49. You really got me

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Someday, somehow
I'm gonna make it alright but not right now
I know you're wondering when

Someday, Nickelback

Mancava ormai un mese a Natale.
Il freddo, ostinato e pungente, brinava le strette finestre del castello. L'erba dei prati si piegava nel gelo notturno e in lontananza, inghiottendo le cime boscose, grosse nuvole riempivano il cielo.
Il giorno prima aveva nevicato per la prima volta. Piccoli, timidi fiocchi avevano girovagato nel vento per più di quattro ore. Un anno prima, Draco aveva sollevato la mano di fronte al vetro, immaginando di poterne sentire il gelo sulle dita.
Ma quell'anno, quel preciso anno, quel maledetto anno, Draco non aveva fatto assolutamente niente.
L'aveva osservata con l'aria di chi non la vede per niente, la mente occupata da altro.
E poi le aveva dato le spalle.

Odiava la neve.
Odiava che il tempo passasse così in fretta.
A oltre cinquanta metri di distanza dal suolo, Draco avvertì minuscoli granelli di ghiaccio pizzicargli il collo. Scoccò uno sguardo risentito al cielo e si strinse nel mantello color smeraldo.
Odiava che tutto quanto si muovesse.
Tutto tranne lui.
« Draco! Qua sotto! »
Lui, il coglione di Serpeverde.
Tirò su col naso e, svoltando bruscamente, diresse la Firebolt in picchiata. L'aria gelida gli sferzò il viso. Allontanò le mani dal manico e accolse la Pluffa contro il petto; sogghignò all'indirizzo di Theodore e, volando controvento, individuò Blaise girare attorno agli anelli. Gli sembrò che pendesse più verso destra. Draco si concesse un attimo di riflessione e, incitato da Theo, la spedì verso l'anello scoperto alla sua sinistra. Per un momento, ci avrebbe scommesso dieci galeoni, i punti sarebbero sicuramente stati suoi. Ma poi Blaise allungò la gamba, quella stupidissima gamba impicciona, e la Pluffa partì dritta verso il lato opposto del campo di Quidditch.
Draco si arrestò livido.
Decisamente, quella non era giornata.
« Grande, Blaise! » gridò Theo con una strizzata d'occhio, e partì veloce come un razzo al recupero della Pluffa.
Draco, leggermente imbronciato, rimase lì come un'idiota, fingendo di annodarsi meglio il mantello. Sentiva gli occhi di Blaise perforargli il cranio, ma non era troppo in vena di chiacchiere quel giorno.
O meglio, quella settimana.
Sette giorni, sette lunghissimi, devastanti, infernali giorni erano passati. Sette giorni prima, la vita aveva corso impetuosa come un treno. Sette giorni prima, Draco non si era reso conto minimamente di chi, cosa e come. Sette giorni prima, la confusione più totale lo aveva coccolato in un giaciglio morbido, caldo e confortevole.
E poi il freddo.
Si strusciò il naso, lasciandosi andare a un sospiro.
Era diventato un miserabile. Ecco qual era la verità.
Quasi poteva vedere se stesso in lontananza; una figura ingobbita sul manico di scopa, dall'aria, appunto, miserabile.

Ciò era a dir poco terribile.
E quel che era peggio, era che lui non poteva farci niente. Le cose stavano così e basta.
Si sentiva a terra, anzi, in una buca talmente profonda da non poter essere nemmeno vista. Oh, aspetta. Non proprio: era così soltanto da sei giorni.
Perché il primo di tutti quanti, appunto, era stato un giorno benedetto. Infatti Draco, possessore del miracoloso bigliettino di Ginny Weasley, si era fatto la scuola a corsa per poi andare a sbattere direttamente contro Pansy, che stava uscendo dal dormitorio in quel momento. Le aveva spiegato tutto con gli occhi che brillavano e la voce più implorante del suo repertorio. Lei aveva ascoltato con aria sempre più interrogativa, temendo un momento che sarebbe sicuramente arrivato.
E infatti, arrivò.
Mezz'ora di molti penosi tentativi dopo, Draco aveva il cavallo dei pantaloni piacevolmente riempito, e Pansy giurò e spergiurò fino alla nausea che quello sarebbe stato l'ultimo favore da lì a minimo quarant'anni. Ma lui non se ne curò. Per almeno ventiquattr'ore, infatti, era stato l'uomo più felice della terra.
Finalmente il peggio era passato. Era tornato se stesso, il macho di sempre; e cosa più importante, poteva ricominciare tranquillamente a detestare i costumi da bagno.
Ma la festa gloriosa non era andata avanti per molto. Poco a poco, la quotidianità lo aveva risucchiato. E già verso sera, al tramonto, Draco era disteso sul letto a pancia in su fissando il soffitto. Il che, come chiunque nella Casa di Serpeverde sapeva, era decisamente un segnale nefasto.
Theodore e Blaise, premurosi, avevano chiesto cosa c'era che non andasse. Niente. Gli avevano proposto di salire in sala comune con loro. Andateci voi. Di sbronzarsi fino a non capire più niente. Non basterebbe. Di distrarsi strapazzando qualche matricola. Non serve, tanto non sopravvivrò alla nottata.
Nessuno dei due amici aveva commentato quella sinistra affermazione. Tuttavia, dato che Draco l'indomani si era presentato a colazione vivo – certo, pallido come un cencio e barcollante come uno zombie, ma comunque vivo – avevano entrambi liquidato la questione con una delle solite "crisi alla Malfoy".
Draco, ovviamente, non si era aspettato di essere compreso. Lui non era come tutti gli altri. Quei due zotici di Nott e Zabini non avevano nemmeno l'un per cento della sua smodata sensibilità; quanto a Pansy, lei lo avrebbe capito, ma sicuramente deriso. E questo, viste le delicate condizioni in cui Draco versava al momento, non era assolutamente accettabile.
Buffa la vita, si era ritrovato a pensare, sollevando l'angolo della bocca in un tetro sogghigno. L'aveva vista milioni di volte, lei.
Se avesse voluto ricordarla, avrebbe avuto l'imbarazzo della scelta. Mille scorci, fotografie, momenti perfetti.
Eppure davanti agli occhi aveva soltanto quell'immagine.
Lei impalata, i piedi artigliati al suolo, il corpo tremante e la bella bocca socchiusa come se avesse voluto parlargli lì, sulla soglia della porta. Ma i suoi occhi avevano contenuto parole troppo crudeli per essere pronunciate. Draco si era abbandonato nello sguardo di lei e aveva sperato di essere trascinato, moribondo, nel porto sicuro che erano le sue braccia. Quando era scappata, così improvvisamente, l'infermeria era sembrata crollargli addosso mozzandogli il fiato. L'aveva richiamata almeno dieci volte. Niente.
Draco aveva fatto il possibile per permettere alla propria, provata mente di elucubrare il tutto senza l'influenza del quotidiano. Doveva capire quanto lei esattamente gli mancasse.
Durante quei sei giorni, dunque, la Granger per lui non era esistita.
Ai pasti si era sempre seduto in modo da dare le spalle al tavolo di Grifondoro; alle lezioni che dovevano condividere insieme, aveva cercato di sedersi il più distante possibile da lei. Mai, nemmeno una volta, aveva azzardato un'occhiata nella sua direzione. Il che, doveva ammetterlo, gli era costato un autocontrollo non indifferente.
Eppure sono sopravvissuto, si era detto quel mattino, non appena ebbe aperto gli occhi.
Sono vivo anche senza di lei.
Sto bene anche senza di lei.
Se lo era ripetuto più volte, dentro la testa, finché le due frasi non erano divenute insopportabilmente martellanti. Poi aveva arricciato il naso e aveva deciso, d'impulso, di andare ad affogarsi di caffè.
« Sta nevicando! »
Draco si riscosse. Si stupì nel constatare di avere lo sguardo pieno di fiocchi candidi che in realtà, fino a un attimo prima, nemmeno aveva visto. Theo li aveva già raggiunti con la Pluffa sotto un braccio e l'altro piegato sopra la testa. « Per Bacco! Non possiamo continuare! Sta arrivando una bufera ».
« Ti spaventi per due fiocchi, Theo? » commentò Draco irritato. Aveva accettato di scendere al campo di Quidditch per distrarsi, ed era passata soltanto mezz'ora.
Ma Blaise non sembrava molto d'accordo. « Ci sono troppe nuvole, e tira vento forte da stamattina. Andiamo... »
« Ma ragazzi! Non vi piace un po' di rischio? »
« Non quando sono mezzo morto dal freddo. » rispose Theo, e tirò su col naso. « Dai Draco, andiamo al calduccio! » Ma vedendo che l'altro digrignava i denti, aggiunse: « Negli spogliatoi ho una sorpresa per te! »
La sorpresa si rivelò essere una Burrobirra ciascuno.
Draco e Blaise rimirarono le bottiglie con due identiche espressioni sconvolte. Theo era estasiato.
« Allora? Che ne dite? » fece saltare il tappo della sua con un colpo di bacchetta.
Draco deglutì. « Non vedevo una di queste da... »
« Da quando avevamo undici anni, sì » completò Blaise lugubre.
« Ma come ti è saltato in mente? » Draco guardò Theodore come se lo vedesse per la prima volta. « Hai dimenticato chi sei? Mister "ho sempre bevuto vodka pensando che fosse acqua"? Cosa dovrebbe essere questa roba? »
Ma Theo non si fece impressionare. Sorrise sereno. « Ragazzi, relax. Non fa male, ehm... stare più leggeri una volta tanto, no? »
« Ah, già, tu sei a posto. Devi appena esserti bevuto il cervello ».
« Ah-ah. Almeno io ho portato qualcosa! Dimenticate che per colpa di queste nuove norme del castello tutto l'alcool è stato confiscato? » sbottò con voce rotta, come se la situazione gli spezzasse il cuore. « Quel poco che era rimasto è già finito. Sono riuscito a rimediare solo queste! Pensate che a me non importi? » li accusò, portandosi una mano al petto. « Sapete bene quello che sto passando. E' come essere separati dalla propria linfa vitale ».
« Wow. » Blaise fischiò e sollevò la Burrobirra. « Alle separazioni dolorose ».
Theodore annuì con aria provata. Alzò anche la sua bottiglia. « Alla speranza di rincontrarsi! »
Entrambi fissarono Draco. Lui era ancora immobile, le mani artigliate sulla Burrobirra. Deglutì.
« Ehm... » incespicò, sforzandosi di pensare. « A me ».
E le tre Burrobirre tintinnarono insieme.
Un quarto d'ora dopo erano tutti stravaccati sulle panche dello spogliatoio. Lì dentro faceva caldo, si stava bene, ed era bello fregarsene del mondo quando là fuori, a giudicare dal trambusto, la bufera di neve faceva il suo dovere. Le tre Burrobirre continuavano ad essere riempite fino all'orlo; quello doveva essere stato il primo incantesimo in assoluto che Theo avesse ritenuto utile imparare. E, a giudicare dai suoi voti a Incantesimi, anche l'ultimo.
Draco si era tolto il mantello della divisa da Quidditch, le guance lievemente arrossate dal caldo. Per quei pochi, preziosissimi minuti si era miracolosamente dimenticato di tutto ciò che lo tormentava. Era piacevole starsene impegnati con qualcosa da bere, immerso in chiacchiere maschili che non portavano da nessuna parte. Era comodo, e lo faceva sentire meglio. Si unì alla conversazione varie volte, e gli fu addirittura strappata qualche risata.
Ma poi, non si sa come, il nome della Granger era saltato fuori.
Non poteva dire di non esserselo aspettato.
« ... sì, e le ho detto che se voglio rotolare nella neve sono affari miei, ecco, alla fine non faccio male a nessuno, no? Ero anche in un angolo del giardino... non mi vedeva nessuno, nessuno! Invece eccola, la Caposcuola dei miei stivali, sempre pronta ad impicciarsi, con quell'aria da sapientona... »
Theodore si interruppe, ridacchiando nell'orlo della sua Burrobirra. I suoi occhi volarono su Draco. « Forse adesso non ha più qualcuno che la distrae... »
Si soffocò nelle sue stesse risatine, e anche Blaise, con grande orrore di Draco, faticava a stare serio. Appoggiava ritmicamente la nuca a ridosso del muro. « Sssh... oggi è miracolosamente allegro, non rovinare tutto... »
« Guardate che vi sento. » sbottò Draco seccamente. « Sono a un metro da voi ».
Theodore, chissà perché, smise di ridere. Appoggiò entrambi i gomiti sulle ginocchia e si chinò in avanti, gli occhi furbi. « Senti, devo dirti un paio di cosette. » Gli puntò contro la Burrobirra. « Io e Blaise ci stiamo fottendo il cervello a forza di indovinare quale sia il tuo problema... »
Draco allargò appena gli occhi. Tutto si sarebbe aspettato, tranne un attacco così diretto. E quel che era peggio, Blaise annuiva con convinzione.
« E' vero. » commentò il traditore. « Non sei più te stesso da quando... »
« Non-lo-dire » sibilò Draco tra i denti.
« Ma è così. » Theodore prese un sorso. « E' tutta la settimana che ti sparo battute, e tu non mi hai mandato al diavolo nemmeno una volta. Ti ho scambiato il caffè con la camomilla, e non te ne sei neppure accorto. Hai preso una D in Trasfigurazione e non hai fatto una piega. Gazza ti ha sgridato perché hai sbattuto una porta e tu gli hai sorriso come un'ebete. Devo continuare? Sei assente, se non dobbiamo contare le volte in cui all'improvviso spari frasi idiote... »
« ... come ad esempio "Vado in bagno a suicidarmi, addio" per poi fare ritorno cinque ore dopo. Ma che diavolo ci hai fatto lì dentro? » Blaise lo fissò accigliato; poi forse decise che era meglio non sapere. « Per non parlare di tutte le volte in cui ti abbiamo chiamato senza ricevere risposta, oppure... ma sì, magari nemmeno te lo ricordi... in cui eri in ronda notturna con Pansy e hai abbracciato un'armatura addormentandoti di sasso! »
« Sei morto, amico. » considerò Theodore con molta tranquillità. « Ma noi siamo qui per questo, no? Conservavo queste tre Burrobirre proprio nell'eventualità di questa rimpatriata. E' tutto perfetto. Non saremo fuori di qui fino a domani, forse. Che aspetti? Sfogati ».
Si creò un silenzio a dir poco perfetto.
Theodore aspettava sorridendo incoraggiante. Blaise aveva il mento appoggiato sul palmo della mano per godersi meglio la scena. Draco era scandalizzato.
Non stava succedendo davvero. Non adesso. Quella doveva essere stata un'imboscata; la bufera di neve, le tre Burrobirre, lo spogliatoio vuoto per un piacevole tête-à-tête. Tutto era così tattico. E lui ci era cascato come un allocco. Perché accidenti non se ne era accorto prima?
Sbuffando, Draco scoccò occhiate malevole ai due nemici.
Calma e sangue freddo.
Gli stavano soltanto chiedendo una conversazione cuore a cuore, no? Ma sì... gli stavano soltanto chiedendo di buttare in piazza tutti i suoi complessi, i suoi pensieri contorti, la sua abissale confusione; di spogliarsi della sua corazza e di gettare tutto lì, ai loro piedi, magari nella speranza che loro fossero più bravi a risolverlo.
Non che lui non ci avesse provato, in quei giorni. Nemmeno aveva dormito, quasi. Ma ogni santa volta la risposta era una, ed una sola. E questo lo atterriva molto, molto più di dieci Voldemort tutti insieme. Era in trappola.
« Ascoltate. » Draco quasi perse la pazienza. « Chi vi dice che sia proprio la Granger il motivo del mio... »
« Alt. » Theo sollevò una mano. « Sapevamo che lo avresti detto. Blaise, tocca a te ».
« Cosa ce lo fa dire? » intervenne l'altro, gongolando come non mai. « Da dove comincio? Innanzitutto, guarda caso, dallo stesso giorno in cui vi siete lasciati sei diventato un morto vivente... »
« Una semplice coincidenza! »
« Nei pasti fai di tutto per non guardarti intorno, finisci di mangiare in cinque minuti e te la svigni chissà dove. Hai saltato ben due lezioni in cui la Granger era presente... »
« Mi faceva male il mignolo! »
« Ogni volta che la incrociavamo per i corridoi fissavi il pavimento come un'idiota, tanto che sei andato a sbattere contro un'armatura, hai travolto due fantasmi e hai quasi accoppato il gatto di Gazza... »
« Certo, è sempre tutto quanto in mezzo ai piedi! »
« A Pozioni, poi, dovevi chiedere la bilancia al tavolo dei Grifondoro, e hai fatto di tutto per non andarci... anche versare la pozione addosso a Goyle per creare un diversivo... »
« Ovvio, mi faceva fatica alzarmi! »
Blaise e Theodore si scambiarono uno sguardo esasperato. Fu quello, molto più di tutte le perfide accuse, a indignare Draco. « Ascoltate, non so chi vi crediate di essere; i miei confidenti, le mie coscienze? Ebbene, no. Vi sbagliate di grosso. Il vostro compito è quello di non farmi pensare. Tu, Theo, sei il mio fornitore di alcolici. Stamattina hai fatto flop, ma dato che sono magnanimo, ti darò una seconda possibilità; dimentico che a volte sei molto ingenuo. » Agitò la Burrobirra. « E tu, Blaise, sei il mio salvatore. Quello che mi tiene lontane le verginelle e gli obbrobri della natura. E' vero, non hai avuto molto lavoro ultimamente... ma il tuo ruolo è quello, capito? Soltanto quello ».
Pensò di aver fatto un discorso sensato, dopotutto. Ma Blaise sbadigliò a bella posta.
« Il tuo problema è che non sai perdere » rivelò, quasi con tenerezza.
« O meglio, » aggiunse Theo, « non sai ammettere di essere molto preso da una ragazza ».
Draco sentì il volto in fiamme. Dannazione. Era con le spalle al muro. Decise di contrattaccare. « Parlate voi! Non mi sembra che pulluliate di amore per qualcuno, no? »
« Bene, allora andrò io per primo. » rispose Theo tranquillamente, e si schioccò le dita come preparandosi a una lotta. « Io stravedo per Daphne. E lei, in fondo, ehm... molto in fondo, stravede per me. Sarà la mia mogliettina, e non solo perché siamo sposi promessi. L'avrei deciso io da solo. Capite? Tutto di lei mi dà i brividi... »
« Non solo brividi d'amore suppongo. » frecciò Draco, sogghignando al pensiero di quella pazza isterica di Daphne. « E comunque non sembrava affatto una dichiarazione. Semmai un delirio. E tu, Blaise? Sono davvero curioso di sapere cos'hai da dire ».
Vendetta, dolce vendetta. Stavolta fu Draco a fissare con soddisfazione un Blaise che, a dire la verità, appariva piuttosto recalcitrante.
Perché il cuore di pietra, lì in mezzo a loro, non era di certo lui, Draco. Era Blaise.
Blaise si confidava volentieri su tutto quanto, tranne che sulle donne. A volte perché non gli importava, altre perché nascondeva qualcosa. A detta sua, non si era mai davvero innamorato; eppure di sentimenti qualcosa ne capiva. E adesso, con sua stessa sorpresa, era invitato gentilmente a vuotare il sacco.
« Io non ho da dire proprio niente. » esalò, un po' combattuto. « Mi sono lasciato con Ginny Weasley e ora, ehm... sono pronto per nuove esperienze » concluse con un ghigno.
« Ah sì? » Draco era sarcastico. « E non hai in mente proprio nessuna per inaugurare queste nuove esperienze? »
Blaise si finse sorpreso. Aprì la bocca probabilmente per chiedere a chi si stessero riferendo, ma Theo lo precedette. « Andiamo! Ma quando tu e Pansy vi deciderete a fare sesso? »
« Theo! »
« Oh, su... ultimamente vi studiate come due gatti in calore! Sei libero adesso, no? Che aspetti? »
« Ma se nemmeno ci parliamo! »
« Parlavo di sguardi di fuoco, amico...tutto quel sesso nell'aria, è impossibile stare nella stessa stanza con voi... »
« Hai completamente perso il lume della ragione ».
Draco, dal suo angolo, sogghignava. « Vabbè, quando avrai intenzione di darti una mossa facci un fischio, eh? »
« Sicuro. » ribatté Blaise con una strizzata d'occhio, considerando così, come Draco prevedeva, chiusa la questione. « Così come farai tu quando supplicherai la Granger di perdonarti ».
« Io non supplicherò nessuno. » sbottò Draco imbronciato. « I Malfoy non supplicano, domandano; e se non ottengono, prendono con forza disumana ».
« Oh, quindi hai comunque intenzione di domandare? » ridacchiò Theo dando una gomitata a Blaise.
Draco si concesse di sorridere. Adesso non si sentiva più così tanto irritato dal loro interesse. Forse perché erano tutti e tre un po' sulla stessa barca, adesso che ci pensava.
Erano tutti un po' codardi.
Theodore, che con Daphne aveva un rapporto di alti e bassi e a giorni alterni, non aveva veramente il coraggio di chiederle un fidanzamento serio, quotidiano ed esclusivo, forse per paura di una risposta negativa.
Blaise, che si era scelto Pansy come migliore amica fin dal primo anno, probabilmente stentava ancora ad ammettere a se stesso che le cose, con il passare degli anni, erano cambiate per entrambi; e gli mancava, ovviamente, il coraggio di rischiare.
E lui, Draco, se la faceva a dir poco sotto dalla paura al pensiero di dover affrontare la Granger. Non solo perché era una strega formidabile che probabilmente lo avrebbe spedito dritto, e senza ripensamenti, nelle profondità del Lago Nero, tra le fauci della Piovra Gigante. Ma anche perché affrontarla avrebbe significato spogliarsi troppo.
E lui non era ancora pronto.
Forse.
« Volete la verità? » disse, la voce inaspettatamente roca. « Mi ha disturbato. Sì, mi ha disturbato il fatto di non poterle parlare, o anche poterla solo guardare, in questi giorni. Mi ero abituato a lei. Salazar, mi ero ripromesso di non fare cazzate, ma evidentemente non ci ho ragionato abbastanza, e questo è il risultato. L'idea di frequentare un'altra ragazza, adesso, mi fa venire la nausea. Ho sbagliato, d'accordo? Ho sbagliato, ho fatto un errore immenso, enorme. Ma ho fatto anche la cosa giusta. Capite? Ho fatto la cosa sbagliata per me, ma giusta per lei. Perché io mi sento una merda, ma nello stesso tempo anche un eroe. Lei non... non si merita di stare con qualcuno che non è davvero sicuro. Io facevo sul serio con lei, ma un conto è stare insieme a scuola... un conto è farlo con in mezzo parenti, matrimoni, doveri! Dio, ho diciassette anni » aggiunse in un soffio.
La bufera imperversava, violenta, al di fuori dello spogliatoio.
Tutte quelle parole lo avevano svuotato.

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