12. Trouble

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È più facile resistere all'inizio che alla fine.

Leonardo Da Vinci

Quando Hermione Granger varcò l'uscita della sala comune dei Grifondoro, ebbe la piena e tragica consapevolezza di buttarsi a capofitto nel baratro senza fine di cui Malfoy le aveva così gentilmente illustrato le particolarità. Una di queste, non a caso, consisteva nella dipartita dei suoi fragili nervi e di tutta la poca dignità che sentiva quasi per sbaglio starle ancora attaccata. Non si sarebbe poi sorpresa così tanto nel vedersi inciampare sulla soglia del burrone e cadere, franare giù come lui aveva ingegnosamente macchinato ai suoi danni, con il ghigno di Malfoy a valutarla sprezzante dall'alto.
Hermione credeva di non aver mai provato sentimenti più avversi per qualcuno; sentiva di detestarlo così ferocemente che nemmeno un vocabolario farcito degli insulti più crudeli e agghiaccianti avrebbe aiutato ad esprimere al meglio il concetto.
L'unica cosa che al momento le premeva era di fare ciò che lui desiderava, in modo da tirarsi fuori da quella farsa il prima possibile e poter dimenticare al più presto quell'assurda vicenda. Ne era certa, non si sarebbe trattato altro che di un caso isolato; e tra molti anni, quando avrebbe ripensato a quell'episodio in particolare, sarebbe stata addirittura capace di riderne.
Ferma delle sue ottimiste conclusioni, Hermione lasciò che il ritratto della Signora Grassa si chiudesse dietro di lei con un lieve scatto. Le fu sufficiente alzare lo sguardo per scontrarsi con la sagoma urtante di Draco Malfoy, lì appoggiato al muro in tutta la sua strafottenza, con quell'espressione acida e i capelli laccati all'indietro. Hermione ripensò all'aneddoto del Conte Dracula e dovette sforzarsi di reprimere una risata.
« Pronta, Granger? » Fu l'ironico saluto del ragazzo. « Non sei emozionata di fare la conoscenza dei miei genitori? »
« Dovevamo proprio incontrarci qui? » Ribatté Hermione caustica. « Perché non direttamente davanti a un camino? Ci saremmo risparmiati i cinque minuti di insulti ».
Allontanandosi dal muro, Draco inarcò un sopracciglio. « Perché ho premura che oggi vada tutto quanto alla perfezione, Granger. Dovrò essere credibile; i miei genitori mi conoscono bene. Ragion per cui è necessario, purtroppo, che io sappia qualcosa in più sulla mia presunta fidanzata ».
Procedendo lungo il corridoio, Hermione si incupì. La situazione si presentava ancora più drammatica di quanto si era aspettata.
« Non ti basta il mio nome? » Azzardò bruscamente. « Cos'altro hai bisogno di sapere? Io non mi metterò a condividere la mia vita privata con te, Malfoy. Se ci tieni tanto a fare una buona impressione, sei libero di inventare ».
Sogghignando, Draco le dedicò uno sguardo sfuggente. « Sul serio? Bè, se allora posso dire ciò che voglio... » si fece fintamente pensieroso, « potrei raccontare di averti incontrata a Nocturn Alley, seduta contro un muro a fare la barbona. Io, nella mia misericordia, ti ho elevata in società offrendoti una vita migliore ».
Hermione lo guardò boccheggiante. « Assolutamente no! Oh, d'accordo, chiedimi quello che ti pare. » Si arrese, di malumore. « Tanto peggio di così non potrebbe andare ».
In risposta, mentre svoltavano un angolo del pianerottolo, Draco fece una smorfia sprezzante. « Granger, non illuderti che me ne importi davvero qualcosa. Lo faccio soltanto per il bene del mio piano ».
« Che si concluderà proprio oggi pomeriggio. » Intervenne lei con un certo compiacimento. « Quanta fatica sprecata. Potrei essere in biblioteca a fare qualcosa di utile, come finire gli esercizi di Aritmanzia ».
Lo superò volutamente di un paio di passi, senza nemmeno accorgersi dell'aria schifata che Draco aveva esibito nell'udirla. Poi però lui parve riprendersi, e nell'intento di mostrarsi probabilmente più coraggioso di quanto in realtà si sentisse, le si rivolse di nuovo.
« Punto primo. Ho bisogno di sapere qualcosa sui tuoi genitori ».
« Oh, per carità! » Hermione si volse quel tanto che bastava per scoccargli un'occhiataccia. « Devi proprio coinvolgerli in questa follia? »
« Granger ».
« D'accordo. » La Grifondoro si lasciò sfuggire un rassegnato sospiro. « Sono Babbani, ma ovviamente già lo sai. Si chiamano Jane e Thomas. Di professione fanno i dentisti ».
« I cosa? »
« Curano i denti dei Babbani » spiegò lei.
Draco parve fare uno sforzo enorme per astenersi dal commentare. « Okay... e devo sapere qualcosa su di te. » Aggiunse, in tono prudente. « Qualcosa a cui io non sia arrivato già da solo, ovvero che passi tutto il tempo sui tuoi libri muffiti, che sei insopportabile e che hai dei capelli inguardabili. Vedo che oggi li hai legati, Mezzosangue: scelta saggia ».
Hermione fu costretta ad arrestarsi; le braccia incrociate al petto, lo squadrò in un cipiglio ostile che a lui non piacque affatto.
« Da che pulpito. » Commentò nella massima parvenza di calma, lasciando vagare lo sguardo sulla sua chioma appiccicata al cranio. « Hai avuto un incontro ravvicinato con una vacca, di recente? »
Se Draco non l'avesse udita con le proprie orecchie, non lo avrebbe mai creduto possibile.
Come diavolo osava?
Non c'erano parole per esprimere il suo shock. La guardava ad occhi spalancati mentre lei, così fiera e piena di sé, lo ricambiava soddisfatta di averlo finalmente messo a tacere. La Granger che lo criticava! Sembrava roba totalmente da pazzi, ma Draco, in un barlume di rara ragionevolezza, decise di accantonare per un attimo anche quella questione.
Aveva scelto la Mezzosangue per dei motivi precisi, dopotutto, e l'essere irritante era purtroppo uno di questi - ciò che avrebbe d'altro canto utilizzato a proprio vantaggio.
« Tutto ciò che mi auguro, Granger, » le disse tranquillamente, « è che utilizzerai la tua linguaccia anche per zittire i miei genitori ».
Riprese a camminare, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Hermione, sorpresa, rimase ad osservare la sua schiena foderata di nero sentendo esitare il sorrisetto vittorioso col quale lo aveva contemplato fino a un attimo prima.
C'era stato qualcosa di strano, nella sua voce - una nota di malinconia tanto sottile che forse nemmeno Malfoy si era accorto di aver tradito. Fu quella fragile illusione, alla quale si ritrovò aggrappata quasi per caso, a sussurrarle che nonostante tutto Hermione non sarebbe stata davvero carne da macello. Lui non l'avrebbe gettata nell'arena come se niente fosse; scegliendola, pur nei suoi modi poco eleganti, l'aveva posta a suo fianco in quella che adesso capiva essere una battaglia non contro di lei, ma contro i genitori di Draco e il sistema a cui stavano cercando di sottoporlo - di ingabbiarlo.
La sua era una ribellione velata, accennata, che senza Hermione non avrebbe retto nemmeno per un istante. Il suo scopo era di umiliare loro, non lei; e se era arrivato a tanto, facendo affidamento su una ragazza che detestava pur di raggiungere il suo scopo, non v'era alcun dubbio sull'entità della disperazione in cui Malfoy doveva versare.
Vedere tutto da una prospettiva del genere disarmò la Grifondoro più di quanto si sarebbe aspettata. Nel suo oceano di confusione e ripensamenti, a malapena di accorse di Malfoy che, non vedendola al suo fianco, si era arrestato nel mezzo del corridoio a fissarla.
« Non vieni? »
Senza esitazioni, Hermione riprese a camminare. La sua sola, rinnovata decisione fu sufficiente a cancellare qualsiasi goccia di pietà fosse comparsa nei suoi confronti. Al diavolo qualsiasi scusante, pensò con convinzione; da qualsiasi parte la rigirasse, Malfoy l'aveva pur sempre costretta a fare qualcosa che non voleva. L'aveva ricattata senza lasciarle alcuna via di scampo.
Questo era tutto ciò che importava, e che soprattutto doveva importarle.
« Quale camino utilizzeremo? » domandò Hermione, tentando di distrarsi, e lui sporse un braccio in sua direzione.
« Questo. » Accennò ad una porta che stava sulla destra. « Entra ».
Lei varcò la soglia. Era un'aula come tutte le altre, illuminata di luce pomeridiana e dai candelieri ancora fievolmente accesi. Un camino spento stava in bella vista nell'angolo di una parete.
Hermione sentì la porta chiudersi alle sue spalle; il respiro prese ad accelerarsi. Il momento era vicino, e lei si sentiva meno pronta che mai a fare quello che Malfoy le aveva chiesto. Tuttavia, lui non sembrò accorgersene. Approfittando del silenzio, si schiarì debolmente la voce.
« Mettiamo in chiaro alcune cose, Granger. » Cominciò, con un tono che non fece presagire alla ragazza niente di buono. « E' molto probabile, sfortunatamente, che almeno un paio di volte durante l'incontro io debba... toccarti ».
Hermione trattenne il respiro. « Toccarmi? »
« Sì, bè... » Draco scrollò le spalle, a disagio. « Tipo prenderti per mano, far finta che siamo in confidenza. » Rabbrividì leggermente. « Per questo ci tenevo a sottolineare di andarci piano con i contatti fisici da parte tua. Sono pur sempre un Purosangue ».
« Oh, come dimenticarlo. » Hermione scosse la testa, sarcastica. « Ma raccomandazioni del genere sono del tutto superflue. Vedi, essendo fidanzata con Ron, in questo caso sono io a voler avvertire te di andarci piano ».
Celando l'enorme sorpresa che quelle parole gli suscitarono, Draco si accontentò di storcere le labbra in un timido disappunto. Possibile che quella maledetta trovasse sempre modo di averla vinta? Salazar, era irritante come poche; era convinto di non aver mai incontrato nessun'altra come lei, cosa che, considerò in quel momento, non poteva che essere considerata una fortuna.
« Giusto. Il tuo ragazzo. » Commentò, sarcastico. « Dimmi, Granger, per caso sa dove ti trovi al momento? Perché sarebbe assai interessante vedere la sua faccia nello scoprirti fidanzata con il sottoscritto ».
« Fintamente fidanzata, Malfoy. » Puntualizzò lei. « Pensavo ci tenessi a sottolineare la differenza ».
Draco sogghignò. « Pur di godermi il suo shock, Mezzosangue, sarei perfino disposto a sostenere il contrario ».
Hermione lo seguì con sguardo infastidito dirigersi verso il camino spento. La sua sagoma nera risaltò di riflessi di luce contro la pietra scura dello sfondo.
« Dobbiamo per forza usare la Metropolvere insieme, Granger. Altrimenti rischierai di ritrovarti da tutt'altra parte » le annunciò.
« Non sono un'idiota, Malfoy. » Precisò Hermione ironica, avvicinandosi. « Ma ci tengo a sbrigarmela in fretta, quindi... »
Con una rapida occhiata, Draco entrò in piedi nel camino; Hermione lo imitò, nervosa. Di fianco a lui, si ritrovò a fronteggiare l'aula vuota prendendo gravemente coscienza, forse per la prima volta, del terribile luogo in cui tra qualche istante si sarebbe ritrovata.
Intravide, con la coda dell'occhio, il braccio di Draco piegarsi ad afferrare una manciata di Polvere Volante nella tasca.
D'istinto Hermione lo prese per mano; la freddezza della sua pelle quasi fece rabbrividire anche lei stessa. Malfoy, sconcertato, si bloccò e la guardò con una smorfia oltraggiata.
« Salazar, Granger! Ma allora non hai capito niente ».
« Cosa? »
« Mi stai tenendo per mano » le fece notare Draco sprezzante, muovendola nella sua.
Hermione, inizialmente stupita della sua reazione, sbuffò. « Malfoy, come hai detto un istante fa, non intendo ritrovarmi chissà dove a causa dei tuoi capricci. E comunque sono sicura che il contatto non sia grave per te; avrai i tuoi personali metodi di purificazione ».
« Puoi scommetterci. » Malfoy roteò gli occhi verso l'alto. « Ma vuoi considerare i danni psicologici e morali? »
Irritata, Hermione scelse di ignorarlo; sembrava che il farabutto lo facesse apposta a ritardare la partenza, come se in qualche modo intuisse l'acuto nervosismo che le infuriava nel petto e godesse nel tormentarla. Se prima infatti la Grifondoro aveva temuto l'arrivo del momento cruciale, adesso non sperava altro che questo le piombasse tra capo e collo, così da poterselo lasciare alle spalle.
Dandosi finalmente una mossa, Malfoy tese il pugno chiuso di fronte a loro; lei serrò subito le palpebre.
« Malfoy Manor, Wiltshire! » sentì dire con voce chiara, e nello stesso istante, nell'avanzare della polvere color sabbia sui ceppi anneriti, una vampata di calore le arse il viso. In un turbinio di vento scottante e fiamme smeraldine, Hermione si sentì volteggiare tra le fronde roventi prima di avvertire un nuovo suolo sfiorare i suoi piedi, immerso nell'atmosfera fredda come la mano che continuava a stringere.
Un silenzio lussuoso perforò i suoi sensi ancora prima che le ciglia potessero sollevarsi. Odore di vernice fresca, fiori pregiati e legno antico le giunse fino alla punta del naso in cerchi dolci e carezzevoli. Draco le lasciò la mano; Hermione udì le sue suole aderire al pavimento e lo imitò, scendendo accortamente da un camino che, solo dall'interno, sembrava troppo prezioso perfino per gettarci la legna.
La stanza in cui si trovavano era enorme e fredda come si era aspettata. Così come non sembrava esserci calore nell'anima dei Malfoy, allo stesso modo si presentava la loro casa. Gelida come se nessuno vi avesse mai abitato, perfino la polvere sembrava avere soggezione di depositarsi sulle sue superfici.
A Hermione parve di intuire in ogni dove il tocco operoso degli elfi domestici; nelle più piccole fessure di ciascun costoso pezzo d'arredamento, nell'assoluto biancore delle tende appese ai lati delle finestre e nella fine composizione con cui i vasi di fiori e i soprammobili erano stati disposti per la sala. L'arredamento appariva ricercato e tutto fuorché lasciato al caso; l'ordine si ripercuoteva dai tappeti, disseminati con precisione millimetrica in posizioni a lungo calcolate, ai colori sempre adattati a formare un'unica tonalità, come in quel caso era un pallido avorio.
Nonostante la vistosa pulizia e ricchezza della mobilia, Hermione sentì di non apprezzare del tutto ciò che si offriva alla sua vista. I molteplici volti raffigurati nei grandi quadri appesi alle pareti ispiravano arroganza, così come l'oro di accecante splendore ostentato nei punti più improbabili della stanza.
Era tutto così ricco e fastidiosamente perfetto che la Grifondoro si sarebbe sentita inadeguata soltanto a muovere un altro passo su quel prestigioso pavimento.
« Dove sono i tuoi genitori? » domandò, volgendo lo sguardo su di lui.
Malfoy l'aveva osservata fino a quel momento, quasi tentando di decifrare la sua espressione. « Nella sala da tè accanto ».
« Quindi questa è la sala da pranzo? »
« Una delle tante. » Draco scrollò le spalle. « Di solito questa non viene adoperata, perché a mio padre non piace. Troppo luminosa ».
Hermione lasciò vagare lo sguardo nei dintorni. Chissà quanto doveva essere grande il maniero dei Malfoy; probabilmente casa sua ci sarebbe entrata cinque o sei volte. Al dì là delle finestre poteva scorgere una moltitudine di alberi alti che sembrava perdersi in un territorio molto vasto. Le sarebbe piaciuto visitare il giardino, senza ombra di dubbio meno sfarzoso e più naturale degli interni, ma Hermione dubitava seriamente che avrebbe mai avuto opportunità di farlo.
« Vogliamo andare? » Domandò lui, con un ghigno divertito dipinto sulle labbra. « Non vorrei privare ancora a lungo ai miei genitori il piacere di vederti ».
« Faranno sicuramente i salti di gioia. » Commentò piattamente Hermione. « Spero che i tuoi non siano tipi troppo impressionabili ».
« Oh, io spererei proprio il contrario. » Draco si diresse verso una porta a lato della sala. « So che non mi deluderai, Granger ».
Per niente rassicurata, Hermione lo seguì al di là di un'uscita che sfociava in un corridoio scuro e privo di finestre. Draco avanzò di qualche passo attraverso il buio; poi, un po' rigidamente, si fermò di fronte a quella che la ragazza intuì essere un'altra porta.
« Qui c'è la sala da tè. » Le disse sottovoce. « E' dove i miei genitori ci stanno aspettando. Dobbiamo dare una buona impressione ».
« Una buona...? » tentò di ripetere Hermione, ma Malfoy non perse tempo e la attirò a sé, circondandole le spalle con un braccio. Lei si ritrovò stretta al Serpeverde con il fiato mozzo di agitazione.
« Avanti, togliti quell'espressione stralunata dalla faccia. » La ammonì Draco in un bisbiglio. « Devi sorridere, come farò io. Ricorda che siamo una coppia felice, stiamo insieme da una settimana, ci amavamo da sempre e blablabla ».
« Che romantico » commentò lei acidamente.
« Tu non dovrai dire niente. » Continuò lui con decisione. « E' improbabile che vorranno già parlarti, credo che per stavolta sia sufficiente farti vedere da loro. Ciononostante, sii naturale. Non devono assolutamente avere il sospetto che sia tutta una farsa ».
« Okay, okay. » Non li avevano nemmeno ancora visti, e Hermione sentiva già di non poterne più di tutto quanto. « Ho capito. Possiamo andare ».
In uno sprazzo di nervosismo, Draco diede in un sospiro basso. Seppur intimamente infuriata per quanto stava succedendo, Hermione non poté fare a meno di intuire lo stato d'animo del ragazzo, che doveva essere ancora più tormentato e agitato del suo.
Quale coraggio era necessario per sfidare i genitori in modo così decisivo e plateale? Probabilmente Malfoy stava per varcare una soglia che mai in vita sua avrebbe pensato nemmeno di dover sfiorare; la prima mossa contro il volere dei suoi genitori, le ferree tradizioni dei Malfoy, la sua stessa famiglia. Quasi come se Draco condividesse i suoi pensieri, e non vedesse l'ora di acquietarli in qualche modo nella sua testa, serrò la mascella e bussò alla porta. Subito dopo, senza aspettare alcun consenso al di là di essa, la aprì e avanzò con Hermione all'interno della sala.
« Padre, madre. » Risuonò forte e chiara la voce di Draco. « Lei è la ragazza di cui vi ho parlato ».
Il chiarore della sala da tè risultò quasi accecante in contrasto con il corridoio che li aveva ospitati poco prima. Sbattendo velocemente le palpebre, Hermione fu ben presto in grado di distinguere di fronte a sé il volto stupefatto di Lucius Malfoy.
Alle spalle del marito, accanto a una poltrona, Narcissa svenne.

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