con un braccio solo ma con una forza tale da sbattere l'uomo contro alla parete; con la mano libera, poi, tentò di premere le dita sulle sue palpebre. L'altro glielo impedì voltando prontamente la testa di lato, e con uno spintone ben assestato riuscì a farlo indietreggiare lievemente, giusto il tempo di prendere fiato. Tentò di sgusciare via dalla sua presa, ma solo un secondo dopo Jeff era di nuovo su di lui: non riducì ad evitare primo pugno che impattò con violenza sul suo volto rompendo il setto nasale, né il secondo che si infranse invece sulla sua mandibola inferiore schiacciandogli la lingua tra i denti.
-Fermo, Jeff!- gridò Ben, che però non ebbe il coraggio di avvicinarsi alla sede dello scontro; al contrario continuò ad indietreggiare, per assicurarsi di non divenire a sua volta vittima della furia del killer. -Calmati, cazzo!-.
Jason sferrò un calcio sulle gambe del moro con la speranza di riuscire a sbilanciarlo: non funzionò, ma ottenne in cambio una frazione di secondo che sfruttò a suo vantaggio, per allontanarsi dalla parete ed avere così più spazio per muoversi. Il terzo attacco di Jeff giunse subito dopo, ma questa volta Jason era risucito ad estrarre nuovamente il suo coltello a serramanico.
Solo notando quel dettaglio Jane riuscì a trovare il coraggio per intervenire, precipitandosi tra i due nel disperato tentativo di dividerli; se quella lama avesse dovuto penetrare nella pelle di qualcuno, avrebbe certamente preferito che si trattasse della sua. -Jeff, fermati ti prego!- gridò premendo un palmo sul suo petto.
Ma anche questa volta, lui, parve non sentirla.
Per nulla spaventato dalla presenza dell'arma, il ragazzo afferrò con violenza il polso dell'uomo e fece sbattere la sua spalla contro allo stipite della porta; Jason strinse il pugno della mano libera sui capelli di Jeff e sbattè la sua testa contro al tavolo. A quel punto, lo scontro tra i due si era spostato nella cucina.
-Basta, piantala!- riuscì ad esclamare; non voleva utilizzare il coltello su Jeff, l'aveva estratto dalla manica solo perché sperava che in questo modo lo avrebbe intimorito; ma la situazione continuava a peggiorare e forse ad un certo punto non avrebbe avuto più scelta.
Jane si precipitò sul moro tentando di afferrare le sue spalle ed allontanarlo dal tavolo, ma non vi riuscì. -Jeff, basta, ti prego!-.
Il moro rispose all'attacco in modo pressoché immediato, nonostante fosse intontito dalla botta appena ricevuta; afferrò nuovamente il collo di Jason, tentando questa volta di soffocarlo. L'altro però riuscì a divincolarsi, ed allungando una mano afferrò un bicchiere di vetro posto sulla mensola che adesso si trovava alla sua sinistra. Senza fermarsi a pensare lo strinse con forza nel palmo della mano e lo sbattè sulla testa di Jeff.
L'impatto causò la rottura quasi istantanea dell'oggetto, seguita dal rumoroso tintinnio dei pezzi di vetro che cadevano sul pavimento.
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Into The Madness - 3
أدب الهواةTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...