℘ąཞɬɛ 8 - Cane

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-Jane, apri questa cazzo di porta!-.
La mora strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani; non si aspettava che quei due sarebbero tornati così presto, e soprattutto non immaginava che lo avrebbero fatto con una tale violenza.
Era spaventata, o meglio terrorizzata, ma non aveva alcuna intenzione di chiedere aiuto a Jeff.
Si avvicinò alla porta chiusa, e guardò con sgomento attraverso il piccolissimo vetro circolare oltre il quale incontrò il volto teso di Jason.
-Andate via! Non lo ripeterò un'altra volta!- esordì, sperando che la sua voce non raggiungesse, al piano di sopra, le orecche di Jeff.
L'uomo dai capelli rossi, dall'altro lato della porta chiusa, fece una smorfia lanciando un breve sguardo pensieroso al biondino. -Apri, cristo!- esclamò ancora a gran voce, iniziando a sbattere i pugni sulla superfice di legno. -Non possiamo farci vedere qui!-.
Era nervoso, e potenzialmente pericoloso: era facile intuirlo dal tono della sua voce.
-Chiamo la polizia- rispose la ragazza, improvvisando una sicurezza che in realtà non possedeva. Aveva il cellulare in tasca, e le sarebbero bastati giusto un paio di secondi per fare quella telefonata; ma non poteva. Chiamare la polizia sul posto significava mettere a rischio anche Jeff, e questo non poteva di certo permetterlo.
Jason sbattè nuovamente i pugni sulla porta, sempre più forte. -Apri!- gridò. -O la butto giù, questa cazzo di porta!-.
Jane deglutì a vuoto e spostò lo sguardo su Dado, che in piedi affianco a lei la stava osservando in silenzio: non riusciva a capire che cosa stesse accadendo e sembrava essere in allerta, seppur non stesse abbaiando.
Non lo faceva quasi mai, cosa che lo rendeva un pessimo cane da guardia.
-Apri, Jane!- gridò questa volta Ben, la cui voce fu distinguibile per il suo tono più squillante.
Dado fece un passo indietro, mentre la ragazza spostava una mano tremante sulla maniglia. La sua mente era in subbuglio, e da quel momento iniziò ad agire in un modo che, giusto qualche minuto dopo, avrebbe di certo ritenuto imprudente e sconsiderato.
-Voglio solo parlare, muoviti!-.
Jane premette la maniglia ed aprì la porta solo di pochi centrimenti, per poi sporgere fuori il viso. L'aria fresca fece pizzicare le sue narici.
-Vi ho già detto che Jeff non...-.
-Sappiamo che è qui, piantala- la interruppe Ben, che in quel momento la stava fissando con un atteggiamento fastidiosamente provocatorio.
-E se anche fosse- replicò la mora, che continuava a bloccare la porta con l'ausilio del suo stesso corpo. -Che diavolo volete?-.
Jason piegò le labbra in un sorriso strano, ricambiando il suo sguado. Non rispose alla domanda, ma fece un improvviso quanto rapido scatto in avanti e spinse la porta aprendola con una feroce spallata, cosa che per poco non fece cadere Jane a terra; era forte, più di quanto la ragazza avesse immaginato. Forse si era lasciata ingannare dal fisico asciutto e slanciato di quell'uomo, non considerando la possibilità che sotto a quei vestiti ben stirati potesse nascondere una buona quantità di muscoli.
-Devo parlare con lui, te l'ho già detto!- esclamò, precipitandosi all'interno dell'abitazione con una singola falcata.
Jane tentò di respingerlo ma anche questa cosa le fu impossibile e così, solo un secondo dopo, si ritrovò dinnanzi a quell'individuo alto almeno venti centimetri più di lei, e che pareva avesse davvero pessime intenzioni. E l'ingresso di quest'ultimo fu seguito subito dopo da quello del giovane Ben, che si affrettò a richiudere l'ingresso alle sue spalle in modo tale che nessuno, dall'esterno, avrebbe più potuto notarli.
Sembrava davvero preoccupato di questo, tanto che, anche una volta entrato, continuò per diversi secondi ad osservare le finestre cercando di posizionarsi in modo da non essere visibile neanche attraverso di esse.
Jane fece diversi passi indietro fino a sbattere la schiena contro al corrimano delle scale; tentò di parlare, ma qualcosa di imprevisto accadde prima che lei potesse pronunciare una sola sillba. L'evento ricoprì lo spazio temporale di pochi secondi, ma fu così tragico e distruttivo, che la ragazza visse l'esperienza come fosse durata un'ora intera.
Dado, che pareva aver capito che quei due individui rappresentavano una minaccia per la sua padrona, con uno scatto felino attaccò Jason mordendo con rabbia la sua gamba destra. La reazione dell'uomo giunse un attimo dopo, perché un'improvvisa fitta di dolore proveniente dalla pelle appena lacerata dai denti affilati del cane riversò nel suo corpo una scarica di adrenalina: afferrò la bestiola e la scaraventò contro al muro con una furia immonda, per poi squarciare la sua gola con un piccolo coltello a serramanico che fino a quel momento aveva tenuto nascosto dentro ad una manica della camicia.
Il cane emise uno straziante lamento e si accasciò a terra non appena Jason lasciò la presa sul suo torso, e dopo una serie di spasmi involonari il suo corpo si fece immobile mentre, sulle mattonelle del pavimento, si allargava una pozza rossa del suo sangue caldo.
Alla vista di quella scena raccapricciante, Jane rimase dapprima immobile, pietrificata dalla paura e dalla confusione mentale che cresceva in lei ogni secondo di più; impiegò fin troppo tempo a capire di aver appena visto il suo cane morire, proprio davanti ai suoi occhi.
E, ancor peggio, di aver osservato la scena senza intervenire in alcun modo per impedirlo.
-Cosa... Cosa hai fatto...- riuscì a mormorare, con lo sguardo perso nel vuoto. Una rabbia incontenibile la assalì nel momento in cui tornò a posare lo sguardo su quello che ormai era soltanto il cadavere del povero Dado; e così, agendo in modo del tutto improvviso si gettò su Jason assestandogli uno spintone sul petto, che lo fece andare a sbattere contro Ben.
-Cos'hai fatto!- ripeté, gridando con tutto il fiato che aveva in gola.
L'uomo, che evidentemente non si sentiva minacciato da quella sua reazione, richiuse con un rapido gesto la lama del coltello e sollevò entrambe le mani, a dimostrazione del fatto che non intendeva farle del male o scontrarsi con lei. -Come cazzo avrei potuto sapere che avevi un cane?- tentò di giustificarsi malamente, mentre il biondino accanto a lui pareva quasi intento a trattenere una risata. -Quel coso mi è saltato addosso!-.
-Sei proprio un maledetto bastardo...- ghignò ancora Jane, rivolgendogli un'espressione di odio profondo.
Ma Jason tentò di farle recuperare la calma, continuando ad accampare qualsiasi scusa che avrebbe potuto in qualche modo rendere meno grave quello che aveva appena fatto. -Mi ha morso, che dovevo fare? Lasciarmi sbranare?-.
La ragazza strinse le mandibole e con esse i denti, era così arrabbiata che il suo corpo aveva iniziato a tremare visibilmente. Ogni parola che usciva dalla bocca di quell'uomo la disgustava ed alimentava il suo odio in modo esponenziale.
-Il cane stava solo cercando d...- si interruppe bruscamente, quando spostando lievemente il campo visivo notificò la presenza di Jeff dietro alle sue spalle; aveva perso il controllo al punto di non essersi affatto accorta del suo arrivo. Doveva essere sceso dalle scale mentre lei gridava contro Jason.
Annaspando alla ricerca d'aria Jane gli rivolse uno sguardo esternamente disorientato: non aveva idea di come il killer avrebbe reagito a tutto ciò, e la sua maggior preoccupazione al momento era proprio questo. Ma non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ormai era troppo tardi per tutto quanto.
L'ingresso spavaldo di quei due individui che non avrebbe mai dovuto incontrare ancora.
La morte di Dado, che era ormai per lui un amico insostituibile.
La situazione attuale era forse il peggior quadro di eventi che avessero potuto crearsi tutti assieme, e restava soltanto di vedere come Jeff avrebbe reagito ad una tale sollecitazione emotiva.

Into The Madness - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora