℘ąཞɬɛ 48 - Manette

45 8 1
                                    

La squadra di poliziotti inviata dalla centrale giunse sul posto pochi minuti dopo, e tra gli otto agenti armati che arrivarono di corsa vi era anche il capo dipartimento in persona.
Quest'ultimo al suo arrivo colse Liu seduto a terra vicino a Jason, visibilmente scosso e preoccupato ma apparentemente indenne; lo raggiunse rapidamente, facendo cenno ai suoi uomini di puntare le armi sul secondo soggetto come deterrente. La stessa cosa fecero con la donna dai capelli biondi, che legata continuava ad agitarsi e scalciare.
-Liu, stai bene?- gli chiese a gran voce mentre si avvicinava a passo svelto, con il fiato corto e le guance arrossate.
Subito dopo la squadra accerchiò I presenti molto rapidamente; la prima a venir raggiunta fu proprio Judge Angel, della quale si occuparono ben tre diversi poliziotti. Solo quando le fu puntata un'arma alla testa la donna cessò di scalciare, e sottovoce iniziò ad insultare chiunque le si avvicinasse. -La immaginavo diversa, la nostra regina della giustizia- commentò uno dei tre, mentre la ammanettava.
-Fottiti! Non è me che dovete arrestate!- gridò la donna tentando di sputargli in faccia senza riuscirci.
Jason era ancora rannicchiato su se stesso con entrambe le mani poggiate sulla ferita a tamponare la fuoriuscita di sangue, e non accennò a volersi muovere neanche quando si ritrovò del tutto circondato.
-Faccia a terra e mani dietro la schiena!-.
Obbedí ad ogni ordine che gli fu impartito come se davvero non gli importasse niente, e con un sorriso amaro dipinto sulle labbra, senza replicare. Liu, poco distante, osservò uno dei suoi colleghi afferrargli le mani e bloccarle con un paio di manette, ed in quel momento provò una atroce vergogna: nonostante fosse stato lo stesso Jason a chiedergli di agire in quel modo, la consapevolezza di aver causato quella situazione in prima persona era pesante come un mattone dentro al suo stomaco.
-Liu, mi senti?- gli ripeté ancora il capo, ma ogni sua parola risultò vana. Il castano continuava ad osservare immobilizzato lo sguardo di Jason, che con il volto premuto sul terreno veniva sollevato forzatamente da due agenti che lo strattonavano senza alcuna attenzione alla condizione in cui riversava. Come fosse un animale da macello.
-Fate... Fate piano- riuscì infine a balbettare il giovane poliziotto, con la voce strozzata. -È ferito, fate piano per favore-.
Ma nel momento in cui l'uomo dai capelli rossi incrociò il suo sguardo, gli rivolse un caloroso sorriso che per un attimo sciolse la tensione dentro di lui. -Va tutto bene, sbirro- sibilò muovendo le labbra in modo appena percettibile.
Neanche se ne accorse, il castano, di star piangendo. Osservò i suoi colleghi portar via Jason e Angel senza più dire niente come fosse caduto in uno stato di trance, quasi dimenticandosi di respirare, finché sentì una mano afferrarlo violentemente ed iniziare a scuoterlo.
-Liu, ma che cazzo!-.
Si voltò, e riconobbe il volto teso del suo capo. Nonostante fosse scosso e si sentisse profondamente confuso, tentò di apparire a quei due occhi più sicuro di quanto non fosse. -Capo, va tutto bene, sto bene- mormorò.
L'uomo assunse un'espressione molto confusa, ma sembrò sinceramente felice di sentire quelle parole. -Mi hai spaventato a morte, cazzo- borbottò, stringendo la sua spalla. -Avrei più di una domanda da farti, e questa volta temo dovrai rispondermi-.
Il castano sorrise forzatamente tentando di tranquillizzarlo. -Certo, possiamo parlare- mugolò.
L'altro si voltò verso il resto degli agenti, che avevano posizionato i due criminali in manette l'uno accanto all'altro e li tenevano sotto tiro, in attesa di nuove disposizioni sul da farsi. -Non ci credo, alla fine sei riuscito davvero a prenderla- commentò, con malcelato orgoglio.
Liu aggrottò la fronte. -Uh?-.
-Judge Angel, l'hai presa- disse ancora l'uomo.
Il castano si limitò ad annuire, chinando la testa e stringendo le spalle. Si era sentito così tremendamente confuso e soffocato dal senso di colpa nel corso degli ultimi minuti, da aver quasi dimenticato di essere effettivamente riuscito a portare a termine quella folle missione.
Era certo di doversi sentire realizzato in quel momento, di dover provare una grande soddisfazione nel vedere quel barlume di orgoglio negli occhi del capo, eppure continuava a sentirsi soltanto un lurido viscido verme.
-Parleremo in centrale, per adesso mi basta sapere che tu stia bene- concluse l'uomo dandogli una leggera pacca sulla spalla. In quei giorni era stato davvero preoccupato di perdere il suo miglior agente, e vederlo sano e salvo lo aveva riempito di gioia. Si rivolse poi al resto dei suoi uomini, gesticolando con entrambe le mani. -Fate salire i soccorsi, dobbiamo trasportare questi due in sicurezza- ordinò, indicando Jason ed Angel. -Fate in modo che non muoiano prima di arrivare in prigione, sarebbe un peccato-.
Liu schiuse le labbra per dire qualcosa, ma realizzò di esserne incapace; tentare di difendere l'uomo dai capelli rossi in quel momento non solo sarebbe stato inutile, ma avrebbe potuto sollevare non pochi dubbi sul suo conto. Perciò, nonostante la sofferenza che ciò gli procurava, si promise di trattare la questione solo una volta che sarebbe giunto in centrale.
Ad ormai qualche centinaia di metri di distanza, invece, Jeff e Jane stavano fuggendo velocemente attraversando la fitta boscaglia in silenzio. Incuranti dei rovi che strappavano i loro vestiti e laceravano la pelle stavano scendendo con attenzione un ripido dirupo, che in linea d'aria li avrebbe condotti alla cittadina tramite la quale, in qualche modo, avrebbero potuto raggiungere la stazione; sapevano tuttavia che sarebbero dovuti essere molto cauti, perché considerata la situazione non sarebbe stato difficile incontrare agenti di polizia sul posto.
-Jeff, rallenta- esclamò la ragazza annaspando; si fermò poco dopo per riprendere fiato, appoggiandosi con il palmo di una mano ad un arbusto. -Sono esausta-.
Il moro, che camminava davanti a lei, si fermò a sua volta ma senza voltarsi; il suo sguardo era rivolto verso il basso, laddove il dorso della montagna scendeva ripido verso il basso fino a raggiungere quella che pareva essere una strada asfaltata. Si trovavano ormai molto vicini alla cittadina, solo che avevano perduto quasi del tutto l'orientamento a causa della quasi totale mancanza di punti di riferimento.
Attorno a loro solo alberi, cespugli e rocce coperte di muschio verde.
Jane si avvicinò a lui dopo aver recuperato quel poco di energia, e posando una mano sulla sua spalla lo invitò a voltarsi. -Che facciamo?- gli chiese, ancora con il fiato corto.
Entrambi avevano gli abiti lacerati e qualche ferita superficiale sulle braccia e sulle gambe, dovute a quella folle corsa tra i rovi che gli era costata anche qualche scivolone.
-Che intendi?- le domandò Jeff, finalmente voltandosi verso di lei.
-Per quanto ne sappiamo le strade potrebbero essere già piene di poliziotti- spiegò la ragazza. -Se dovessero vederci?-.
Il killer scosse la testa. -Non sappiamo cosa ci sia avanti, ma sappiamo per certo che da dove veniamo c'è un'intera squadra che ci sta cercando- rispose con freddezza. Subito dopo tacque di nuovo, abbassando lo sguardo ai suoi piedi. Jane lo guardò per qualche attimo, ed istintivamente afferrò la sua mano; era diventata fin troppo brava a capire che cosa gli frullasse nella testa, e non solo perché aveva esplorato per davvero la sua mente puu di una volta.
Ogni gioia o dolore che lui provava, riusciva a leggerlo nei suoi occhi senza neanche sforzarsi più di tanto.
-Jeff, mi dispiace. Nessuno si aspettava che Liu avesse in mente di farci questo- mugolò, attorcigliando le dita tra le sue. -Capisco come puoi..-.
-Hei- la interruppe lui. -Non importa, in realtà lo capisco. Adesso andiamo-.
Quella risposta non apparve convincente per la sua freddezza, ma nonostante questo Jane riprese a seguire i suoi passi a denti stretti senza dire nient'altro. Lui diceva di capirlo, ma lei era certa di non riuscirci affatto: Liu aveva compiuto l'atto più spregevole che avrebbe potuto nei confronti di suo fratello. Ed allo stesso modo aveva messo a rischio tutti gli altri.
Pensando a questo mentre proseguiva Jane fece una smorfia di disgusto senza neanche rendersene conto; si rendeva perfettamente conto di quanto fosse complesso e doloroso il passato di entrambi, ma allo stesso modo non capiva come Liu avesse avuto il coraggio di tradire tutti quanti in quel modo così meschino.
Si era detto pentito alla fine ma lei non gli aveva creduto affatto, poteva soltanto dirsi rammaricata di aver dato così tanta fiducia ad una persona così sbagliata.
"Fanculo" pensò tra se e se, scuotendo la testa; la cosa importante adesso era riuscire a tornare a casa sani e salvi, dopodiché si sarebbe lasciata alle spalle tutta quanta quella storia. E sperava con tutta sé stessa che anche Jeff avrebbe fatto lo stesso.
A causa della fitta vegetazione e della totale assenza di sentieri percorribili, i due impiegarono circa mezz'ora per riuscire a raggiungere la strada che avevano intravisto dall'alto, ed una volta giunti sul posto realizzarono di trovarsi in prossimità del bar. Apparentemente le strade erano vuote, fatta eccezione per qualche tranquillo passante del tutto ignaro di ciò che era accaduto quel giorno nelle vicinanze, perciò con grande cautela e scegliendo i vicoli più nascosti Jeff e Jane si addentrarono nella cittadina con lo scopo di raggiungere la stazione. Con grande sorpresa, neanche qui si imbatterono in agenti di polizia o altre forze dell'ordine: ciò lasciava ipotizzare che si trovassero tutti quanti sulla montagna, partecipanti al tanto bramato arresto di Judge Angel.
Avrebbe fatto notizia, poco ma sicuro.
Fu la situazione perfetta per saltare sul primo vagone che si dirigesse alla meta giusta, con un po' di fortuna senza attirare l'attenzione di nessuno. E solo quanto il treno partì cigolando sulle rotaie arrugginite, Jane riuscì finalmente a rilassare i nervi.

Into The Madness - 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora