℘ąཞɬɛ 4 - Cappello

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Jane trattenne il fiato, così sconvolta da trovarsi immobilizzata.
Era passato moltissimo tempo dall'ultima volta che aveva visto quell'uomo, e di certo non aveva mai avuto occasione di incontrarlo fuori dalla cella ore era stato recluso.
Jason la fissava con uno strano ghigno dipinto sul volto, e sembrava molto impaziente di entrare; al suo contrario, lui non sembrava poi così stupito di rivederla. Sul suo capo era poggiato un curioso cappello a cilindro di tessuto grigio, e pareva aver ripassato i contorni di entrambi i suoi occhi con una matita nera come fosse in procinto di recarsi alla festa di carnevale.
-Che... Che ci fai qui?- borbottò la ragazza, facendo un passo sul patio e richiudendo la porta di casa dietro alle sue spalle; adesso, soltanto il piccolo giardino si frapponeva tra i due, distanti tra loro poco meno di cinque metri.
L'uomo afferrò le sbarre del cancello e vi posizionò il volto nel mezzo, allargando un piccolo sorriso. -Anch'io sono felice di rivederti, Jane- ironizzò aspramente, senza riuscire a sciogliere la tensione che adesso aleggiava palpabile nell'aria circostante. -Ero andato a cercarti al tuo vecchio appartamento, ma ad aprirmi la porta è stato un vecchietto barbuto- continuò a dire. -Così ho immaginato di poterti trovare qui, nella ex casa dei tuoi genitori-.
La mora deglutì a vuoto, tentando di non mostrare la sua frustrazione. -Non vivo più in quel monolocale da un pezzo, l'avranno affitato a qualcun altro- rispose, freddamente.
Jason annuì brevemente. -Oh sì, è chiaro-. Strinse i pugni sulle sbarre del cancello e sorrise ancora, stavolta più ampiamente.
-Come... Come sapevi quale fosse l'indirizzo giusto?- chiese poi Jane, chiaramente intimorita dalla presenza dell'uomo seppur esso si trovasse ancora all'esterno della sua proprietà. Non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi in quella situazione, ma di una cosa ne era certa: proprio non le andava di avere a che fare con lui.
Jason sollevò le spalle. -Conosco la città, e tutti sanno che questo è il posto dove anni fa si è consumata quella... Tragedia- esordì, cambiando leggermente il tono di voce mentre pronunciava quell'ultima parola.
-Comunque- continuò a dire. -Che fai, non mi apri?-.
-No- rispose prontamente Jane, scuotendo la testa. -Scusami, ma non è proprio il momento giusto-.
L'uomo dai capelli rossi assunse un'espressione profondamente delusa. -Oh, non si trattano così gli ospiti, sai? Dai, aprimi, devo parlarti di una cosa importante- continuò ad insistere, decidendosi finalmente a lasciare la sua presa sul cancello chiuso. -Non ci metterò molto-.
Qualche goccia di pioggia riprese a cadere dalle nubi grigie che soffocavano il cielo, mentre Jane osservava con evidente fastidio l'indesiderato visitatore. -Puoi parlarmi anche stando dove sei- ribattè con asprezza. -Dico davvero Jason, non è il momento-.
E fu proprio allora che una seconda figura, decisamente più esile e bassa di statura, spuntò fuori dall'aiuola dietro alla quale fino ad allora si era nascosta restando in silenzio e si posizionò proprio affianco all'uomo.
-..Ben?- esordì Jane sempre più confusa, osservando il ragazzino con le palpebre spalancate. Lo ricordava bene, il biondino che aveva conosciuto al centro di ricerca medica del dottor Arden, anche se adesso pareva avere un'aspetto più pulito.
Ben intrecciò le braccia sul petto, rivolgendo un'occhiata annoiata prima a Jason poi a lei. -Andiamo, vai dritto al punto o staremo qui fino a Natale!- mugolò, spazientito. Fece una smorfia ed espirò aria dal naso, appoggiandosi con una spalla contro al cancello chiuso.
-Stiamo cercando Jeff- si limitò a dire.
Udendo quelle parole pronunciate dal ragazzo con una spontaneità disarmante, Jane rimase senza fiato. Dapprima non seppe in che modo reagire, e si limitò a guardarsi intorno per assicurarsi che nessun passante avesse potuto sentire quelle parole.
-C..Cosa?- balbettò, annaspando.
Jason fece una smorfia e diede una piccola spinta sulle spalle del biondino. -Ma dai, sei davvero un cretino allora!- replicò, rivolgendogli un'espressione di disapprovazione. -Ti avevo detto di lasciar parlare me!-.
Ben sbuffò ancora, tornando ad intrecciare le braccia. -Si, ma se devi girarci intorno così tanto non...-.
-Ma di che state parlando?- lo interruppe Jane, che a quel punto aveva attraversato il giardino per avvicinarsi agli altri due, ma senza accennare a voler aprire il cancello che li separava.
Jason alzò gli occhi al cielo. -Non avrei dovuto dirtelo così ma si, stiamo cercando Jeff. Ho bisogno di parlargli, è una cosa urgente-.
La ragazza tacque, così sorpresa e confusa che non trovava le parole. Continuava a far scorrere lo sguardo su quei due ossessivamente, come volesse comprendere in qualche modo quali fossero le loro intenzioni; poi, dopo una brevissima riflessione mentale, si decise a rispondere mantenendo un tono di voce più basso possibile. -Jeff è morto. Davvero non lo sapevi, Jason?- improvvisò, sperando di essere stata convincente e credibile a sufficienza.
Ma quella sua risposta causò nell'immediato una risata sguaiata in Ben, ed un'espressione accigliata sul volto di Jason. Il biondino scosse il capo e continuò a ridacchiare, come trovasse la situazione davvero divertente. -Non serve che tu finga Jane, gli ho spiegato tutto quanto- le disse, lasciando intendere che avesse rivelato a Jason la verità sulla finta morte di Jeff.
Dopotutto lui era a conoscenza di tutto quanto, era presente quando il dottore era stato ucciso e Natalie aveva fatto in modo che loro due potessero dileguarsi senza lasciare tracce; tuttavia, pareva non aver rispettato il patto non scritto di mantenere la massina segretezza riguardo a quel dettaglio così importante.
Jane si sentì morire dentro in quel preciso istante, realizzando che la copertura era saltata e che se uno di quei due avesse per caso deciso di rivelare la verità alla polizia, per Jeff sarebbe stata la fine. Non poteva permetterlo.
Il suo volto divenne carico d'odio, mentre volgeva nuovamente lo sguardo all'uomo dai capelli rossi. -Ripeto, Jeff è morto- esordì con decisione, seppur fosse intenta ad impedire alla sua voce di tremare. Si voltò poi verso Ben, lasciandogli un'occhiataccia. -E tu, è evidente che sei molto confuso-.
Si trovava del tutto disarmata in quel momento, e tutto ciò che poté fare per proteggere il killer che stava ospitando era continuare a recitare quella balla nel modo più credibile che le era possibile.
Ben scoppiò nuovamente in una fastidiosa risata borbottando con un filo di voce qualcosa che lei non riuscì ad afferrare, mentre l'uomo emise un lento sospiro infilando le mani in tasca. -So che vuoi solo difenderlo ma credimi, non sono qui per creargli problemi- disse, con un tono di voce lento e pacato. -E so che lo tieni li dentro quindi per favore, non costringermi ad entrare con la forza... Non è quello che voglio-.
La mora sentì il suo corpo venir scosso da una scarica di adrenalina, e la rabbia si impadronì delle sue gesta. Avanzò di un altro paio di passi fino a posizionarsi a pochi centimetri di distanza dalle sbarre del cancello chiuso, e lanciò ai due indesiderati visitatori uno sguardo intriso d'odio.
-Ho già detto più volte che questo non è il momento, e vi ripeto anche che la persona che state cercando è morta mesi fa. Adesso sparite, tutti e due, e fate in modo che non vi riveda nei paraggi, perché la prossima volta chiamerò la polizia-.

Into The Madness - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora