34. Butterflies and hurricanes

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Il modo migliore per venirne fuori è sempre buttarsi dentro.
Robert Lee Frost

Quel mattino il sotterraneo straripava di caldo a dir poco asfissiante. Torbidi vapori si addensavano nell'aria, verso il soffitto, abbandonando il rifugio dei calderoni che ribollivano pigri sui banchi; e bolle dense e colorate, vivaci, continuavano a saltar fuori dagli orli di peltro, una dopo l'altra, come a volerli imitare. Dalla cattedra, il professor Piton appariva più intimidatorio e ostile che mai. Gli occhi lacrimanti per gli strani fumi che il calderone di Goyle mandava nella sua direzione, l'unica soddisfacente occupazione che lo distoglieva dai propri, frequenti colpi di tosse, era il sottrarre cinque punti a Grifondoro quando gli sembrava che Seamus e Dean ridessero di lui. Quei due se ne stavano in disparte, sorridendo sotto i baffi, nella metà dell'aula occupata dai Grifondoro. I Serpeverde si erano ammassati nella parte restante del sotterraneo; rasenti alle pareti come temendo di contrarre una malattia contagiosa, sembravano soltanto dispiaciuti che tutto quel denso vapore impedisse loro di scoccare alla fazione opposta la consueta dose di occhiatacce. Se quell'aria pesante aveva portato un vantaggio, infatti, era che per la prima volta i battibecchi erano del tutto assenti, e le frecciatine più rade del solito; il brusio consisteva soltanto in sbuffi frequenti di caldo e tedio. Ogni studente si era privato del mantello e continuava a portarsi indietro i capelli, la fronte imperlata di sudore.
Draco Malfoy finì proprio in quel momento di arrotolarsi sugli avambracci le maniche della camicia. Un grosso calderone gli scoppiettava di fronte. Diede un'occhiata al libro di testo, la copertina in bilico su una fragile fila di boccette vuote; poi soffiò e si tirò indietro, avvertendo gli occhi bruciare nel solo tentativo di decifrare quelle righe in mezzo alla nebbia colorata. Afferrò un pugno di rosmarino dal tavolo di Blaise e lo gettò nel paiolo senza pensarci troppo.
Da rosso acceso, la pozione assunse una sfumatura violetta. Blaise, sporgendosi appena, osservò il contenuto con la fronte aggrottata. « Ancora non vuoi dirmi cosa diavolo stai combinando, vero? »
Draco, il naso all'aria, fece bellamente finta di non averlo sentito. Ancora artigliato al mestolo che rigirava impazientemente nel calderone, si chinò di nuovo verso la pagina del libro. Rimase a fissarlo per qualche istante; poi sgranò gli occhi. « Dannazione... c'era scritto un ramo di rosmarino, non un pugno! Pensi che ci sia molta differenza? » Assottigliò gli occhi e guardò il calderone con aria critica. « Oh, bè, chi se ne frega » borbottò, e riprese a mescolare.
Blaise continuava a fissarlo senza capire. Poi sventolò una mano per aria, scansando un po' di vapore, ed ebbe piena vista sul libro di Pozioni del compagno. « Ehi, sbaglio o sei sulla pagina degli antidoti? »
« Sbagli » tagliò corto Draco, chiudendo il libro con così tanta violenza da spingere la fiamma accesa verso l'uniforme di Theodore. Questa prese fuoco; Nott strillò e ci batté le mani, saltellando, finché Pansy non estrasse velocemente la bacchetta.
« Aguamenti. » Disse, e una cascata d'acqua gli piovve addosso. « Che razza di idioti ».
Scuotendo la testa, Pansy reintascò la bacchetta. L'uniforme di Theo fumacchiava odore di bruciato. Si volse scandalizzato verso Draco; questo, con aria vaga, si era già affrettato a rimescolare il proprio calderone.
« Potevi uccidermi, lo sai? » esalò Theo, i capelli fradici appiccicati al viso.
« Non ti avrei mai ucciso. » Draco imbastì un'aria angelica. « Mi servi per controllare la pozione. Torno tra poco ».
Gli piazzò il mestolo in mano e, con assoluta nonchalance, schivò i tavoli di Serpeverde tagliando il vapore soffocante con ampie bracciate. Il sudore sembrava grondargli dai vestiti, tanto era accaldato. L'armadietto delle scorte era a malapena visibile dai molteplici strati di fumo; Draco vi si diresse a grosse falcate, nervoso, quando scorse Potter accovacciato sul pavimento, intento a rovistare proprio nell'ultimo scaffale. Aveva il capo ficcato nello scomparto. Il Serpeverde lo osservò per qualche momento con grande interesse; la tentazione era troppo grossa per poterla reprimere. Avvicinandosi, Draco lo urtò e riuscì a fargli perdere l'equilibrio; questo dondolò e cadde sul pavimento con un gemito soffocato.
« Che sbadato. » Disse Draco, la voce strascicata che traboccava di divertimento. « Non guardo mai dove metto i piedi ».
Si mise a rimirare uno scaffale a caso, godendo dello sguardo di puro odio che, ne era certo, Potter gli stava indirizzando dal basso; finché con la coda dell'occhio non lo vide rialzarsi, ma aiutato da qualcun altro.
« Lascia perdere, Harry. Sai bene che lui non ne vale la pena ».
Draco, sorpreso, si volse di scatto. Non solo Potter non gli stava dedicando la minima attenzione, ma nemmeno la Granger; in punta di piedi e le braccia sporte verso alcune scatoline di ingredienti, aveva le labbra strette e l'aria torva di chi non vede l'ora di togliersi da lì.
Draco distolse subito lo sguardo, imbronciato. Detestava essere ignorato. Avrebbe voluto sputare qualcosa di velenoso, farli arrabbiare davvero, tutti e due; ma c'era qualcosa che, in un modo o nell'altro, lo frenava. Un groppo in gola, quasi. Rimase fermo e silenzioso, gli occhi fissi su nomi di ingredienti che nemmeno conosceva. Poi Potter si allontanò verso il tavolo, e la Granger prese a sbuffare mentre rovistava tra le scatolette. Era un momento strano. Draco non riusciva a capirne il motivo. Si sentiva impacciato e sapeva che anche lei era assalita dalla stessa identica sensazione. Si domandò se fosse il caso di dire qualcosa – qualsiasi cosa, bastava rompere il ghiaccio. Ma Hermione lo precedette; gli si accostò con aria snervata.
« Scusa, mi serve l'Artemisia ».
Draco la guardò. I capelli ancora più crespi del solito, un cespuglio enorme che le traballava sopra la testa. E le braccia incrociate, strette al petto, come ogni volta che parlava con lui. La sua espressione tradiva una grande mancanza di sopportazione. Draco non si spostò subito, ma lasciò che battesse impazientemente un piede sul pavimento, e poi che sbuffasse ancora; non gli era piaciuto affatto quel tono indisponente. Tuttavia Hermione, brusca, lo spintonò con una decisa presa sul braccio e si abbassò ancora sugli scaffali. Draco rimase lì dov'era, oltraggiato.
« Granger ».
« Malfoy » rispose Hermione fredda, senza nemmeno guardarlo.
« Granger ».
« Sì, Malfoy ».
« Granger, sei insopportabile. Dico davvero. Quando fai così, io... » la fissò dall'alto, la voce soffocata, « odio le donne. Sì, vi odio tutte quante! Salazar, vorrei essere nato gay ».
Si scostò di nuovo i capelli dalla fronte, stremato, rimanendo lì in mezzo al vapore. Dio, se la detestava. Odiava ogni centimetro di quella faccia altera e impertinente che gli riservava. La sua indifferenza gli dava sui nervi. A volte avrebbe voluto semplicemente urlarle in faccia, costringerla ad ascoltarlo. Cosa le avrebbe detto, Draco nemmeno lo sapeva. Ma le parole forse sarebbero venute fuori da sole. Forse, forse...
« Quando faccio così? » Hermione si era rimessa in piedi, tre scatoline in bilico tra le braccia. « Dovrei forse essere deliziata dalla continua strafottenza e maleducazione con cui tratti tutti gli altri? »
Draco sostenne il suo sguardo indignato. « Che assurdità è questa? Io sono perfetto così ».
Hermione sbatté le palpebre. Sembrava non credere alle proprie orecchie. Draco, dal canto suo, era completamente fiero di sé; non aveva detto nulla di così strano. Perché lo stava guardando in quel modo? Magari era meglio distrarla. « Hai qualche materia importante dopo, Granger? »
Lei traballò un po' sulle gambe, come colta di sorpresa, e spalancò leggermente gli occhi. « Cura delle Creature Magiche » borbottò.
« Anche io. » Rispose Draco. « Non potremmo, invece... bè, rimanere qui? »
« Qui a fare cosa? » Sbottò Hermione, accigliata. « Malfoy, io non salterò una lezione ».
Draco la inchiodò con un'occhiataccia. « Voglio soltanto parlare ».
« La discussione di ieri è stata più che sufficiente. » Tagliò corto Hermione, distogliendo lo sguardo. « Lasciami in pace ».
Se ne andò via prima ancora che lui avesse potuto aprir bocca per risponderle, inghiottita da quei vapori nell'arco di due secondi netti. Draco scagliò un calcio a uno scatolone vuoto che stava in mezzo al pavimento, poi si diresse al suo tavolo con le braccia strapiene di ingredienti che nemmeno conosceva. Vipera. La Granger gli aveva praticamente guastato la giornata. E quante parole gli aveva detto, venti, trenta? Quei continui capricci erano qualcosa di assurdo. Poteva davvero essere la stessa ragazza che a Halloween aveva risposto al suo bacio con così tanta semplicità? Quella che aveva riso così allegramente, lasciandosi cadere nell'erba, i vestiti strappati e i capelli pieni di rami?
Lasciami in pace.
Come osava quella Mezzosangue rifiutarsi di stare in sua compagnia? Perché aveva ricominciato a respingerlo, a comportarsi come se lui, Draco Malfoy, non fosse nemmeno lontanamente degno di intrattenere una conversazione con lei? Il mondo doveva essere impazzito, non c'era altra spiegazione.
Urtò una sedia mentre raggiungeva il suo tavolo, e sbatté le scatoline con tanta violenza da far traboccare il liquido violetto del suo calderone. Questo colava giù per il paiolo, gocciolando sulla superficie del tavolo; Draco lanciò un'occhiata all'interno e inorridì.
« Theo, ti avevo detto di sorvegliarlo! » abbaiò, agguantando il mestolo e cominciando a spalare la pozione, che si era raggrumata sul fondo.
Ma Theodore era alle prese con problemi ben più grossi. La sua pozione rosa brillante aveva preso a sprigionare una miriade di cuoricini di vapore, e lui tentava di farli sparire battendoci le mani sopra. Lanciava frequenti occhiate spaventate all'indirizzo di Daphne, che fortunatamente, poco più in là, non lo degnava di uno sguardo.
« Ma quello non è un filtro d'amore? » domandò ingenuamente Blaise, e Nott, atterrito, gli pestò un piede.
« Silenzio! » Gemette. « Se quella se ne accorge, è la volta buona che mi fa fuori ».
Draco, intanto, osservava depresso i residui della propria pozione. Puzzavano di pesce muffito.
« Vuoi dire che la userai su di lei? » Blaise si rivolse a Theo, sorpreso. « Andiamo... »
« Senti. » Con aria estremamente grave, Theodore sventolò le braccia sui cuoricini che continuavano a svolazzare fuori dal calderone. « L'Amortentia rende amabili, no? Lei mi vorrebbe bene come una persona normale, senza odiarmi in contemporanea. Lo sapete che è matta da legare. Non potrebbe in alcun modo peggiorare ».
« Se lo dici tu » commentò Blaise con un sorrisetto, sfogliando distratto il libro di Pozioni.
Draco intanto aveva riaperto il suo, tossendo. Forse poteva ancora rimediare a quel disastro. All'antidoto servivano tre petali di crisantemo. Quelli della campanula avrebbero fatto lo stesso effetto? Indeciso, Draco fissò la scatolina appena aperta. Scrollò le spalle e la rovesciò dentro al calderone; questo cominciò a spruzzare scintille dorate.
« Non che me ne intenda, » disse una voce sarcastica, « ma dubito che quell'intruglio sia utile al suo scopo ».
Draco incrociò lo sguardo divertito di Pansy che, sfilando accanto a loro, rubò la bilancia d'ottone dal tavolo di Blaise e fuggì alla propria postazione. Questo, quando se ne accorse un attimo dopo, aprì la bocca per dir qualcosa, ma un attimo di riflessione lo indusse a richiuderla e a fare finta di niente. Draco non se ne stupì; quei due non si rivolgevano la parola da Halloween.
« Nemmeno i tuoi giochetti sono utili al loro scopo, Parkinson. » Sibilò, sporgendosi appena verso la compagna. « Blaise non ti fila ».
« Oh, tu sei l'esperto, ormai. » Ribatté Pansy acidamente, lanciandogli un'occhiata. « Sbaglio o poco fa la Granger ti ha piantato di nuovo? »
Draco, scandalizzato, la guardò con occhi e bocca spalancati. Pansy sorrideva angelica. Cos'aveva pensato un attimo prima? Ah, già: odiava le donne.
« Cosa fai, mi spii? » Buttò lì, di malumore. « Non è che la tua cottarella per Blaise è una copertura, e sono io quello che ti piace? »
Lei ghignò di nuovo. « Sicuro. Sono davvero disperata, infatti; non riuscirò mai a reggere il confronto con la Granger... »
« Ascolta, non potresti smetterla? » Draco la fissò truce. « Parli... Dio, come se quella fosse la futura donna della mia vita. E' una cosa momentanea. Rinsavirò, un giorno o l'altro».
Tacque, ritirandosi in un silenzio offeso, ma Pansy ridacchiò come se lo giudicasse un semplice bambinetto intestardito. Draco sentiva i nervi bruciare a fior di pelle; odiava quella stupida situazione con la Granger, il fatto che una ragazza lo rifiutasse, che addirittura non volesse stare in sua compagnia.
Sentiva di essere trattato ingiustamente, quasi come se la Mezzosangue lo avesse infilzato con una spada e poi lasciato a marcire in completa solitudine. E d'altra parte, da quando lui si sentiva irritato per il fatto che una ragazza prendesse le distanze? Non era sempre stato Draco a cacciarle via, a rifiutarle nei suoi modi sgarbati? Le donne andavano mantenute ad una certa distanza, alla larga; bastava dare loro una sottile speranza ed eccole attaccate come ventose, già affezionate, innamorate. Ma la Granger...
Draco continuò a mescolare febbrilmente la pozione. Doveva essere impazzito, non c'era altra ragione. Non era la Mezzosangue ad essere matta; era lui. Perché diavolo voleva parlarle? Perché si sentiva ferito senza un motivo preciso? Lei non era da biasimare; era logico che non volesse alcun contatto. Erano pur sempre Draco Malfoy e Hermione Granger. Non sarebbero mai potuti andare d'accordo. Purosangue, Mezzosangue; patrizio, plebea; divinità scesa dal cielo, spaventapasseri con i capelli crespi. Non coincideva niente. Al diavolo.
« Ehm, la tua pozione sta piangendo » lo raggiunse la voce di Blaise.
Draco sbatté le palpebre. Il contenuto del calderone si dimenava in onde dense di scintille elettriche e grumi rappresi; l'odore e il colore erano nauseabondi, e un ululato basso e disperato fuoriusciva dal suo interno.
Serrando la mascella, Draco fece Evanescere il suo antidoto con un colpo di bacchetta.

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