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L'allenamento pomeridiano era nuovamente nella Palestra-2. Per fortuna il turno all'esterno non era stato necessario, in quanto diverse squadre avevano lasciato la Base per le missioni.

Mentre aspettavo l'arrivo di Bayer, ascoltai distrattamente la conversazione di Alecsei in cui minacciava scherzosamente Freddy a causa degli errori commessi la mattina. Freddy, nonostante sapesse che non fosse serio, era comunque intimorito dal criminale.

Poco dopo ci facemmo silenziosi nel vedere arrivare il comandante. Senza tanti giri di parole spiegò l'esercizio, che per gli studenti consisteva nello sparare alle vittime con le stesse pistole taser, mentre noi, ancora in punizione, ci saremmo dovuti muovere in un percorso.

Ingenuamente fui felice nel sapere che, almeno quella volta, avevamo la possibilità di scappare, ma cambiai idea in pochissimo tempo vedendo quanto faticoso fosse spostarsi dietro ai nascondigli creati appositamente per quell'allenamento: c'erano due tavoli sdraiati, una decina di manichini e due tabelloni simili a quelli della mattina.

Sentendomi ancora le gambe doloranti dalla giornata precedente, mi sforzai di continuare l'esercizio senza fermarmi. Welleda e Caos erano concentratissimi e quando mi trovavo scoperta, tra un nascondiglio e l'altro, mi colpivano molto spesso. Al contrario fui grata dell'incapacità di Freddy. Glielo urlai diverse volte pur avendo poco fiato a disposizione, ma lui sorrideva senza prendersela e ciò, paradossalmente a tutta la situazione, mi sollevò; Freddy sapeva di avere altre qualità.

Quando correvo, quando mi sdraiavo dietro la panca per pararmi o scappavo velocemente per non dare una buona mira ai miei compagni, non facevo altro che chiedermi a quanto Bayer fosse stato malefico nel pensare a una punizione del genere; speravo con tutta me stessa che almeno finisse quel giorno e non durasse di più.

Proprio in quel momento stava tornando dai miratori, lontani da noi ormai bersagli mobili. Stava parlando con loro, facendogli vedere una quarta pistola. Quella la riconobbi subito e non era taser.

Noi vittime avemmo qualche minuto di pausa. Le nostre condizioni erano pessime. Tuttavia, vedendoci entrambi senza fiato, non riuscimmo a non guardarci mezzi sorridenti per essere stati così stupidi da aver preso una punizione simile.

«Se si mette a sparare anche lui è la fine», commentò Alecsei a tratti per lo sforzo. La sua fronte era sudata e le punte dei suoi capelli bagnate. Prendeva grossi respiri per mettere sotto controllo il suo fiato.

Mi si avvicinò per appoggiarsi alla mia spalla, ma io, che avevo dedotto dove avrebbe voluto andare a parare, mi spostai all'ultimo facendogli perdere l'equilibrio, che fu comunque rapido nel recuperare.

«Non ci provare mai più», lo ammonii con un sopracciglio alzato. Mi feci scivolare addosso quel sentimento autorevole e poi chiesi: «Bayer ti ha detto qualcosa al riguardo di ieri sera?»

Il sorriso che gli era spuntato per la mia reazione inaspettata si mutò in noia. Mi spiegò che si era comportato come sempre e che fino a quel momento ne era contento. Lo vidi aprire bocca per continuare la conversazione, ma fu interrotto dalla voce seria del comandante.

«Uno dei due si deve offrire per una dimostrazione.»

Mi feci subito avanti. Lui annuì e poi si rivolse a spiegare qualcos'altro agli studenti, qualcosa che noi non potevamo sentire a causa del suo tono basso.

La voce di Alecsei, invece, la sentii forte e chiara, proprio come la sua presa sul mio avambraccio per attirare la mia attenzione. «Guarda che è una pistola vera», mi avvertì. Sapevo cosa volesse intendere con quella frase: voleva farmi notare che avrebbe anche potuto spararmi per una semplice dimostrazione di potere.

Lame nella SchienaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora