38. Undisclosed desires

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La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca.
Baltasar G. Morales

La pazzia era l'argomento per eccellenza attorno al quale stava cominciando a ruotare la vita di Draco Malfoy. Checché se ne potesse pensare, il diretto interessato non aveva mai avuto il garbo di preoccuparsi troppo di quest'ultima presenza fastidiosa che mirava a stuzzicare le sue giornate; erano gli altri ad essere matti, non lui, e con questo la questione poteva considerarsi chiusa. Non c'era infatti mai stata verità più assoluta: di certo un sano di mente come l'acuto e brillante rampollo dei Malfoy non si sarebbe mai macchiato di atti umilianti per una ragazza, né avrebbe – giammai! - rinunciato a una buona parte della sua dignità maschile in onore della conversazione.
O almeno, di questo era stato certo fino al giorno prima.

Sembrava che per la popolazione di Hogwarts non potesse esservi pace.
Dopo i succosi scoop rilasciati almeno una settimana prima, i quali vedevano l'accoppiata del secolo scambiarsi effusioni ad un festino e l'Eroe del Mondo Magico coinvolto in situazioni quantomeno imbarazzanti, la confusione non si era ancora del tutto placata. Oltre alle nuove misure di sorveglianza adottate dai professori – le quali prevedevano, a quanto si diceva, armature assassine pronte a inseguire qualsiasi studente osasse aggirarsi per i corridoi notturni – la rivista Eyes era stata bandita per almeno una settimana nella vana speranza di calmare le acque.
Ciò ovviamente aveva dato il via a riunioni nelle sale comuni fino a tarda ora, piani per eludere le nuove sorveglianze e contorte macchinazioni per far sì che un pettegolezzo facesse il giro della scuola nell'arco di cinque minuti esatti. Non si erano mai visti studenti applicarsi così seriamente per qualcosa; Lavanda Brown e Calì Patil, addirittura, durante l'ultima riunione davanti al camino, avevano saputo contenere perfettamente il loro eccesso di risatine. Fortunatamente per i professori, però, ben presto si era verificata un'altra novità utile a distogliere il corpo studentesco dai loro fitti intrighi; l'evento della quarta partita di Quidditch era ormai alle porte e la scuola si presentava in totale fermento. Grifondoro e Serpeverde, nemici giurati da sempre, sarebbero scesi in campo l'uno contro l'altro, e la situazione era ancora più tesa se si contavano i continui sberleffi che Harry aveva dovuto subire – sia per il fatto di esistere che per la propria ormai svelata inclinazione sessuale – dalla fazione opposta.
Il Ragazzo Sopravvissuto, d'altro canto, in quei giorni era più irritabile che mai; bastava rivolgergli la parola per vederlo sobbalzare e poi squadrare il suo interlocutore con un cipiglio assolutamente sospetto. Quanto al lato verde-argento, niente preoccupava meno Draco Malfoy della sessualità di Potter. D'accordo, qualche battutina ci era stata alla perfezione in alcuni momenti – come il chiedere ad alta voce se Harry si fosse fatto fare foto osé da Colin, o se anche Ron fosse gay quanto il suo migliore amico, per questo non aveva mai combinato niente con la Granger – ma a parte questi brevi e commoventi momenti di affetto tra Case – durante i quali Draco si era perfino beccato un pugno sul naso da un Potter decisamente schizzato – erano ben altri i pensieri ai quali il giovane Malfoy si dedicava.
Dire che aveva la testa piena della Granger sarebbe parso eccessivo, in un primo momento. Ma lei era lì, ingabbiata dentro la sua mente, e continuava a premere e a bussare insistentemente sulle pareti del suo cranio per richiedere attenzione. L'assenza della pozione, poi, sembrava aver reso le cose ancora più difficili; era stato strano dormire senza sognare altro che cose stupide, nessuna ragazza seducente che si metteva in mostra in uno spazio buio, niente gambe graziose che camminavano su quei tacchi alti. Si era svegliato, le mattine seguenti, ancora più stanco e spossato di prima. E quando le sue dita erano corse al volto, certe di incontrare tracce di quel rossetto rosso, si erano ritratte deluse nel sentirsi così pulite e immacolate.
Riguardo alla vera Granger, ogni suo incontro con lei faceva ardentemente desiderare a Draco il primo aereo babbano diretto per il Brasile. Aveva pensato che, una volta cessato l'effetto del filtro d'amore, per lui non ci sarebbe più stato scampo. Era stato certo che la Granger avrebbe manifestato la sua rabbia nei modi più vistosi che potesse concepire; una sfuriata nella Sala Grande, la demolizione della sala comune dei Serpeverde, qualche maleficio scagliato in sua direzione, un'ascia brandita alle sue spalle.
Ma quel silenzio, quell'indifferenza odiosa che lei aveva ingegnosamente adottato per punirlo, sembrava ancora peggio che trovarsi mezzo dissanguato in infermeria.
Era come se Draco Malfoy avesse smesso ufficialmente di esistere. Era diventato un niente, ancora meno di un fantasma; almeno quelli la Granger li scansava, invece con lui era un susseguirsi ininterrotto di spallate e colpi accidentali alla nuca con quella sua borsa straripante di libri, tutto ciò seguito, naturalmente, dalla massima parvenza di calma da parte della Mezzosangue, che filava via subito dopo senza mostrare alcun sentimento. E lui non poteva far altro che rimanere lì a guardarla andar via, come un idiota colossale, cominciando seriamente a domandarsi se forse ciò che le aveva fatto non avesse casualmente oltrepassato la linea della decenza comune.
In qualsiasi modo potessero mettersi le cose, però, Draco non poteva ignorarla. Oltre ad essere, lei, la sua finta fidanzata, lui si era anche impegnato sentimentalmente con quelle gambe – anche se loro ancora non lo sapevano. Ce le aveva in testa quasi quanto la stessa Granger, e continuavano a sgambettare in lontananza, quelle maledette, esortandolo a fare qualcosa. Proprio ciò che lui aveva lasciato da parte per quasi una settimana, in attesa che, come al solito, la situazione gli piovesse dal cielo.
Draco aveva sempre avuto una certa fiducia nel cielo; quando non sapevi cosa fare lo guardavi, e allora l'ispirazione arrivava, che fosse per una nuvola dalla forma strana o per la luce divinamente dorata che segnava il tramonto. Ma quando Draco ci aveva provato, un pomeriggio, a mettersi disteso sull'erba a pensare, aveva cominciato subito a piovere. Allora era tornato in sala comune totalmente fradicio, approfittandone per schiavizzare un Serpeverde del primo anno perché gli massaggiasse accuratamente i suoi capelli sconvolti dalle intemperie atmosferiche; quel momento, da come Draco ricordava, era stato fitto fitto di pensieri profondi. Si era reso conto che la pioggia fosse il segnale più nefasto da inviare a un disgraziato come lui che, pur nella sua regalità, si trovava in condizioni a dir poco disperate. Quindi si era un po' deciso a lasciar perdere, almeno fino al giorno dopo, quando la Granger lo aveva superato con il naso all'aria all'uscita dalla classe di Incantesimi.
La faccia di Draco nel guardarla andar via era stata così esemplare, a detta di Blaise e Theo, che entrambi non gli avevano più rivolto la parola per tutta la mattina, chiudendolo in un silenzio vergognoso.
E sì, la situazione era talmente folle che anche Draco stentava a crederci. D'accordo, continuava a pensare; nessuno aveva mai avuto la pretesa di andare a ficcarsi in qualcosa di normale, specialmente se la Granger doveva vestire i panni della tua fidanzata e ti trovavi con lei a recitare in una commedia scolastica. Soprattutto, poi, se a serate alterne eri costretto a subire sogni erotici talmente perfetti da farti rivalutare il lato fisico di chiunque... non che la Granger fosse poi così male da vestita, si era detto subito dopo. Okay, quei capelli continuavano ad essere inguardabili, ma nessuno era perfetto, no? Bastava guardare lui, il sublime Draco Malfoy, che si stava a dir poco rovinando a causa sua. Era certo che tutti quei pensieri provocassero danni irreparabili alla bellezza del suo viso. A volte, mentre pensava alla Granger, si scopriva con la fronte aggrottata e la bocca storta in una smorfia; e allora si affrettava a massaggiarsi tutta la faccia, convulsamente, in preda al panico. Non voleva che la sua faccia prendesse un'espressione crucciata o sofferente. Erano comunque dei sentimenti, e lui desiderava essere imperscrutabile, poiché una bella faccia di bronzo, se adoperata nel modo giusto, ti permetteva di schiavizzare qualsiasi compagno. Quanto a Blaise e a Theo, preferivano non esprimersi circa i rinnovati silenzi pensierosi che assalivano Draco quando la Granger era nei paraggi. Blaise, da sempre sostenitore del caro "vivi e lascia vivere", si limitava a scuotere il capo e a scoccargli occhiate dense di pietà; Theo dall'altra parte guardava la Mezzosangue con grande biasimo, chiedendosi probabilmente quale cuore di pietra potesse ridurre un uomo a quelle condizioni.
Condizioni in cui Draco si era tristemente crogiolato per quasi una settimana, in attesa che qualche fulmine piovesse dal cielo ad indicargli la via giusta da seguire. Non sapeva cosa fare, ma del resto non aveva la benché minima idea di cosa volesse davvero, a parte le gambe della Granger. Tutto il pacchetto forse era un po' rischioso da ottenere, specialmente la testa, poiché c'era la bocca e dentro la bocca un mare di parolacce esclusive per lui. Ma da qualche parte sarebbe dovuto pur partire, no? Che la Granger fosse una ragazza particolare era un'affermazione ormai ben assodata nella sua testa. Draco aveva già da tempo capito che, qualsiasi cosa avesse osato fare con qualunque altra ragazza, non avrebbe potuto ripeterlo con la Granger. Lei era una di quelle da prendere con le pinze, da convincere, da affascinare. La sua rimirata tecnica dello "sbatti al muro e ficca la lingua in gola" non sarebbe mai andato in porto con un soggetto del genere, e Draco non era così stupido da provarci.
Del resto, si sentiva ossessionato da quel pensiero, dall'idea di chiarire una volta per tutte ogni divergenza. Non sembrava granché, né lui faceva i salti di gioia, ma non poteva starsene semplicemente con le mani in mano. Se non altro, quei giorni vissuti da divorziati in casa erano valsi a fargli comprendere che forse, in fondo, molto in fondo, la Granger non era del tutto un capitolo chiuso per lui. Diciamo che l'assenza delle sue gambe si sentiva parecchio, e forse una minuscola parte di Draco non sarebbe nemmeno stata tanto dispiaciuta di sentirsi rivolgere uno dei suoi insulti da secchiona, o anche un bel ceffone in pieno viso, perché no. Non si scartava più niente ormai, se si trattava della Mezzosangue. Non capiva un accidente, né perché si sentisse in quel modo, né perché il pensiero di lei fosse diventato così frequente. Ma odiava quella sensazione di gelo che gli pioveva addosso quando lei fingeva di non vederlo, e quando accadeva desiderava soltanto aprire la bocca per insultarla, per mandarla al diavolo ad alta voce. Solo per vederla girarsi verso di lui, guardarlo negli occhi. Solo per sentire di esistere per lei.
« Ehm, mi stai ascoltando? »
Draco sbatté le palpebre. Incrociò lo sguardo di Blaise che, al suo fianco, lo guardava a sua volta con aria interrogativa.
« Bè... »
Come poteva, Blaise, essere così illuso? Draco non ascoltava più nessuno da un bel po' di giorni, e nemmeno gliene importava. Ma forse non era difficile capire di cosa il compagno stesse parlando. Erano nel corridoio e si stavano dirigendo verso il campo di Quidditch, lui con la Firebolt sulla spalla e la borsa con la divisa appesa all'altra mano. Attorno a loro, decine di studenti li superavano velocemente per arrivare in fretta al campo. Qualche ragazza ne approfittava per passargli una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento, sorridendogli maliziose. Draco ricambiava ogni loro sguardo scovandoci la Granger dei suoi sogni erotici. Lo stesso scintillio negli occhi, le labbra piegate in quel modo strano. Scoprì di non avvertire la minima mancanza di ciò. Se possibile, ogni tocco di quelle ragazze lo disturbava.
« Tu pensa solo a giocare. » Blaise, guardandolo fisso in volto, prese un'aria esitante. « Poi facciamo un discorso, Draco. Anche Theo si è rotto le palle di vederti in questo stato ».
« Discorso? » Draco si volse sarcastico verso di lui. « Cos'è, mi avete preso per un fottuto idiota? »
Blaise sollevò le sopracciglia in un piglio esasperato. « Senti, ti sei guardato allo specchio in questi giorni? Non sei un bello spettac... »
« No, infatti, sono una visione meravigliosa. » Ribatté Draco altezzoso. « Tutto questo non fa altro che rafforzarmi. Conferirmi un'aria vissuta. Tu non puoi arrivare a concepire l'effetto devastante di una bellezza tormentata come la mia. Non puoi, rassegnati ».
Scosse sprezzantemente la testa, e Blaise, a suo fianco, alzò gli occhi al cielo.
Continuarono a camminare nella folla; Draco si chiese come diavolo avrebbe fatto a giocare quella partita. Forse sarebbe caduto dalla scopa. Non era una brutta ipotesi. Magari sarebbe rimasto incosciente per un giorno o due, così quei dannati pensieri si sarebbero interrotti.
Poi qualcuno gli diede una spallata, abbastanza forte perché Draco si voltasse subito indispettito. E allora una matassa di capelli cespugliosi gli svolazzò davanti agli occhi, spediti verso l'altro capo del corridoio. Draco si immobilizzò d'istinto, gli occhi sgranati, la mascella serrata. Blaise era a dir poco impietrito, e il suo sguardo saettava dall'amico lì impalato alla Granger che, in assoluta indifferenza, si mischiava nella calca degli altri studenti.
Passarono alcuni istanti; poi Draco, deciso, spedì la scopa e la borsa da Quidditch tra le braccia di Blaise.
« Cosa...? »
« Sì. » Draco allargò le braccia. « Sono davvero un fottuto idiota ».
Si volse e finì inghiottito dalla matassa di studenti, trasportato dalle chiacchiere e dalle risate. Era come essere diventati sordi a tutto quanto, come se il mondo si fosse ridotto a un semplice alone nebbioso privo di interesse. Era la rabbia che lo trasportava, quella fastidiosa sensazione di impotenza a tutto quanto. Se la vedeva già davanti agli occhi ancora prima che la raggiungesse. La chioma cespugliosa al vento, il mantello ingombrante che le oscillava attorno alle gambe. Fu facile intravederla attraverso le altre persone, perché era come se la Granger spiccasse, e in qualche modo tutto intorno a lei era sfocato, incerto, incolore. Draco le afferrò il braccio con più forza di quanto avesse voluto, ma la trascinò in un angolo, dietro a una colonna, prima ancora che lei potesse vederlo. Allora i suoi occhi castani si spalancarono, e la pressione sul braccio di lei venne meno, scottato, marchiato. Fu forse in quel momento, che Draco si rese conto di quanto doveva averle fatto male; la guardava e si sentiva in quel modo, in quel modo orribile, rabbrividendo, inadeguato e colpevole. Ricordò i loro baci sotto l'influsso della pozione, quel suo candido approfittare di una Granger del tutto incosciente.
Non lo avrebbe mai perdonato.
« Posso parlarti? »
Draco seppe di aver sbagliato fin da subito. Quello era il modo peggiore di iniziare un discorso; si poneva con troppa facilità l'altra persona in condizione di offrire una risposta negativa – la quale, in casi come quelli, era del tutto scontata. Lo si vedeva dagli occhi della Granger, dal viso scurito, le braccia incrociate. Era come se lui fosse già divenuto un capitolo chiuso per lei. Uno dei tanti libri letti, e poi accantonati su uno scaffale a impolverarsi. Qualcosa di dimenticato e di passato. Ma quel libro era scivolato improvvisamente giù dallo scaffale, piombando in testa alla Granger. Si era aperto di nuovo su una pagina a caso. Draco la afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo.
« Granger, devi ascoltarmi. Io... »
« Malfoy, attento ».
« Granger ».
« Ci stanno guardando tutti ».
Draco lasciò scivolare le mani via da lei. C'era chi, passando di lì, li notava dietro la colonna e si sporgeva per vedere meglio; e allora tirava la gomitata al compagno, indicandogli la scena. Probabilmente speravano in un bacio come quello del festino dei Tassorosso. Draco si sentì sperare insieme a loro.
Si volse di nuovo a guardarla, e la vide schiacciata contro quella colonna, turbata, confusa, arrabbiata. La solita combinazione di emozioni che aveva impressa sul viso quando si trovava con lui. Draco provò l'istinto impellente di stare da solo con lei.
« Andiamo da un'altra parte ».
Gli occhi della Grifondoro scintillarono. « Per cosa, Malfoy? Tu non... non ti rendi minimamente conto, non è vero? » La sua voce si fece acuta. « Non so se sia davvero il momento di... »
« Ho preso l'antidoto » le disse piano.
Seppe di averla colta di sorpresa, e difatti la vide esitare, incerta. Per un attimo sembrò meditare di non credergli, ma continuò a guardarlo, ogni centimetro del suo viso, in cerca di un alone di verità. Quando gli occhi scuri di Hermione si soffermarono sulle sue labbra, Draco fu assalito dall'istinto di baciarla. Darle un bacio sembrava così facile in certi momenti, ma quello non lo era affatto. E intanto lei continuava a fissarlo fredda, accigliata.
« Dovresti essere alla partita » gli disse semplicemente.
Draco inclinò la testa.
Dovrei essere con te, sciocca Mezzosangue!
« Non ho la testa per il Quidditch, adesso ».
La gente continuava a passare dietro di loro. Li vedeva e li scambiava per una coppia segreta, pensò Draco, l'amore tormentato e impossibile, le foto sui giornali, le confidenze appartate, i segreti da innamorati, e altre cazzate del genere. Avrebbe soltanto voluto essere lasciato in pace, essere libero di stare lì con lei a parlare senza sentire tutte quelle altre voci di sottofondo. Lui e la Granger non erano nessuno spettacolo, non c'era nulla da vedere. Non c'era nessuno per cui tifare, o da guardare con così tanto interesse. Avrebbe voluto estrarre la bacchetta e sbaragliarli tutti quanti, costringerli a sparire.
« Andiamo nel mio dormitorio? » le chiese.
Lei si irrigidì, come tutte le volte in cui riceveva da lui una di quelle proposte dirette. Scosse la testa. « Andiamo nel mio ».
Si guardarono ancora, e a Draco sembrò che si fosse già pentita delle sue stesse parole. Ma da lì almeno avrebbe potuto cacciarlo quando voleva, buttarlo giù dalla torre, se necessario. Lui pensò che fosse un buon piano per la Granger, dopotutto, quindi la seguì quando la ragazza si staccò dalla colonna, procedendo nel senso inverso degli studenti che continuavano a scendere.
Hermione gli camminava davanti veloce, la testa china; e seppur Draco si mantenesse a qualche metro di distanza da lei, la gente ancora riusciva a fare collegamenti e si girava a guardarli mormorando. Nessuno dei due, però, sembrò aver voglia di arrabbiarsi. Draco sentiva la mente lavorare spedita, più di quanto non avesse fatto durante tutta la settimana appena passata.
In qualche modo, infatti, ci era riuscito; stava per parlare a quattrocchi con la Granger, e ancora doveva decidere cosa dirle in particolare.
Draco meditò a lungo. In fondo non aveva nulla di così straordinario da dirle. Avrebbe potuto dirle che gli dispiaceva per come si era comportato, ma sarebbe stata la menzogna più grande. Avrebbe potuto chiederle se c'era la minima possibilità che lei la piantasse di spintonarlo ogni volta che lo vedeva in corridoio. E magari, se Draco fosse stato addirittura perdonato, le avrebbe chiesto se poteva dare un'occhiatina a quelle gambe.
Ormai erano giunti ai piani alti, dove c'era più silenzio e meno gente. La Granger continuava a camminare, e Draco non dubitò che prima di cominciare a parlare volesse giungere al dormitorio. Forse anche lei si trovava coinvolta nelle sue stesse macchinazioni. Magari stava ancora decidendo se credergli oppure no, e tra qualche secondo si sarebbe fermata lì nel mezzo al corridoio dichiarando di non volerlo ascoltare. Era pazza, avrebbe potuto benissimo farlo.
Ma la Granger non lo fece. Giunse di fronte al ritratto della Signora Grassa, pronunciò la parola d'ordine con voce limpida e lo fece entrare, senza guardarlo direttamente in faccia. La sala comune era deserta, e nessuno dei due rimase sorpreso. Erano tutti quanti alla partita, e lui, Draco Malfoy, il Cercatore di Serpeverde, era lassù nella torre di Grifondoro con Hermione Granger. Fantastico, no? Per un attimo si domandò chi avesse preso il suo posto sul campo; poi guardò lei e si disse che c'erano cose più importanti di una partita.
« Come hai fatto a salire, l'ultima volta? »
La Granger gli pose la domanda con tranquillità, ma Draco percepì una punta di freddezza nella sua voce. Decise di ignorarla, ed estrasse la bacchetta mentre lei risaliva le scale del suo dormitorio. Eseguì un incantesimo di Levitazione su se stesso e si lasciò trasportare fino in cima, sull'orlo dell'ultimo scalino. Lei lo superò subito dopo senza fare commenti, il che fu a dir poco grandioso per le orecchie di Draco, e lo guidò verso un pianerottolo ricco di porte. Varcò una di queste e gli lasciò spazio per entrare.
Bè, alla fine qui ci sono entrato, pensò esaltato.
La prima impressione che ebbe Draco, fu di venire accecato. Quella stanza era così luminosa da irritarlo; lui era un po' come suo padre, preferiva il buio, le stanze col soffitto basso, le luci appena accennate. Invece lì le finestre erano alte, e il sole di quel giorno entrava a fiotti come se fosse piena estate. C'erano cinque letti disposti contro le pareti circolari della stanza, e Draco individuò subito quello della Granger, con quel gatto brutto e rossiccio che dormicchiava beato sulle coperte. Gli lanciò uno sguardo giallo e penetrante, denso di sfida. Adesso sentiva di capire da chi aveva preso la Granger.
Lei intanto si era fermata lì in piedi, le braccia incrociate, a qualche passo di distanza da lui. Draco si sentì molto osservato, e si volse verso Hermione. Erano soli, a meno di non contare la presenza del gatto, in una stanza con cinque letti. Senza che se ne rendesse conto, i suoi occhi saettavano dalla Granger a quel letto che le stava proprio accanto. Sarebbe diventato pazzo entro pochi secondi, e il solo pensiero bastò a rendergli improvvisamente più calda l'intera stanza.
« Parla ».
Era un ordine, e Draco lo sapeva bene. Lo aveva detto con quel tono saputello, di quelli che non si può sperare di contrastare, e i suoi occhi castani mandavano lampi. Draco cominciò a considerare la possibilità. Parlare con lei non era proprio così facile. Parlare con il resto delle ragazze, poi, era del tutto inutile. Lui non era un tipo che parlava spesso, o meglio, la sua bocca in qualche modo diceva sempre qualcosa, ma mai niente di così importante o interessante. Ed era certo che, qualunque cosa volesse sentire la Granger in quel momento, doveva essere appunto importante o interessante, o magari tutt'e due le cose.
« Ascoltami. » Cominciò, prendendo un respiro. « So bene che tu possa essere offesa, Granger, da quello che è successo la settimana scorsa... »
« Offesa? » I suoi occhi erano totalmente spalancati, ma la voce risultò controllata. « Che dire... mi hai soltanto ridicolizzata davanti a tutta la scuola. Mi hai offerto quel filtro d'amore proprio quando... »
Esitò, come se avesse paura a dire qualcosa, e mosse qualche passo incerto lungo la stanza. Aveva già gli occhi lucidi, e la voce ora, improvvisamente, svaporava di tutto il suo autocontrollo. « ...proprio quando stavo cominciando a fidarmi di te, Malfoy! Forse sono stata un'illusa a credere che potessi essere diverso ».
Si volse a guardarlo accigliata, ferita. Draco aveva pensato di riuscire a giustificarsi facilmente, ma era difficile farlo con la Granger che, a un passo da lui, era lì lì per scoppiare in lacrime. Non voleva che lei piangesse, e non soltanto per una delle sue stupide convinzioni sulle ragazze. Non voleva che lei piangesse e basta.
« Ho sbagliato. » Disse a fatica. Era come se le parole gli fossero rimaste incastrate in gola. « Sono uno stronzo, lo so. Ma non ragionavo bene a quella festa. Non credevo che avresti davvero bevuto quel filtro, e quando mi sei piombata addosso ero già quasi ubriaco. Non ho fatto bene i calcoli ».
« I calcoli. » Hermione era sprezzante. « E' questo tutto ciò su cui si basa la tua vita. Calcoli ».
« Non è male ».
« E' inumano, Malfoy ».
Lei gli volse le spalle, avvicinandosi lentamente a una tenda della finestra. Draco rimase a guardarla lì ferma senza sapere cosa pensare. Mai il suo rapporto con una ragazza era stato più complicato e difficile. Lui era un bastardo, lei era di quelle che non perdonavano mai. Si chiese se prima o poi qualcosa avrebbe funzionato.
« Bè... come dovresti già sapere, Granger, non sono l'unico calcolatore qui nei dintorni ».
Hermione si girò di scatto, sorpresa. « Cosa vorresti dire? »
« Vogliamo parlare dei tuoi, di calcoli? » Draco le si avvicinò di un paio di passi, i nervi che gli pizzicavano la pelle. « Del tuo non essere mai così sincera e pulita come vuoi far sembrare, sempre così contraddittoria anche quando si tratta di ammettere che ti è piaciuto un semplice bacio, Granger? »
« Tu stai accusando me di ipocrisia? » Hermione tremava di rabbia. « Ti aspettavi forse che facessi i salti di gioia all'idea che il grande Draco Malfoy si fosse degnato di trovarmi passabile? Non hai mai capito niente di me. Hai scelto la ragazza sbagliata ».
« Io... dannazione, Granger, non sei come le altre, lo avevo capito! » Draco scagliò le braccia al cielo, a pochi metri da lei, che lo fissava sdegnata. « Ma ne ho abbastanza. Volevo parlare con te per mettere in chiaro che quello che è successo la scorsa settimana è stato frutto di un semplice errore. Se fossi stato certo che il piano avesse funzionato, non avrei mai mosso un dito ».
« Mi scuserai se non ti credo. » Hermione lo fissò dritto negli occhi, attenta. « Ho visto le foto sul giornale. Non sembravi affatto dispiaciuto della situazione ».
Draco sentì di perdere totalmente il lume della ragione. Non sopportava nemmeno una di quelle parole; si fece avanti, cercando di sovrastarla. « Avrei potuto approfittare della situazione in qualsiasi momento, Granger. Sai cos'è che i giornali non sanno? Che il giorno dopo sei riuscita a raggiungermi di nuovo, e mi hai portato in un'aula vuota. » Vide i suoi occhi dardeggiare e continuò, irrefrenabile. « E sì, cazzo, stavo per cedere. Ma non l'ho fatto. Mi hai chiesto di tutto, di portarti via, di fuggire insieme dalla scuola. Quali problemi potevo farmi nel darti retta, nel godere davvero del tuo stato? Non ho mai avuto scrupoli, lo sai. Ma in fondo avevo ancora un po' di rispetto. Ti ho baciata, ma dopo ti ho lasciata andare ».
« Lo so. » Hermione continuava a guardarlo. « Me lo ricordo ».
Draco rimase a fissarla sentendo evaporare gran parte della sua rabbia. Quello era uno dei momenti in cui non gli andava di pensare a niente, in cui avrebbe voluto azzerare i cervelli di entrambi. Si chiese come poteva essere possibile che due persone litigassero senza aver mai fatto sesso; era contro natura, stupido, insensato. Era come se la coppia fosse già fatta e finita, non c'era più niente da scoprire, da vedere. O forse era tutto il contrario, e qualcosa di bello sarebbe nato soltanto quando avrebbero fatto pace. Draco non sapeva più a cosa credere.
Si avvicinò di un altro passo, e stavolta era davvero vicino, a pochi centimetri da lei, i suoi occhi, la sua bocca, le sue gambe. La luce che veniva dalla finestra la schiariva, in qualche modo la faceva apparire più reale, più dolce. O forse erano i suoi occhi, che si erano veramente addolciti quando lui si era avvicinato.
« Te lo ricordi davvero, Granger? » mormorò.
Lei annuì. « Solo... qualche pezzo, sai. Mi stavo risvegliando. Ricordo che mi hai chiesto di tornare al mio dormitorio ».
« Poi ci siamo baciati ».
« Sì... »
Aveva annuito, poi la Granger si era rimessa a fissare la tenda bianca della finestra. Era pensierosa, anche se meno ostile di pochi istanti prima, come se averlo così vicino un po' la disarmasse. Forse non era così difficile capire veramente Hermione Granger. Lei incarnava esattamente tutti gli stereotipi di ragazza da cui Draco si era sempre tenuto alla larga. Quelle tipe, si sa, costantemente alla ricerca di teatro, drammaticità, pathos, romanticismo convulso e sconclusionato. Quelle che si nutrono di libri strappalacrime e si deprimono per giorni interi se il finale non è di loro gusto. Quelle che passano la vita a cercare il ragazzo generoso, simpatico, gentile, premuroso e sensibile, per poi invischiarsi con il tipaccio che le fa soffrire a suon di litigate e emozioni incontrollabili. Fuori dagli schemi, dai sogni, dalle speranze di vita e dalla sanità mentale. E a loro sta bene così, perché è dramma, è palpito del cuore, è adrenalina. Non è una poesia zuccherosa, né una ballata romantica, né una dichiarazione d'amore al momento di svegliarsi al mattino. E' un vuoto da riempire poco a poco con tutte quelle cose. E' un vuoto impossibile, e a loro sta bene così. E allora ecco piombare tra capo e collo il tipo di ragazza che va rassicurata con parole dolci, dimostrazioni d'affetto, conversazioni cuore a cuore; di quelle a cui non puoi nascondere niente, che cercano qualsiasi pretesto per farti sputare fuori anche quel briciolo di anima che nemmeno pensavi di possedere. Di quelle che te la strappano, te la tirano fuori, te la rubano nel momento in cui sei troppo distratto a chiederti cosa passi loro per la testa. E poi ti ritrovi a svegliarti una mattina, a fianco di una di loro, domandandoti cosa accidenti tu ci faccia su quel letto, perché tu debba essere proprio con lei e non con un'altra. Una di quelle che rispondono a quel genere di domande soltanto chiedendoti se per caso le ami un po' di più della sera prima.
« A cosa pensi? »
Draco riprese a fissarla. Era bella, pensò. Anche con quei capelli intricati, il corpo poco formoso e quell'odioso mantello che la avvolgeva tutta quanta. Ma quegli occhi scuri irradiavano saggezza e luminosità fino alle punte dei suoi piedi. Erano pieni di luce, la luce timida di un candelabro rimasto acceso troppo a lungo sullo scaffale polveroso di una biblioteca.
« Perché mi hai portato in camera tua, Granger? »
E bastò il disorientamento impresso sul suo volto, sul serio – quel rossore improvviso che le era calato sulle guance, scendendole sugli occhi fino a tingerli di un'emozione languida, nuda, ingenua. Draco pronunciò l'ultima parola sulle sue labbra, quasi, e subito dopo già l'aveva stretta tra le braccia, la vita sottile chiusa tra le dita. Le unghie della Granger si conficcarono subito nelle sue spalle, attraverso le pieghe della camicia, pungendogli la pelle. Era la sua resistenza, il suo tentativo di mettere a fuoco il gesto folle che l'aveva appena sovrastata. E Draco ebbe appena il tempo di assaggiare quelle labbra, una bocca che sentiva di conoscere meglio di qualunque altra, prima che la Granger reagisse affondando i denti dentro di lui. Lui si ritrasse per un attimo, e ci riprovò, ostinato; sentiva il sapore del sangue, ma le labbra di lei erano così facili da premere, e l'istante dopo si sentì crollare su uno spazio morbido e irreale. Aprì gli occhi, il fiato mozzo. Il bruno delicato del suo sguardo fu la prima cosa con cui ebbe modo di scontrarsi. E una delle proprie mani venne subito dopo, artigliata alla chioma ribelle della ragazza. Draco aprì le dita immediatamente.
« Mi dispiace ».
Restò in silenzio, disteso su di lei in quel letto. Era la prima volta che la sua ossessione per la Granger lo portava a sbandare in quel modo. Sembrava qualcosa di così insano, di così perverso, che Draco si domandò se dopotutto lei non avesse ragione a cercare costantemente di allontanarlo. Non aveva senso. Non capiva come quell'ultimo minuto avesse potuto verificarsi tra di loro.
Poi Draco si sentì toccare, delicatamente, da un dito sottile. Hermione aveva sfiorato le sue labbra, e si era ritratta con l'indice tinto di rosso. « Mi dispiace » gli disse.
Gli venne istintivo sorridere. Non perché la situazione in sé fosse divertente, tutt'altro, pensò Draco mentre la fissava. Solo la Granger poteva mordere qualcuno e poi chiedere scusa giusto dieci secondi dopo. Solo lui poteva essere così pazzo da rimanere lì con lei, ancora, meditando sul modo giusto per approcciarsi. Ma lei sembrava così indifesa, adesso. Schiacciata sotto di lui, quegli occhi che vagavano nei suoi, il dito rosso ancora sospeso nell'aria. Draco sollevò una mano e le tolse i capelli dalla fronte, portandoli all'indietro, proprio dove prima lui li aveva afferrati. La sua fronte era calda, e poco dopo lui ci accostò la sua d'istinto, senza pensare a niente. Sentiva il dolce profumo di Hermione pungergli le narici, la pelle chiara tremare sotto la sua.
« Forse dovremmo smetterla. » Le sussurrò piano. « Goderci il presente e non pensare a nient'altro, Granger ».
« Hermione ».
Draco riaprì gli occhi. Accoccolata sotto di lui la Granger lo guardava, le guance tinte di rosso e il respiro veloce. « Non sei il primo che capita » mormorò precipitosamente.
Per lui fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Non se lo era aspettato. Non così all'improvviso, non in quel modo, né con tanta sicurezza. Non seppe cosa dire, come reagire.
« Ehm... »
« Ti sei spaventato? » lei gli stava sorridendo, a metà tra il sarcastico e il confuso.
Draco scosse lentamente la testa. In realtà era a dir poco terrorizzato. « Granger... ti senti bene? »
« No, santo cielo, no! Ma non ha importanza ».
« Credo che ce l'abbia, sai. Di solito sono io quello che sorprende le persone, dicendo e facendo cose assurde ».
« Ho detto qualcosa di così strano? »
Draco era pronto a risponderle che sì, era a dir poco pazzesco che lei gli avesse appena dato così tanta importanza. Ma poi la guardò meglio, e richiuse le labbra.
Forse lei non era pazza; era lui che continuava a dimostrarsi l'idiota più colossale del mondo. Non doveva affatto essere il primo che capita, uno che si baciava in quel modo a Halloween. Né poteva esserlo uno con cui litigavi ogni giorno per motivi sempre più stupidi. Non poteva esserlo uno per cui piangevi, per cui sentivi gli occhi inumidirsi soltanto parlandoci. Quante volte Draco l'aveva vista sull'orlo delle lacrime? Quante altre l'aveva vista tremare, nel sottrarsi alle sue lusinghe? Ricordò il loro sfiorarsi, l'abbraccio lì sulle scale del dormitorio, quel piccolo e dolce bacio, il cipiglio pensieroso della ragazza ogni volta che lui era nei paraggi. Soltanto in quel momento si sentì cosciente dell'effetto che le aveva sempre fatto, e si rammaricò di non essersene accorto prima. Come aveva potuto essere così cieco?
Preferì non chiedersi più niente. Semplicemente si abbassò su di lei, incontrando le sue labbra. Sapeva che stavolta niente lo avrebbe interrotto; nessuno schiaffo, nessun libro scagliato in testa, nessun morso. E difatti, dolci come il miele, le labbra della Granger si allargarono senza che Draco quasi dovette esercitarci troppa pressione. E la situazione era vera, reale, tangibile. Così perfetta che quasi entrambi stentavano a crederci. Quella bocca, che lui ormai aveva imparato a conoscere alla perfezione, gli parve ancora più bella di come l'aveva lasciata.
Accarezzò profondamente la sua lingua, affondando dentro di lei; le braccia sottili della ragazza si incrociarono dietro la sua nuca, premendolo contro di sé, le gambe che si dilatavano per lasciargli accesso al suo corpo. Draco ne approfittò per strofinarsi su di lei, una mano a sfiorarle la guancia, l'altra che giocherellava con le dita sui bottoni del suo mantello, delicata, senza ancora osare andare più a fondo. Ed era bello, era lento, sensuale. Qualcosa di molto distante dal bacio di Halloween; stavolta non vi era alcuna fretta, nessun timore di veder fuggire via il momento prima che avessero potuto approfittarne. Lei si era abbandonata. Finalmente lo aveva scelto.
Si stava godendo la Granger come mai aveva avuto il permesso di fare prima d'ora. Scoprì che non c'era assolutamente paragone con la Hermione erotica che aveva turbato le sue notti; quei baci erano stati belli all'inizio, ma successivamente tutto quanto aveva perso di sapore, di intesa. E la bambola di plastica non era mai sembrata più distante e superflua di quel momento. Perché la vera Hermione Granger era lì sotto di sé e lo baciava, lo baciava come se anche lei avesse aspettato quel momento almeno quanto lui. Draco si sentì libero di approfondire il bacio istante dopo istante, insaziabile, senza averne mai abbastanza, come una bottiglia di whisky a cui si sente sempre più il bisogno di attaccarsi. Si stava ubriacando di lei, di quelle labbra, di quella lingua, di quelle mani che lo accarezzavano. Il momento era ancora più bello di quanto aveva immaginato, e non c'era fretta, né paura. Poteva allontanarsi, fissarla negli occhi e poi immergersi di nuovo in quella bocca come più gli pareva. Giocare con quella lingua lentamente e velocemente. Sorridere mentre si abbassava ancora, continuando a irritarsi sempre di più della presenza di quello stupido mantello. Avrebbe voluto toglierlo con uno strappo, ma doveva frenarsi, contenersi. Il sangue affluiva al basso ventre con una velocità impressionante. La desiderava da troppo tempo, e adesso lei era lì, e si lasciava baciare da lui con tanta semplicità. Stavano bene. Era bello baciarla, stringerla tra le braccia. Draco sentiva il respiro di lei farsi più pesante e veloce ad ogni bacio che condividevano. Ogni gemito, ogni sospiro, ogni alito sommesso erano per lui. Se le sfiorava il seno con le dita sentiva il cuore tamburellare al di sotto dei vestiti. Avrebbe voluto ascoltarglielo stringendola forte, l'orecchio adagiato sulla sua pelle nuda, imperlata del sudore che lui le avrebbe provocato. Il pensiero peggiorò la sua situazione nel basso ventre. Doveva andarci piano. Poi la lasciò riprendere fiato, tornando a guardarla negli occhi. La sua bocca era rossa e invitante.
« Mi piacciono le tue labbra ».
La Granger continuava a fissarlo, gli occhi che brillavano. Draco pensò che tanto valesse fare le cose per bene.
« Mi piacciono anche le tue gambe. » Le rivelò sottovoce. « Non te l'ho mai detto, ma credo che tu debba saperlo. Io ho una storia d'amore con loro ».
« Sul serio? »
Era divertita. Draco scivolò il volto di lato, lentamente, abbandonandole un bacio sul collo. La sentì stringersi di più contro di lui, rabbrividire.
« Sì. Vedi, di solito le guardavo quando giravano per i corridoi. Erano piuttosto snob, sai, di quelle che non ti degnano di uno sguardo. Ma io mi sono innamorato non appena le ho viste. Non so però se loro mi corrispondono ».
« Prima o poi forse lo scoprirai ».
Draco la baciò di nuovo, profondamente, con tutta l'intenzione di non lasciarle nemmeno un alito di respiro.
Forse la Granger avrebbe organizzato un appuntamento.

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