23. The hardest part

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Il tormento, per alcuni, è una necessità,
un bisogno, un appetito, un compiacimento.

Emile M. Cioran


Trascorrere le serate in compagnia dei compiti era il sacro rituale di Hermione Granger da quasi sette anni scolastici. Seguendo più materie rispetto alla maggior parte dei compagni, spesso accadeva che gli interi pomeriggi passati in biblioteca non fossero affatto efficaci ad estinguere la sua mole vertiginosa di esercizi da svolgere, libri da leggere, testi da tradurre, temi da scrivere e pozioni da sperimentare.
Non che qualcuno la invidiasse, ovviamente. I Grifondoro si erano ormai del tutto abituati alla vista di Hermione che dopo cena, portandosi appresso la sua borsa straripante di libri le cui cuciture scricchiolavano sinistre ad ogni passo, come nella minaccia di far esplodere carta e inchiostro e penne affilate in faccia a tutti i presenti, saliva su per il dormitorio femminile con l'espressione schizofrenica di chi avrebbe trascorso l'intera nottata con il naso appiccicato al dorso del suo tomo più corposo. Il fatto che Hermione potesse essere anche solo lontanamente felice di una simile, angosciosa esistenza, non sfiorava mai la coscienza di nessuno dei suoi compagni, i quali si erano ormai da tempo rassegnati alle sue stramberie da studentessa modello. Nessuno di loro si premurava di indagare, né di dedicarle attenzioni che prevedessero qualcosa in più dell'ironico cenno della testa che accompagnava ogni passaggio della ragazza.
Per loro Hermione Granger era così e basta. Quella che respirava libri giorno e notte, dai capelli accartocciati come pergamene e le boccette d'inchiostro di riserva sempre ficcate nelle tasche. Quella che non apriva bocca se non per mormorare tra sé mentre studiava.
Quei riccioli arruffati che, catturando il chiarore dorato delle candele indebolite, lì lì per spegnersi e affogare nel lago di cera, emergevano dal muro imponente di libri che aveva costruito proprio di fronte a sé in una solida barriera posta tra lei e gli altri.

Quella sera, tra parole ancora fresche di inchiostro e dizionari spalancati sulle coperte, Hermione non poté impedirsi di pensare a quanto le cose fossero cambiate, e continuassero inesorabili a farlo. Immaginò i tempi felici – le serate spese sui divani della sala comune, i libri sparpagliati dappertutto, le richieste supplichevoli di Ron nel farsi aiutare, la testa sporgente di Harry che tentava in tutti i modi di copiarle i compiti.
Inizialmente, il fatto che lei e Ron stessero insieme aveva reso Harry molto restio a trascorrere troppo tempo con loro; probabilmente aveva temuto slanci di improvvise effusioni, occhiate appassionate, paroline tanto affettuose da metterlo in imbarazzo. Ciononostante, una volta appurato di non trovarsi a che fare con una coppia di esseri umani normali, Harry aveva ricominciato ad accettare la loro compagnia di buon grado – del tutto incurante dei frequenti silenzi in cui Hermione teneva il muso a Ron perché non era affettuoso con lei, e lui le teneva il muso perché si sentiva tenuto il muso a sua volta.
Con gli episodi derivati dalla festa di compleanno di Hermione, poi, il clima si era fatto ancora più teso. Lei e Ron non si rivolgevano praticamente più la parola; lei metteva il naso all'aria ogni volta che si trovava nelle vicinanze, e lui, di rimando, si copriva di chiazze rossastre. Harry aveva tentato un paio di volte di avvicinare Hermione, ma la Grifondoro si era rivelata inflessibile anche con lui; suggerendogli caldamente di assicurarsi quale fosse la parte lesa delle due fazioni, aveva acquietato i suoi impacciati borbottii sulla buona fede di Ron mollandogli tra le braccia una pila insostenibile di libri da riportare in biblioteca.
Hermione corresse una frase del suo tema con aria stanca. In verità il settimo anno si stava rivelando un osso più duro di quel che si era aspettata.
Aveva pensato che viverlo con Ron l'avrebbe aiutata a rasserenarsi, a vivere meno drammi; invece la situazione con lui era già al capolinea, e il contributo di Malfoy in tutta la vicenda di certo non l'aiutava a vedere le cose con più chiarezza.
Era trascorso qualche giorno dall'ultima volta in cui si erano visti, e il "Domani" di Malfoy continuava a protrarsi senza che nessuno dei due avesse ancora contattato l'altro per farlo accadere. Lo riguardava andarsene da quell'aula sbattendo la porta, il volto paonazzo di irritazione, il copione afferrato in una morsa graffiante; e oltre al vergognoso, imbarazzante rimando all'incidente accaduto nel corridoio la sera del suo compleanno, adesso nei suoi ricordi si mischiava il nervosismo di Malfoy nello stare in sua presenza, la ritrosia nel darle semplicemente la mano, tendersi verso di lei, catturarla, toccarla.
Sì bloccò per un attimo, assorta, gli occhi persi sulla propria calligrafia spigolosa. Poi scosse la testa, indispettita, e si rimise subito a scrivere.
In quel momento Ginny fece il suo ingresso nel dormitorio. Aveva un sorriso compiaciuto stampato in faccia; allo sguardo interrogativo che le lanciò Hermione, però, si affrettò a nasconderlo. Si diresse in fretta verso l'armadio. « Ancora sui libri? » domandò candidamente, estraendo il mantello scolastico.
Hermione, la penna d'aquila a sfiorare la carta, continuò a fissarla. « Stai andando da qualche parte? »
L'altra si bloccò nell'infilarsi il mantello. Era come impietrita. « Bè... »
Ginny si prese tempo allacciandosi gli ultimi bottoni della divisa. Soltanto dopo aver lanciato un'occhiata allo specchio, si volse verso Hermione con un sorriso a metà tra il colpevole e l'esasperato.
« So che non approverai, » disse, « quindi ti risparmio di conoscere i dettagli del mio misfatto ».
Hermione, ancora distesa sul letto e il volto a malapena visibile dalle innumerevoli pile di libri traballanti, si fece severa. « Ginny, tra dieci minuti scatta il coprifuoco! » Sbottò incredula. « Non avrai per caso intenzione di... »
« Oh, tu non puoi capire. » Compassionevole, Ginny si sedette sulla sponda del letto di Hermione; una pila di libri franò sul pavimento. « Lui è affascinante ».
« Lui chi? » Indagò Hermione sospettosa.
Ginny parve farsi coraggio. « Zabini. » Annunciò. « E' intrigante, sai. E in più mi ha dato l'impressione di essere abbastanza maturo ».
Hermione non avrebbe potuto sentire niente di peggio. Si rizzò velocemente a sedere, il tema abbandonato sulle lenzuola e l'aria allucinata. « Zabini ».
« Sì, Zabini. » Ripeté Ginny, calcando su quel nome con voluto sarcasmo. « Andiamo, non fare quella faccia. Giocheremo soltanto una partita a carte ».
« Una partita a carte? » Riecheggiò Hermione, gli occhi spalancati. « Ginny, non vorrai andare... »
« Nella sua sala comune, esatto. » Completò l'altra, confermando l'incubo peggiore di Hermione. « E' lì che mi ha dato appuntamento, e in effetti lo trovo corretto. L'ultima volta lui ha giocato nella nostra torre ».
« Ma... ma... » Hermione era così scandalizzata che la voce le si soffocava in gola, « Tu non puoi assolutamente andare a Serpeverde. Trovo del tutto sconsigliata l'idea di infrangere il coprifuoco – per non parlare dell'introdursi nelle sale comune altrui, il giocare d'azzardo e l'incontrarsi con tipi del genere! »
Ginny ridacchiò. « Tipi del genere? D'accordo, non è Ron, ma non è neanche un criminale ».
« Cosa c'entra Ron? » soffiò Hermione d'istinto, piccata.
« E' anche a causa sua se stenti a sopportare che un ragazzo beva qualcosa in più della Burrobirra. » Ginny roteò gli occhi al cielo. « Ron è un caso a parte. Il suo migliore amico è tranquillissimo, è logico che non sia portato come gli altri a compiere malefatte o a lasciarsi andare. Ron è l'eccezione, non la regola. » Affermò con decisione. « E non trovo affatto strano che un ragazzo della nostra età possa ubriacarsi o divertirsi nello scommettere a carte. Anzi, sarei portata a preoccuparmi se non lo facesse ».
Hermione scosse con vigore la testa. « Stai cercando di razionalizzare comportamenti del tutto scorretti ».
« E tu come al solito ti dimostri la degna erede della McGranitt. » Sorrise Ginny con una punta di esasperazione. « Scommetto che è stata lei a proporti come Caposcuola ».
Hermione si rintanò in un silenzio offeso. La pungente ironia di Ginny non era niente in confronto all'alcova di perfidia e ostilità in cui l'altra aveva intenzione di addentrarsi. La immaginò laggiù, da sola, alla mercé di decine e decine di Serpeverde che la disprezzavano in quanto traditrice del suo sangue. Non poteva permettere che accadesse.
« Te lo ripeto, » puntualizzò, « trovo del tutto sconsiderata da parte tua l'intenzione di andarci. I Serpeverde sono privi di qualsiasi scrupolo. Perché diavolo te e Zabini non vi incontrate in una semplice aula? »
« Perché lui mi ha chiesto di raggiungerlo in sala comune, e io non sono così codarda da tirarmi indietro. » Osservò Ginny con dignità. « E tra parentesi, come sto tentando di spiegarti, i Serpeverde non sono tutti uguali. Credo di avere abbastanza buonsenso da sapere che non potrà accadermi niente di grave ».
Hermione trattenne il fiato. Non poteva credere che Ginny fosse così sconsideratamente ingenua. Decise in un lampo di imboccare la pista più adatta ad un'emergenza di quel genere.
« Sono una Caposcuola. » Disse con voce ferma. « Il mio compito è quello di impedire che si verifichino cose di questo tipo. In poche ore andresti ad infrangere almeno cinque regole scolastiche! Sai che non posso permetterlo, e non starò a guardare. Se davvero ci andrai, » sospirò Hermione, « ti denuncerò ai professori ».
« Allora fallo. » Imperturbabile, Ginny si alzò dal letto. « Coraggio, va' dalla McGranitt e avvertila. Non sono una bambina, Hermione, so come evitare i guai ».
L'altra la guardò senza parole, la schiena irrigidita. « Ginny, non mi costringere a... »
« Non mi importa niente di ciò che farai. » La voce di Ginny traboccava di ribellione. « Toglimi tutti i punti che vuoi. Mettimi in castigo. Piazza una bomba nella sala comune dei Serpeverde, se proprio ci tieni. Sei sempre stata troppo drastica, e tutto perché non hai alcun tipo di esperienza. Senza offesa, ma qui siamo ai limiti del comico. » Continuò, impaziente. « Disapprovi cose che nemmeno ti dai la pena di conoscere, hai questa continua... inclinazione a metterti nei panni della maestrina che sa perfettamente cosa sia meglio per tutti gli altri. Il fatto che tu non abbia compiuto le tue esperienze, Hermione, non significa che non debba farlo io ».
Fu come se una folata di vento gelido l'avesse colpita in pieno viso. Hermione sentì il viso incendiarsi; l'aria si era fatta tanto compatta da impedirle di respirare. Ed ecco che il vortice aveva cominciato a ruotare, la stanza sbiadita, voci e ricordi che andavano a sovrapporsi gli uni con gli altri - libri polverosi, pagine sfogliate, macchie d'inchiostro sulla carta - il buio del suo dormitorio, il silenzio perfetto in cui amava rintanarsi - le risate di Calì e Lavanda, la voce di Ginny che la invitava dolcemente a staccarsi da quelle pergamene, da quel letto, da quella vita - il distratto sollevare la testa oltre le pile di libri dietro le quali amava rintanarsi - cercare di distinguere Ron tra gli altri, incrociare il suo sguardo e aspettare, aspettare, aspettare - vedersi scorrere davanti fiumi di vite incomprensibili, di cui non sarebbe mai entrata a far parte - continuando ad aspettare, e aspettare, e aspettare - acqua troppo veloce da dominare, troppo profonda, troppo diversa.
Hermione si portò meccanicamente le mani al volto. Vecchia, antica studentessa, pensò. E la sua giovinezza occupata da uno spirito consumato, inaridito.
« Bè... non volevo essere così dura. » Ginny la fissava, immobile, dal centro della stanza. Il suo sguardo solitamente deciso stavolta inciampava su ogni tratto di Hermione, fissandolo con accortezza. « Mi dispiace. » soffiò infine.
Hermione non rispose. Contemplava le coperte come se niente le fosse stato detto, e nessun tornado avesse gettato le parole di Ginny tutt'intorno, all'improvviso, così violentemente da riecheggiare ancora incessanti sulle pareti. Le venne in mente Malfoy, e pensò a lui, in quel breve attimo di silenzio - alla sua inopportuna sincerità, al modo sbagliato che aveva di dirle le cose, le pugnalate di cattiveria che continuava ad infliggerle sogghignando, come se non ne avesse mai abbastanza. Quei ricordi le fecero meno male di quel che si era aspettata.
Era come se non riuscisse a sentire più niente.
« Hermione... »
« Sì? » La sua voce era sorprendentemente limpida.
« E' solo... sai bene come sono fatta. » Ginny si piantò le mani sui fianchi, nervosa. « Non riesco a tenermi dentro niente; esplodo. E' più forte di me. E io... Morgana, mi sento così in gabbia ».
Ti capisco.
« Non preoccuparti. » Rispose tranquillamente Hermione, ancora con gli occhi incollati alle proprie dita che si intrecciavano. « Credo che tu abbia ragione, forse ».
Lo disse in tono esitante, come se le parole continuassero a riscenderle giù per la gola. Il suo cervello non era altro che un intreccio indefinito di sensazioni invisibili - impossibili da decifrare. Si sentiva molto più calma di come avrebbe mai potuto aspettarsi. E subito dopo Ginny le si sedette accanto.
« Parlamene. » La sentì dire, nel suo usuale tono fermo. « Sei sempre così... impostata. Forse non comprendi il mio punto di vista, ma io ho davvero bisogno di andare laggiù. » Insistette, in tono più vivace. « Fa parte di me. Voglio mettermi alla prova, divertirmi. Fare pazzie. Provare emozioni sempre diverse ».
« Sarebbe accettabile se facessi pazzie evitando di infrangere metà regolamento scolastico » frecciò Hermione d'istinto, massaggiandosi stancamente le palpebre.
« Detto da una il cui massimo grado di divertimento è portarsi avanti con gli esercizi di Aritmanzia... » Commentò Ginny con un sorriso, e si alzò in fretta, lisciandosi le pieghe della gonna. « Hermione, devi vedere con i tuoi occhi. Provare queste cose sulla pelle. » La fissò con entusiasmo. « Vieni con me ».
Hermione sobbalzò così violentemente da rischiare di cadere dal letto. « Cosa? »
« Così potresti tenerli tutti d'occhio. » Propose Ginny con convinzione. « Non potranno avere comportamenti inadeguati con una Caposcuola presente. Soltanto per il tempo di una partita. Durerà poco, davvero. Sono certa che comunque non ti annoierai, ci sarà anche Malfoy ».
« Cosa dovrebbe significare per me il fatto che ci sia anche Malfoy? » Sbottò Hermione caustica, avvampando. « Trovo l'idea in sé terribilmente sconveniente. Io non metterò mai più piede in quella sala comune; l'ho fatto una volta sotto il Mantello dell'Invisibilità e sono meno ansiosa che mai di ripetere l'esperienza ».
Ginny le scoccò un'occhiata snervata. « Hermione, lo stai rifacendo ».
« Prego? »
« Senti, » tentò Ginny con un sospiro, « non potresti provare, per cinque secondi, a staccare la spina del cervello? Non intendo ascoltare altre obiezioni, spiacente. Quindi risparmia il fiato, fatti venire in mente le repliche più sfibranti del tuo repertorio, e rintontisci Malfoy quando saremo arrivate. Non posso certo essere la sola ad averti sopportata ».
E senza attendere altro, ovvero la replica sfibrante che Hermione aveva già bell'e pronta sulla punta della lingua, Ginny l'afferrò per la mano e l'alzò di forza dal letto. Lei ebbe appena il tempo di scoccare uno sguardo triste al suo tema incompiuto abbandonato sul letto, che già si ritrovava a scendere a rotta di collo le scale.
« Ginny, non correre! »
« Perché, la vecchiaia comincia a darti problemi? » insinuò Ginny ironica, e scoppiò a ridere - perfino Hermione sentì aprire un sorriso divertito, che però si congelò sul volto quando si trovò faccia a faccia con Ron.
Ginny si arrestò, mollando la manica di Hermione. Ron parve sollevato di vederle.
« Hermione, posso parlar... »
« No, non puoi. » Rispose Ginny tagliente, e riprese a trascinare Hermione. « Sta andando dal suo nuovo ragazzo ».
Ron sgranò gli occhi; Harry, che osservava la scena dal camino, affondò esasperato il volto nella mano aperta. Hermione, boccheggiante ed esterrefatta, fu catapultata da Ginny dritta oltre al buco del ritratto.
« Ma cosa ti è saltato in mente? » Sbottò, approfittando della prima occasione per scagliarsi su di lei.
Ginny si limitò a fare spallucce, noncurante. « Bè, è vero, no? Malfoy non è il tuo... »
« Finto fidanzato. » Hermione era affranta. « Finto. E' stato davvero fuori luogo far credere a Ron che... »
« Andiamo, la mia è stata una buona azione. » Ginny tornò a guardare Hermione con un gran sorriso. « Abbiamo instaurato nel misero cervellino di mio fratello un dubbio di dimensioni cosmiche. Il fatto che tu possa averlo tradito porterà delle vitali conseguenze; nella migliore delle ipotesi, Ron si ingelosirà e tenterà di riprenderti. Nella peggiore, bè, si scoprirà indifferente e vi lascerete una volta per tutte. Capita a chiunque, almeno una volta nella vita. » Prese un'aria del tutto casuale. « Comunque sia, fidati, un tipo come lui è meglio perderlo che trovarlo ».
E senza attendere risposta, Ginny afferrò ancora Hermione per la veste e prese a trascinarla giù per la scalinata.

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