Vi è un grado di falsità incallita, che si chiama coscienza pulita.
Friedrich W. NietzscheDraco Malfoy aveva sempre avuto abbastanza sfacciataggine da ritenersi un gran conquistatore. Per lui le cose erano abbastanza ovvie, e si susseguivano con un ordine ben preciso: puntare la ragazza più frivola, ammaliarla con tante arie, procedere dritti verso la camera da letto, buttarla giù dalla sponda se quella russava troppo forte. Quanto alle ragazze non-frivole, quella era tutta un'altra faccenda. Non era che Draco semplicemente le ignorasse; più che altro, le evitava come la peste. Le si riconosceva a vista d'occhio, con quelle fronti che portavano scritto a caratteri cubitali "Dispensa di problemi, catastrofi e tragedie; prego, rivolgermi la parola", qualcosa di così orrido e nauseabondo a vedersi, davvero, che Draco non aveva mai potuto fare a meno di tenersene a distanza di sicurezza.
Bè, c'era da dire che adesso le cose erano un tantino cambiate. Innanzitutto, bisognava ammettere che frequentare esclusivamente ragazze di un certo tipo aveva distorto un po' la sua percezione della realtà. Draco non pensava di essere irresistibile: ne era convinto. Quale idea più sciocca e fasulla, quindi, di una ragazza che non dovesse sentirsi lusingata da un suo corteggiamento? Per lui non era altro che un'assurda fantasia. La sua mente non era mai stata sfiorata dal pensiero di poter essere rifiutato da qualcuno; allo stesso modo, era del tutto fuori discussione che una donna potesse trattarlo come una pezza da piedi e lo tenesse a distanza come uno Schiopodo Sparacoda particolarmente disgustoso. Erano cose dell'altro mondo, per lui, e se mai accadevano, la ragazza in questione doveva essere a dir poco matta da legare. Quindi era davvero molto più semplice e confortante convincersi che Hermione Granger fosse pazza. Aveva prove su prove e sarebbe stato disposto a utilizzarle in qualunque momento. Che motivo c'era, quindi, di tentare di conquistare una pazza? Non voleva certo finire come Theodore.
Draco scese l'ultimo scalino, il malumore alle stelle. Non poteva evitare di sentirsi un completo idiota. Si era trovato a mezzo metro dalla camera da letto, a zero centimetri da lei, eppure a mille chilometri di distanza dal suo vero obiettivo. Si erano perfino abbracciati. Ma si era mai sentita una cosa del genere? Draco era sgomento; forse era stato troppo gentile con lei, troppo preso a ragionare per lasciare spazio all'istinto. Magari avrebbe dovuto semplicemente fregarsene di tutte quelle paranoie; non ci guadagnava un bel niente, se non schiaffi e dolorosi mal di testa. Ma se si fosse azzardato ad approfondire il bacio la Granger lo avrebbe ucciso, ne era sicuro. O forse no?
La mano corse a strofinarsi gli occhi, esausta. La Granger era particolarmente stancante per lui, e non per i motivi che gli sarebbero piaciuti. Era come sciropparsi ventiquattr'ore filate di Storia della Magia; per un po' eri costretto a tentare di venirne a capo, ma poi ti ritrovavi schiacciato da quel fiume di cose e abbandonavi tutto quanto, preferendo dormire sul banco. Lui ormai era arrivato alla fase in cui si gettano tutti gli appunti per terra, urlando di odiare quella stupida materia, per poi andarsene dall'aula sbattendo la porta. Con la Granger era proprio così. A tutto quanto c'era un limite, e Draco era lì lì per arrivarci. Forse avrebbe riletto quegli appunti confusi, una volta o due, ma piantare tutto quanto era il pensiero più ricorrente in casi del genere. Forse lo avrebbe fatto, prima o poi. Certo, se lei avesse continuato con i suoi stupidi sbalzi d'umore...
« Vieni o no? »
Draco sbatté le palpebre. La Granger lo fissava dall'entrata della sala comune dei Grifondoro, il ritratto già spalancato per uscire. Notò soltanto in quel momento il mantello della sua uniforme, quel coso ingombrante che la faceva assomigliare a uno spaventapasseri in balia del vento.
« Se vuoi eseguo subito, Granger, anche se avrei preferito un posto un po' più intimo » sbottò scocciato, e come aveva previsto, il pizzicotto di Hermione gli arrivò rapido sul braccio.
Draco gemette e si massaggiò; lei, scandalizzata oltre misura, lo superò con la schiena più dritta che mai. Forse doveva smettere di stuzzicarla. Aveva già perso tutta la sua aria tranquilla, e non era un bello spettacolo, davvero. Draco studiò il profilo della ragazza mentre varcava il buco del ritratto; Hermione evitava il suo sguardo, e quando si incamminarono per il corridoio, apparve nervosa e pensierosa almeno quanto lui.
Che si stesse pentendo di non averlo fatto entrare in camera? Bè, ovviamente non si poteva sperare tanto, ma Draco si crogiolò per un po' in questo pensiero. Voleva soltanto che le cose filassero un po' per il verso giusto. Si sarebbe pure accontentato, Salazar. Lui che di solito aveva sempre il meglio del meglio, stavolta ambiva anche solo a un semplice pezzetto. Era brutto camminarle a fianco in quel modo e non poterla nemmeno toccare – temere un ennesimo rifiuto, una sgridata, un allontanamento. Avrebbe voluto parlarle, dirle qualcosa, metterla in difficoltà. Avrebbe voluto chiederle come mai poco prima lo aveva abbracciato, ma Draco, pensieroso, scartò subito l'idea. Di solito erano sempre le donne a chiedere cose del genere. Perché mi guardi così, perché ti piaccio, perché mi hai baciata, perché mi hai chiesto di uscire. Maledizione.
« Non sbattere i piedi in quel modo! » Mormorò Hermione improvvisamente, indicando il pavimento. « Potrebbe sentirci qualcuno! »
« Gradirei, Granger, che la smettessi di impedirmi di sbattere ».
Okay, non sapeva nemmeno come gli era venuta fuori. Ma Hermione era così offesa che, dopo aver preso subito fiato per rispondere a tono, parve faticare immensamente per trovare qualcosa di abbastanza tagliente per umiliarlo. Rimase lì a fissarlo torvamente, la bocca spalancata; Draco si era imbronciato. Se era così acido di malumore, era soltanto colpa sua.
Alla fine, nella sua inequivocabile aria di superiorità, come se Draco, dopotutto, non valesse la pena di una risposta, Hermione richiuse la bocca e continuò a camminare. A lui andò benissimo; non aveva per niente voglia di litigare. Ben presto la Granger prese a voltarsi più volte indietro, tesissima, nel timore che un professore sbucasse all'improvviso da qualche parte. A Draco sinceramente non importava niente; se rassicurarla portava ad andare in bianco per l'ennesima volta, allora si risparmiava lo sforzo.
« Ho sentito qualcosa! »
Draco si sentì strattonare per la manica. Si arrestò; fissò gli occhi spalancati di Hermione con aria del tutto insofferente. « Io non sento niente ».
« Ti dico di sì. » Insistette lei, lo sguardo puntato sul corridoio adiacente. « Un passo, una specie di... ascolta! »
Si bloccarono entrambi nel silenzio circostante. Draco, seppur poco collaborativo, non poté fare a meno di irrigidirsi. Lo aveva sentito anche lui. Qualcuno stava camminando verso di loro.
Era destino, pensò; sarebbe stato molto meglio rimanere nella camera della Granger.
Ma lei aveva preso a trascinarlo di lato, ancora serrata alla manica della sua camicia, in passi veloci ma quasi del tutto silenziosi. Corsero lungo le pareti, sotto la luce che la luna gettava attraverso i vetri delle finestre; dietro di loro, qualcosa continuava a riecheggiare per i corridoi. Hermione non faceva altro che guardarsi alle spalle.
« Credo che sia il professor Piton! » squittì, lasciando scivolare la mano in quella di Draco mentre svoltava un angolo.
Lui fece per rallentare. « Granger, Piton è innocuo! »
« Non per me, Malfoy. » Sbottò lei, continuando ad avanzare. « Mi detesta. Oh, dove potremmo andare? »
Corsero ancora, attraverso un pianerottolo quasi del tutto privo di finestre, senza più riuscire a distinguere alcunché di ciò che si trovavano davanti. Quando Draco rischiò di andare a sbattere contro un'armatura, Hermione lo strattonò di lato imbucando un corridoio strettissimo che aveva tutta l'aria di essere un passaggio segreto. Draco ebbe un'illuminazione improvvisa. « Ehi... sbaglio o qui vicino c'è il bagno dei Prefetti? Siamo al quinto piano, no? »
Altri passi riecheggiarono svelti dietro di loro. La Granger sussultò. « Andiamo! »
Veloci come razzi, raggiunsero il punto che ricordavano. La statua di Boris il Basito riluceva illuminata da un'alta finestra posta lì di fronte. Si spinsero in direzione della quarta porta oltre la scultura; Hermione disse svelta la parola d'ordine e questa si socchiuse all'istante, dando loro l'accesso.
Dopo averla richiusa in tutta fretta, entrambi tirarono un sospiro di sollievo. Draco lasciò vagare lo sguardo nei dintorni. Conosceva bene quella stanza, anche se ultimamente non l'aveva utilizzata spesso; soltanto l'anno prima quel luogo appartato aveva favorito alcuni dei suoi incontri più scottanti. Un'enorme vasca d'acqua bollente sostava fumosa e placida nel centro esatto della stanza; i rubinetti d'oro scintillavano nell'atmosfera notturna. Guardò d'istinto Hermione. Lei stava girata verso la porta, le braccia incrociate e gli occhi abbassati come se fosse decisa a non dare alla vasca la minima attenzione.
Draco stavolta non poté farci niente; il suo braccio si sollevò da solo, in completa autonomia, sfiorando quasi con delicatezza la linea della schiena della ragazza.
« Granger ».
Il mantello di Hermione si piegò sotto le sue dita. Una bella curva sinuosa le disegnò le spalle, e poi un fianco, e l'intera schiena; ogni sua più timida forma sbocciò attraverso le pieghe di quell'uniforme. Sembrava così sottile adesso, così piccola. E quel mantello era meno ingombrante, meno un ostacolo. Le dita di Draco le percorrevano le vesti come avvertendo davvero la pelle calda sotto i polpastrelli. Poi la Granger si scostò di scatto, le guance bollenti, chi occhi che brillavano di rabbia; la mano di Draco rimase a mezz'aria.
« No ».
Lo guardava in un modo così deciso e ostinato che Draco, impotente, buttò immediatamente all'aria tutte le speranze. Quella era davvero matta. Adesso ne aveva la certezza.
« Mi sono rotto, Granger. » Sibilò. « Soltanto una verginella come te può spaventarsi di una semplice... »
« Hai preso l'antidoto? » lo interruppe, con occhi dardeggianti.
Draco esitò. « Questo non c'entra un accidente ».
Hermione continuava a guardarlo, le sopracciglia aggrottate. Era vicina, vicinissima, ma Draco la percepì più distante di come fosse mai stata. Capì che forse la storia dell'antidoto c'entrava più di quanto pensasse.
« Non lo prenderò, Granger. » Ribatté riluttante. « Non se continuerai a rifiutarmi ».
« Rifiutarti! » Esclamò lei arrossendo. « E' incredibile che tu davvero non capisca. Quei sogni erotici mi disgustano. Sono inaccettabili. Perché non te ne rendi conto? » Sembrava sorpresa e delusa al tempo stesso. « Come puoi pretendere che io stia tranquilla mentre tu... mentre tu e la mia sosia continuate a vedervi? Merlino, è come se stessi frequentando qualcun'altra, ma il fatto che sia io è ancora più imbarazzante, è sbagliato, e io pretendo che tu ci dia un taglio! »
Draco si ficcò le mani nei capelli; era così avvilito che si appoggiò contro la porta, con un'aria distrutta, assalito da una sgradevole sensazione di deja vu. Era appena cominciata una delle loro ennesime discussioni inconcludenti. Ma poteva essere possibile? Si trovavano nel bagno dei Prefetti con quell'enorme vasca a pochi metri di distanza, e loro non facevano altro che litigare accanto alla porta. Ci doveva essere qualcosa che non andava, sul serio.
« Lei non mi piace. » Esalò Draco, lasciandosi scivolare via le mani dal viso. « Te l'ho già detto ».
« Allora sbarazzatene! »
« Non posso! Non se continuerai a comportarti da pazzoide! » Esclamò, e Hermione sgranò gli occhi, oltraggiata. « Granger, nemmeno ti lasci baciare come si deve, ogni volta che ti sfioro mi fai sentire un pervertito, quando cerco di parlarti non fai altro che mettere paletti! Cosa mi dice che dopo l'antidoto non sarai ancora peggio? »
Draco riprese fiato, osservandola con gli occhi spalancati a sua volta. Aveva perso la pazienza, e per Hermione valeva lo stesso; adesso scuoteva la testa, e non sembrava soltanto arrabbiata, ma anche estremamente frustrata. Alla fine, sempre con le braccia incrociate, alzò gli occhi lucidi su di lui.
« Te lo dice questo, Malfoy. Il fatto che adesso io sia qui con te. » Ribadì decisa. « Ma forse non riesci a credermi perché in fondo tu sei il primo a non avere buone intenzioni. Sei sempre così sicuro che le persone abbiano qualcosa da nascondere! »
« Allora cosa ne dici di dimostrarmi qualcosa? » Draco era esausto, ma ancora tenace. « Finora mi sono sbilanciato soltanto io, Granger. E' assurdo, e questa cosa mi sfinisce. Mi fa a pezzi. Voglio dire, dannazione, è la prima volta che una ragazza riesce a... a... »
« Illuderti? » Lo aiutò Hermione, e Draco deglutì in risposta. « Malfoy, è qui che sbagli: tu sei convinto che tutto quanto ti sia dovuto. Non riesci a capire cosa significhi conquistare qualcosa – ottenere fiducia, faticarsela, sudarsela. Sei così viziato da pretendere di ottenere qualunque cosa soltanto perché... sei tu ».
« Ah, la pianti di psicanalizzarmi? » Draco fece un cenno infastidito del capo. « Se ti pretendo, Granger, è perché ti merito. Sì, maledizione, è così! » Aggiunse, nel vederla a dir poco scioccata. « Sono praticamente un santo da quando ho dato il via al ricatto. D'accordo, forse non ti ho trattata benissimo, ma eri l'unica ragazza a cui dedicavo tutte le mie energie. Nel bene e nel male. Anche se non ti vedevo, anche se non eri nel mio raggio visivo... Dio, mi irritavi così tanto che mi era impossibile dedicarmi a qualsiasi altra cosa. Perfino a un'altra. » Si bloccò proprio sull'ultima parola, le guance sfocate di livore e gli occhi fiammeggianti. « Ecco, ora lo sai. Perfetto. Posso andare a suicidarmi ».
Si volse all'istante, la mano sulla maniglia; inaspettatamente alcune dita tremanti lo afferrarono per il braccio, e prima che se ne rendesse conto, il viso di Hermione gli occupò l'intera visuale. Lei appariva sconcertata e meravigliata insieme. « Malfoy, io credo a quello che dici. Davvero. Perché tu non riesci a fare lo stesso? »
Draco si liberò meccanicamente dalla sua stretta. « Perché cambi umore ogni cinque minuti, Granger, e io non ci capisco più niente. Un giorno ti lasci baciare, quello dopo ti rifiuti anche solo di parlarmi; con te non si è mai sicuri di niente, è tutto un cazzo di litigio, una baraonda di cose senza senso. Sai cosa mi fa arrabbiare? Che nonostante tutto sei come me, sei fatta di carne e di sangue, eppure rimani un blocco di marmo per la maggior parte del tempo. Mi vedi come... non so, il tuo peccato mortale. Temi che io ti faccia crollare il mondo addosso. Poi ti chiedi come mai le persone ti allontanino, tentino di emarginarti; è semplice, sei pazza! »
Si arrestò, il fiato mozzo, fissandola e sentendosi fissato a sua volta. Si sentiva meglio, adesso, anche con quello sguardo pieno di lacrime puntato addosso. Le aveva sputato in faccia tutto quello che pensava. Perché pur nei suoi modi superbi e poco garbati, Draco Malfoy era una persona coerente. Proprio la sua indole a non compiere alcuna mossa senza doppi fini, visto che le sue intenzioni erano sempre trasparenti, rendeva automatico il fatto che tutto ciò che faceva contesse un preciso perché. Tutti lo sapevano. Era proprio la sua insolenza a renderlo privo di scrupoli nei confronti degli altri; tutto ciò che pensava, lui lo diceva senza badare alle conseguenze – né agli animi feriti né ai sentimenti mortificati, cose che per lui non avevano la minima importanza. Era per questo che il comportamento della Granger gli dava sui nervi; almeno lui sapeva prendersi la responsabilità delle proprie azioni, se necessario. Lei invece no. Lei scappava, e in quel momento lo guardava distrutta.
« Ho paura. » Mormorò Hermione in tono incerto, gli occhi bagnati e sfuggenti. « Ho semplicemente paura ».
Quella fu la stoccata finale. Draco sapeva qual era il suo compito, adesso; consolarla, rassicurarla, dimostrarle ancora qualcosa. Ma stavolta avrebbe dato retta al proprio orgoglio. Gli sembrava di aver fatto già abbastanza. Distolse lo sguardo da lei e si voltò di nuovo, scontrandosi con la superficie della porta – le voltò le spalle anche se non l'aveva mai vista così indifesa, così incline a sbloccarsi un po', così meno gelida. Non riusciva più a guardarla e non ne sapeva nemmeno la ragione. Forse era delusione, scoraggiamento. L'impressione di essersi messo troppo in gioco.
La mano si artigliò alla maniglia e un attimo dopo fu fuori, in corridoio, nel buio quasi totale. Fu come respirare aria fresca; dietro di sé aveva la Granger, quelle lacrime e quei problemi insormontabili. Quell'antidoto che creava problemi. Avrebbe mai avuto il coraggio di prenderlo? Hermione aveva ragione, a dargli così tanta importanza?
Si era voltato verso di lei senza che quasi se ne fosse reso conto. La finestra del bagno dei Prefetti argentava i contorni di Hermione. Lei era lì ferma nel suo grosso mantello, i piedi uniti e le braccia strette ai fianchi. La sua espressione non diceva niente e diceva tutto allo stesso tempo. Draco si sentì più leggero, come se la rabbia fosse svaporata in lontananza; rimase a guardarla e subito si pentì di averle dato le spalle un attimo prima, perché effettivamente lei valeva qualcosa, e quella immagine, il suo profilo, il momento, l'atmosfera, il silenzio. Sentì impellente la nostalgia di quella notte di Halloween. Secoli prima, sembravano.
« Mi porti dagli altri? » domandò Hermione, e la sua voce risuonò acuta come se si fosse sforzata di apparire naturale.
Draco non si fece più domande. « Andiamo ».
Allungò la mano, lei la prese subito. Le dita si intrecciarono da sole.
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The Theatre
FanfictionQuesta storia è di proprietà di Lylasly, autrice originale della storia presente sul sito di efpfanfic.net qui troverete il link della storia originale https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=590384&i=1 Draco/Hermione Ginny lasciò cadere il discorso...