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Avrei tanto voluto avere un orologio. Quel bracciale nero che avevo ancora al polso sarebbe stato molto più utile se mi avesse mostrato l'ora. Ma così non era, rimaneva un inutile nastro apparentemente pericoloso. Solo nella stanza comune, dove mi ero diretta appositamente diretta, riuscii a sapere che ore fossero.

All'interno di questa c'erano diverse persone tutte vestite di rosso scuro. Non erano in divisa, come i militari che avevo osservato nella Base Beta, questi avevano lo stesso mio completo però di un colore diverso. Molti di loro, infatti, mi guardarono ferma sull'entrata senza dire niente. Erano sorpresi dal colore diverso che indossavo.

Fortunatamente, dopo poco, tornarono a parlare tra di loro come se nulla fosse e io, ormai a disagio, lasciai la stanza per andare verso la Palestra-1.

Solo in quel momento mi resi conto che il comandante non ci aveva informati sugli orari degli allenamenti. Mi chiesi se si fosse dimenticato o se lo avesse fatto apposta per verificare se fossimo arrivati in ritardo. Comunque, secondo il mio ragionamento, gli allenamenti sarebbero iniziati a breve, ovvero alle 8:00 precise.

Nel grosso corridoio notai con piacere che non ero l'unica con la tuta nera, e fu in quel momento che realizzai che lo avevano fatto per poterci riconoscere. Nero per i cattivi e rosso per i buoni. Infondo la ritenevo una cosa astuta per i comandanti, anche se sostenevo fermamente che non tutti i criminali erano persone pericolose. Io stessa non avrei mai ferito nessuno, tranne se non per autodifesa.

In palestra c'erano già diverse persone, la maggior parte di queste con la tuta color mattone. Erano il resto delle squadre, coloro che avrebbero completato il trio dei soldati-criminali.

Mentre percorrevo un lato della palestra mi presi qualche attimo per osservare la stanza, dalle sembianze di un'arena. Solo un muro, quello che mi ritrovavo davanti, aveva grandi vetrate che facevano entrare tanta luce calda. A terra, invece, erano segnati con delle linee spesse le varie sezioni in cui era divisa la palestra, sei grandi spazi, e al suo interno altri riquadri che segnavano il campo per il combattimento corpo a corpo. Al solo pensiero di dovermi sfidare sentii una fitta di dolore al naso.

Guardando di nuovo le persone intorno a me, dedussi che la palestra era già divisa nelle squadre. I comandanti erano già presenti: alcuni erano seduti sulla panca che ogni sezione aveva, altri controllavano i loro dispositivi. Fu facile riconoscerli, tutti loro avevano lo stesso modo di fare.

Nel riquadro dove ci sarebbe dovuto essere il comandante Bayer, c'erano solo tre figure in rosso. Mi avvicinai lentamente per poterli studiare meglio. In piedi c'erano due ragazzi che parlavano tra di loro, o meglio, uno parlava animatamente e l'altro lo ascoltava fermo.

Il ragazzo dai capelli neri perfettamente pettinati, quello che stava parlando e gesticolando come un vero amante di teatro, era di schiena e non sembrava aver notato lo sguardo fisso del suo amico. Quello, colui che dei due aveva la stazza giusta per fare il soldato, mi seguì con gli occhi mentre andavo verso la ragazza seduta.

Lei era più minuta di me, forse anche troppo per un soldato. Aveva i capelli di un arancione smorto e il suo viso giovane era dipinto da un'infinità di lentiggini; mi erano sempre piaciute un sacco le lentiggini, tanto che da più piccola avevo avuto una discussione con Gen sul perché io non le potessi avere. Gen aveva riso, sentendo il mio tono serio, e poi mi aveva detto: «Rel, hai altre caratteristiche. Di solito le persone hanno dettagli amati da terze persone che però non vorrebbero avere. Probabilmente se le avessi non le vorresti più.» Era vero. Mia sorella mi ripeteva spesso che avrebbe voluto avere la mia capacità nel rispettare le regole o le mansioni che mi chiedeva lei stessa, io però sapevo perché avevo questa capacità, e più volte mi spaventava tanto da detestarmi.

Lame nella SchienaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora