Erano le 18:00 quando partimmo dalla Base. Era una bella giornata, non tenendo conto di quello che avremmo dovuto fare nelle ore successive.
Come ci aveva già anticipato il comandante, saremmo andati in missione con la squadra di Fuyra e con altri cinque soldati "volontari". In totale eravamo in sedici, compresi i comandanti; loro due si erano messi alla guida della lunga fila formata dalle coppie. Bayer ci aveva accoppiato diversamente: Welleda era stata affiancata da Caos, e Freddy da Ester.
Alecsei, come già sapevamo, non era presente. Caos ci aveva detto che era tornato in infermeria per poterlo salutare, ma le infermiere glielo avevano nuovamente vietato. Realizzai che allora Bayer aveva fatto in modo da allontanarlo da tutti, dati i dubbi sul suo possibile tradimento.
Io, invece, ero distante dai miei compagni ed ero stata accoppiata con Donnie, prendendo posto in uno degli ultimi posti della fila. Appena mi aveva vista all'entrata della Base mi si era avvicinato per ringraziarmi nell'averlo soccorso il giorno dell'esplosione. Era stato sincero e a me aveva fatto piacere, una piccola consolazione per la confusione che provavo nel cuore.
Durante il viaggio parlammo ben poco, entrambi fummo molto concentrati sui suoni circostanti. Da qualche giorno non si poteva più stare tranquilli neanche nel bosco del Sud. Molti soldati nemici erano stati avvistati sul confine e alcune squadre venivano utilizzate proprio per esplorare il nostro territorio vicino al Muro, eliminando possibili imboscate.
Prendemmo più volte precauzioni con droni muniti di termo-camere e, in un'ora, arrivammo al confine. La mia agitazione aumentò, anche perché una squadra così grande era facilmente visibile da lontano.
Imprecai quando guardai il Muro rovinato. Dove nelle missioni precedenti avevo visto un muro intatto, in quel momento c'era l'entrata ben visibile con un'incisione sopra: "Benvenuti" e una faccina sorridente con delle "x" al posto degli occhi.
Al che sentii una risata repressa dal mio compagno. «Brutti bastardi», si affrettò a dire con un tono arrabbiato. Non seppi se dargli completamente ragione, viste le ultime cose apprese sui metodi usati dal Sud.
Bayer e Fuyra ispezionarono con prudenza tutta la zona, facendo attenzione a tutti i dettagli. Poi, come una luce nel mezzo della nebbia, sentii il mio comandante dare il via libera. Per un breve stati riuscii a vedere il suo profilo: stava riferendo qualcosa a Caos, che era giusto dietro di lui. Avrei voluto essere anche io lì, vicino a loro, ma sapevo che non avrei dovuto disobbedire ai suoi ordini.
Quando arrivammo alla fine del bosco, dove si vedeva da lontano la città di Junter, la voce di Donnie mi riscosse dai tanti pensieri. «Che strano», aveva detto sospettoso.
Lanciandogli un'occhiata gli chiesi spiegazioni.
«Ogni volta che ci siamo spostati al Nord abbiamo sempre trovato qualche squadra nemica ad aspettarci», rispose sempre con gli occhi pronti a guardarsi intorno.
Per la prima volta mi voltai per studiarlo meglio. Aveva la pelle abbronzata, i capelli corvini e gli occhi di un marrone chiaro: i tratti somatici per eccellenza del Sud.
«Avete sempre combattuto prima di arrivare al luogo delle vostre missioni?»
Lui sembrò sorpreso dalle mie parole, tanto che gli sfuggì uno sbuffo divertito. «Perché voi no?», ribatté con le folte sopraccigli alzate.
Per risposta scossi la testa confusa.
«Strano», disse lui, esplicitando i miei pensieri. «Nel senso, beati voi. Noi almeno una volta a percorso incontravamo squadre nemiche, senza contare lo scontro effettivo nelle fabbriche.»
«Sì, davvero strano», ripetei con tono distratto. Con la coda dell'occhio lo vidi annuire e concordare con me, ma poi fummo attirati dagli ordini dei comandanti. Eppure non feci a meno di domandarmi se Alecsei centrasse qualcosa con quell'anomalia.
Dopodiché ci dividemmo nelle tre squadre: la terza formata dai volontari e capitanata da un trentenne che si presentò come Zayd. Aveva una carnagione molto scura, i capelli biondi e gli occhi azzurri; non riuscii a non guardarlo, era veramente fuori dal comune e i suoi dettagli lo rendevano unico.
Li ascoltai decidere su dove incontrarsi e a che ore, e solo dopo aver appuntato i dettagli ci separammo verso le nostre destinazioni. Bayer ci portò nell'appartamento in cui eravamo già stati nella prima missione; lo trovai nelle stesse condizioni, forse meno impolverato.
Leggermente affaticata, mi trovai un posto su una sedia e controllai l'orologio che segnava già le 20:00.
«Avete un'ora per riposarvi e prepararvi. Poi ci avvieremo e ci troveremo con le altre squadre nel bosco, dietro la fabbrica. Mangiate qualcosa, dovrete essere in forza», ordinò Bayer lasciando qualche barretta energetica sul tavolo. Pur non avendo fame, me ne nascosi una dentro la giacca a quadri.
Da una finestra alta vidi il cielo scurirsi sempre di più e infine le strade illuminarsi grazie ai lampioni. Quell'ora passò velocemente, tra lo sdrammatizzare con i miei compagni e l'ascoltare i consigli di Bayer. Nonostante ciò, la tensione era palpabile, oppressiva e agghiacciante.
Alla fine, poco prima di partire, mi sentii prendere per un braccio dal comandante e venirmi detto di seguirlo. Andammo fuori dalla porta dell'appartamento; davanti e a sinistra avevamo un muro con i mattoni a vista, mentre a destra c'erano i gradini che portavano su marciapiede della città, dietro di noi, invece, lui si chiuse la porta alle spalle.
Subito dopo ci assicurammo che in strada non ci fosse nessun pericolo e poi ci ritrovammo a confortarci nei nostri sguardi preoccupati.
«Sei pronta?», mi chiese, spostandomi una ciocca dagli occhi.
Sentendomi la gola secca, e non per il freddo, annuii. «Solo che non ho un buon presentimento», mi affrettai ad aggiungere.
Era dal giorno precedente che avevo quella sensazione, speravo solo che si trattasse di ansia.
«Già, anche io», concordò il comandante. Non lo vedevo bene contro la luce calda del lampione, ma il suo viso lo conoscevo bene. Infatti aveva la mascella serrata e le labbra assottigliate.
Come era successo diverse volta, quella stessa agitazione si diffuse ulteriormente in me.
«Ti ricordi quando ti ho detto che siamo simili?»
Annuii per la seconda volta, mi ricordavo bene quell'episodio. In un primo momento non ero riuscita a spiegarmi cosa volesse dire con quello, ma poi, con il tempo, avevo capito cosa intendesse. E concordavo con lui, sapevo che avevamo qualcosa in comune.
I suoi lineamenti si fecero improvvisamente più morbidi, un cambiamento raro in lui, per quanto risultasse sempre di una bellezza elegante.
«Forse è per quello che con te riesco a stare bene», pronunciò con una voce bassa, che mi fece vibrare il petto. Quelle parole andarono a sbattere nella voragine che avevo sempre avuto intorno al cuore stremato.
Le mie guance si arrossirono di getto e fui contenta della poca luce che mi illuminava il viso.
Poi Bayer continuò con lo stesso tono ma con un'angolo della bocca alzato. «Spero tutto andrà secondo i piani, ma, se anche non fosse, voglio dirti che un po' detesto il modo in cui riesci a condizionarmi.»
Non feci a meno di sorridere con la testa leggera. Anche lui riusciva a influenzarmi con i suoi stati d'animo, in quel momento, infatti, era riuscito a rinchiudermi in una bolla di vetro, solo io e lui. E un pensiero lampo andò ad Alecsei, perché, infondo, aveva avuto ragione.
Lui, però, tornò subito serio nel sentire le mie parole. «Sei una brava persona, Hanssen», dissi sicura. Perché ero sicura di ciò, lo pensavo veramente.
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Lame nella Schiena
Science FictionL'isola di Prirode è divisa a metà, come era già successo in passato. Il Sud, per poter salvare la nazione dalla guerra imminente, decide di offrire la possibilità ai carcerati di arruolarsi in cambio di una riduzione di pena. È per questo che Reila...