57. Force of nature

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I want your love - let's break the walls between us
don't make it though - I'll put away my pride

Aerosmith, Angel




Theodore si gettò letteralmente fuori dal taxi. C'era un grande, enorme edificio grigio ed imponente. I Babbani uscivano e entravano da esso come formiche.
Doveva essere l'aerocoso.

« Ehi, » sbottò una voce alle sue spalle, « sono ventuno sterline e quaranta centesimi ».
Theodore si volse e scoprì che era stato il tassista Babbano a parlare.
Eh già, era Babbano. Quello mago doveva esserselo beccato Draco.
Lo fissò per qualche secondo.
« Stai parlando di soldi? »
« Ventuno sterline e quaranta centesimi » ripeté quello minaccioso, il capo fuori dal finestrino.
Theo si guardò freneticamente intorno. Okay, niente panico.
Soldi, parlava di soldi.
Si toccò agitato tutto il mantello, finché non tastò il suo borsellino di pelle. Dentro c'erano solo otto galeoni e qualche falce. Sicuramente sarebbero bastati.
Gettò il borsellino al tassista, che lo prese al volo stranito, e fece ciò che gli suggeriva l'istinto.
Senza attendere oltre, Theo cominciò a correre a perdifiato verso l'aerocoso.
« Ehi, tu! Torna qui! Mi prendi in giro? » urlò il tassista alle sue spalle.
Theodore corse ancora più veloce. Arrivò all'entrata e urtò parecchi Babbani con le valigie a seguito, che borbottarono contrariati qualcosa contro di lui.
Ma non importava. La cosa fondamentale, secondo Theo, era non fissarli dritto negli occhi.
Se li guardavi, gli aveva detto suo padre una volta, potevano rimbambirti il cervello.
Si ritrovò dentro a una sala gigantesca, era qualcosa di mastodontico. C'erano un sacco di aggeggi strani ed era pieno zeppo di Babbani. Ovunque c'erano file su file per fare qualcosa.
Nessuna traccia dei capelli dorati di Daphne, ma come poteva esserne certo, con tutta quella confusione?
Theo avanzò lentamente, a bocca aperta, dirigendosi da nessuna parte in particolare. Non si era aspettato tutto quel livello di difficoltà.
E adesso? A chi avrebbe potuto chiedere? Non poteva parlare con un Babbano; non poteva. I rischi erano troppo grandi.
Era come gettarsi nelle fauci di una creatura sconosciuta.
Però, a guardarli bene, non sembravano così pericolosi. Fissò qualcuno di loro con grande interesse. Sembravano, beh... quasi normali.
Certo, erano vestiti in modo stranissimo, ma non erano poi così diversi da lui. Theo lasciò passare altri cinque minuti così, a riflettere; poi guardò l'orologio da polso e trasalì. Stava sprecando troppo tempo.
Allarmato, fermò un Babbano a caso.
« Mi scusi, dov'è la fila per chi vuole partire per il Brasile? »
Era un ragazzo più o meno della sua età. Theo cercò di non fissarlo troppo negli occhi; non si poteva mai sapere.
« Intendi il check-in? » Gli domandò quello. « Hai la carta d'imbarco? »
« Certo, come no ».
« Allora devi recarti lì il prima possibile ».
« O-okay. » Theo guardò deciso oltre la sua testa. « E dove sarebbe questo... questo coso che hai detto? »
« Il check-in? Da quella parte ».
E gli indicò un punto alle proprie spalle. Theo lo ringraziò con un sorriso smarrito e si fiondò in quella direzione.
Camminando, cercava di pensare il più possibile. Che la conversazione con quel Babbano avesse danneggiato le sue facoltà mentali?
Mentre si interrogava, però, si trovò di fronte a qualcosa di molto strano. Era un tappeto magico fatto a scalette che trasportava i Babbani sempre più in alto. Theo lo fissò abbagliato per qualche secondo. Forse i Babbani non erano così scemi, in fondo. Qualcosa di magia la sapevano.
Si fece coraggio e prese il tappeto magico. Alcuni Babbani, mentre quel coso saliva, lo superavano da destra con palese fretta. Theo, tra sé e sé, si disse che era saltato alle conclusioni troppo facilmente. I Babbani non erano affatto furbi. Avevano paura del tappeto magico, era evidente, e avevano intenzione di scendere da esso il prima possibile.
Quasi fu tentato di fermare uno di loro e di dirgli di rilassarsi, la magia non era una cosa così cattiva. Ma non lo fece. Tanto era una causa persa.
Poi il tappeto lo portò al secondo piano e Theodore scese, guardandosi freneticamente attorno.
Di nuovo, una marea di gente. Però stavolta c'era un'unica, grande fila. Si avvicinò ad essa scrutando i presenti uno per uno.
Daphne doveva essere lì. Ma come trovarla? Theodore ci pensò su per almeno un minuto. E poi fece la prima cosa sensata che gli venne in mente.
« Daphne! » urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. « Daphne Greengrass! Sto cercando D-a-p-h-n-e G-r-e-e-n-g-r-a-s-s! »
La sua voce rimbombò potente, e in meno di dieci secondi più o meno tutti i Babbani dell'aerocoso lo stavano fissando.
Ma Theo non se ne curò. Continuò a urlare e a urlare a squarciagola il nome della sua amata, andando qua e là lungo la fila, fissando addirittura i Babbani dritti in faccia e diventando sempre più sconsolato. Proprio in quel momento dei Babbani vestiti di blu e giallo, dall'aria aggressiva, si diressero verso di lui con camminata decisa.
Theo li fissò. Loro avevano un fischietto in bocca e fischiavano contro di lui.
Tutti i Babbani si allontanarono da Theo come se fosse contagioso; lui non ebbe bisogno di pensarci su. Girando sui tacchi, si gettò a capofitto sul tappeto volante, che stavolta scendeva verso il basso.
« Fermati! » urlò uno dei Babbani aggressivi. « Torna qui! »
« Nemmeno per sogno! »
Theo scansò le altre persone del tappeto magico e saltò gradini su gradini, ritrovandosi prestissimo sul pavimento. Urtò non meno di dieci Babbani mentre cercava freneticamente l'uscita; addirittura ne gettò a terra una, una ragazza con lunghi capelli neri.
Theo le dedicò solo una mezza occhiata mentre correva a perdifiato al lato opposto del tappeto magico. Fece dieci, undici metri. E poi qualcosa lo fece fermare di botto.
Si volse come allucinato. La ragazza con i capelli neri gli lanciò un'occhiata fugace e si mise a correre anche a lei. Dalla parte opposta, però.
Theo sentì il cuore balzargli in petto e le gambe si mossero da sole. « Daphne! » gridò di nuovo.
Trovò di nuovo i Babbani sulla propria strada; Theo riuscì a schivarli con un colpo di genio. Passò sotto le gambe di una signora e si rialzò agilmente mentre i Babbani, sorpresi, andavano a sbattere contro un gruppo di turisti.
Poco dopo, però, gli tornarono alle costole.
I Babbani inseguivano Theo. Theo inseguiva Daphne. Daphne inseguiva l'uscita più vicina, per niente appesantita dal baule che si trascinava dietro, evidentemente alleggerito con la magia.
Theo continuava a chiamarla e a richiamarla, ma lei non si voltava. Trovò un'uscita e si gettò oltre di essa. Anche Theo la imitò, appena in tempo per vederla nascondersi dietro a una scatoletta babbana.
La raggiunse e si gettò lungo disteso sull'asfalto, il petto che gli scoppiava.
« Maledizione! Vuoi farmi morire? » ansimò a fatica, mentre i Babbani guardavano il parcheggio grattandosi la testa.
Daphne, accucciata, lo guardò in cagnesco. « Stavolta hai superato ogni limite! Ma cosa ci fai qui? Il mio aereo parte tra mezz'ora! »
Theodore, respirando profondamente, si calmò. Guardò Daphne dal suolo e la trovò carina ugualmente, anche con i capelli diversi. « E' una parrucca? »
« Allora, mi spieghi cosa vuoi da me? »
« E' una parrucca? »
« No, idiota che non sei altro, è un incantesimo! »
« Sembrava una parrucca. Scusa ».
Daphne, evidentemente scossa, picchiò la testa contro la portiera della scatoletta babbana. « Pensavo di essere riuscita a liberarmi di te! » strepitò.
Theo allungò un braccio e le toccò il piede. « Senti, io ho capito che senza di te la mia vita non può esistere. Quindi non potevo lasciarti partire. Lo so che sotto sotto mi ami. » In risposta allo sguardo omicida della ragazza, Theo tossicchiò. « O meglio, lo so che sotto sotto non mi vuoi proprio morto ».
« Io voglio essere libera! Io non voglio vincoli! »
« Invece no, bella mia. Stai andando in Brasile solo perché pensi che io te lo lascerò fare. Ma non è così. » Si fece forza sui gomiti e si mise seduto. « Senti, lo so che mi consideri un cretino. E lo sono, per molti versi. Non sono serio, non penso troppo, non mi faccio mai problemi inutili. Ma quando si tratta di te... le cose cambiano. A volte mi sono fatto anche calpestare da te, per farti contenta. Ho sbagliato. Perché vedi, ecco cosa ho ottenuto: te ne stai andando lasciandomi come un allocco. Io sono venuto qui a dirti che da oggi non sarà più così! Te ne vuoi andare? Bene, vattene. Ma dopo non azzardarti a tornare e a cercarmi, perché non mi troverai ».
Theodore si alzò in piedi, scuotendosi le vesti impregnate di polvere.
Daphne, dal basso, lo fissava turbata. Aveva come messo il broncio.
Forse cominciava lentamente a intuire che Theo, in definitiva, le stava lanciando un ultimatum. Aveva gli occhi lucidi come una bimba capricciosa.
« E non mi guardare così! » sbottò lui, deciso a non cedere. « L'hai voluta tu. Non farai più i tuoi giochetti con me. Vuoi comandare? Vuoi fare come ti pare? Bene, trovati qualcun altro ».
« Io... è che... ho paura di rovinare tutto con le mie mani » disse lei con voce flebile.
Theo dovette sbattere le palpebre più volte. Daphne era lì, ancora accucciata, e sembrava quasi tenera. Meno mostruosa del solito, insomma.
Era vulnerabile, adesso. Theo si chiese come fosse possibile.
Non era mai stata così, con lui. Forse perché Theo non aveva mai cacciato fuori la dignità come in quel momento... forse. Il pensiero lo fece sentire molto macho.
« Rovinare cosa? » le disse, sempre con severità. « Non siamo niente io e te. Solo sposi promessi. Ma quello che c'è stato in questi mesi per me non ha senso. Quando sei venuta qui hai cancellato tutto quanto, per quanto mi riguarda ».
Daphne, sorprendentemente, ruppe in un singhiozzo. « Ma perché non sei sempre così? » gemette, quasi disperata. « Io voglio un uomo! Non uno zerbino che mi accontenta sempre! Tu all'inizio mi tenevi testa, poi hai cominciato ad assecondarmi e... non so... ho avuto l'impressione che avrei potuto farti qualsiasi cosa, tanto tu mi avresti perdonata. E così ho preso il controllo. Oh, ma è inutile stare a parlarne! Tu mi vedi solo come la pazzoide fobica delle arance, sono questo per te ».
« Beh, non sei proprio solo questo... »
« Tu non mi capisci! »
« Ho paura degli uccelli ».
« Come? »
« Mi terrorizzano. E mi perseguitano, anche. Quando avevo sei anni mi è planato un piccione in testa. Me lo sogno ancora la notte. Ed è per questo che non ti ho mai scritto una lettera d'amore: tu forse mi avresti risposto, e allora mi sarei visto venire incontro un dannato barbagianni della scuola. Sì, lo so che non lo avresti mai fatto, ma il rischio c'era comunque, non si poteva mai sapere, e beh... è stata talmente dura fino a adesso, mi fa quasi male raccontartelo ».
Daphne non riusciva a staccare gli occhi da lui, incantata. « Davvero? » sussurrò con una vocina che non le apparteneva.
Theo annuì consapevole. E poi, improvvisamente, senza alcun preavviso... Daphne si tuffò il viso nelle mani aperte e pianse, le spalle scosse dai sussulti.
Lui era lì scandalizzato. Ora si capivano molte cose. Si diede mentalmente dell'idiota per aver sempre cercato di accontentarla, di capirla, di sopportare le sue stranezze.
Le donne erano strane. Dovevi essere perfetto per loro, ma non così allocco. E lui lo era stato decisamente troppo, ultimamente.
E poi c'era la rivelazione per eccellenza, responsabile sicuramente delle lacrime di Daphne.
Ora anche Theo, secondo lei, era entrato nella schiera dei malati mentali.
Erano, adesso, ufficialmente fatti l'uno per l'altra.
Dandosi un contegno virile, Theo la fece alzare e la abbracciò teneramente, dandole colpetti sulla schiena. Poi lei si asciugò le lacrime e lo guardò. Theo fece un sorriso enorme.
« Orbene, adesso cosa facciamo? »

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