Senza neanche verificare da dove fosse arrivato, guardai l'espressione scioccata della comandante, capii subito che era stata ferita, avevo riconosciuto quello sguardo. Fuyra, appoggiò una mano sulla cassa e una la allungò in mio aiuto. Poi si guardò intorno per vedere chi le avesse sparato e solo in quel momento collegò che poteva essere stata solo una persona.
Mi voltai anche io nella sua direzione e vidi Bayer con ancora la pistola alzata e gli occhi chiaramente lucidi. Eppure non realizzai subito che fosse stato lui; perché non poteva essere lui.
Le parole mi morirono sulle labbra strette, ma Fuyra non ebbe la mia stessa reazione.
«No», disse la comandante più volte con un tono spaventato. Notai che non lo era per la ferita ma per il gesto. Per il tradimento.
La aiutai a sedersi, dato che le sue gambe stavano perdendo forza.
«No, Bayer. Dimmi che non è vero», ripetè con gli occhi sgranati.
In corto circuito, e non volendo pensare a ciò che era successo, mi dedicai a medicare la comandante. Mi tolsi la cintura, lasciando cadere la pistola. Gliela strinsi il più possibile sulla coscia, sopra la ferita, ma quella non faceva altro che sgorgare sangue.
«Il miracolo», sussurrai, fissando il sangue sulla gamba e sulle mie mi tremanti. Ma lei non mi sentii.
«Dimmi che non è vero!», urlò la comandante, cercando di non piangere.
Bayer non disse niente e quello lo prese come una conferma.
«Sei un traditore. Uno schifoso traditore!», disse furiosa, con le lacrime agli occhi.
Io, invece, mi sentii svuotata. Non avevo ancora realizzato la notizia e, per qualche motivo, non mi sentivo ancora pronta a farlo. Volevo tornare indietro nel tempo e cambiare tutto. Nella mente mi continuavo a ripetere insistentemente di no, come se dirmi ciò potesse fermare qualsiasi ragionamento che mi facesse capire che Bayer era davvero il traditore.
«È complicato, Elena. Ho dovuto farlo.» A Bayer gli si era incrinato il tono, non lo avevo mai sentito così emotivo.
Fuyra, però, avendo già perso tanto sangue, si era tenuta solo a guardarlo distrutta, con le lacrime che le scendevano sulle guance.
Per risvegliarmi da quello stato di trance, a Bayer servì solo pronunciare il mio nome.
«Reila», mi chiamò Bayer più volte, ma io ero ancora vicino alla comandante, cercando di tamponare il sangue. Mi vedevo le mani sporche di rosso e quello mi portò indietro di cinque anni, quando nello stesso modo ero stata accanto al corpo di Gen.
«No. No. No», sussurrai a me stessa.
Bayer mi si avvicinò, facendo scalciare Fuyra inutilmente. Mi prese per le mani per farmi alzare e allontanare di poco. «Rei, ti prego. Di' qualcosa.» La sua voce mi arrivò triste e rauca, il suo sguardo preoccupato e spaventato. Niente a che vedere con il comandante che avevo sempre conosciuto... Che credevo di conoscere.
Mi sembrai un fantasma. Incredula, distante. La mia ragione stava combattendo una guerra appena iniziata. Mi tornarono in mente i suoi gesti gentili, il nostro bacio, il nostro fidarci. Avevo raggiunto e perso nel giro di poche ore tutto quello che avevo desiderato di nascosto dopo anni di dolore e solitudine. Ma in quel momento mi sentii trascinarmi di nuovo all'inizio, proprio come quando avevo perso Gen.
«Rei, dobbiamo andare», disse, prendendomi per le mani. «Vieni con me, sarai al sicuro.»
Confusa gli avrei voluto chiedere dove, ma la mia lingua era congelata, atterrita dal peso della delusione. E poi tutto mi tornò in mente come un macigno: tutti i discorsi, il suo iniziale non fidarsi di me, i suoi dubbi indiretti che mi aveva fatto crescere in Alecsei, pur sapendo che lui non era affatto una spia...
In quel momento realizzai che ero appena caduta da quel burrone su cui mi ero immaginata camminare dal giorno in cui mi ero fidata di Bayer, dal giorno in cui gli avevo confidato la mia più grande paura. Sapevo che mi sarei fatta male, ma tutto ciò non mi aveva preparata alla sensazione di vuoto che provavo in quel momento.
«Rei», riprovò il ragazzo davanti a me, svegliandomi da tutti i pensieri con dei piccoli strattoni.
Solo allora mi allontanai da lui. Lo guardai in faccia per la prima volta e mi fece male al cuore. «Tu...», dissi fermandomi per pulirmi il viso dalle lacrime. «Tu hai mentito», continuai ingenuamente.
Lui fece per avvicinarsi, ma io lo fermai con un palmo alzato.
«Tu mi hai fatto credere che Alecsei fosse una spia quando in realtà eri tu...», sussurrai, ripensando alla mia confessione di neanche due giorni prima.
Bayer si passò una mano sul viso. «Non abbiamo tempo, ti spiegherò tutto. Vieni con me, ti prego, ti toglierò il bracciale», mi implorò.
Io scossi la testa. «Perché hai sparato?», chiesi, ritrovando la mia freddezza. Di tutte le domande che avrei potuto fare, scelsi quella che pensai fosse meno dolorosa. Tuttavia mi chiesi a cosa avrebbe risposto a: «Mi hai sempre mentito?», oppure, «Mi hai baciata per non farmi dubitare di te?»
Lui, esasperato e chiaramente agitato, si allontanò da me. «Ho avuto un ordine e l'ho dovuto svolgere.» In quel momento notai che anche lui mise da parte la sua parte emotiva.
«Codardo», sputò a bassa voce Fuyra prima di tossire. Quella parola ferì il comandante, lo vidi dal modo in cui le sue sopracciglia ebbero uno spasmo e la sua mascella si contrasse maggiormente.
«Da chi hai avuto l'ordine?», pretesi di sapere. Non ebbi il coraggio di chiamarlo per cognome, se mai quello fosse il suo. «Merito delle risposte», dissi, cercando di mandare giù un groppone in gola. Paura, tristezza, rabbia; erano quelle le emozioni mi stavano travolgendo.
Bayer abbassò lo sguardo e impugnò la pistola. «Non ti piacerà saperlo, Reila.»
Fuyra, però, ci arrivò prima di me. La sentii grugnire per il dolore, mentre si sistemava per poterlo vedere a modo. «Sei-sei tu? Quella storia che mi hai raccontato... È vera e sei tu?»
Lui le lanciò un breve sguardo e poi lo rivolse a me.
«A cosa si riferisce?», chiesi.
Nessuno mi rispose, nessuno parlava. Nel silenzio si sentivano solo delle voci attutite dal piano superiore.
Ripetei la domanda con un tono più forte e solo allora Fuyra parlò.
«È il fratello segreto del Governatore del Nord, non è così, Bayer? Sei un Sevda, uno di loro.» La comandante tossì ancora più forte, respirando a fatica per prendere fiato. «Sei il bambino che dettero per mordo nell'incidente, non è così?», lo accusò ancora più acida. «Come ho fatto a non capirlo prima...» Poi la sua voce si abbassò, fino a non riuscire più a parlare.
Mi voltai per verificare che stesse ancora respirando. La trovai esausta e con gli occhi chiusi. «Resisti», le dissi prima che lei chiudesse gli occhi.
Poi tornai a guardare Bayer. Hanssen.
«È così? Sei suo fratello?» Mi tornarono in mente pezzi di conversazione che avevo avuto con lui. «È a questo a ciò che ti riferivi quando mi hai detto che non vorresti essere tu?», domandai a bassa voce. La mia espressione iniziò ad accigliarsi sempre di più quando collegavo i punti nella mia mente.
«Sì, ma io odio essere quella persona. Con te non lo sono stato. Con te ero una persona diversa.» Si avvicinò un'altra volta, a pochi centimetri da me. «Rei, vieni con me. Saremo al sicuro da tutto...»
Feci un passo indietro. «Io non voglio stare al sicuro, voglio... voglio la verità a la giustizia», pronunciai con disgusto, vedendo il viso che tanto mi piaceva, anche se l'avevo sempre negata a me stessa. «Lukian non è giusto», dissi sottolineando l'ultima parola. «E tu non mi hai detto la verità.»
Mi vidi la pistola puntata contro, ma a quel punto non mi importava più sopravvivere. Mi domandai perché non morire e così rivedere Gen. Eppure, lo sguardo di Bayer, non dava segni di cedimenti, sapevo che avrebbe eseguito quell'ordine proprio come aveva fatto con Fuyra.
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Lame nella Schiena
Science FictionL'isola di Prirode è divisa a metà, come era già successo in passato. Il Sud, per poter salvare la nazione dalla guerra imminente, decide di offrire la possibilità ai carcerati di arruolarsi in cambio di una riduzione di pena. È per questo che Reila...