℘ąཞɬɛ 45 - Spada

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Jeff sentì l'intero suo corpo venir trapassato da una ferocia immensa, e non valutò per niente la situazione nel momento in cui ebbe l'impulso di scattare verso l'assalitore di Liu; era disarmato e gracile come un ragazzino se messo a confronto con quell'uomo così robusto che doveva pesare almeno il doppio di lui, ma nonostante questo non esitò per un solo istante. Lo aggredì da dietro le spalle, sfruttando il punto cieco del suo campo visivo per raggiungerlo velocemente ed attaccare senza che lui potesse mettersi in una posizione di difesa: con un balzo raggiunse la sua schiena per poi avvolgergli entrambe le braccia attorno alla testa e tringerne il collo più forte che potè, con i gomiti piegati verso l'interno. Lo scagnozzo di Angel lasciò la sua presa su Liu in quello stesso momento, e tornando in posizione eretta sollevò senza fatica anche lo stesso Jeff, ancora aggrappato alla sua sua schiena; tentò di scrollarselo di dosso come si trattasse di un fastidioso moscerino, mentre a terra il poliziotto annaspava e tentava di allontanarsi dallo scontro strisciando tra il fango e le foglie secche. Finalmente riusciva di nuovo a respirare, anche se aveva ancora la visuale sfocata ed i segnali dati dal suo corpo continuassero a suggerirgli che rischiava di svenire.
Nel frattempo, Jane decise di gettare la pistola: essendo ormai del tutto scarica non le sarebbe più servita a niente. Si ricordò però di avere con sé anche un coltello, così lo impugnò con decisione; il cuore batteva a gran velocità dentro al suo petto quasi come avesse voluto saltare fuori, perché sapeva di dover aiutare gli altri in qualche modo ma anche che la situazione andava ben oltre le sue possibilità.
Così, mentre Jason veniva ancora preso a calci da Angel ogni qual volta tentava di sollevarsi da terra, indebolito dalla abbondante perdita di sangue dovuta alla ferita, Jeff veniva scaraventato contro al tronco di un albero dal corpulento scagnozzo che, alla fine, era riuscito a liberarsi dalla sua presa. Il moro tornò subito in piedi incurante del dolore, ma fu afferrato per i capelli e sbattuto, questa volta di faccia, contro al medesimo albero; quel breve lasso di tempo tuttavia concesse a Jane di avvicinarsi alle spalle dell'assalitore, e conficcargli con decisione il coltello nella schiena finché la lama non scomparve del tutto all'interno della carne.
Nel farlo si sorprese di sé stessa, non credeva che ci sarebbe riuscita per davvero.
L'uomo emise un gemito di dolore e si voltò immediatamente verso di lei, con l'arma ancora conficcata tra le costole ed il volto paonazzo. Tentò di aggredirla ma Jeff, al quale aveva nuovamente dato le spalle, non poté che sfruttare quella situazione con il giusto tempismo: recuperò il coltello estraendolo dalla carne con un gesto rapido e deciso, nel giro di poco più di un secondo. Adesso non era più disarmato, e non solo: stava impugnando l'arma che più di ogni altra era bravo ad usare.
Sorrise lievemente.
Adesso si, che era pronto.
Con un balzo, colto da un nuovo improvviso entusiasmo, il killer raggiunse la gola dell'uomo con una facilità disumana, tranciando via con un solo movimento la carotide. Una fontana di sangue iniziò a schizzare fuori dalla ferita aperta, in un'orrenda scena raccapricciante e grottesca, finché l'uomo pochi attimi dopo non crollò a terra privo di sensi: il suo corpo massiccio e pesante emise un tonfo sordo a contatto con il suolo, sul quale si adagiò in una posizione innaturale con le mani ancora premute sulla gola recisa, ed il sangue imbrattò con prepotenza il manto erboso tinteggiando tutto quanto con una tremenda tonalità di rosso.
-..Sta...Stai bene?-. La voce di Jane, traballante e carica di terrore, raggiunse le orecchie del killer ma lui non l'ascoltò. Preda di continui spasmi di adrenalina Jeff osservò il cadavere a terra e capí di starne godendo, poi aprí le mani ed osservò il modo in cui erano imbrattate di sangue; tutto questo gli era mancato davvero. Ed anche se non si trovava né nel momento né nella situazione giusta, si ritrovò ad assaporare l'uccisione appena compiuta con sadica soddisfazione, lasciando spazio alla parte più malata della sua mente nel catturare uno ad uno i suoi pensieri razionali.
Jane lo guardò con le palpebre spalancate senza dire una parola, lo osservò inerme mentre lui si accarezzava una guancia con la mano sporca, tingendola di rosso.
-Jeff...- mormorò poi, avvicinandosi lentamente. Iniziava a temere il peggio, sentiva che da lì a poco lui avrebbe perso il controllo: ma con immenso sollievo lo vide ricambiare il suo sguardo e ricomporsi.
-Tutto ok- sibilò, stringendo con forza il manico del coltello.
Entrambi volsero lo sguardo a Jason, che era ancora a terra con Judge Angel in piedi sopra di lui, e ricordarono con sconforto che lo scontro non era ancora finito.
Con la punta della spada adagiata sul terreno, la bionda passeggiava avanti e indietro attorno all'uomo dai capelli rossi, creando piccoli solchi sul terreno come farebbe un bambino giocando con il legnetto sulla sabbia; e lo guardava dall'altro in basso con un disprezzo evidente dipinto sul volto teso. Non sembrava preoccupata del fatto che entrambe le sue guardie del corpo fossero state abbattute, a quel punto forse desiderava soltanto prendersi la vita di Jason così come avrebbe dovuto fare giorni addietro, fallendo.
-Sai, avevo fatto un po' di fatica a capire in quale clinica psichiatrica tu fossi ricoverato, ho dovuto impegnarmi molto per trovarti- iniziò a dire, senza togliergli gli occhi di dosso. -Ma alla fine c'ero riuscita. E poi mi sei sfuggito, fu un fallimento che non ho ben tollerato-.
L'uomo sputò a terra del sangue, continuando a tener premuta la mano sinistra sulla ferita.
-Quindi sono davvero felice di poter rimediare, adesso-. La donna sorrise ampiamente, in un modo che lui reputò davvero odioso.
-E allora che aspetti?- ghignò, mostrando chiaramente che non aveva alcuna paura di lei nonostante le sue pessime condizioni; se anche lo avesse ucciso, pensò, non sarebbe morto con disonore.
Judge Angel cessò di muovere la spada e gli rivolse uno sguardo carico di profondo odio. -Jason The Toymaker, qui ed ora ti punisco per le atrocità che hai commesso- iniziò a dire.
Nel frattenpo Liu, pochi metri più in là, tornava ad alzarsi in piedi con l'aiuto di Jane; si sentiva ancora frastornato, aveva l'impressione che la sua testa fosse in procinto di esplodere ma non intendeva mollare proprio adesso. Anche se Angel era armata di una pericolosa spada, che sembrava saper usare molto bene, si trovava comunque in netta inferiorità numerica rispetto a loro.
E andava fermata.
Subito.
-Hei!- esclamò, rivolgendosi direttamente alla bionda. -Lascia perdere, ormai è finita-.
Ma lei, ricominciando a ridacchiare, sollevò lentamente la spada e ne poggiò la punta sul petto di Jason, il quale non potè far altro che restare immobile perché conscio che ogni suo movimento avrebbe potuto indurla a conficcargliela nelle carni.
Non si sentiva spaventato all'idea di essere così vicino alla morte, ma infastidito lo era: decisamente si.
-Ti punisco per i tuoi reati di omicidio, ai danni di quelle persone che avresti invece dovuto amare e proteggere- continuò a recitate lei, incurante di tutto il resto. -Per averne oltraggiato oltre ogni tolleranza i cadaveri, per aver...-.
-Vuoi ascoltarmi o no!?- la interruppe un secondo grido di Liu, che con poca decisione le si stava avvicinando. -Finiscila con questa sceneggiata, non ha più alcun senso!-.
A quel punto la donna infastidita si voltò, ma applicando un poco di forza in più sulla spada con la quale stava tenendo Jason sotto tiro. Quest'ultimo ne sentiva chiaramente la punta pizzicare sul petto, e trattenne il fiato non osando muovere un singolo muscolo.
-Non intrometterti tu, non dovresti neanche essere qui- gli rispose, con una naturalezza disarmante. -Sto solo compiendo il mio dovere-.
-Ti dichiaro in arresto- ribatté Liu, a pugni stretti. -Libera l'ostaggio immediatamente-.
A quell'affermazione, che pareva del tutto inappropriata e priva di senso in quel frangente, Judge Angel rispose con una fragorosa risata che echeggiò fastidiosa tra le fronde degli alberi. -Sul serio, sbirro?-.
Capendo che la situazione era giunta ad uno stallo, e che la vita di Jason era fortemente in pericolo, a quel punto fu Jeff ad intervenire: ma non lo fece affatto con la stessa pacatezza del fratello. Tenendo il coltello ben stretto nella mano, la raggiunse a passo sostenuto certo che lei gli avrebbe prestato attenzione. E così fu.
Angel distolse lo sguardo rivolgendolo a lui per pochi secondi, e questo fu sufficiente a Jason per rotolarsi su un fianco sgusciando via dalla presa della sua assalitrice, seppur ferendosi lievemente.
-Stai indietro, dannato mostro!- gridò lei, sollevando la spada pronta a difendersi dall'attacco di Jeff, il quale si era fermato con i piedi ben saldi a terra a poco più di un metro da lei.
Il moro la osservò profondamente, e notò come le sue braccia avessero iniziato a tremare: lo temeva, lo riteneva un nemico pericoloso, e questo non poté che provocargli piacere. Ma il vero motivo per cui stava prendendo tempo, era che voleva concedere a Jason abbastanza spazio per allontanarsi dallo scontro, cosa che l'uomo stava facendo seppur zoppicando in modo molto evidente.
Angel guardò Jeff dritto negli occhi senza mai abbassare la spada, ed il suo volto si piegò in un ghigno di odio puro. -Non ho mai creduto davvero che tu fossi morto, e sarei di certo venuta a cercarti... Non credere che anche tu non fossi un nome sulla mia lista!-.
Iniziò a muovere la lunga spada a mezz'aria, come se temesse di essere attaccata da un momento all'altro ma avesse difficoltà a prevedere da quale angolazione lui lo avrebbe fatto; era evidentemente in difficoltà ormai, seppur continuasse a mantenere il medesimo atteggiamento spavaldo. -E tra tutti i condannati che mi sono prefissata di punire con la morte, tu sei probabilmente quello che più mi disgusta!-.
Il killer piegò lievemente la testa di lato, con il volto ancora sporco di sangue. -Mi vuoi?- ghignò, per nulla intimorito. -Allora vieni a prendermi-.

Into The Madness - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora