Il giorno seguente, dopo pranzo, decisi di fare compagnia a Welleda, che avevo già visto agitata dalla mattina. Non le raccontai della passeggiata con Caos e di quello che ci eravamo detti, ma quando lui entrò in camera, seguito da Freddy, non feci a meno di notare come il suo sorriso gli si era allargato vedendo il polso di Welleda.
Freddy iniziò presto a sfogare la sua ansia nel parlare e dopo più di un'ora non aveva ancora finito di mangiare la sua mela verde. Aveva voluto sapere tutti i dettagli dei vestiti di noi ragazze, in quanto quello del fratello lo aveva già visto. Welleda, allora, gli raccontò di quanto le piacesse il suo splendido abito azzurro fiordaliso; dovetti farmi spiegare che colore fosse, perché non ne avevo la minima idea, ma Freddy fu pronto e felice a spiegarmelo. Infine, quando dissi che il mio vestito era viola, lui volle sapere di che tonalità, come se ne ricadesse della sua vita.
«No, Reila», mi imbeccò. «C'è viola e viola. Il lilla, per esempio, è molto chiaro. Poi c'è il viola melanzana, l'indaco che è più sul blu, oppure il viola ametista...»
Al sentir nominare quell'ultima tonalità mi venne in mente un ricordo lontano in cui Gen mi aveva mostrato una pietra preziosa di un gioiello rubato. Concordai con Freddy sul colore scuro e lui fu soddisfatto di conoscere il colore del mio vestito; quello sembrò rasserenarlo non poco.
Chiacchierammo per altri minuti e poi ognuno andò nella propria camera per prepararsi. Mi obbligai a concentrarmi, non volevo dimenticarmi niente, proprio per quello mi presi tutto il tempo a mia disposizione per sistemare il necessario in ordine nello zaino. Poi mi feci le trecce e mi vestii normalmente con i pantaloni della tuta, il giubbotto anti proiettile, il maglione marrone e la giacca a quadri.
Guardandomi allo specchio notai che la frangia, che mi ero già tagliata, era ricresciuta. Presi le ciocche e me le spostai dietro alle orecchie. Feci un grosso respiro e, dopo essermi detta che tutto sarebbe andato bene, presi il mio zaino e uscii dalla camera.
Ci ritrovammo tutti nell'ufficio di Bayer, dove lui consegnò agli studenti i miracolo-freddo. Io mi rifiutai di prenderlo, pur ricordandomi bene della reazione che avevo avuto. Ma quella volta sarebbe stata diversa, ne ero sicura.
Ascoltammo nuovamente la scaletta della missione e poi il comandante ci tolse gli ultimi dubbi.
Alle 14:00 precise ci stavamo già incamminando oltre il cancello della Base Gamma. Voltandomi saturi mentalmente l'edificio, quello che, nonostante l'attacco di qualche giorno precedente, era diventato il luogo più sicuro in cui stare.
Fortunatamente era una bella giornata e io sentivo caldo. Mi tolsi la giacca, legandomela in vita, ma mi segnai mentalmente di rimettermela in prossimità del Muro, così da non avere un grosso cambio di temperatura.
Al mio fianco, Freddy non parlò molto, si dedicò perlopiù a guardare la flora del bosco. Solo una volta mi si rivolse sottovoce indicandomi un fiore e specificandomi che quello era il fiordaliso. Lo studiai attentamente e lo memorizzai, poi contraccambiai il sorriso del ragazzo visibilmente teso.
Il tempo passò veloce e vicini al Muro, Bayer, fece il solito rito: prese il drone con la termo-camera, spese più di dieci minuti ad assicurasi che non ci fosse nessuno al di là del confine e poi rimise i dispositivi nello zaino. Io, nel frattempo, mi ero messa la giacca e nel farlo avevo notato che Alecsei aveva osservato ogni minimo movimento del comandante. Non mi convinceva molto. Ero convinta che Alecsei sentisse i miei occhi su di sé, ma stranamente non mi ricambiò lo sguardo torvo.
Bayer diede il via e noi lo seguimmo. Sentii il calo delle temperature, ma quella volta, oltre a provocarmi brividi su tutto il corpo, non mi destabilizzò più di tanto. La cosa più fastidiosa fu sentire i polmoni bruciare per il freddo pungente, come se nell'aria ci fossero miliardi di piccoli cristalli di ghiaccio.
Il comandante mi lanciò uno sguardo veloce per assicurarsi che questa volta stessi bene, e quel gesto riuscì a scaldarmi un po' il petto. Era bello che se lo fosse ricordato, ma soprattutto lo era il suo sguardo preoccupato per me.
Per non camminare affianco del Muro, ed essere troppi visibili al nemico, entrammo nel bosco. Bayer ci aveva avvisati di fare il minimo rumore possibile e di muoverci velocemente, ma tutti ci guardammo in cagnesco quando sentimmo una grossa risata. Purtroppo non proveniva da nessuno di noi, e fu lì che le nostre espressione mutarono in paura. Io notai che, al contrario di quello che mi sarei aspettata, mi si congelò il sangue per la seconda volta.
Il comandante ci fece segno di chinarci vicino al cespuglio che avevamo davanti. Ci nascondemmo giusto in tempo prima che due uomini saltarono fuori dalla vegetazione. Io riuscii a vederli attraverso gli arbusti: erano due soldati, entrambi con la divisa blu scuro dell'esercito del Nord. Portavano un grosso cappotto che arrivava fin sopra il ginocchio e in testa avevano un cappello di pelle blu che copriva anche le orecchie. Quei due si separarono e si posizionarono davanti a due alberi. Al solo sentire il rumore della zip capii cosa stessero facendo.
Bayer, che era poco lontano da me, si sporse per guardarmi. Con il labiale mi chiese: «Sono ubriachi?» E io per risposta annuii. I due soldati erano chiaramente sorridenti e camminavano storti. Li udivo ridere e biascicare qualche parola. Non mi capacitavo di quanto fossero sconsiderati, visto la situazione, però, nel profondo, li invidiavo per la loro poca lucidità
Aspettammo nascosti e quando sentimmo un loro colpo di pistola sussultammo tutti. Freddy, addirittura, dovette coprirsi la bocca per non far uscire il suo gemito di spavento.
Anche se sapevo che eventualmente li avremmo stesi facilmente, non facevo altro che chiedere a Gen un aiuto dall'alto. Controllavo l'orologio sperando che il tempo si velocizzasse, così da poter scappare il prima possibile da quella situazione scomoda.
Avevo controllato Weleda con qualche sguardo preoccupato e lei per risposta aveva alzato un pollice tremolante. Vicina a lei c'era Bayer, che era fermo e studiava i due nemici senza togliergli gli occhi di dosso. Caos, alla mia destra, era nella stessa identica posizione, mentre suo fratello, al suo fianco, dava le spalle al cespuglio, guardandosi intorno spaventato e sperante che i due soldati fossero soli. Alecsei, invece, fissava i due nemici e teneva in mano un coltello che non gli avevo neanche visto prendere.
Aspettammo così, finché le due divise blu non si allontanarono cantando. Bayer, allora, ci fece segno di alzarci e di spostarci. Corremmo per un breve tragitto e poi continuammo camminando. Mentre cercavo di riprendere fiato ringraziai me stessa per aver tenuto conto di quel genere di intoppo nella scaletta. Inoltre ero sollevata dal non essere stati costretti a combattere.
Proseguimmo con discrezione fino a Drevnigolo, dove finalmente ci rifugiammo in un appartamento sicuro.
STAI LEGGENDO
Lame nella Schiena
Science FictionL'isola di Prirode è divisa a metà, come era già successo in passato. Il Sud, per poter salvare la nazione dalla guerra imminente, decide di offrire la possibilità ai carcerati di arruolarsi in cambio di una riduzione di pena. È per questo che Reila...