Lo sguardo sprezzante di Liu era fisso su Ben, e ne scrutava il volto profondamente. Era assolutamente sicuro di aver già visto quel ragazzino da qualche parte, ma proprio non riusciva a ricordare dove.
Jason infilò una mano nella tasca dei pantaloni, giusto per assicurarsi che il suo coltello fosse ancora al suo posto: probabilmente sarebbe servito a poco in quella circostanza, ma era meglio poter contare su un'arma semplice come quella piuttosto che trovarsi del tutto disarmato. Si schiarì la voce, e tentò di simulare un atteggiamento amichevole nonostante la cosa gli risultasse molto difficile al momento.
-Ho letto gli ultimi post sul tuo forum online- rivelò l'uomo. -E grazie a Ben abbiamo scoperto chi fosse stato a scriverli... Liu Woods, quindi eccoci qua-.
Il castano scosse la testa e strinse le mandibole, come stesse reprimendo la voglia di estrarre ancora la sua pistola. -Non porto più quel cognome da parecchio tempo- ghignò, con una rabbia repressa così impetuosa da far tremare il tono della sua voce. Tacque qualche istante, poi rivolse a Jason la sua attenzione. -E quindi? Cosa volete da me?-.
-Signor Davis, la prego- mormorò Catrina, ancora nascosta dietro alle sue spalle. La vecchina era scossa da violenti brividi, respirava affannosamente e sembrava in procinto di svenire dalla paura. -Chiami la centrale... La prego-.
Ma Liu non sembrò dare ascolto alle sue parole, tanto che neanche la degnò di una risposta.
-Anch'io sto cercando quella donna- rivelò l'uomo dai capelli rossi, guardando il suo interlocutore dritto negli occhi.
Il giovane poliziotto capì subito che si stesse riferendo a Judge Angel, ma non disse una parola a riguardo; indicò Ben con il dito indice, emettendo un sospiro. -Tu sei...-.
-Benjamin- rispose prontamente il biondino, che sprezzante del pericolo stava frugando nel taschino della giacca alla ricerca di una sigaretta. -Mi hanno convocato alla centrale per interrogarmi, mesi fa...-.
Liu annuì brevemente. Ecco perché quel volto gli era parso così familiare: Ben era l'unico testimone ad aver collaborato con la polizia per il caso della clinica del dottor Arden, ed il suo interrogatorio era stato affibbiato a lui in mancanza di altri colleghi disponibili all'incarico. Questo, nonostante lui avesse espressamente richiesto più e più volte di non voler lavorare su nessun caso che avesse anche solo lontanamente a che fare con suo fratello.
-Speravo di poter ottenere la tua collaborazione, Liu- incalzò Jason, con ritrovata sicurezza di se. -Dopotutto abbiamo entrambi lo stesso obbiettivo-.
-Ne dubito fortemente- ghignò il castano. -Piuttosto, dovreste darmi una buona ragione per non arrestarvi subito-.
Nel frattempo, al di là della parete, Jane era china sul divano con le ginocchia a terra, ed intenta a cercare di bloccare la fuoriuscita di sangue dalla ferita che Jeff aveva riportato. Con movimenti molto lenti e calcolati era riuscita a sfilargli la felpa: il foro del proiettile era posizionato in prossimità della spalla sinistra, e seppur non fosse particolarmente grande stava rigettando una preoccupante perdita ematica. Dapprima la ragazza fu estremamente preoccupata dall'idea che il proiettile si trovasse incastrato dentro alla carne, ma adesso che Jeff era rimasto a petto nudo poté verificare senza dubbio che sulla sua schiena vi fosse anche il foro d'uscita.
Il proiettile, dunque, aveva semplicemente trapassato la sua spalla da una parte all'altra.
-Non è grave, stai tranquillo- mormorò con un filo di voce. Ma con quella frase non riuscì a rassicurare nemmeno se stessa, perché la verità è che non aveva idea dei danni che una ferita di quel tipo avesse potuto causargli. Afferrò la felpa bianca che poco prima gli aveva tolto, e facendo uso di entrambe le maniche improvvisò una sorta di benda che riuscì in malo modo a legare attorno al busto del ragazzo, in modo da bloccare almeno parzialmente la fuoriuscita di sangue.
E durante tutto il tempo che Jane impiegò a far questo, Jeff non disse una singola parola. Il suo sguardo era fisso nel vuoto, e chissà quali pensieri stavano tormentando la sua mente.
Doveva aver sognato per anni di poter rivedere quel tanto amato fratello che aveva creduto morto, ed ora che ne aveva avuta occasione di certo non si sarebbe aspettato niente di tutto questo.
La ferita bruciava nel suo petto come un tizzone ardente, ma il dolore più profondo Jeff lo stava provando dentro di se.
-Come ti senti?- borbottò la ragazza, annodando con cura l'improvvisata medicazione.
Il Killer non mosse un muscolo, neanche per voltarsi a guardarla. -Devo... Parlare con Liu- esclamò lui, annaspando. E subito dopo tentò di alzarsi, ma una fitta di dolore lancinante lo costrinse immediatamente a lasciarsi ricadere sul divano.
-No, no, fermo li- esclamò Jane. -Ci stanno pensando Jason e Ben, non devi preoccuparti di questo-. Si astenne dal dire che, quasi certamente, se anche lui fosse riuscito a raggiungerlo senza svenire un'altra volta, Liu non avrebbe esitato un secondo a sparargli ancora.
Di certo Jane non sapeva per quale motivo suo fratello sembrava avere un odio così viscerale nei suoi confronti, e fu molto stupita di apprenderlo perché fino al giorno prima era certa che tra i due vi fosse stato un rapporto profondo; a testimoniarlo, vi era quella registrazione vocale che Jeff aveva ascoltato ossessivamente un quantitativo incalcolabile di volte. Ma considerato come stavano le cose adesso, avrebbe dovuto impedire ai due di avvicinarsi l'un l'altro almeno fino a che Jason non sarebbe riuscito ad ottenere il benestare di Liu.
-Resta sdraiato, okay?- insistette la ragazza.
Ma Jeff, testardo come sempre, tentò ancora una volta di sollevarsi e vi riuscì, seppur dovendo digrignare i denti per sopportare il dolore. Ritrovandosi seduto con la schiena eretta, tuttavia, fu colto da forti vertigini che gli suggerirono di non avere abbastanza forza da reggersi in piedi al momento.
Jane poggiò le mani sulle sue spalle, e lo guardò dritto negli occhi. -Jeff, hai perso tanto sangue, capito? Non puoi alzati ora-.
Lui la guardò per una breve manciata di secondi, con una strana espressione sul volto. Sembrò trattenere il fiato ed aggrottò la fronte come se stesse pensando a qualcosa; poi, lentamente, abbassò lo sguardo. -Io... Non capisco...- disse, sussurrando in modo appena percettibile. E subito dopo le sue difese furono abbattute da una crescente disperazione, che appannò del tutto i suoi pensieri. Una lacrima calda solcò la sua guancia destra, ed il ragazzo chiuse gli occhi.
Odiava sentirsi debole.
Odiava essere impotente.
-Hei, Jeff, asoltami-.
Jane si sporse in avanti e lo abbracciò, stando ben attenta a non causargli dolore applicando pressione sulla spalla ferita; sentì il suo corpo farsi pesante tra le sue braccia, come lui avesse voluto abbandonarsi del tutto a quell'abbraccio. Ed in quel momento, pensò, avrebbe voluto più di ogni altra cosa farsi carico lei stessa di quel dolore per impedire a Jeff di stare così tanto male. Se solo questo fosse stato in qualche modo possibile, non avrebbe esitato un solo secondo a trasferire su se stessa le pene che lui stava patendo.
E, come le accadeva fin troppo spesso, era fortemente pentita delle decisioni che aveva preso nelle ultime ventiquattrore: non avrebbe mai dovuto permettere a Jason e Ben di coinvolgere Jeff in quella faccenda. Si era lasciata trascinare in modo stupido, ed ecco che cosa era accaduto.
-Metteremo a posto ogni cosa, te lo prometto- bisbigliò, stringendolo sul suo petto. -Ma adesso devi restare fermo qua-.
STAI LEGGENDO
Into The Madness - 3
FanfictionTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...