L'ingresso del piccolo quanto rozzo bar di paese era composto da una veranda, ove un paio di tavoli in ferro battuto erano adagiati sul pavimento di mattonelle rotte, e coperta da un vecchio telone giallastro strappato in alcuni punti dalle folate di vento. Un portone a vetri, spalancato, mostrava una porzione dell'interno ove era possibile intravedere il bancone del bar, sovrastato da una lunga fila di alcolici, amari e grappe.
Liu avanzò deciso, salutando con un lieve cenno del capo l'anziano signore in piedi accanto all'ingresso, intento a sorseggiare la sua birra. Questo non rispose in alcun modo al suo gesto di cordialità, ma si limitò a fissarlo intensamente restando del tutto inespressivo: non doveva essere affatto abituale incontrare dei perfetti sconosciuti in quella piccola cittadina di montagna, dove probabilmente i residenti si conoscevano tutti tra loro.
Subito dopo aver messo piede all'interno del bar, un fastidioso campanello elettronico iniziò a suonare ed il giovane poliziotto si ritrovò immediatamente anche gli occhi del barista puntati addosso. L'ambiente era intriso di un pizzicante odore di vino e sudore.
-Buongiorno, ci conosciamo? -.
Era un uomo di mezza età, indossava quello che pareva essere un giaccone da caccia del tipico color verde scuro, e portava sul viso una barba rasata con poca cura oltre a qualche evidente ruga. Mentre attendeva una risposta teneva lo sguardo fisso sul volto dello sconosciuto appena entrato, cosa che lo fece molto innervosire.
-No, perché dovremmo? - ribatté Liu, come a volergli segnalare il fatto che non per forza doveva essere un membro della comunità, per aver diritto ad ordinare qualcosa da bere.
Il barista sogghignò. - Non ti ho mai visto da queste parti. Bevi qualcosa? Un bicchiere di vino, magari? -. Nel dire questo, l'uomo indicò un set di bottiglie senza etichetta, che contenevano probabilmente del vino realizzato in modo artigianale da qualche contadino della zona.
-Oh no, volevo soltanto farle una domanda- rispose deciso il castano, estraendo lentamente dalla tasca il suo distintivo e mettendolo in mostra, poggiato sul palmo della mano destra.
Alla vista di quell'oggetto l'espressione amichevole sul volto del barista cambiò radicalmente, ed il suo atteggiamento divenne molto più schivo. - Un poliziotto? Guardi che io non ho fatto niente- borbottò spostando lo sguardo sulla porta d'ingresso come a volerlo invitare ad andarsene. L'unico suo cliente, sbigottito, stava osservando la scena attraverso il vetro.
Liu si lasciò scappare un sorriso. -Certo che no, stia tranquillo. Voglio solo sapere se le è mai capitato di incontrare questa donna in zona- continuò, mostrando questa volta l' identikit che aveva creato con tanta cura, e che ritraeva quasi certamente l'aspetto di Judge Angel.
L'uomo si piegò puntando i gomiti sul balcone, ed osservò quel foglio di carta con molta attenzione, riducendo gli occhi a due fessure. -Mi faccia controllare, non ci vedo più molto bene da lontano-.
Nel frattempo, all'esterno del bar gli altri tre attendevano impazienti il ritorno di Liu, e per evitare di destare sospetti al resto degli abitanti si erano raggruppati ad una trentina di metri di distanza, proprio nel vicolo che finacheggiava la piccola attività commerciale. Era una strada senza nome, che attraversava un paio di palazzine mezze vuote e moriva poce centinaia di metri oltre, in quella che pareva essere una piccola discarica; ormai la pioggia era cessata, così fu loro possibile fermarsi semplicemente sul marciapiede ad attendere.
Jane volse il suo sguardo a Jeff, ma restando nel più completo silenzio; avrebbe tanto voluto chiedergli come stava in quel momento, ma interpretò il suo atteggiamento schivo come un desiderio di spazio, che non esitò a garantirgli. Lo guardò di sfuggita stringendo il pugno della mano destra, e si accorse che lui stava fissando molto intensamente il retro del bar: vi era infatti una piccola porta d'uscita dal lato opposto rispetto a quello in cui era entrato Liu, che conduceva ad un'aia malmessa. Qui, oltre ad un branco di galline libere di razzolare e sporcare un po' ovunque, vi era una baracca di modeste dimensioni che probabilmente veniva utilizzata come ricovero per il bestiame o per gli attrezzi del mestiere.
Jane non riuscì a capire per quale motivo il moro stesse osservando quel luogo malconcio con così tanto interesse, e preoccupata finí per chiederglielo posando gli occhi solo per un attimo sulla schiazza scura che il sangue, asciugandosi a contatto con l'aria, aveva generato sul tessuto nero della sua maglia. Lui tremava lievemente, forse era infreddolito perché indossava indumenti ancora fradici.
-Che c'è, Jeff? -.
Lui voltò la testa in modo improvviso, come se fosse stato disturbato dalla sua voce mentre era totalmente immerso nel flusso dei suoi pensieri. - Niente- borbottò sottovoce. - Ero sicuro di aver visto quella porta aprirsi, e poi richiudersi. Ma sembra che non ci sia nessuno-.
Lei annuì vagamente, rivolgendo a sua volta lo sguardo allo sgabuzzino. Stava per proporre a Jason di andare a controllare che fosse tutto ok, quando vide in lontananza la figura di Liu sbucare dall' angolo del muro in mattoni, tutto intero.
Jason lo raggiunse per primo. -Quindi? - borbottò, impaziente.
Il giovane poliziotto scosse la testa. - Il gestore del bar é un tipo un po' strano, ma non ha mai visto nessuno con queste caratteristiche- esordí, con un tono di voce che lasciava facilmente intuire la sua delusione.
-E gli credi? - disse ancora l'uomo, intrecciando le braccia tatuate sul petto. - Hai detto che è strano-.
-Sì, ma credo fosse solo a disagio. Questa gente non è di certo abituata ad incontrare facce nuove, tanto meno poliziotti-.
Jane annuì. -Già, ci guardano tutti come fossimo degli alieni- commentò.
Dopo un breve silenzio, il castano si passò una mano dietro alla nuca per aiutarsi a riflettere, poi sollevò lo sguardo ed emise un piccolo sospiro. -Bene, continuiamo a cercare- disse. -Credo che sia il caso di dividerci, per ispezionare la zona nella metà del tempo. Facciamo due gruppi e muoviamoci, magari con un poco di fortuna riusciamo anche a ritrovare Ben-.
Udendo quella frase, solo per un millesimo di secondo in Jeff si accese la speranza che suo fratello avrebbe deciso di prenderlo con sé. Ma capí che si trattava di una speranza assurda ed anche infantile, giusto un attimo dopo; restò in silenzio, allungando lo sguardo sul contorno di una vecchia casa in sasso, nel cui cortile passeggiava un cane.
"Somiglia un po' a Dado" pensò.
-Ci ritroviamo esattamente qui tra un'ora. Jane, vieni tu con me? -. La voce di Liu lo scosse ancora una volta, ma adesso si chiede per quale motivo avesse proposto proprio a lei di accompagnarlo; la vide voltarsi in sua direzione come se cercasse la sua approvazione, come volesse assicurarsi che a lui andasse bene. Non le disse nulla, ma con un brevissimo cenno del capo le fece intendere che non aveva importanza.
Pensò che forse Liu voleva parlare con lei, capire meglio la situazione che l'aveva portata ad incontrarlo, o semplicemente sentiva di potersi fidare molto più di Jane che di Jason. E non era affatto sicuro che questo fosse un bene.
L'uomo dai capelli rossi gli mollò una sonora pacca sulla spalla, con il braccio destro totalmente tatuato di intenso nero. - Tu sei con me allora. Ci muoviamo o no? -.
Guardò Jane e suo fratello allontanarsi della direzione opposta e per qualche secondo incrociò ancora lo sguardo della ragazza, che si era voltata indietro cercando i suoi occhi, prima di avviarsi a sua volta. Qualcosa lo stava preoccupando profondamente, ma non riusciva a capire esattamente cosa; era certo che Liu non si sarebbe mai neppure sognato di farle del male, ed infatti quella sensazione sgradevole non era in alcun modo collegata quel sospetto. Era solo, appunto, una brutta sensazione.
-Laggiù c'è una bottega di alimentari- esordí Jason, indicando insistentemente con la mano un modesto fondo commerciale con la vetrina sbarrata da una serranda di ferro.
-Sì, ma è chiusa- mormorò Jeff, roteando il collo nel tentativo di sgranchirsi un po'; tenere la testa bassa così a lungo per evitare di essere conosciuto, iniziava a diventare fisicamente doloroso.
-Magari i padroni sono comunque all'interno- ribatté l'altro.
Avvicinandosi alla bottega, Jason ispezionò con cura la vetrata sulla quale erano stati appesi diversi volantini per poi sbirciare all'interno. Le luci spente, tuttavia, gli impedirono di vedere alcunché.
-Provo a bussare- borbottò.
Jeff attese poi metri più indietro, voltandosi per l'ennesima volta in direzione del bar; ormai era troppo lontano per rientrare nella sua visuale, ma sapeva esattamente dietro a quale gruppo di vecchie case si trovava.
E così, mentre Jason era intento a sbattere ripetutamente i pugni sulla porta chiusa della bottega di alimentari, il moro pensò che avrebbe proprio dovuto seguire quella sensazione che stava provando, perché forse gli stava suggerendo quale fosse la via da percorrere.
-Non c'è nessuno qui dentro, maledizione- strillò Jason, in preda all'irritazione. Il killer voltò il capo verso di lui, mordendosi involontariamente un lembo di pelle all'interno della guancia. - Hei, Jason. Dobbiamo tornare indietro-.
L'uomo lo guardò atterrito. - Ma che cazzo dici? -.
-A quel bar- disse ancora Jeff, con determinazione. -Dobbiamo tornare a quel bar-.
STAI LEGGENDO
Into The Madness - 3
FanficTerzo libro della saga "Into The Madness". Nonostante le complicazioni dovute alla sua salute mentale, Jeff ritrova nella convivenza con Jane una sicurezza ed una tranquillità che per lunghi anni non aveva più sperimentato. Impara, per la seconda v...