La guerra è come l'amore, trova sempre il suo fine.
Bertolt Brecht
Sorprendentemente, il trascorrere di qualche giorno contribuì ad ammansire l'animo inquieto di Hermione Granger. O almeno, questo era ciò di cui ella era finita col convincersi. In verità era molto meno colpevolizzante attribuire il merito di quell'inaspettato buonumore al semplice avanzare del tempo, anziché all'accantonamento provvidenziale di tutti i suoi problemi – i quali, come giustamente Ginny le ricordava, provenivano indistintamente da due soli soggetti.
Ron e Malfoy.
Ignorarli per un paio di giorni aveva dato a Hermione la possibilità di vivere il piccolo periodo più sereno dell'intero anno scolastico. Studiare senza interruzioni, riuscire a dormire e a bere meno caffè erano stati i suoi desideri proibiti per un bel pezzo, assieme alla ferrea volontà di ignorare chiunque non fosse Harry e Ginny e di fingere assiduamente che nessun tipo coi capelli rossi continuasse a chiederle se per caso lo stava ascoltando.
Ovviamente, una tale paradisiaca esistenza non poteva portare solo rose e fiori. Lo studio era stato miracolosamente recuperato e i suoi nervi erano molto meno tesi del solito, ma Ron ce l'aveva con lei perché si era sentito ignorato, e il copione, poggiato lì sul comodino, pretendeva assolutamente che lei e Malfoy provassero le loro scene il prima possibile.
Questo era forse il dilemma più insormontabile di fronte al quale Hermione si potesse trovare. I contatti tra lei e Malfoy dal loro ultimo incontro, comprendente un'aula mezza distrutta e un furetto scorrazzante per le gambe dei banchi, si erano praticamente ridotti ai minimi storici. Lui sembrava aver adottato una tecnica insolita perfino per i suoi parametri; anziché tempestarla di insulti, improperi e mirabolanti vendette ai suoi danni, aveva cominciato ad ignorarla come se Hermione nemmeno esistesse. Arrivava alle prove con grande indifferenza e si toglieva subito di torno provando la parte sempre con chiunque altro; nessuna occhiata sgarbata né insulto velato avevano sfiorato Hermione dall'ultima volta in cui avevano litigato, né in qualche modo lui dava cenno di accorgersi della sua presenza.
La diretta interessata, in verità, non aveva potuto far altro che gioire intimamente della situazione creatasi; quasi non le era sembrato vero di poter vivere una giornata senza avvertire la pressione delle minacce e dei battibecchi di Malfoy. Ma in un modo o nell'altro Hermione sapeva di non poter andare avanti in quel modo, e fu con rassegnazione che rimase stesa sul letto a fissare il soffitto, la testa piena di riflessioni che vorticavano senza lasciarle un attimo di pace.
Pensò che sarebbe stato saggio, se non eliminare i problemi, almeno cercare di ridurli. La scuola era appena cominciata, e Hermione sentiva di non poterne più di tutto quanto. Complici le incomprensioni con Ron e i relativi problemi che queste si portavano dietro, l'inaspettata presenza di Malfoy nella sua vita, fatta di patti, litigi e tanto stress, la pressione della recita scolastica, il peso dello studio e l'allarmante prospettiva dei M.A.G.O., la Grifondoro era stata sbandata nei meandri della confusione più totale. Forse sarebbe stato meglio partire dal problema più risolvibile; ragion per cui, armata di forza di volontà, Hermione scese dal letto e uscì dal dormitorio.Prima di bussare alla porta di Ron, si era rivelata la necessità di prepararsi un discorso. Magari niente di troppo serio, poiché il suo ragazzo era facilmente impressionabile, e senza il condimento di troppe complessità, visto che difficilmente sarebbero state recepite dall'altra parte. Hermione rimase di fronte alla soglia in un cipiglio pensieroso, mordendosi il labbro; nella sua visione ottimistica delle cose, tutto quanto si sarebbe risolto nel giro di mezz'ora. Ron avrebbe sicuramente capito cosa c'era che non andava e ne avrebbero parlato a lungo, come accadeva alla Tana in quelle loro conversazioni che duravano ore, finché il sole non spariva al di sotto della finestra. Il ricordo fu sufficiente a smuovere Hermione, la quale bussò con grande impazienza.
Non giunse alcuna risposta dall'altra parte. Hermione tese le orecchie, arrivando a sfiorare la superficie della porta, in attesa di captare oltre la parete anche un solo spostamento.
Ma il pianerottolo continuava ad essere silenzioso; bussò una seconda volta, con più energia. Quando ancora non ci furono reazioni, perplessa, Hermione decise di spingere piano la porta. Uno spiraglio di fredda luce mattutina si aprì al suo sguardo. Con il braccio teso, si arrestò proprio sulla soglia avvistando una sagoma dormiente in uno dei primi letti che si trovò di fronte. Russava così forte che per un momento Hermione si chiese come diavolo avesse fatto a non udirlo prima.
« Ronald! »
Lasciando che la porta si richiudesse, lo raggiunse a passi svelti. Non vi era traccia di nessun altro dei compagni di Ron; e lui, il cui russare si era lievemente affievolito, si rigirò appena nel letto. Hermione ebbe una mezza idea di chiamarlo ancora, quando la sua attenzione fu catturata da un bigliettino che giaceva sul comodino di Ron. Si curvò a leggerlo; era di Harry, e gli raccomandava di presentarsi al campo di Quidditch alle nove in punto. Al di là della carta, la sveglia di Ron ticchettava indolentemente. Hermione si incupì.
« Ron! » Esclamò nuovamente. « Sono quasi le dieci, sei in ritardo per gli allenamenti! »
Seccato dal rumore, il suo ragazzo si coprì la testa con la coperta. « Umpf? »
« Gli allenamenti! Quidditch! » Insistette lei, con vigore. « Harry ti ha lasciato qui una nota. La squadra sarà molto arrabbiata ».
Per un disarmante momento, Hermione pensò che Ron si fosse riaddormentato. Ma le sue parole, in un modo o nell'altro, raggiunsero il suo cervello assopito; con occhi spalancati, la faccia di lui riemerse dal cuscino.
« Squa... squadra... » biascicò, « Quidditch... »
Hermione, con le braccia incrociate, fece appena in tempo a spostarsi; Ron si era tirato su con uno scatto e coperte e lenzuola saltarono da tutte le parti. Il viso era stravolto e i capelli a dir poco inguardabili, con ciuffi sparati in ogni direzione.
« L'allenamento! » Strepitò Ron, sconvolto. « Erano un'ora fa! »
« Esatto. » Gli disse lei fredda. « Faresti meglio a darti una mossa e... » Hermione non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase. Ron si era fiondato giù dal letto, veloce come un razzo, in direzione dell'armadio. Lei era a dir poco sconvolta; non voleva nemmeno pensare che il suo discorso non sarebbe andato in porto.
« Ron, dobbiamo parlare di una cosa » cominciò.
Lui, agitato, aveva appena tirato fuori dall'armadio il completo da Quidditch. « Uhm? »
« E' importante. » Lei si avvicinò di qualche passo. « Si tratta di, bé... di me e te ».
Ron le aveva dedicato una veloce occhiata mentre, in uno scatto, si toglieva la maglietta del pigiama. « Di me e te » ripeté.
Hermione annuì speranzosa. « Sì. Vedi, ci ho pensato spesso in questi giorni e... »
« Puoi passarmi la cintura? »
Gelidamente, lei si volse nella direzione che il dito di Ron le indicava. Per un attimo fu tentata di sopraffarlo di rispostacce; poi, scegliendo di agire ragionevolmente, afferrò la cintura dal pavimento e gliela lanciò.
« Dicevo, » continuò, « credo che per noi due sia arrivata l'ora di compiere alcune scelte concrete che potrebbero rendere la nostra relazione ancora più stabile ».
In attesa di un qualsivoglia accenno di assenso, Hermione continuò a fissarlo. Ron stava saltellando su una gamba sola per infilarsi i pantaloni della tuta.
« Ronald, mi stai ascoltando? » ringhiò.
« Ah, sì, sì, » borbottò lui, afferrando velocemente un maglione bourdeaux. « Scelte concrete... relazione stabile... »
« Esatto. Vedi, da un po' di tempo ho l'impressione che nella nostra storia manchi qualcosa. » Prendendo coraggio, cercando con tutta sé stessa di non arrossire, Hermione tentò di arrivare dritta al punto. « Ron, mi trovi attraente? »
Aveva lanciato la bomba.
Le parve di aver varcato una soglia mai nemmeno sfiorata con lui, qualcosa il cui solo pensiero, una settimana prima, l'avrebbe riempita di disagio e contrarietà. Eppure, adesso che la domanda clou era stata fatta, improvvisamente a Hermione parve più che lecita, e il cuore le mancò di un colpo nell'attesa di una risposta dall'altra parte.
Ron si era bloccato nell'atto di infilarsi il maglione. Le braccia restarono sospese per aria e subito dopo il suo volto paonazzo emerse dallo scollo. « Oh, ma... certo. » Farfugliò, per la prima volta dedicando a Hermione completa attenzione. « Certo che ti trovo attraente ».
Arrossendo, lei decise di andare più a fondo. « Eppure non stiamo mai insieme, Ron. Non siamo come le altre coppie ».
Lui si fece disorientato. « Eri tu quella che dicevi di voler andare con calma e... »
« E lo dico ancora, » puntualizzò lei con vigore, « soltanto che stiamo già andando con lentezza, Ron. Vorrei, ecco... che mi dimostrassi seriamente che tieni a me. Che sono la tua ragazza da quasi quattro mesi ».
Era così determinata che lui non poté non ricambiare sconvolto il suo sguardo. La guardava come se fosse impazzita di colpo, quasi stentando a credere alle sue parole. « Dimostrarti che... » ripeté lentamente.
« Hai capito ».
« Ma non ti è mai importato! » Confuso, Ron si tirò sulle spalle il mantello della divisa di Quidditch. « Cioè, ho sempre capito che tu non fossi pronta, che... beh... »
Lasciò cadere il discorso, chiudendo le ante e dirigendosi verso il letto. Hermione, che non lo aveva perso di vista un secondo, era a dir poco allibita. « Ron, ti sarei grata se portassi a termine le tue frasi ».
Mentre si allacciava le scarpe, lui sollevò il mento in direzione della Grifondoro. « E' soltanto che... non capisco cosa ti stia prendendo. Perché improvvisamente quella cosa è diventata così importante? »
« Quello che mi chiedo è perché tu non la trovi importante! »
« Non ho detto di... »
« Nelle relazioni vere se ne parla, prima o poi! Noi invece a malapena sembriamo una coppia, noi... » esasperata, Hermione si portò una mano sulla tempia, « Ho molti dubbi, Ron. Non capisco cosa abbiamo sbagliato ».
Con le scarpe allacciate, Ron si rialzò dal letto e Appellò la Tornado verso di sé. Una volta afferrato il manico in una mano, le si fece vicino con un sentimento simile alla tenerezza impresso sul volto.
« Noi non abbiamo sbagliato niente. Non devi preoccuparti ».
« Ma... »
« Si risolverà tutto, vedrai. Adesso devo andare all'allenamento ».
Lì impalata di fronte a lui, Hermione non seppe cos'altro dire; la rabbia sembrava premerle nel petto con tanta intensità da soffocare qualsiasi altra protesta.
Poi lui sollevò una mano verso di lei. Le palpebre della Grifondoro si socchiusero istintivamente ad accogliere la carezza sul suo viso. Qualcosa le gelò dentro quando si sentì battere una pacca sulla spalla.
Aprì gli occhi, il respiro mozzo di indignazione; Ron se ne era già andato.
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The Theatre
FanficQuesta storia è di proprietà di Lylasly, autrice originale della storia presente sul sito di efpfanfic.net qui troverete il link della storia originale https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=590384&i=1 Draco/Hermione Ginny lasciò cadere il discorso...