...Ma era sbagliato. E fu l'unico pensiero che mi ripetei prima di distogliere controvoglia lo sguardo confortante sulle mani e lasciare delicatamente la presa. Immaginai mi sarei sentita a disagio in quel silenzio che ne conseguì, ma così non fu, forse perché appunto mi concentrai nell'obbligarmi a tornare alla realtà.
Dopo diversi minuti, quando nella sala stava per iniziare una nuova canzone, con poca felicità vidi Dadekio. La delusione piombò sulle mie spalle, mi ero illusa credendo che non lo avrei incontrato lì. Il suo abito grigio chiaro satinato mi ricordò una grossa posata d'argento, precisamente un cucchiaio.
Dopo aver incontro il mio sguardo, il mio socio si affrettò a salutare le persone con cui aveva parlato fino a quel momento per venire da me.
«Vado a parlare con il signor Dadekio», dissi, ritrovando gli stessi occhi grigi, che però mi diedero una strana sensazione nuova. Erano le prime parole che ci scambiavamo da quando avevamo condiviso quel momento.
«Perché?», chiese accigliato, fermandomi per un braccio. Sentii la pelle bruciare sotto il suo tocco e tutto ciò che riuscii a pensare era che non volevo sentirmi così fragile.
«Perché a quanto pare è lui che vuole parlare con me», spiegai indicandogli con un gesto della testa la grossa figura avvicinarsi.
Lui, timoroso, fece passare più volte lo sguardo su di noi, ma poi mi lasciò andare, non togliendomi mai gli occhi di dosso. Presi un piccolo sorso, sia per rinfrescarmi la gola che per togliermi quell'agitazione nata nel giro di pochi secondi; se fosse per Dadekio o Bayer non me lo seppi dire.
Dadekio si avvicinò per baciarmi su entrambe le guance per l'occasione, cosa che io trovai veramente ripugnante. Avvicinandomi avevo sentito un forte odore di colonia al muschio che mi fece subito pizzicare il naso.
«Sono curioso di sapere come sei riuscita ad entrare, ma so che non me lo diresti.»
La mia bocca si alzò in un mezzo sorriso. «Lo stesso vale per me.» Ed era davvero così, morivo dalla voglia di saperlo.
Lui terminò la sua bevuta e poi continuò. «Vieni», disse, allungandomi una mano, «facciamo un ballo.»
Per quanto non volessi, decisi di accettare. Fortunatamente la musica era lenta, ma sapere di essere sotto gli occhi di molti invitati mi metteva ansia, soprattutto per le mie poche abilità limitate nel danzare.
Porsi il bicchiere a una cameriera che stava passando di lì e poi mi feci condurre da Dadekio, dove altre coppie erano già concentrate in un ballo. Già dal primo passo realizzai che non mi piaceva essere così vicina a lui, in maggior modo sentire la sua mano sulla mia schiena. Mi obbligai non guardarlo in cagnesco.
«Ho sentito che hanno attaccato Iya», riprese lui.
Mi sforzai di non sembrare sorpresa e di continuare a guardare la stoffa argentata davanti a me, ma mentirei se dicessi che non mi sentii la terra cadere da sotto i miei piedi.
«Hai subito qualche danno?» Sapevo che si riferiva esclusivamente alla miniera e non alla cittadina.
«Non saranno stati così stupidi da colpire una collina anziché una città, non credi?», dissi, facendolo divertire. Io, invece, non avevo niente da ridere.
«Oh, lo spero. Anche se non mi meraviglierei del contrario.»
Tuttavia ero ancora ferma a quella notizia. Mi chiesi quando l'avessero attaccata, ma immaginai che fosse stato durante il pomeriggio, altrimenti Caos ce lo avrebbe detto.
«Comunque», mormorò, rendendo la sua voce ancora più baritonale, «sono sicuro che potremmo fare diversi soldi. Ora più che mai il popolo ha bisogno dei suoi vizi per distrarsi dalla realtà e dalla guerra.» Mi scambiò uno sguardo malizioso, e per quanto poco carino mi sembrasse quello che aveva detto, sapevo che non era del tutto sbagliato in termini di affari.
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Lame nella Schiena
Science-FictionL'isola di Prirode è divisa a metà, come era già successo in passato. Il Sud, per poter salvare la nazione dalla guerra imminente, decide di offrire la possibilità ai carcerati di arruolarsi in cambio di una riduzione di pena. È per questo che Reila...