Dopo essersi assicurata che le condizioni di Jeff fossero stabili, e che lui fosse fisicamente incapace di alzarsi da solo e mettersi in pericolo in qualche altro modo, Jane lo lasciò da solo in salotto con la promessa che sarebbe ritornata da lui entro pochi minuti.
-Ti prego, fallo per me. Non muoverti- aveva detto, lasciandogli una tenera carezza tra i capelli prima di allontanarsi lungo il corridoio e raggiungere gli altri.
Trovò Liu con la schiena appoggiata sul bordo della scrivania, che guardava Jason con un'espressione del tutto indecifrabile. Difficile capire che cosa gli stesse passando per la testa in quel momento: seppur tentasse di nasconderlo era evidentemente molto scosso dalla situazione, ma quantomeno pareva aver messo in secondo piano l'idea di svuotare il caricatore della pistola contro a tutti quanti.
Jason doveva avergli spiegato molto rapidamente quale fosse stato il motivo della loro irruzione, ed anche adesso stava continuando a parlargli sperando di riuscire ad ottenere almeno un pizzico della sua fiducia.
-...Perciò, Liu, voglio tu capisca che noi siamo dalla tua stessa parte-.
Giusto qualche passo più indietro, con una spiazzante indifferenza Ben si era infilato una sigaretta tra le labbra e la stava accendendo incurante di trovarsi all'interno di una casa pulita ed ordinata in modo maniacale.
Senza dire una parola Liu posò lo sguardo su Jane per un paio di secondi non appena notò il suo ritorno, per poi avanzare furioso verso il biondino: in senso letterale, strappò via dalle sue labbra la cartina piena di tabacco e la gettò rabbiosamente a terra, per poi spegnerla sotto alla suola di una scarpa. -Nessuno ti ha insegnato l'educazione, moccioso?- grugnì. Tornò poi a dedicare la sua attenzione a Jason, che si era goduto la scena con malcelato divertimento, evidenzato da un sorrisetto irritante.
-Per quanto il vostro aiuto potrebbe farmi comodo, non ho alcuna intenzione di allearmi con voi- esordì.
L'uomo dai capelli rossi stava per rispondere, ma proprio in quel momento si udì qualcuno sbattere le nocche sulla porta d'ingresso.
-Liu? Va tutto bene li dentro?-.
In quell'istante tutti i presenti si misero a tacere, e rimasero impietriti volgendo lo sguardo in direzione del rumore. Lo stesso Liu, che fino a poco prima sembrava avere il più totale controllo della situazione, assunse in quel momento un'espressione profondamente preoccupata.
Guardò tutti gli altri e fece un giro su se stesso con aria pensierosa, per poi incamminarsi rapidamente verso la porta seguito da Catrina.
-È il vicino del piano di sopra- sussurrò, riferendosi alla donna. -Non dire una parola o sei licenziata, hai capito bene?- mugolò. E Catrina si limitò ad annuire abbassando lo sguardo, e continuando a camminare accanto a lui come cercasse disperatamente conforto.
La mano dall'altro lato della parete bussò più forte, alzando anche il tono della voce. -Liu? È successo qualcosa?-.
Il castano inserì il blocco, in modo tale che non fosse possibile aprire la porta se non di pochi centrimenti; quanto bastava per incrociare lo sguardo del vicino in piedi sul pianerottolo e tentare di rassicurarlo.
-Va tutto bene, scusa per il baccano- disse, mettendo in mostra un sorriso improvvisato in modo magistrale.
L'altro, però, non parve affatto convinto. -Sei sicuro? Ho sentito un colpo come... Non so, sembrava uno sparo-.
-Va tutto bene- ripeté Liu, raffreddando fortemente il tono della sua voce. -È solo caduto il lampadario del salotto-.
Catrina, dietro alle sue spalle, non disse una singola parola ma l'espressione terrorizzata sul suo volto continuava a tradire in modo fin troppo chiaro ogni menzogna che Liu stava sputando. Il vicino di casa, infatti, restò fermo a guardarli per una lunga manciata di secondi prima di decidersi a tornare al suo piano.
Senza perdere altro tempo Liu richiuse a chiave il portone e si occupò di tranquillizzare Catrina.
-Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo- le disse, con un piccolo sorriso. -Ti fidi di me, vero?-.
L'anziana donna annuì con un debole cenno del capo e strinse le spalle. Certamente riponeva una grande fiducia in quel ragazzo che era stato il suo datore di lavoro negli ultimi due anni: lo conosceva bene, e sapeva quanto Liu fosse una persona coscienziosa e leale; ma nonostante questo, proprio non riusciva a comprendere per quale motivo si stesse comportando in quel modo.
-Allora chiuditi in cucina e aspetta. Non ci vorrà molto-.
A passo svelto il ragazzo raggiunse nuovamente lo studio, dove Jane, Jason e Ben lo attendevano. Iniziava davvero a spazientirsi e desiderava solo che quel branco di pazzi se ne andassero via dalla sua casa; ma sapeva di essere l'unico ad avere una pistola e voleva capire fino in fondo quella questione prima di prendere una decisione, qualunque essa fosse.
Attraversando il corridoio il suo sguardo penetrò nel salotto per poco più di un secondo, ma questo fu sufficiente affinché potesse posare gli occhi sulla figura immobile di Jeff, disteso sul divano. Distolse lo sguardo in modo immediato, stringendo il pugno destro sulla pistola ed imponendosi di mantenere la calma; non avrebbe esitato a sparargli ancora e porre fine alla sua penosa esistenza, se solo questo non avrebbe causato una nuova allerta nei coinquilini del palazzo. E inoltre, uccidere Jeff sarebbe significato abbassarsi al suo stesso livello, cosa che per tutta la vita aveva evitato in ogni modo di fare.
Lui non era un assassino, ma uno stimato poliziotto.
E non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con quel mostro immondo di suo fratello.
-Bene, direi che abbiamo finito- esordì, entrando nella stanza ove gli altri tre erano rimasti immobili in attesa del suo ritorno. -Mi avete proposto un patto ed ho rifiutato, adesso dovreste proprio andarvene-.
Ben si mise a sedere sulla scrivania, con le gambe a penzoloni e la testa sorretta dalle mani: anche lui si era stufato della situazione, e non perdeva tempo a dimostrarlo.
-Ma tu sei stato sollevato dai tuoi incarichi, no?- incalzò ancora Jason, deciso a non mollare l'osso. -Il nostro aiuto ti farà comodo, se vuoi trovare questa Judge Angel-.
Liu fece una smorfia disgustata, poggiando la schiena contro al muro. -Non sono stato sollevato da nessun incarico- ribattè, irritato. -Semplicemente, al momento non sono in servizio-.
Ed a quel punto Jane, che era rimasta pressoché in silenzio, fece qualche passo avanti per avvicinarsi al giovane poliziotto. A lei non importava affatto che Liu accettasse di collaborare con il resto del gruppo, ma solo che concedesse a Jeff qualche minuto per parlare; e nel guardare gli occhi freddi e spenti del castano, carichi di dolore e di rimpianti che si trascinava dietro come un sacco pieno di pietre, non poteva che rivedere lo stesso sguardo di Jeff. Anche i loro lineamenti erano molto simili, così come la corporatura ed alcune espressioni facciali; era evidente che fossero fratelli di sangue, seppur così diversi tra loro.
Un castano ed un moro, un killer e un poliziotto.
Eppure, ne era certa, erano simili.
-Liu, lascia perdere per un secondo tutto il resto...- mormorò, con un filo di voce. -Permettimi di parlarti solo qualche minuto-.
Il castano si voltò in sua direzione, e le lanciò uno sguardo confuso ma senza degnarla di una risposta. Non sembrava per niente propenso ad ascoltarla, e come biasimarlo.
Ma la mora, avanzando ancora di qualche passo fino a posizionarsi davanti a lui, trovò il coraggio di insistere. -Ti chiedo scusa a nome di Ben e Jason, a volte sono davvero molesti ma... Te lo chiedo in ginocchio, permettimi di parlare con te-.
Liu scosse la testa. -Avete già parlato fin troppo, ed ho esaurito la pazienza- rispose, freddo. -Se questo non basta ho molte spiegazioni da dover dare al vicinato, ed la governante rintanata in cucina che sicuramente domani mi farà avere le sue dimissioni. Che altro vuoi, ragazza?-.
E lei, abbassando lo sguardo, sembrò trattenersi dal piangere. -Mi dispiace, davvero. Io non dovrei neanche trovarmi qui- mormorò.
Il giovane poliziotto tacque, ed iniziò a fissarla con la fronte aggrottata. Dapprima non risucì a capire a cosa fosse dovuta la sensazione che stava provando, eppure quel volto dolce ed apparentemente innocuo, e quel paio di occhi scuri, sembravano voler richiamare qualcosa alla sua memoria.
Si sentiva come se, in qualche circostanza, avesse già avuto occasione di frequentare quella ragazza.
Dovette ragionare a lungo e schiarisi la mente, fino a che qualche manciata di secondi dopo un ricordo vivido e doloroso si accese come una lampadina nell'oscurità della sua mente; ed in quel momento, finalmente Liu riuscì a capire chi fosse la persona che aveva davanti. I suoi occhi si illuminarono ed istintivamente indietreggiò di un passo, con la bocca socchiusa.
-Aspetta...- balbettò. -Tu sei....Jane Arkensaw?-.
STAI LEGGENDO
Into The Madness - 3
أدب الهواةTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...