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Elencai tutti i miei dubbi. Solo alcune cose me le tenni per me, come per esempio il bracciale disattivato, e quindi l'uscir fuori dalla Base; anche se sapevo che forse erano le prove più incriminanti per Alecsei, ma probabilmente, dicendole, mi sarei messa nei guai anche io.

Bayer ascoltò tutto attentamente, il suo sguardo si era soffermato solo su di me e le sue sopracciglia si incurvarono sempre di più alle mie parole. Dopodiché dovetti rispondere alle poche sue domande, prima che lui si azzittisse per riflettere meglio.

«Solo che allora non capisco perché ha reagito così, al ritorno dal Palazzo Antico», dissi, riattivando la sua attenzione. Lui mi guardò confuso e mi chiese di spiegarmi meglio. «Quando ha domandato perché non avessimo agito contro Lukian che era a pochi passi da noi. Sembrava molto arrabbiato», gli ricordai, ancora alla ricerca di qualcosa che potesse farmi capire che mi ero sbagliata.

Il ragazzo passò velocemente il suo sguardo sui lati della stanza e poi, come se avesse avuto una rivelazione, li fermò sui miei. «Forse l'ha fatto per non destare sospetti», ipotizzò. «Infondo non ha insistito tanto.»

Ma anche quello si rivelò corretto: mi ricordavo bene come anche io l'avessi notato, ma io avevo attribuito il suo comportamento alla paura di essere messo in punizione dal comandante.

«Comunque non abbiamo prove concrete, quindi non possiamo denunciarlo ai superiori», mi informò neutro. «Per ora tienilo sottocchio.»

Al che mi spuntò un sorriso amaro. «Non credo sarà un problema.»

«Perché?»

«Perché sta aspettando il momento giusto per potermi parlare da sola», spiegai un po' preoccupata.

Bayer si accigliò per l'ennesima volta. «Ti segue?»

«Non esattamente. Ho solo visto che prima mi stava aspettando qua fuori.»

Il ragazzo davanti a me imprecò, con uno scatto si tirò sù e in pochi lunghi passi arrivò fino alla porta. La aprì e si sporse verificando chi ci fosse in corridoio. Con la stessa velocità tornò nella la stanza e mi fece segno di alzarmi. «Andiamo, ti accompagno in camera.»

Pochi secondi dopo ci stavamo avviando ai dormitori. Camminavamo affianco e io non feci altro che sentire le nostre braccia sfiorarsi. Mi imposi di non distrarmi così tanto per così poco, visto anche la situazione delicata, e per pensare ad altro mi misi a contare i passi che mancavano alla mia stanza.

Ma forse fu proprio quello che, arrivati davanti alla porta, Bayer rimase a studiarmi per qualche secondo.

«Stai bene?», mi chiese visibilmente preoccupato.

Io, però, non avevo una risposta. Avevo appena saputo che probabilmente Alecsei era una spia del Nord, e che, fino a quel momento, lo avevo considerato solo come un punto interrogativo ma mai come un traditore.

«Sì, credo», risposi di getto.

«Se vuoi cambiare stanza, o non vuoi allenarti con lui, basta dirlo e farò il possibile.»

Mi sembrò esagerato, ma restò una cosa carina da sentirsi dire. «No, va bene così. Grazie.»

Bayer annuì e in quei pochi movimenti i suoi capelli si mossero velocemente. Poi si guardò alle spalle e si sporse verso di me. Non capii cosa stesse per fare, ma non mi spostai. Mi prese il viso delicatamente tra le mani e lo inclinò per osservarmi negli occhi. Era strano, ma leggevo del conflitto nel suo sguardo, frustrazione. Io, invece, mi sentii nervosa, e al mio cuore sarebbe bastato una sola carezza per scoppiare.

«Non ti fidare», mi sussurrò prima di darmi un bacio sulla fronte. E fu in quel momento che il mio cuore esplose, mandandomi in corto circuito. Mi aveva lasciata senza parole, ma quello non fu un problema, perché lui si era già allontanato.

Sbattei gli occhi più volte per farmi reagire e poi mi precipitai dentro la camera. Al che mi bloccai al centro della stanza. Mi chiesi perché avesse fatto quel gesto, e soprattuto perché mi avesse generato quella reazione. Mi domandai se me lo fossi sognata, ma poi mi diedi della stupida. Stavo semplicemente facendo troppe storie per uno stupido bacio, tuttavia quel pensiero lo ebbi con un leggero sorriso.

Inoltre non avevo bisogno che lui mi dicesse di non fidarmi, anche perché non lo avevo mai fatto completamente con nessuno. Ma anche lì dovetti correggermi, era chiaro che con Bayer stavo iniziando ad aprirmi, come non avevo mai fatto dopo Gen.

Dopo poco mi spostai sul letto, dove mi addormentai sognando la mia schiena essere pugnalata da diverse lame dolorose.


L'ultimo e il primo pensiero che ebbi da sveglia riguardava Alecsei. Dovevo cercare di non trovarmi mai sola con lui. Avrei dovuto evitarlo, e non era una cosa semplice, dato che avremmo passato la maggior parte del tempo in gruppo.

A colazione ero stata fortunata, ero riuscita a trovare Freddy e Welleda che camminavano verso la mensa e io mi ero unita a loro. Freddy raccontò che il discorso del Governatore Lukian sulla guerra si era già diffuso tra i soldati, rendendoli tutti più tesi. Anche a lui aveva fatto lo stesso effetto: lo si vedeva maggiormente quando rimaneva in silenzio, perso nei suoi pensieri. Proprio per quello facevo del mio meglio per parlare di qualsiasi cosa, anche se la mia testa era sovraffollata da altro.

Restai con Welleda e poi andammo insieme all'allenamento, dove Bayer ci stava già aspettando. Quando incontrai il suo sguardo fui sicura di averlo visto arrossire leggermente sulle guance, ne ebbi la convinzione perché abbassò appositamente lo sguardo prima di rialzarlo su altro.

Per non metterlo a disagio mi concentrai su Welleda, che sembrò in cerca di qualcuno nella palestra. Seguii il suo sguardo finché non mi fermai su una testa azzurra lontana. Jade era sorridente e salutava qualcuno in direzione dell'entrata. Feci velocemente passare gli occhi e, con poca sorpresa, vidi i due gemelli: solo Caos ricambiò il saluto con una mano alzata, Freddy, invece, era perso nel guardarsi i piedi.

Allora tornai su Welleda. Aveva ancora gli occhi sulla scena, ma riuscii a captare un non so che di triste nel suo sguardo, un dolore lontano. E fu lì che realizzai che Freddy aveva ragione.

Infine entrò Alecsei, con due grosse occhiaie sotto gli occhi, uno sguardo assente e la mascella serrata al massimo. Teneva la testa alta, ma non guardava nessuno, neanche me.

Poco dopo Bayer decise di fare un allenamento semplice e solitario. Io mi posizionai tra Welleda e Freddy, che non facevano altro che parlare di cose poco importanti. Non riuscii a stare dietro ai loro discorsi, ma feci il possibile per rispondere ogni tanto.

L'allenamento passò veloce e mi sorpresi, come anche Bayer, di vedere che Alecsei fu il primo ad andarsene. Io, infatti, lanciai uno sguardo confuso al comandante, che fino a quel momento anche lui mi aveva evitata.

Lui con il labiale disse: «Meglio così.»

Annuii, anche se non sapevo se Alecsei si stesse comportando così per disorientarmi. Ma, se così era, ci stava riuscendo benissimo.

Lame nella SchienaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora