You're the only one I'd be with until the end
when I come undone you bring me back againBack under the stars
back into your armsFall to pieces, Avril Lavigne
Era la prima volta che dava un pugno a qualcuno.
L'idea, in un certo senso, lo aveva sempre fatto rabbrividire.
Insomma, una scazzottata non è mai il massimo della vita. Roba da restarci secchi, era. E lui, ultimamente, aveva già rischiato di morire troppe volte.
Aveva sempre preferito mandare Tiger o Goyle al suo posto; quelli erano due armadi, o comunque troppo bulli per potersi rendere anche lontanamente conto di avere paura.
E Draco, di paura, ne aveva sempre avuta tanta.
Paura del sangue. Paura di rendersi ridicolo. Paura di deturpare irrimediabilmente la propria bellezza. Paura di stancarsi troppo. Paura delle donne.
Ma non certo paura di Ron Weasley. Draco quasi faticava a crederci. Lo aveva steso; era un vincente. Adesso la sua arma non era più soltanto la sublime intelligenza – si era aggiunto anche un destro niente male. E lui non si era mai allenato. Era tutto talento naturale. La vita, in quel momento, era grandiosa.
Ma quell'impressione, come ogni cosa bella, durò poco. Troppo poco.
Gli bastò semplicemente rendersi conto di chi esattamente avesse tra le braccia.
Un profumo di riccioli che conosceva fin troppo bene. L'odore di una pelle chiara, luminosa come la luna. Lo spirito che era un demonio battagliero e imprevedibile insieme. Lei.Paura delle donne, aveva pensato poco prima. Beh, forse avrebbe dovuto correggersi. Perché ogni suo timore, adesso, ogni più sciocca e insensata angoscia risiedeva proprio lì, in quel corpicino. Stringerla era vitale, stringerla era amaro. Provare a darle pace era irrimediabilmente stupido.
Ma Draco non era mai stato una cima nel sapere come comportarsi con lei. Aveva fatto tanti terribili errori. E avrebbe continuato a farne.
« Hai finito di picchiarmi? »
Il suo sussurro la fece sobbalzare e allontanare come una scheggia. Il silenzio, fino a un momento prima, era stato denso e invalicabile.
Hermione Granger aveva ancora il respiro irregolare, e i suoi occhi, i suoi occhi scuri e umidi e confusi, saettavano su di lui per poi allontanarsi come se non riuscisse bene a metterlo a fuoco. Tremava. Si artigliò i capelli con le dita e Draco, impotente, si rese conto che non l'aveva mai vista in quello stato.
Fuori controllo. Devastata. Sola.
« Devo... devo avvertire un insegnante » boccheggiò, ma poi rimase immobile, guardando Draco come se si aspettasse di venire contraddetta – debole, indifesa. Era una cucciola smarrita.
Lui avanzò piano verso di lei. « Granger, non puoi. Quante volte devo dirtelo? L'hai visto tu stessa un momento fa. La situazione è questa: hai contro praticamente tutta la tua Casa ».
« Ma io... ma... »
« Ascoltami. Adesso ti calmi, intesi? E dopo rientriamo, ti metti a letto e posso anche smettere di farti da balia ».
Hermione sembrò ferita. « Nessuno te lo ha chiesto » precisò.
Draco non rispose, limitandosi a starle davanti, le mani affondate nelle tasche. Le labbra si piegavano in modo strano per impedirsi di non sorridere.
Era inutile. La Granger proprio non ci arrivava.
E a dimostrazione di ciò, Draco vide quella pazza totale sbuffare sonoramente, per poi piazzarsi decisa di fronte alla Signora Grassa. Aveva le mani sui fianchi, ma non poteva farci niente: tremava tutta dal nervosismo.
« Biancospino » disse con voce forte e chiara.
« Ma che diavolo ti salta in mente? » Draco la artigliò per un braccio. « Granger, non ho intenzione di fare a pugni per te un'altra volta! »
« E io ti ripeto che nessuno te lo ha chiesto! » scattò Hermione, liberandosi con uno strattone, e perse il controllo. « Cosa ci fai qui? Cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace? Sei sempre dove non dovresti essere, sempre... vattene! Mi hai sentita? Devi andartene! »
E dal nulla, improvvisamente, senza nessun motivo plausibile, la Granger scoppiò in lacrime.
Draco rimase lì a guardarla con le braccia ancora sospese. Era orripilato. Non era possibile.
Piangeva come se non ci fosse un domani, singhiozzando disperata. Forse era troppo. Aveva passato troppe cose per quella sera.
Prima la presa in giro da tutti i suoi amici; e poi lui, Draco, che l'aveva scaricata e nonostante tutto le girava intorno come un leone attorno alla preda, ma senza sapere bene quando attaccare, quando decidersi. Dopo un po' forse saltavano i nervi.
E lei non era una che si sfogava molto di solito. La Granger era così... si teneva tutto dentro. Anche lui era così. Accumulava, e poi scoppiava.
E quando succedeva, erano guai per tutti.
« Spiacente, cara, ma non è la risposta giusta ».
La voce della Signora Grassa risuonò oltre i lamenti di Hermione. La ragazza soffocò, il viso inondato di lacrime, stupefatta. Ma Draco fu colpito da un'illuminazione.
« Ma sì... sicuramente Weasley ha cambiato la parola d'ordine alla fine, per non farsi sgamare dai professori ».
« Ma io... io d-devo entrare! » ignorandolo, Hermione si mise sotto al dipinto con aria implorante. « Io sono una Caposcuola, e sono di Grifondoro, io... »
Ma la Signora Grassa scosse solennemente la testa. Hermione gemette, e singhiozzò ancora. Adesso aveva un altro valido motivo per piangere. Draco sbuffò impaziente.
« Granger, smettila di frignare! » la redarguì, irritato. « Mi dai sui nervi! Salazar, che lagna... »
Ma sembrò che Hermione non stesse aspettando altro. Con il viso sconvolto dalla rabbia, spintonò Draco mettendoci tutte le forze; lui rimbalzò due metri più in là.
« E' tutta colpa tua, Malfoy! Sei stato tu a portarmi qui fuori! Siamo due Caposcuola in corridoio oltre il coprifuoco... oddio... » e si portò una mano sulla fronte, la matta, come realizzando ciò solo in quel momento. « Siamo davvero fuori oltre il coprifuoco... e siamo Caposcuola... la professoressa McGranitt sicuramente mi... »
La Granger, però, non ebbe il tempo di ipotizzare alcuna catastrofe. Si bloccò, e guardò l'oscurità del corridoio vicino.
Anche Draco aveva sentito qualcosa. E c'era da immaginarselo. Con tutto il casino che avevano fatto! Senza pensarci due volte, girò sui tacchi.
« Io me la batto ».
Fece cinque o sei passi decisi, ma non udendo risposta, gli venne naturale fermarsi e guardarsi indietro.
La Granger era ancora lì impalata e scrutava il corridoio.
« Ma cosa stai facendo? » le sibilò, indignato.
Lei sobbalzò ancora. Lo guardava spaesata. Era evidente che non sapesse assolutamente come comportarsi. Era nel panico totale, ed era anche più pazza del solito.
Draco sbuffò ancora, più sonoramente, la raggiunse in due falcate e la tirò per il braccio. « Andiamo, su! »
« Potremmo... » Hermione aveva un'espressione tragica, « potremmo spiegare la situazione... »
« Io non spiego un accidente. » Draco continuava a camminare trascinandosela dietro, imboccando un corridoio totalmente buio. « Ne ho abbastanza per stasera. Non mi vedi? Sono sconvolto da tutto ciò. Non sarei dovuto venire. Non so cosa mi sia preso. Un festino di Weasel-bee! » sogghignò, e accelerò il passo. « Voi Grifondoro portate solo guai. Ecco perché sono qui; è stato un momento di debolezza. Non me lo perdonerò mai ».
Andò quasi a sbattere contro a una colonna; deviò all'ultimo momento e proseguì con urgenza nel corridoio, sempre trascinandosi dietro la sua bellissima rovina, come amava chiamarla dentro di sé. Non solo aveva già rischiato grosso andando in quella stupida torre – e questo soltanto, chiaramente, per avere l'onore di scambiare due parole civili con lei – adesso rischiava pure l'espulsione!
Se non la morte stessa, dal momento che le nuove misure di sicurezza prevedevano esseri non meglio identificati vaganti per la scuola allo scopo di sorvegliarla.
Insomma, stavano scappando da chissà cosa, e si dirigevano chissà dove. Oltretutto Draco non vedeva un accidente, e farsi luce con la bacchetta non gli sembrava una buona idea.
Ma perché la Granger doveva essere una continua, costante fonte di guai? Perché?
Irritato, volse appena la testa per capire come mai la Granger stesse così miracolosamente in silenzio. Era strano; se non l'avesse tenuta stretta per la manica, avrebbe giurato che fosse tornata indietro. E invece no.
Stava soltanto singhiozzando ancora, ingoiandosi le sue stesse lacrime. Si asciugava la faccia e gli stava al passo docile come un cagnolino.
Draco non aveva parole. La Granger non era mai stata strana come quella sera; alternava momenti da pazzoide sclerata a momenti in cui si sgonfiava e diventava la più indifesa delle creature. Ovviamente, non c'era bisogno di chiederlo, Draco preferiva la seconda versione.
Litigare con lei era sempre stancante, specialmente perché, per qualche strano motivo, non gli dava mai ragione.
« Ma dove mi stai portando? » borbottò Hermione all'improvviso, la voce lamentosa.
Draco alzò gli occhi al cielo. « Non lo so. Ti ho salvata, mi sono battuto eroicamente, e poco fa ti ho anche risparmiato l'espulsione. Dovrei anche stare a pensare a dove portarti, ingrata Mezzosangue? »
Hermione si arrestò, liberandosi dalla sua stretta. Le lacrime che aveva negli occhi e nelle guance brillavano nell'oscurità. « Non possiamo restare qui. So io dove andare ».
E senza aspettare risposta, si infilò in un corridoio vicino. Draco rimase assolutamente immobile per qualche secondo; e se la Granger lo volesse portare da qualche professore?
Ma scelse di fidarsi, suo malgrado. Non aveva scelta. Il suo dormitorio era a chilometri di distanza, e anche se avrebbe potuto praticare un Incantesimo di Disillusione su se stesso e andarsene, non voleva separarsi da lei.
Per l'incolumità della Granger, ovvio.
La seguì velocemente, e accelerò il passo quando si accorse che lei camminava molto spedita, quasi correndo.
Forse voleva seminarlo? Ma il pensiero sparì quasi subito. Hermione giunse di fronte all'aula di Astronomia, aprì la porta e lo aspettò sulle scale che portavano alla torre.
Draco si infilò dentro con aria stupita.
« Qui dentro, Granger? » sbottò, mentre lei richiudeva la porta. « Ti sembra sicuro? »
« E' sicurissimo. » rispose lei serafica, e incantò la serratura affinché non si aprisse dall'esterno. Dopodiché guardò Draco con impazienza. « E' una torre, quindi è più difficile che a quest'ora qualcuno si prenda la briga di venire quassù a controllare. Ed è l'unico posto che mi è venuto in mente ».
Si voltò e salì la scalinata a chiocciola in tutta fretta, come se inseguisse qualcosa. Draco imboccò i gradini a sua volta, cauto.
Adesso che ci pensava, erano praticamente rinchiusi lì dentro. Non potevano arrischiarsi di girare troppo per la scuola, a meno di non venire puniti – e visto che erano entrambi due Caposcuola, i professori non sarebbero certo stati indulgenti. Non era una bella situazione.
Sì, okay, alla fine era solo con la Granger, che era stato praticamente lo scopo della serata. Ma così, in quel modo, all'improvviso, e con tutte quelle cose che erano successe quella sera... era davvero il caso? Forse no.
Ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Draco sospirò e, scuotendo appena la testa, continuò a salire fino a ritrovarsi nell'aula di Astronomia.
L'atmosfera era pallida, quasi opalescente. Grandi vetrate sul soffitto permettevano alle stelle di infilare la loro luce nella stanza circolare, illuminandone i contorni.
C'erano tanti tavoli. Era il posto dedicato alla teoria. Per la pratica di Astronomia c'era un'altra torretta raggiungibile con una seconda scalinata a chiocciola.
La Granger era appoggiata alla cattedra – una grande tovaglia rossa ospitava libri, penne d'aquila e un piccolo telescopio.
Lei aveva il mento sollevato verso l'alto, verso le stelle.
Draco mosse alcuni passi attorno a lei, fino a vederla di profilo. Le guance erano bagnate.
« Mi spieghi perché diavolo piangi? »
Hermione, d'istinto, fece una mezza risata. Si portò i capelli di lato in un gesto nervoso. Aveva il naso rosso, tappato. La faccia sconvolta.
Draco pensò che forse, quello, fosse il momento giusto per parlare un po'. Oh, avrebbero dovuto dirsi tante di quelle cose – eppure loro riuscivano così bene a parlarsi senza veramente dirsi niente.
Si aggiravano a vicenda, senza mai incontrarsi. Una volta si erano incontrati... ma da allora, più niente.
« Granger, la finisci di ignorarmi? » nervosissimo, Draco si avvicinò di un altro passo, senza però il coraggio di fronteggiarla davvero. « Te ne stai lì a frignare senza motivo, con quell'aria miserabile, quando qui l'unica vittima sono io. Non sei nemmeno venuta a trovarmi in infermeria! Ho rischiato la morte e non te ne è fregato nulla! »
La vide tremare leggermente. Forse la sua vena pazzoide stava per prendere ancora il sopravvento.
« Per caso a te, di me, è mai importato qualcosa? »
La domanda era stata calma, quasi buttata lì per caso. Ma Draco sapeva bene che era una trappola.
Una trappola orrenda per farlo inciampare, catturarlo e poi banchettare sul suo cadavere. La Granger era così; imprevedibile.
Dovevi stare attento alle sillabe, alle virgole, alle parentesi quadre e tonde; non potevi fare passi falsi. Perché lei non aspettava altro.
Questo fu il motivo per cui Draco ci mise quasi più di un minuto a rispondere, fermo lì a rimuginare.
« Sì. » disse finalmente, esasperato. « Se pensi il contrario sei una stupida ».
Hermione si staccò dalla cattedra e arrivò ad un banco a caso.
Tamburellò sopra due dita. Era agitata, e probabilmente avrebbe voluto investirlo con un'ondata di insulti, recriminazioni e perplessità.
Perché lui aveva chiesto quella maledetta, dannata pausa, ed era stata lei a subirla.
Lui l'aveva lasciata cuocere nell'indifferenza per giorni senza nemmeno guardarla in faccia. Lui aveva provato goffamente a riavvicinarsi, nel suo codardo modo di fare, cercando di tenere il piede in due staffe.
E poi lui, sempre lui, non riusciva a parlarle davvero, a usare parole dolci, ad essere rassicurante, ad aprirle il suo cuore una volta per tutte.
Draco la raggiunse in pochi passi, e stavolta era di fronte a lei. Riusciva a vederla bene in viso. Le labbra le tremavano come le mani, le gambe.
Alzò gli occhi colmi di lacrime su di lui e lo odiava, si vedeva benissimo che lo odiava.
« Sfogati. Puoi pure picchiarmi, se vuoi ».
E rimase lì impalato, in attesa.
Hermione abbassò di nuovo lo sguardo e – l'ho persa ormai, pensò d'istinto.
Era lontana da lui anni luce.
Non era rimasto più niente dei bei momenti passati. Lui, Draco, non valeva nemmeno più un insulto, uno schiaffo.
Non era più niente per lei.
Fece per tornare alla cattedra, deciso come non mai ad arrendersi. E un tocco rude all'incavo del braccio lo costrinse a fermarsi.
La bocca di Hermione era umida. Era morbida e si scioglieva contro la sua.
Il mondo cambiò colore e divenne nero – il cuore gli schizzò contro il petto come un forsennato.
Le braccia di lei gli premevano nel collo, il corpo contro il suo. Draco realizzò soltanto dopo qualche secondo quello che stava succedendo.
Ed era impossibile. Non poteva essere vero.
Ma la lingua di Hermione lo cercò con urgenza e il bacio divenne una lotta – una necessità.
La strinse contro di sé e assaporò ciò che non aveva mai dimenticato, il fiore che lui per primo aveva visto sbocciare, la delicatezza che diventa rude, quasi maleducata.
Le artigliò la schiena e il collo, le morse le labbra, affannato, come temendo che il momento potesse svanire senza lasciargli niente.
Era sempre stato così bello baciarla, stringerla, possedere almeno un po' di controllo su di lei. E lui ora l'aveva lì, davanti a sé, dentro di sé, contro di sé.
Non ci aveva più sperato. Ma perché lei lo aveva fatto?
Fu quella domanda a farlo scostare, riprendendo fiato, senza però lasciarle i capelli e la veste. La guardò con la vista annebbiata, come tornando al presente dopo anni di allontanamento. La mente confusa, Draco inciampò in ogni angolo del viso di Hermione.
Era persa, in un altro mondo. Disperata e pronta a tutto pur di liberarsi da ciò che aveva dentro. Draco era la sua ossessione e lei gli si era appena arresa, senza forze, tremante come un uragano.
Lui non aveva mai avuto intenzione di baciarla, quella sera. Non era giusto; avevano troppe cose di cui discutere. Ma ora lei era diventata padrona della situazione... era impazzita.
Draco si incatenò a quello sguardo intenso.
« Granger... »
Ma Hermione sollevò un dito e glielo portò sulle labbra. « Non voglio più parlare. » rivelò, affranta. « Non voglio più sentire ».
E premette le labbra su quelle di Draco, quasi singhiozzando, soffocando il suo stesso respiro.
La sottile oscurità della stanza era rassicurante – ed entrambi vi si abbandonarono come in un sogno, in balia del cuore tremante, dell'emozione unica e attesa.
Draco non riuscì a dire di no, anche se aveva mille motivi per farlo.
Era sbagliato. Era tutto un errore madornale.
Loro non dovevano baciarsi: dovevano essere lì ad urlarsi addosso come avevano sempre fatto, a tentare di comprendersi, a finirsi la voce a forza di complessi e domande irrisolte.
Ma non lì – non così.
Lei si sarebbe pentita di quel bacio, e lo avrebbe allontanato ancora di più, alzando il muro che già li divideva.
Hermione seguiva l'istinto, non l'amore per lui; lo baciava per sfogarsi, per prendersi una piccola rivincita, per diventare sorda a tutto il resto. Voleva lui, soltanto lui, il suo corpo, la sua agognata presenza. Gli si era abbandonata per disperazione e per orgoglio; baciandolo non stava accontentando lui, ma guadagnando qualcosa lei stessa.
Quei pensieri gli facevano venire voglia di mollarla lì e di scuoterla, costringendola a reagire come suo solito. Ma non ce la faceva.
Continuò a baciarla sempre più appassionatamente, abbracciandola così forte da sollevarla da terra.
Era felice.
Draco, forse per una delle poche volte della sua vita, si sentiva felice – nonostante si desse dell'idiota istante dopo istante.
In mezzo a quel bacio, tutto gli tornò alla mente, e tutto sembrò combaciare alla perfezione. Era esattamente quello, ciò da cui lui era fuggito.
Da quella sensazione che lo faceva morire e rinascere al tempo stesso.
Con Hermione Granger era così. Era terrorizzante. Era pauroso.
Solo lei lo aveva fatto sentire così debole, così stupido. Gli aveva regalato sentimenti puri e intatti che non aveva mai donato a nessuno prima d'ora.
Draco non era stato capace di accoglierli; l'aveva mollata. Si era liberato di lei e in un certo momento ne era stato pure contento, si era sentito come ricomposto di nuovo insieme, o qualcosa del genere. Si era sentito se stesso. E mai come tornare nella propria vecchia pelle gli aveva fatto comprendere, con sorpresa, di quanto ci fosse sempre stato male.
La vita precedente alla Granger non gli aveva mai donato nulla in confronto a ciò che sentiva adesso, nulla.
Lei era... più o meno, tutto.
E cazzo, si sarebbe pentito a vita di quel pensiero, ma almeno nella sua testa poteva ammetterlo. Le cose stavano così.
In quelle settimane era quasi morto senza di lei. Non era passato minuto in cui non si fosse dato del coglione per quello che le aveva fatto.
E aveva dato per scontato, ormai, di averla persa. Sì, aveva provato a parlarle, ma solo per non avere rimpianti, perché in fondo sapeva che non ci sarebbe stato niente da fare.
E invece no... evidentemente aveva sbagliato i calcoli.
Perché Hermione Granger lo stava baciando, e anche se era tutto sbagliato, anche se avrebbe preferito prima chiarire perché si fosse comportato in quel modo con lei, non riusciva in cuor suo a non ricambiarla.
Anche se di sicuro era matta, lunatica, imprevedibile ed esagerata, lui non riusciva a non essere pazzo di lei.
Draco la trasportò fino alla cattedra, sulla quale Hermione si lasciò andare seduta, senza mai abbandonare le labbra di lui.
Allargò le gambe e Draco vi si strinse al centro, una mano sulla coscia della ragazza, l'altra affondata nei suoi riccioli crespi e bruni.
Le pareti dell'aula di Astronomia riecheggiavano dei loro ansiti, sebbene non stessero facendo altro che baciarsi. Ma i loro baci erano qualcosa di... Draco non sapeva descriverli.
Avrebbe passato le giornate in quel modo, davvero. Non riusciva a staccarsi, a pensare.
Lei era tossica quando lo baciava. Lo stregava, e neppure lui riusciva a capire come. Era rilassante ed eccitante al tempo stesso – era sempre il primo bacio, per loro.
Poi Draco sentì le dita di Hermione adagiarsi sul suo petto, per poi cominciare a liberare i bottoni della camicia dalle asole.
Quel gesto lo eccitò ancora di più, ma lo riempì anche di terrore. Cosa stava facendo? Fin dove aveva intenzione di spingersi?
Avrebbe dovuto frenarla, domandarle una volta per tutte se stava giocando con lui oppure faceva sul serio. Ma quando arrivò alla fine e fece passare via la camicia dalle spalle di Draco, i dubbi sparirono.
Smise di baciarla e accostò la fronte a quella di Hermione, affannato, il terrore nelle vene.
« Cosa ti passa per la mente? »
Gli occhi scuri di lei erano un oceano di languida determinazione.
Lo odiava, ma ne era assuefatta – tutto ciò che voleva era perdersi in lui fino a non sentire più niente, nemmeno il dolore.
Non gli rispose, ma prese delicatamente le mani di Draco e gliele accostò sulla propria camicia. Lo stava invitando a spogliarla.
Adesso quello di Hermione era un volto senza lacrime, ma appannato di ribellione, di sensuale trasgressione.
Con sguardo deciso lo fissò fino ad intimidirlo, e lo baciò di nuovo, lasciando scorrere le dita fredde sulla sua schiena.
Draco rabbrividì e la strinse fino a farla gemere di sorpresa, spezzandole le forze, acconsentendo suo malgrado alla richiesta della ragazza. Le liberò tre bottoncini, ma quando le unghie di Hermione gli graffiarono la schiena, le fece saltare tutti gli altri con uno strappo deciso.
Affondò nel collo di lei, scostandole i capelli.
Non riusciva a dirle di no. Lui era il primo a volerla, a desiderarla.
La bramava da mesi ormai. E la loro prima volta, poco tempo prima, non era andata come speravano.
Eppure era stata quella l'occasione giusta; non adesso, non così, non con tutte quelle cose in sospeso. Lei gli stava facendo perdere la ragione, ma non abbastanza da eliminare le sue perplessità.
La Granger voleva davvero spingersi così in fondo? E lui cosa doveva fare? Resisterle o abbandonarsi?
Non trovò risposta; e intanto Hermione si inarcava contro di lui, sganciandogli velocemente la cintura.
Lo baciò con passione, con l'urgenza di chi non può farne a meno, con l'audacia di chi ne approfitta una volta per tutte per placare i propri istinti.
Lei non era mai stata così abbandonata, così poco controllata. Ma le piaceva.
Draco le baciò il collo e lasciò scorrere le mani sulla schiena liscia della ragazza, stuzzicandole il reggiseno. Lo liberò e questo ricadde pigramente a terra mentre Draco, l'eccitazione crescente, si chinava appena per baciare uno dei seni, lasciandovi scorrere la lingua.
Hermione trattenne il fiato e gli accarezzò i capelli. Gemette quando lui le afferrò un capezzolo tra i denti, e quando strinse i seni uno contro l'altro, baciando e succhiando entrambi.
Pensò che se la Granger non era stata sicura di quello che faceva, questo l'avrebbe sicuramente fatta rinsavire. E invece no.
Sollevò lo sguardo ed Hermione era avvampata – gli prese il viso e lo portò ancora verso di sé, mordendogli le labbra.
Draco rispose al bacio mentre la sollevava appena dalla cattedra per farle scivolare via la gonna. Anche questa ricadde sul pavimento, e poi fu il turno delle calze.
Quando finalmente accarezzò la coscia nuda della ragazza, tutto cambiò di sapore.
Ora restavano solo le mutandine. Ci erano arrivati.
E questo, anche se lo eccitava da morire, lo riempiva anche di incertezza.
Hermione era eccitata quanto lui – ma lo stava facendo perché davvero lo voleva, o soltanto per vendetta?
Ebbe, per la prima volta, l'impressione che se per Draco quella situazione rappresentava una riconciliazione, per Hermione era un addio.
Doveva essere quello il motivo per cui non aveva nemmeno desiderato una chiacchierata preliminare, un confronto su ciò che era accaduto.
Dava ormai per scontato che Draco non fosse quello giusto per lei.
Sapeva che con lui non ci sarebbe stato futuro.
Ecco perché si stava comportando in quel modo; ecco perché lo voleva così ardentemente.
Voleva realizzare finalmente il desiderio di annullarsi dentro di lui, di ottenerlo, di poter gustare il suo sapore.
Voleva dare un finale diverso perché quello scelto da Draco non era stato soddisfacente.
Voleva semplicemente provare quelle emozioni tutte insieme e lasciarsi andare alla deriva, per poi convivere con quel ricordo appagante e tormentoso per il resto della vita.
Quei pensieri, se possibile, lo fecero esitare sulla bocca di lei, le braccia lievemente irrigidite. Si sentiva usato.
La voleva, la voleva da morire, ma non così, non come atto finale di qualcosa che non aveva nemmeno un nome.
Non voleva che lei facesse finta di niente il giorno dopo. Non voleva essere il segreto peccaminoso della Granger.
Doveva dirle qualcosa; doveva trovare il coraggio che non aveva mai avuto. Ma cosa dirle? E come?
Si scontrò con gli occhi confusi di Hermione – lei ritentò di baciarlo, ma Draco non le rispose, il respiro ancora affannato e lo sguardo attento puntato sulla ragazza.
« Lo vuoi davvero? » le sussurrò pianissimo, sulle labbra.
Hermione stavolta non poteva esonerarsi dal rispondere; lo capì dalla sua faccia.
Tremando, affondò una mano nei capelli di Draco e deglutì. « Sì ».
« Mi hai perdonato? »
Era stato come gettare una bomba e aspettarsi che non esplodesse. Era troppo per lei.
Disorientata, Hermione aprì e chiuse la bocca varie volte senza emettere suono – gli occhi collerici, sfiniti, orgogliosi.
Draco indovinò che avrebbe preferito rivestirsi e andarsene piuttosto che rispondergli. E infatti lei fece un movimento strano; si mosse come di lato, ma Draco, che era pronto, la afferrò saldamente per i fianchi.
« Granger, sono stato un coglione. » le disse, tradendo una nota d'urgenza nella voce. « E lo sai che non so esattamente come... sbrigarmela, in queste situazioni. Dio... sono cambiato. Sto cambiando, » si corresse, « soltanto perché ho fatto un enorme sbaglio. E io di solito non sbaglio mai. Ma stavolta ho toppato. Vuoi sapere la verità? Pensavo che senza di te sarei stato meglio. Invece... invece... »
Si concesse un lungo sospiro, riprendendo fiato. Era una faticaccia.
Aprire il cuore era peggio che dover spostare una montagna.
E lui, a dire la verità, non era molto allenato. Si sentiva male; brividi di orrore gli scivolavano giù per la schiena.
Ma era pentito, e qualcosa doveva pur fare per redimersi.
Hermione, se non altro, non stava tentando più di scappare. Era lì quasi nuda, con quei lunghi capelli arruffati che le scendevano fino in vita, ed era insolitamente presente a se stessa, come se stesse succedendo qualcosa che non si era aspettata. Draco si fece forza.
« Insomma... hai capito, no? Non ti è bastato? »
« No » rispose subito lei, con un che di rancoroso nella voce.
Ovvio che no.
Distolse lo sguardo da lei, dandosi dell'idiota. Non ci riusciva; era inutile.
Lui non era quel tipo di ragazzo. Le romanticherie non facevano per lui. Nemmeno quelle necessarie, quelle che dovevano venire per forza nel tentare di riconciliarsi.
Ogni parola dolce equivaleva a un pezzettino di dignità che lo lasciava. Era troppo per lui. Era spacciato.
« Granger, io... io... »
Ma tacque quasi subito, la voce che gli moriva in gola. Si arrischiò a guardarla.
Hermione era sempre lì, silenziosa, con l'aria di chi non si aspettava niente di diverso. Era delusa.
Quella visione lo fece imbestialire. Il sangue gli schizzò al cervello – Draco le prese il viso tra le mani con troppa forza, costringendola a guardarlo.
« Parlami! » sbottò, « Dimmi qualcosa! »
Hermione già piangeva. « Cosa dovrei dirti? » singhiozzò, e gli afferrò i polsi cercando di divincolarsi. « Ti odio, Malfoy! Ti odio con tutta me stessa! »
« Scusa! » Draco non si lasciò allontanare, e anzi le arrivò a un soffio dal viso, disperato quasi quanto lei, contro il mondo, contro se stesso. « Mi dispiace! »
« Arrivi tardi! Non mi importa più niente! »
Le lacrime di lei gli scorrevano ormai sulle mani. « A me importa, invece. Non è lo stesso senza di te ».
Draco sentì quelle parole abbandonarlo – sollievo.
Hermione riuscì finalmente a liberarsi e rimase lì immobile, entrambe le mani a coprirsi il viso, la schiena scossa dai brividi. Non riuscì a impedirselo; la circondò con le braccia, restando lì immobile sopra di lei.
Il cuore gli batteva all'impazzata. Una scarica di adrenalina gli cavalcava nel petto.
« Non l'ho mai provato prima d'ora. » le sussurrò, la voce spezzata. « E'... disarmante. Ho avuto una paura fottuta di te, Granger. Ecco perché sono scappato. Ma adesso sono qui ».
Cadde il silenzio, interrotto di tanto in tanto dai leggeri singhiozzi di Hermione.
Draco sarebbe rimasto lì anche l'intera notte, in attesa che lei si calmasse. Non si scostò di un centimetro, le stette vicino osservando le lacrime che prendevano spazio tra le dita della ragazza.
Poi lei parve calmarsi. Prese qualche lungo respiro – sebbene non riuscisse a respirare bene – e alzò gli occhi umidi su di lui, stremati, intensi. Il suo sguardo diceva parole dolci e amare insieme.
« Sono innamorata di te ».
Draco la baciò.
Il cuore come impazzito, si lasciò stringere le spalle dalle braccia di Hermione – mai, in tutta la vita, avrebbe più provato qualcosa del genere.
Non pensava più a respirare, a dosare la forza. Parole che in passato l'avevano fatto inorridire, adesso, dette da lei, erano qualcosa di celestiale.
Lei era unica.
Scombussolato, senza osare crederle, la sollevò di nuovo, e con un braccio fece scivolare sul pavimento tutto il contenuto della cattedra. Libri e accessori vari franarono in un baccano non indifferente, ma nessuno dei due se ne curò.
Incollati, smaniosi l'uno della pelle dell'altra, si abbracciavano e stringevano come se l'aria stessa cercasse di dividerli, incoscienti, le bocche mezze sorridenti, la realtà divenuta sfocata.
Draco lasciò che Hermione gli sbottonasse i pantaloni e, arrampicandosi sulla cattedra, le si distese sopra accarezzandole il seno, il ventre, la pelle che scottava.
Si baciavano spezzandosi le forse a vicenda; talvolta Draco si allontanava un poco e non vedeva più tracce di lacrime sul viso di lei, ma un bagliore nuovo, una luce che prometteva serenità a lungo agognata. Non ci stava capendo più niente, ma andava benissimo così.
Infilò le dita nelle mutandine di Hermione e lei si rannicchiò contro di lui, ansimando contro la sua bocca.
Draco accostò la fronte a quella di lei – toccandola, esplorandola, frenandosi con tutte le sue forze.
Aveva già perso il controllo, ed erano soltanto all'inizio. Lei gli faceva quell'effetto.
Era bello vederla lì a labbra socchiuse, espressione di languido piacere. Si sentiva tremare lui stesso – era bellissima.
E l'avrebbe fatta sua.
Le tolse quell'ultimo indumento con una certa foga; con l'altra mano si abbassò i boxer e permise a quella timida e inesperta di Hermione di toccarlo, deliziandosi del rossore sul suo viso.
Rimase lì a gustare il piacere che lei gli provocava – ogni pensiero annullato, ogni parola taciuta, il sangue che correva nelle vene, il sudore che imperlava la fronte e la schiena.
Non aveva più controllo, non aveva più forze.
Hermione scivolò sul suo ventre e, trattenendo il respiro, ma senza mai staccare gli occhi da quelli di Draco, giocò con il suo membro fino ad appoggiarvi le labbra, e lui quasi sobbalzò dalla sorpresa. Disteso su quella tovaglia rossa, una mano affondata nei capelli della ragazza, chiuse gli occhi e non immaginò niente, se non lei.
Sempre più emozionato e incapace di trattenersi, la afferrò per la vita e, delicato, le si distese sopra.
Il contatto delle ginocchia con la superficie della cattedra era doloroso, la posizione scomoda, ma in un simile momento non gli importava.
Gli occhi di Hermione erano dentro i suoi e Draco pensò che non ci fosse nient'altro, in quel momento, a cui valesse la pena dedicarsi.
Era cambiato qualcosa, tra di loro.
Erano in una fase mai esplorata prima d'ora.
Adesso c'era qualcosa – se lo erano detti, c'erano state delle parole, delle frasi. Si stavano compromettendo.
Si erano dichiarati l'uno all'altra e adesso erano lì, a viversi.
Tutto era terrorizzante e perfetto allo stesso tempo.
Quello sarebbe stato il momento giusto per scappare a gambe levate. Ma lui, incredibilmente, non aveva nessuna voglia di farlo.
Baciò la guancia di Hermione e, con ogni millesimo di tatto di cui disponesse, fece aderire il membro alla pelle della ragazza – lei lo strinse ancora più forte, tesissima.
Era nervosa, notò Draco, ma leggermente meno della prima volta in cui avevano provato a farlo.
Cercando di rassicurarla baciandole le labbra, fece scivolare la punta all'interno di lei, puntellandosi sui gomiti, rigido e nervoso per il timore di farle male.
Hermione serrò le palpebre. Era il momento che aspettava da molto, troppo tempo.
E ci era arrivato davvero.
Nulla adesso contava – i litigi, i silenzi, la parola fine che entrambi avevano visto passare davanti agli occhi, le promesse non mantenute, il coraggio mancato.
Tutto, tutto quello che avevano passato insieme, adesso si riversava lì, negli occhi spalancati di Hermione.
Sarebbe stata sua. E Draco, spingendosi contro di lei, la fece sua.
Lei gli si aggrappò alla schiena, troppo debole per sopportarlo, troppo assuefatta da lui per potersene staccare.
Draco non la perse mai di vista, terrorizzato dal pensiero di poterle fare male. I suoi movimenti non erano mai stati così dolci, delicati – il corpo di Hermione era come vetro, per lui.
Cercò le sue labbra, e lei gli rispose come aggrappandosi alla sua unica salvezza, cominciando forse, con estrema lentezza, a godere della presenza di Draco dentro di lei.
Le spinte si fecero sempre più decise; Hermione gemeva di dolore e piacere insieme.
Lui la guardò interrogativo – se solo lei gli avesse chiesto di smettere, l'avrebbe accontentata.
Ma Hermione scosse la testa.
Con un debole sorriso incrociò le gambe sulla schiena di Draco, attirandolo verso di sé.
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The Theatre
FanfictionQuesta storia è di proprietà di Lylasly, autrice originale della storia presente sul sito di efpfanfic.net qui troverete il link della storia originale https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=590384&i=1 Draco/Hermione Ginny lasciò cadere il discorso...