40. By the way

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Ci sono due stili nel dipingere ritratti: quello serio, ed il sogghigno.
Charles Dickens

Rovina. Catastrofe. Sciagura.
Draco Malfoy non aveva più la minima idea. Di cosa?, gli aveva domandato Blaise nel guardarlo uscire dalla sala comune di Serpeverde. Ma di niente, davvero, è tutto a posto, va tutto alla grande, tutto perfetto, okay, bene. E' solo che stava andando a parlare. A comunicare, a dialogare, a scambiare messaggi verbali. Il che era fantastico, davvero, veramente splendido, sarcasticamente parlando.
Draco ci aveva pensato e ripensato durante tutta la giornata precedente. Non riusciva proprio a togliersi dalla testa l'idea di essere stato maleficamente raggirato. Ora era assodato, qualcuno ce l'aveva con lui, e stava anche facendo un bel lavoro. Con un poco più di impegno, entro una settimana si sarebbe fatto ricoverare al San Mungo. Nel reparto dei Paciock, ovviamente – ormai era l'unico posto che gli si addicesse.
Già si figurava la scena. Era qualcosa di straziante. Lui disteso su un anonimo letto, ansimante, con il mal di testa, il cervello completamente andato e il suo bellissimo viso completamente sfigurato dalle avversità della vita. E poi Blaise, Theo e Pansy al suo capezzale con espressioni addolorate e sconvolte. Come hai potuto arrivare a questo, Draco? Chi può essere stato così crudele con te? Cosa ti è successo, ce lo spieghi? E allora lui avrebbe sollevato la testa dal cuscino, agonizzante, stremato. E' semplice, amici miei. I miei nemici sono stati due, e due soltanto. Femmine. Un paio. Crudeli, diaboliche, infernali. Mi hanno privato della mia genialità. Mi hanno ridotto in uno stato di pena perenne. Allora i tre si sarebbero guardati, confusi, senza capire. Ma chi? Come si chiamano queste due? E Draco avrebbe fatto fuoriuscire dalle labbra un sospiro sconfortato, mentre abbassava teatralmente le palpebre in un'espressione costernata. Gambe. Con tanto di musichetta drammatica.
E si sarebbe conclusa così, ecco, fine della storia. Perché Draco era sicuro che la Granger in una simile circostanza non sarebbe mai e poi mai andata a trovarlo. Non avrebbe avuto il coraggio di portare le due armi del delitto dritte nel suo reparto. Perché lei sapeva a cosa lo stava condannando. Forse lo faceva apposta. Del resto, era o non era la strega più brillante del loro anno? Solo lei avrebbe potuto pianificare una tortura del genere, si convinse Draco annuendo. Solo lei avrebbe scansato un bel momento di pura passione in nome del dialogo.
Draco non sapeva nemmeno com'era fatto, un dialogo. Bè, magari il giorno prima, al lago, qualcosa in questo senso avevano combinato, ma se una conversazione doveva portare a qualcosa, come diceva la Granger, in quel caso non aveva portato assolutamente a niente. Se non a nuove tacche da aggiungere alla sua agonia, ovviamente. Di nuovo, non poteva essere finito davvero in una situazione tanto assurda. Come faceva ancora a starsene lì buono ad assecondarla? Draco ci pensò e ci ripensò a lungo, mentre camminava. Doveva cambiare qualcosa, decise in un lampo. Doveva prendere in mano la situazione e mettere la Granger al suo posto.
Lui era l'uomo della coppia, se proprio dovevano essere una coppia. Era il capo, il comandante, il condottiero, aveva tra le mani il potere decisionale. Sì, Salazar, adesso andava meglio. Avrebbe messo in chiaro tutto quanto una volta giunto in biblioteca. Lui era Draco Malfoy. La Granger non avrebbe avuto bisogno di altre spiegazioni. Era perfetto. Qualcosa di geniale nella sua semplicità, si disse lui orgoglioso.
Con passo sicuro e un certo nodo nella gola, Draco varcò la soglia della biblioteca. Non c'erano molti studenti, e quei pochi presenti avevano il capo ficcato in libroni dall'aria così seria e impegnativa da avvertire la nausea solo a guardarli. Solo in quel momento Draco si rese conto dell'assurdità del darsi appuntamento in biblioteca. Lì lui e la Granger non avrebbero certo potuto parlare liberamente – o almeno, non con Madama Pince che gironzolava tra gli scaffali con l'aria minacciosa di chi pretendeva un silenzio perfetto da tutti quanti.
Che la Granger fosse stata così diabolica da volerlo costringere a ore infinite di silenziosissimo e romantico guardarsi negli occhi? Era davvero così perfida? Con il petto gonfio di ribellione, Draco scrutò attentamente la sala per cercare di avvistarla. Doveva giusto mettere subito in chiaro un paio di cosette. Doveva rimarcare il territorio, o non ne sarebbe uscito vivo.
« Oh, eccoti qui ».
Draco si sentì picchiettare sulla spalla. E quando si volse, veloce, stupito, comparve l'orrore. La vera disgrazia, lo sfacelo, la fine del mondo. Era qualcosa di atroce. Era assurdo. E più la guardava, meno sentiva la voce venirgli in aiuto. Semplicemente, non poteva crederci. E la Granger intanto gli sorrideva angelica. Del tutto indifferente, a proprio agio, insensibile nei confronti dei suoi sogni appena crollati. Una strega nel vero senso della parola.
« C'è qualcosa che non va, Draco? »
Passò un momento di terribile silenzio. Draco deglutì lentamente, scioccato, scandalizzato. Poi si sforzò di sollevare gli occhi sul viso della ragazza. « Granger, cosa... cosa hai fatto? » Soffiò, inalberato. « Dove sono le gambe? »
Qualche studente attorno a loro sollevò gli occhi dai compiti. La Granger, arrossendo lievemente, si limitò ad incrociare le braccia. « Sono solo pantaloni, per l'amor del cielo ».
« Perché? » Draco non riusciva seriamente a capacitarsi. « Perché l'hai fatto? »
Più la guardava, meno comprendeva. Quei pantaloni erano qualcosa di indescrivibile. Larghi, sformati, stavano dritti come pali e celavano tutto, tutto quanto – le gambe, maledizione, le gambe, la loro forma, le cosce, i polpacci, le ginocchia, le caviglie, ogni cosa. Perché doveva subire tutto questo? Cos'aveva fatto di male?
« Andiamo ».
La Granger, forse cogliendo una brutta occhiata da Madama Pince, lo prese per la manica del maglione e lo guidò in un altro lato della sala. Draco era ancora troppo sconcertato per parlare. Continuava a gettare occhiate alle gambe per essere certo che fosse tutto vero. E purtroppo lo era. La Granger non poteva fargli una cosa del genere, seriamente. Nessuno poteva essere così cattivo. Poi lei lo condusse ad un tavolo appartato, vicino a una finestra, dove campeggiava puntuale la sua montagna di libri. Gli indicò di sedersi, ma Draco restò in piedi lì dov'era, senza staccarle gli occhi di dosso, ancora sgranati.
« Granger... »
« Hermione ».
« Granger, invece, perché ti sto lasciando. » Sbottò Draco convinto. « Mi hai appena spezzato il cuore ».
« Sopravvivrai. » Hermione, con un sorriso serafico, si mise a sedere. « Ho soltanto pensato che in questa occasione non ti ci volessero distrazioni ».
Draco era senza parole. La guardò più volte, furioso, oltraggiato. « Loro... loro non erano una distrazione! » Inveì. « Erano qualcosa di rilassante, erano come... come un bel quadro in un salotto. Avrei parlato, avrei fatto conversazione con te, ma di tanto in tanto avrei lanciato a quel quadro un'occhiatina, perché è bello, accidenti, è... »
Hermione arrossì, ma subito dopo raddrizzò la schiena, composta. « Grazie. Ma credo che la tua ossessione per le mie gambe stia diventando preoccupante. Hai bisogno di disintossicarti un po' ».
« Ma cosa...? »
« Non voglio che tu stia con me per le mie gambe. » Hermione avvampò di nuovo, ma era decisa. « Sempre che tu sia d'accordo sullo stare insieme, ovvio ».
Draco si sgonfiò letteralmente. Rimase a fissarla, lei e i suoi pantaloni, lei e i suoi occhi scuri che lo studiavano a fondo come uno dei suoi libroni polverosi. La questione del rimarcare il territorio si accantonò all'istante in un angolo della sua mente. La Granger lo aveva appena trascinato non all'interno di un campo minato, ma di una vera e propria bomba atomica. Draco aveva pensato che lei avrebbe aspettato un po' prima di affrontare il discorso – qualche decennio, se fosse stato per lui – invece eccola lì che glielo gettava addosso con tutta l'indelicatezza possibile, e si aspettava una risposta immediata, anche. Non avrebbe potuto andar peggio. Draco si lasciò cadere sulla sedia dallo sbigottimento. Deglutì sonoramente, sentendosi in trappola come un topo.
« Ehm... ascolta, per stare insieme cosa intendi esattamente? » sibilò debolmente.
Hermione si fece esasperata. « Di nuovo, non ti sto chiedendo di sposarmi. » Puntualizzò. « Voglio soltanto che ci frequentiamo. Passare del tempo insieme e vedere come vanno le cose. Ovviamente, entrambi non dovremo uscire con nessun altro nel frattempo. Quindi è chiaro che non potrai vedere altre ragazze a parte me ».
Draco, seppur non proprio nel pieno delle proprie facoltà mentali, rimase in silenzio a valutare quel discorso. Non gli aveva detto niente che lo avesse sorpreso. Sapeva già che la Granger aveva l'esclusiva su tutto e tutti gli altri. Ma rendere ufficiali questi dettagli, dirseli, parlarne, non era troppo impegnativo? Draco, per la prima volta, si chiese se fosse davvero pronto a tutto questo. Non credeva che con la Granger avrebbe avuto problemi di fedeltà – lei da sola, con i suoi complessi e suoi ordini, bastava a succhiargli via ogni energia possibile – ma una cosa era pensarci, un'altra era trovarsi davvero nell'occasione di poterle fare del male e doversi trattenere. Dopotutto, era la prima volta che si lui impegnava seriamente con qualcuno. Forse non era così difficile; doveva solo abituarsi all'idea. Magari il trucco era davvero quello.
« Io... Granger, non lo so. Non so cosa dire ».
« Mi era sembrato di capire che ti piacessi ».
« Diavolo, se è vero ».
« Che ti piacessi molto ».
« Vero anche questo ».
« Che un po' a me ci tenessi ».
« E' possibile, sì ».
« Draco ».
« Oh, Salazar, non ti azzardare a cercare di farmi diventare sdolcinato ».
« Ma... »
« Non ci provare nemmeno, intesi? »
« Quindi devo dedurre che... »
« Stiamo insieme! D'accordo, d'accordo, affare fatto. Ma ti supplico, finiamo questa conversazione. La mia povera dignità! La mia pover... »
« Benissimo » lo interruppe la Granger, e soddisfatta, si lasciò andare allo schienale della sedia.
Draco, inebetito, la bocca ancora aperta, rimase immobile a fissare la superficie del tavolo. Si erano messi insieme nell'arco di un paio di secondi. Secondi terribili. E lei lo aveva incastrato. Aveva per l'ennesima volta trovato il modo di rigirarselo a suo vantaggio. Ma era davvero successo? Ci era davvero finito, nella trappola?
« Tanto per chiarire, » sbottò Draco improvvisamente, « sono io l'uomo della coppia ».
La Granger sbatté le palpebre in sua direzione. « Non... bè, avevi forse paura che non fosse abbastanza chiaro? »
« Ti sei messa i pantaloni per superare la mia autorità ».
« Sciocchezze. » A Hermione venne da ridere. « Sono solo dei pantaloni ».
Draco la osservò sospettoso. Per un momento ebbe perfino lui l'impulso di ridere. Gli venne anche in mente qualche battutina maliziosa, ma non avrebbero sortito l'effetto desiderato in quel momento – non se loro due erano così distanti, ai capi opposti di un tavolo, senza nemmeno la possibilità di potersi sfiorare. Si sentì cogliere da un dubbio scomodo. Sarebbe stato sempre così, con la Granger? Massima distanza, niente battute, niente di niente? Draco sentì insorgere la propria valenza di uomo della coppia. Si schiarì la voce.
« Okay, ti ho soddisfatta. Stiamo insieme. » Disse. « Ora sei ufficialmente nelle mie mani ».
Hermione inarcò appena le sopracciglia. « Prego? »
« Deciderò io il prossimo argomento. » Draco sogghignò. « Sesso ».
« Davvero inaspettato » commentò Hermione, ma non sembrò arrabbiata, e puntellò il gomito sul tavolo.
« Tanto per sapere, » cominciò lui, casuale, « non vuoi aspettare fino al matrimonio, vero? »
Hermione si fece perplessa. « Ti ho dato questa impressione? » Chiese, esitante. « Non sono una specie di suora, Draco ».
« Quasi. » Il ghigno di lui si allargò. « Sei sempre molto fredda con me ».
E, con grande soddisfazione, la vide farsi imbarazzata. Una volta tanto era lei quella atterrata in un argomento scomodo. E Draco la osservò attentamente mentre arrossiva, le guance calde e gli occhi inaspettatamente gelidi. Sembrava aver qualcosa di importante da dire. E Draco, paziente, aspettò che lei finalmente si decidesse a parlare. « Te l'ho spiegato ieri. Ho bisogno di avere più confidenza con te ».
« E' così che credi di ottenerla? » Draco sorrise indicando il tavolo che si frapponeva tra loro. « Stando a due metri di distanza l'uno dall'altra? »
« Ci sono vari tipi di confidenza. » Hermione cominciava a scaldarsi. « Forse tu la ottieni con il contatto fisico. Io ho bisogno dell'intesa mentale ».
« Io sono solito aprirmi con le persone con i fatti. » Draco le lanciò un'occhiata intensa. « Le sedute di conversazione non fanno per me. Non mi trovo a mio agio. Te, invece, sembri sicura di te soltanto quando dai aria alla bocca. » Sorrise di nuovo, tranquillo. « Sarà tosta, Granger ».
« Hermione. » Rimarcò la ragazza. « E dovremo soltanto lavorarci sopra, tutto qui ».
Draco tracciò lentamente con le dita il bordo del tavolo. Soltanto adesso sentiva che cominciava a smuoversi qualcosa tra di loro. Adesso non potevano più mandarsi al diavolo senza mandare al diavolo nello stesso tempo tutto il rapporto. Era diventato tutto difficile, complesso. Bisognava andarci con i piedi di piombo. E lei sembrava pensare la stessa cosa – lei che in quel momento era pensierosa, confusa, in difficoltà. Il metodo della conversazione faceva schifo, pensò Draco, e doveva subito farlo capire anche alla Granger. Riflettendo, imbastì subito il suo sorriso più accomodante.
« Forse hai ragione tu. » Le disse convincente. « Dovremmo davvero parlare di cose serie ».
Lei alzò lo sguardo su di lui. Non sembrava crederci. « Dici davvero? »
« Sì. » Rispose subito Draco, gongolando intimamente. « Mi sono appena accorto che la sincerità è d'obbligo. Se non ci diciamo all'istante tutto quanto, tutte le cose importanti, non potremo mai costruire niente di solido ».
Gli occhi della Granger brillavano. « Oh... io la penso esattamente allo stesso modo ».
« Non ne dubitavo. » Draco continuò a sorridere. « Quindi, Hermione, direi di affrontare la questione con la dovuta maturità. Dimmi, quanto esattamente è profondo il tuo amore per il sottoscritto? »
Silenzio.
Hermione trattenne il respiro, e se precedentemente era arrossita altre volte, niente era paragonabile al suo colorito in quel momento. A Draco sembrava di osservare qualcosa di incandescente. Un camino acceso. Era qualcosa di meraviglioso, costringerla a sputare fuori tutta la verità, ancora di più perché lei, a meno di non risultare pesantemente contraddittoria, non avrebbe potuto in alcun modo rifiutarsi di rispondere. Com'è sentirsi in trappola, Granger?, pensò Draco soddisfatto. Attese, stravaccato su quella sedia, in assoluta comodità, che lei finalmente si calmasse. Aveva tutto il tempo, davvero. Non c'era nessun impegno. Proprio nessuno, nessunissimo. E intanto lei si guardava intorno, disperata, come se aspettasse che qualcuno le venisse in aiuto. Guardò Draco un'ultima volta e abbassò gli occhi, imbarazzata.
« Bè... non credo proprio che tu abbia bisogno di dichiarazioni » borbottò, piccata.
Draco scosse soave la testa. « Non penso proprio. Mi dicesti che io ti mandavo in confusione, d'accordo, ma non è abbastanza. Io voglio sentire qualcosa di più. Non può piacerti qualcosa solo perché ti manda in confusione. A me manda in confusione Aritmanzia, per esempio, e la detesto ».
« Andiamo, sai bene che si tratta di una confusione del tutto diversa. » Hermione era cremisi. « E... bè, ecco, è qualcosa di bello, mi fa stare bene, mi piace. Tu... Merlino, non riesco a dirtelo se mi fissi con quella faccia ».
« Quale faccia? »
« Quella faccia ».
Draco smise all'istante di sogghignare. Hermione gli scoccò un'occhiataccia, poi prese un respiro profondo. « Tu... sì, tu mi piaci abbastanza, ecco ».
« Solo abbastanza? »
« Oh, d'accordo, più che abbastanza ».
« Pensavo di piacerti da morire, Granger ».
« Io... ci stai godendo, non è vero? » Hermione, incredibilmente, si lasciò scappare un sorriso. « Non voglio mai più parlare con te ».
« Salazar sia lodato, l'ha detto. » Draco si alzò e aggirò un po' il tavolo. Riprese a ghignare. « Ora è il mio turno. Vuoi davvero sapere tutto? »
Hermione era divertita. Draco non sapeva come aveva fatto – non ne aveva la minima idea, davvero – ma era riuscito a metterla di buonumore. Ne avrebbe approfittato, che a lei fosse piaciuto o meno. Già la sua mente andava oltre quella conversazione. Intanto la Granger annuì, piano, stupita che lui volesse davvero parlare. Povera illusa, pensò Draco. Continuò a sorriderle.
« Visto che non sono bravo con le parole, in questi casi, » sussurrò, « ti spiace se mi rifaccio al passo di un libro che ho letto proprio ieri? »
Hermione era sorpresa. « Oh... no. Penso che andrebbe benissimo ».
« D'accordo. Non ricordo la frase esatta, però. Vieni a prenderlo con me? »
E le afferrò la mano, forse con più decisione di quel che aveva premeditato, con meno garbo, meno delicatezza. Non sapeva niente – né se lei si fosse accorta di qualcosa, né se lo sospettasse, o se fosse in procinto di arrestarlo – ma la sentì alzarsi al suo tocco, e Draco già camminava verso gli scaffali, portandosela dietro, senza perdere tempo a scoprire quale fosse l'espressione della ragazza. Sentiva il cervello stranamente sgombro. C'era una cosa, solo una, che voleva realmente fare – tutto il resto, il dialogo, le conversazioni e la serietà, poteva pure andare al diavolo. Si era trattenuto per quasi una settimana, accidenti, e stava letteralmente impazzendo. Non era abituato a resistere così tanto, ad aspettare i comodi delle persone, a cercare di ragionare. Lei poteva starsene a ragionare, se voleva, ma lui ne faceva anche a meno, se possibile, grazie tante.
« Ehi... ehi, ehm, il libro si trova qui? »
Draco svoltò con decisione una libreria. « Un po' più avanti, Granger ».
« Hermione. » Puntualizzò lei affannata, lasciandosi trascinare. « E' Hermione, quante volte devo ripetertelo? »
« Devo farci l'abitudine ».
« Dovrai pur sforzarti un po', però ».
« Hai ragione, Grang-Hermione ».
« Draco! »
« L'ho fatto apposta, dai ».
« Se mi chiami ancora una volta per cognome, io... io... »
Draco aggirò l'ultimo scaffale, scorse la porticina e afferrò la maniglia. Conosceva bene quello stanzino; ci tenevano i libri impossibili da aggiustare perché troppo strappati o troppo muffiti. Infatti lì dentro era pieno di scatoloni enormi. Draco richiuse la porta dietro di loro. Riprese fiato, lentamente. Era buio, e i contorni della Granger risaltavano appena grazie a una finestrella minuscola posta sull'angolo del muro.
« Tu cosa? » le sussurrò sulla bocca, e la spinse, la spinse forte a ridosso di qualcosa che non si diede nemmeno la pena di vedere cosa fosse. Forse uno scaffale, o uno scatolone, o un muro. Non gliene importò assolutamente niente. O almeno, non finché la Granger non si ritrasse.
« Ouch! »
Hermione si circondò la testa con le braccia; un libro polveroso dietro l'altro continuava a precipitare giù dallo scaffale traballante. Draco si affrettò subito a scansarli, col risultato che un volume particolarmente grosso lo beccasse dritto sul naso.
« Dannazione! »
« Così impari a comportarti da selvaggio, Mister Delicatezza. » Frecciò Hermione acida, china attraverso la pioggia di libri che continuavano a franarle addosso. « Non sarebbe bastato chiedere? »
Draco si coprì la testa a sua volta, gli occhi strizzati e la punta del naso rossa e dolorante. « Salazar, si chiama Metodo Malfoy! Ha sempre funzionato... ahi! » Si massaggiò la nuca e diede un furioso calcio al librone che lo aveva colpito. « Sai com'è, sbatti al muro e ficca la lingua in... »
« Ci ero arrivata da sola, grazie! » Esalò Hermione torva, e scansandosi, estrasse la bacchetta. « Immobilus! Il baccano è stato enorme, Malfoy, » dichiarò esausta, scansando un paio di libretti con la punta della scarpa, « dobbiamo andarcene ».
Draco la fissò con occhi sgranati. Era ancora peggio del dolore sul naso. « Neanche per sogno, Granger ».
Non le lasciò tempo di replicare. Le volò addosso un'altra volta, intrappolandola tra le braccia, lasciandola aderire a qualsiasi cosa la Grifondoro potesse trovare dietro la schiena. Hermione aveva strizzato le palpebre con una smorfia. Forse si aspettava di andare a sbattere contro qualcos'altro di traballante. Invece era una parete, una vera parete spoglia, e Draco la fissò con gioia.
Stavolta aveva funzionato.
E senza attendere oltre, nemmeno premurandosi di cogliere una qualsiasi occhiata della ragazza, Draco ripiombò su quelle labbra. Perciò ciao, arrivederci, è stato bello, ma io sono già altrove. E successe subito, all'istante, immediatamente. Tutto si era spento improvvisamente, ed era buio, buio come la notte, buio come uno spazio meraviglioso soltanto per loro due. Non avere nessuno che li fissava era un sollievo di cui Draco si rese conto solo in quel momento. Ed era bello, lei era bella, la sua bocca ancora di più. L'aveva inchiodata tra le sue braccia e gli piaceva da morire. Gli piaceva tutto di quella maledetta ragazza. Perfino il modo in cui lo baciava, in cui quelle labbra si schiudevano così inaspettatamente – in modo così sorprendentemente facile, come se per tutto il tempo lei non avesse fatto altro che prenderlo in giro in attesa di quel momento, dell'attimo di follia che li aveva portati lì rinchiusi in quello stanzino, l'uno che premeva sull'altra, a viversi a vicenda. E Draco se la divorò tutta quanta. Non capiva come avesse fatto a resistere per tutto quel tempo. Ma non le lasciava pace, non le lasciava respiro, non lasciava la presa, non lasciava che quel bacio terminasse. Sentiva le braccia di lei serrate sulle sue spalle e il corpo che lo cercava, che si faceva in avanti, che si inarcava per farli combaciare.
Draco sentì i propri baci farsi furiosi, ardenti, incontrollati. Se lei non la smetteva subito di dargli corda, l'avrebbe tenuta confinata lì dentro per tutto il resto della giornata. Non si faceva problemi, davvero. E a quanto pareva nemmeno lei; Draco infatti intrufolò una mano sotto il maglione e la pelle calda gli rispose senza scostarsi. Lo stava facendo impazzire, e maledizione, la Granger non stava nemmeno facendo chissà cosa. Lo mandava in paranoia senza nemmeno accorgersene. Che fosse per un bacio, per uno sguardo o per una chiacchierata, Draco era in pericolo. Non c'era da stare tranquilli con lei. Era pura adrenalina. Ne andava totalmente pazzo. Ne andava pazzo e non c'era più rimedio, temeva. Lasciò che le dita percorressero il ventre di Hermione, sfiorò l'ombelico, andò più in alto, in alto, in alto, finché non si insinuò sotto il reggiseno e cominciò ad accarezzarla. La bocca di lei lo cercò con più vivacità, la lingua scivolò su quella di Draco accompagnata da un sospiro basso. E intanto una delle mani di Hermione, più decisa, meno timida di quello che lui si era aspettato, slittò sulla sua schiena fino a rifugiarsi, lentamente, nella tasca posteriore dei pantaloni. Le dita della Grifondoro gli premevano dolcemente sulla natica. Ma stava davvero succedendo? Non era un sogno, vero? Draco ormai sentiva sbarellare ogni possibile controllo. Non ce la faceva più. Assaporò quelle labbra per un altro istante, giocando dentro di lei, finché non dovette scostarsi per permettere a entrambi di respirare. Accostò la fronte a quella di Hermione, la mano ancora salda sul suo seno. I respiri accelerati si mescolavano impetuosi. La guardò e gli risposero occhi brillanti, densi dello stesso calore che Draco si sentiva addosso.
« Cristo. » Baciò la guancia della ragazza e scivolò sul suo collo, il fiato mozzo, accarezzandole la pelle con la punta delle labbra. « Cristo ».
Le baciò le spalle, tirò giù il maglione, scostò piano i suoi capelli bruni. La mano di Hermione sgusciò lentamente via dalla tasca dei pantaloni e si inchiodò sulla sua spalla, il viso affondato nel suo petto, le labbra torturate di morsi. Draco le baciò l'orlo del seno, e poi tornò sulla mascella, sulle labbra. Gliele dischiuse con la lingua e si insinuò di nuovo dentro di lei. Non riusciva a pensare a niente, e lei neppure. Era fantastico. Aveva quasi dimenticato quanto la Granger baciasse bene. Da ora in poi, avrebbe preteso un rinfrescamento di memoria ogni singolo giorno. Glielo avrebbe detto chiaro e tondo, non c'erano storie. La vicinanza della Granger gli faceva un effetto straordinario. Erano in momenti come quelli – proprio come adesso, in cui lei gli stava stretta e si mostrava succube della stessa passione – che Draco ricordava con esattezza come mai se ne fosse invaghito tanto profondamente. Era letteralmente conquistato da tutto quanto, ogni singola cosa. Gli piaceva che dovesse faticare parecchio, prima di avere il permesso di baciarla in quel modo. Gli piaceva che prima dovesse sforzarsi di metterla di buonumore. Gli piaceva che lei stabilisse delle regole, che spesso inventasse degli ostacoli, che rendesse tutto meno scontato. Gli piaceva stare con lei. Stavano insieme ufficialmente da nemmeno dieci minuti, ma cavoli, se era sempre così, se la sarebbe pure sposata. Bè, per modo di dire. Oddio, certo però che baciava davvero bene...
« Aspetta. » Mormorò Hermione, scostandosi un po'. « Aspetta. Potrebbe entrare qualcuno ».
« Ma io ti stavo giusto dicendo perché mi piaci. » Draco le baciò la guancia. « Hai capito bene? Te lo ripeto senza problemi, se vuoi ».
Gli sorrise piano, divertita, e ricambiò subito il lieve bacio che lui le diede sulle labbra. Poi tornò a guardarlo, il petto che si alzava e si abbassava velocemente. « E' che... non penso di potermi trattenere, se rimaniamo qui dentro ».
Fu come se gli fosse atterrato un altro librone dritto in testa. Draco faticò quasi a ritrovare la voce. Lasciò scivolare via la mano dall'interno del suo maglione, e la strinse di più a sé afferrandola per la vita. Non se l'era aspettato. Quella confessione era qualcosa di incredibile. Doveva trovare assolutamente il modo di piegarla a proprio vantaggio.
« Non dobbiamo per forza trattenerci. » Mormorò, sfiorandole la fronte. « Io non voglio più farlo ».
« E' presto. » Hermione sollevò il mento a guardarlo dritto negli occhi. « E' davvero troppo presto ».
« Però mi vuoi ».
« Certo, ma non così. » La sua voce si abbassò. « Non qui. Non adesso. Non in questo modo ».
Draco rimase immobile a guardarla, sentendo il respiro di lei riscaldarlo. E poi vide il buio di quello stanzino, sentì l'odore di vecchiaia, ebbe coscienza di loro due lì in piedi a ridosso di quella parete, circondati da pile di scatoloni, sommersi da libri rovesciati sul pavimento. Se proprio doveva farci caso, non era un bel contesto. Non per la prima volta, almeno, pensò immedesimandosi in lei. Doveva avere in mente qualcosa di più romantico, qualcosa di meglio. Qualcosa che li avrebbe fatti sembrare davvero una coppia a tutti gli effetti. Draco non si sentiva per niente soddisfatto, specialmente perché ancora una volta non avrebbero concluso niente, ma poteva avere pazienza, poteva aspettare ancora un po'. Aveva resistito finora, dopotutto. Però più la guardava, il suo viso, i suoi occhi, le sue labbra, meno aveva voglia di assecondarla. Accostò la fronte alla sua, sospirando.
« D'accordo. » Disse. « Usciamo ».
Lei parve sorpresa, ma annuì prontamente. Si baciarono di nuovo – Draco doveva essersi avvicinato per pura forza di gravità, perché non ricordava affatto di averlo pianificato – e anche se c'era meno smania di prima, anche se non si stringevano allo stesso modo, pensò che dovesse colpirlo un fulmine per farlo staccare da quella bocca. Semplicemente non ne faceva a meno, con la Granger era impossibile dire basta. Un bacio tirava l'altro e finivano col ritrovarsi mezzi spogliati. Infatti Draco sentiva già le dita insinuarsi sotto al maglione, e quelle di lei che giocherellavano con i primi bottoni della sua camicia. Poi i respiri si fecero di nuovo pesanti, il bacio intenso e profondo. Ci erano ricascati. Fu Hermione ad allontanarsi, ed era rossa, stremata, ma decisa.
« Direi di... »
« Sì, ottima idea ».
Draco indietreggiò di un passo, liberandola dalla sua trappola di scatoloni. Presero a sistemarsi; lei aveva il maglione scombinato e Draco, per qualche assurdo motivo, i pantaloni un po' calati e la camicia sgualcita. La guardò rassettarsi i vestiti e, anche con quei pantaloni a coprirla ancora di più, non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. I capelli erano ancora più gonfi e spettinati; doveva averglieli afferrati, ad un certo punto. E quelle labbra erano ancora fiammanti, accese dai suoi baci. Dio, ora si avvicinava e gliene dava un altro, così, per sicurezza. Che male poteva fare? Solo uno, non era niente di che, soltanto...
« Comunque... adesso dovrei studiare ».
Hermione lo guardava con un'espressione a metà tra il colpevole e l'imbarazzato. Draco annuì, piano, ed uscirono dallo stanzino. Dopo tutto quel buio, la biblioteca sembrava stranamente luminosa. Guardò la Granger e gli sembrò di vederla risplendere. Poi lei si appoggiò a uno scaffale, si tormentò le dita, si fece accigliata.
« Io... io ti ringrazio per questa chiacchierata ».
« Ho dato il meglio di me » disse Draco con complicità.
Hermione sorrise, poi sembrò trovare il coraggio di guardarlo negli occhi e sollevò il mento. « Sì, direi che... ti sei espresso piuttosto bene, oggi ».
« Verginella, è malizia quella che sento? » Draco sogghignò. « Forse sto davvero apportando dei miglioramenti ».
« Forse. » Rispose lei, e gli sorrise, un sorriso strano, un sorriso bellissimo. « Ci vediamo? »
« Ci vediamo ».
E gli volse le spalle, veloce, avviandosi verso il tavolo dei compiti.

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