43. Bloodstream

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Non c'è desiderio ardente che rimanga inappagato.
Kahlil Gibran

« Non merita la minima attenzione, davvero! Dovresti semplicemente fingere che non esista. E' una cosa abbastanza naturale: noi lo facevamo con te quando ci davi fastidio ».
« Grazie mille, Granger ».
« Prego. E adesso potresti anche toglierti quell'aria scontrosa dalla faccia, non credi? Non è affatto la fine del mondo ».
« Non so se ci hai fatto caso, ma qui si mette in discussione la mia virilità. La mia dignità maschile. Il mio orgoglio. Come faccio ad ignorarlo? Tu devi avergli detto qualcosa, è ovvio ».
« Io? Draco, non dire stupidaggini ».
« Devi avergli detto che non sono come loro hanno sempre creduto... le solite cazzate sdolcinate, no? Lui non è come pensate, è gentile, dolce, premuroso! Dio, come puoi aver osato? Eh? Come fai a sentirti in pace con te stessa? Come diavolo puoi, Granger!? »
« Hermione ».
« Come puoi, Hermione!? »
« Oh, Draco... »
« Come puoi, Drac... »
« Insomma, ti vuoi dare una calmata? »
La Granger gli diede una gomitata. Anche piuttosto forte, a dire il vero. Draco, interrompendosi di botto, si massaggiò il braccio con aria arcigna.
Non poteva semplicemente crederci. Ecco, sì, quante volte era che lo ripeteva? La millesima, tanto per dire. Questa era la verità: ogni volta che incontrava la Granger c'era sempre qualcosa che non andava. Sempre. Draco avrebbe potuto metterci la firma, e anche la controfirma, tanto per sottolineare meglio il concetto. Che fosse per lei, per la sua gonna, per i suoi amici o per le sue uscite improbabili da verginella schizzata, lui non aveva via di scampo. Aveva creduto di essersi preparato a tutto, ormai; poteva dire di conoscerla bene da quasi tre mesi. Eppure, in qualche assurdo modo che solo lei conosceva, trovava sempre il modo di scomporlo. C'era sempre qualcosa che lo metteva di malumore e che dava a lei, per contro, l'opportunità di mettere su quell'espressione altera da detentrice assoluta della saggezza suprema.
Draco la spiò con la coda dell'occhio. Guarda com'era soddisfatta di se stessa! Guarda com'era insensibile nei confronti della dignità distrutta del suo fidanzato! Non si era mai sentito più tradito in vita sua. E intanto quel nomignolo orribile, disgustoso e inopportuno, continuava a rimbombargli nella testa senza dargli un attimo di pace. Draco si chiese distrattamente se non stesse sognando; non sarebbe stato così male, in effetti. Avrebbe dato chissà quale somma di galeoni per potersi risvegliare nel proprio letto, magari andando indietro di un giorno, avendo così altro tempo per delineare meglio la sua missione. Quel giorno era stato un incubo a tutti gli effetti; pur approfittando delle lezioni e delle pause, tanto da non aver calcolato i suoi compagni nemmeno per un secondo, Draco non era riuscito a venire a capo di niente. C'era quel maledetto gala di beneficenza che lo ossessionava; e se soltanto lo collegava alla Granger, anche per un istante, si rendeva conto di quanto le possibilità di riuscita fossero disperate.
Non ci voleva un genio per capire che Hermione non avrebbe mai e poi mai accettato di parteciparvi. Non erano cose per lei, semplicemente, fine della storia. Sarebbe stata una chiacchierata lunga, e Draco già lo sapeva. La sola idea di dover penare così tanto per convincerla delle sue buone intenzioni era un'agonia in piena regola. Già prevedeva le urla da pazzoide e le terribili minacce di una rottura definitiva, in quanto lui, Draco, se aveva il coraggio di chiederle una cosa del genere, doveva per forza incarnare un essere assolutamente spregevole.
« Dove mi stai portando? » domandò Hermione in quel momento.
Draco deglutì appena. « Siamo quasi arrivati ».
Percorsero un altro corridoio, in silenzio – Draco aveva irresistibilmente fatto scivolare una mano sulla schiena della ragazza – e poi si infilarono subito dopo in un'aula vuota, chiudendosi piano la porta alle spalle. La stanza era scurita dal buio della notte profonda di quella sera. Draco condusse prudentemente la Grifondoro in direzione della cattedra, facendole cenno di sedersi. Hermione acconsentì con un sorrisetto malizioso e severo allo stesso tempo.
« Non avrai in mente... »
« Le mie intenzioni sono delle più nobili. » Ribatté Draco prontamente, e si allontanò di qualche centimetro, sedendosi sulla cattedra a distanza. « Devo soltanto, ehm... parlare con te ».
« Anche io » disse subito Hermione, precipitosa.
Draco si sentì sprofondare. La guardò bene, a lungo, lei e i suoi capelli legati in una treccia, il volto deciso che lo fissava, le ginocchia invitanti che spuntavano dall'orlo della gonna. Gli occhi di Hermione brillavano di decisione. Non era uno spettacolo molto rassicurante, in realtà. Non poté far altro che annuire, mesto, lasciandole la parola.
In risposta, lei si gonfiò di severità. « Bene, spero non crederai che io abbia dimenticato la tua cattiva condotta di qualche giorno fa ».
Tacque, guardandolo insistentemente. C'era una certa minaccia, in quello sguardo. Draco, pur avvertendola pizzicare sulla pelle, cadde sul serio dalle nuvole. « Granger, di cosa diavolo parli? »
« Dell'inadeguato comportamento tuo e del tuo amico Nott. » Rispose Hermione d'un fiato, le labbra assottigliate. « Non voglio mai più vederti fumare, da ora in avanti ».
Quello fu un colpo al cuore nel vero senso della parola. Okay, fu un vero infarto. Draco dovette rievocare quelle parole – quelle parole terribili – almeno una decina di volte prima di afferrarle. La ribellione si fece spazio nel suo petto a passo di marcia. La Granger voleva la guerra. Non dovette neppure rifletterci; la sua bocca si era già aperta, inviperita, per intimarle di tenere a freno i suoi stupidi ordini. Poi gli sovvennero un sacco di cose, improvvisamente; suo padre, il gala, il suo piano, lei, il fatto che fosse necessario tenerla di buonumore. Non poteva farla arrabbiare, per nessun motivo; eppure, maledizione, quella era una tortura. Draco dovette farsi scivolare l'orgoglio in fondo alla gola. Era un boccone decisamente amaro.
« Come vuoi » disse a fatica, sorridendo forzato.
Hermione, in risposta, gli donò un grande sorriso luminoso. Draco rimase abbagliato. Era così bella, quando ci si metteva d'impegno. Perché non poteva essere sempre così – felice, gentile, leggera, bendisposta? Draco si sentì afferrare subito entrambe le mani; la Granger era scivolata un po' sulla cattedra. Intrecciò le dita con quelle di lui, sempre con quel bel sorriso. Adesso sembrava un angelo.
« Allora, cosa volevi dirmi? » gli chiese dolcemente.
Eccola, la tragedia. Draco dovette distogliere lo sguardo dal viso della ragazza. Aveva passato l'intera giornata a scegliere con cura le parole giuste; come iniziare, cosa evitare, come riuscire nella sua impresa senza sembrare un bastardo senza cuore. Considerando poi che la Granger era sospettosa e prudente per carattere, gli sforzi dovevano triplicarsi. Non ne sarebbe uscito vivo, se lo sentiva. Immaginò la conclusione di quella conversazione con lei che, iraconda, sbatteva forte la porta con gli strilli che riecheggiavano nei corridoi. Era orribile.
« Senti... » cominciò Draco, riluttante, « ieri ho incontrato i miei genitori ».
Le mani di Hermione si mossero piano nelle sue. Draco le fissò a lungo, perché davvero, non aveva il coraggio di guardarla in faccia. « A quanto pare non si sono mai fidati del tutto della nostra... beh, storia ».
« Della nostra messinscena, vorrai dire. » Disse Hermione, il tono improvvisamente cosparso di diffidenza. « Ma non ha importanza; ormai si è del tutto conclusa, no? »
Draco sollevò lo sguardo. Incontrò i suoi occhi e fu, esattamente, come andare a sbattere contro un muro di mattoni a velocità supersonica. Non aveva neppure cominciato a spiegarle per bene le cose, che Hermione aveva già assunto un cipiglio torvo. Dov'era finito quel bel sorriso?
« Certo. » Si affrettò a dirle. « Certo. Però mi hanno chiesto, una volta per tutte, di dimostrare loro la, ehm... veridicità del nostro rapporto ».
« Stai... stai forse per chiedermi di venire di nuovo a casa tua? » Sibilò Hermione scioccata, e tolse subito le mani da quelle di Draco. « Di continuare a recitare quella stupida messinscena adesso che è tutto reale? »
« No! » La bloccò Draco, allarmato. « Non sarà necessario fingere niente che non sia vero. Granger, le cose sono cambiate, e lo vedi da sola ».
« Appunto. » Sbottò lei, le narici frementi, fissandolo come si poteva fissare, forse, un calcolo di Aritmanzia che non tornava. « Sono la tua ragazza, non puoi permetterti di ricattarmi ancora. Il solo pensiero che tu abbia queste intenzioni, davvero, è assolutamente... »
« Non ho queste intenzioni! Dannazione, Granger, lasciami parlare. » Si scaldò Draco, e senza volerlo la sua voce risultò agitata. « Tutto ciò che chiedo è la tua collaborazione. Niente di più. No, accidenti, ascoltami! » Continuò tra i denti, poiché lei dava segno di volergli urlare addosso. « Sarà una cosa vera, vuoi capirlo? Niente recite, niente bugie. Dovrò davvero portare a casa la mia fidanzata ».
« Dovrai. » Ripeté Hermione con vivacità, incrociando bruscamente le braccia. « E' questo il modo in cui mi vedi, come un dovere. Dici che sarebbe tutto vero, ma è una menzogna; tu non vuoi veramente presentarmi ai suoi genitori ».
« Ma proprio non ci riesci a vedere la situazione con lucidità? » Draco sentì di perdere del tutto la pazienza. « Come potrei volerlo davvero, adesso? Abbiamo cominciato ora a... »
« Va avanti da molto più tempo! » La voce di Hermione si incrinò. « Lo sai bene. Non è soltanto... una settimana ».
La vide abbassare lo sguardo, le sopracciglia aggrottate, la gambe tremanti come se non vedesse l'ora di poter scendere da lì e andarsene. Draco se ne accorse e le riprese una mano, velocemente, disperato. Tutto ciò era assurdo; non ci capiva più niente. Dov'è che aveva sbagliato? Cosa avrebbe dovuto dire, adesso? Stette a rifletterci a lungo, intensamente, temendo che Hermione fuggisse via da un momento all'altro. Che situazione. Quando lei lo guardò di nuovo, arrabbiata, quasi si sentì sobbalzare.
« Quello che mi stai chiedendo è di fingere di nuovo. » La sua voce tremava di collera. « Farai finta di apprezzare qualcosa per cui non sei ancora pronto. Reciterai ».
« D'accordo. » Draco, sfinito, si lasciò andare ad un forte sbuffo. « E' vero, mi spaventa l'idea di presentarti come la mia ragazza ufficiale. Mi terrorizza, cazzo. Hai ragione. Però sarei disposto a farlo, a provarci ».
« Soltanto perché i tuoi genitori ti hanno costretto! »
« Quindi ti rifiuti? » Draco le lasciò d'istinto la mano, sentendo evaporare ogni residuo di calma. « Non c'è problema, Granger. Alla grande. Domani andrò a casa e confesserò tutto ai miei genitori; dirò che è stata tutta una cazzata, che non c'era niente di vero in ciò che hanno visto finora, che tu ti rifiuti di prender parte a mio fianco. Sapendomi libero, non tarderanno di certo a riprendere da dove avevamo lasciato in estate; e allora temo, Hermione, che più o meno ogni settimana sarò costretto a tornare a casa per incontrare le nuove pretendenti. Dovrò parlarci, intrattenermi con loro, conoscerle. Sarai in grado di sopportarlo senza aprir bocca? Lascerai davvero che tutto questo accada? Rispondi ».
« Tu... tu osi ricattarmi ancora? » La Granger era così sconvolta che scivolò giù dalla cattedra, sostenendosi con le proprie gambe tremanti di rabbia. « Ti sei appena smascherato; non sei affatto cambiato! »
« Sono soltanto realista, maledizione. » Sibilò Draco, fuori controllo. « Ti dico solo che le cose andranno esattamente in questo modo. E sarai stata tu a volerlo ».
Hermione rimase lì, immobile, i pugni serrati incollati ai fianchi e la schiena vibrante dritta come un tronco. Draco ebbe la netta impressione che si stesse impedendo di tirargli uno schiaffo, o di estrarre la bacchetta.
Le cose erano degenerate.
Lui stesso era lì immobile a guardarla, il respiro sempre più dolce. Il tormento della ragazza, se possibile, gli provocò un lieve malessere. Draco non sapeva nemmeno cos'era; senso di colpa, la sensazione che le cose gli fossero sfuggite di mano, o quella di essere davvero un bastardo spregevole come lei sembrava pensare. Ciò lo confondeva. Non sapeva decifrare le proprie emozioni, in quel momento. Ma poi il proprio braccio si allungò, automatico, fino ad afferrare gentilmente il polso della ragazza. Hermione si riscosse dal suo silenzio raggelato, esasperata, lasciandosi andare ad un forte sospiro; ma Draco la trasse subito a sé, facendo scivolare entrambe le braccia sulla sua schiena, e poco dopo già la premeva stretta contro il suo petto. Lei non lo abbracciava di rimando, il corpo rigido come il suo volto fitto di brutti pensieri. Draco le accarezzò i fianchi. Quasi gli mancava la voce.
« Che stronzo ».
« Sei stato soltanto te stesso ».
Cadde altro silenzio. Una quiete insopportabile, pesante, opprimente, di quelle talmente dense da rendere l'aria irrespirabile. Draco si sentiva sempre peggio istante dopo istante. Era terribile, averla tra le braccia e sentirla nello stesso tempo così fredda, così lontana. Okay, aveva già messo in conto che lei si sarebbe arrabbiata, che sulle prime avrebbe fatto un po' di storie. Ma quello... bè, viverla davvero, tutta quella delusione, era qualcosa di troppo diverso. Draco quasi non riusciva a sopportarlo. La strada si era fatta improvvisamente difficile, tortuosa, piena di buche. Forse lui e Hermione erano troppo diversi per stare insieme. Lui freddo e realista, lei piena di sogni e dall'animo romantico. Lui non riusciva a vedere al di là del profitto, e quindi dei suoi piani, del suo egoismo. Lei, al contrario, vedeva tutto fin troppo chiaramente, ma sperava intensamente di sbagliarsi. Di aver confuso Draco con una persona migliore. L'idea lo demoralizzò profondamente, portandolo a stringere ancora di più quel corpo contro il suo. Non voleva sentirsi in quel modo.
« Granger. » Ostinato, ruppe il silenzio con tono deciso. « Cristo, Granger, dì qualcosa ».
Riuscì a guardarla negli occhi, nel suo viso ora ombroso. Le sfiorò il naso con il suo e poi accostò la fronte a quella di lei, facendo di tutto per stabilire un contatto, una vicinanza più significativa. Le palpebre di Hermione si abbassarono.
« Cosa vuoi che ti dica? » rispose, di una fredda tranquillità.
« Dì che verrai con me, al maniero, domani. » Sussurrò Draco, prendendole il volto tra le mani. « Dì che sarai con me, che giocherai con me e non contro di me. Dì che non mi lascerai da solo ».
« E tu dì che tieni a me sinceramente, e non solo come attrice, dì che non tenterai mai più di usarmi, dì che non sono un'illusa nel voler credere che tu sia davvero una brava persona. » Hermione allontanò il viso per guardarlo con amarezza. « E poi dimmi che io sarò l'unica persona contro cui non giocherai ».
« Ho provato a giocare con te soltanto all'inizio, Granger. Mi hai battuto all'istante. » Si perse a guardarla, la voce bassa e profonda. « Non posso farci più niente ».
« Cosa vuol dire? » domandò lei, sospettosa e incuriosita, gli occhi che vagavano sui suoi lineamenti.
« Che ti voglio con me, maledizione. Non potrei farne a meno. » Draco affondò le dita nella sua uniforme. « Sai bene cosa ne penso di loro, di quei mostri... andiamo, credi che non veda l'ora di trovarmi a che fare con i chili di trucco che hanno sulla faccia, con le loro voci odiose? Salazar, ho già la nausea. Non è roba per me, lo sai. Non lo è mai stata; è per questo che sono qui con una brontolona so-tutto-io che ama contraddirmi e tenermi il broncio per le questioni più futili. Tu mi esasperi, ma... » esitò, fissandola, le labbra ancora aperte e la mente sorprendentemente svuotata, « è qualcosa che mi piace. Capito? Dio, Granger, mi sento un'idiota. Mi fai sputare fuori della roba orribile. Ti detesto, lo sai? » Aggiunse in un sussurro, sfiorandole la punta del naso. « Limoniamo e non parliamone più ».
« Anch'io ti detesto, » le mani di Hermione corsero a sfiorargli il viso, gli angoli delle labbra che tremavano, « perché nonostante tutto, e il tuo carattere a dir poco tremendo, non riesco ad impedirmi di... »
La sua voce sfumò nel silenzio, e un attimo dopo si era chinata su di lui. Draco le intrappolò le labbra furiosamente, non appena si accorse della vicinanza. Le assaporò affondando dentro di lei con più energia di quanta ne avesse premeditata, qualcosa che bruciava tanto da spezzare il fiato, mandando all'aria qualsiasi traccia di controllo. Non riusciva a credere che lei lo avesse perdonato così velocemente. Non era possibile; doveva esserci sotto qualcosa. Forse perché lui era stato quasi dolce? Perché si era sforzato, nonostante non ci fosse riuscito quasi per niente, di dirle qualcosa di carino? Draco non se ne curò più di tanto; l'aveva tra le braccia, l'aveva nella sua bocca, e lei lo aveva baciato per prima. Era fantastico, era puro fuoco. Era qualcosa che non avrebbe saputo descrivere nemmeno impegnandosi, nemmeno con un dizionario accanto. Bastava semplicemente dire che aveva la mente del tutto svuotata, ecco. E che non esisteva altro, davvero, a parte quel corpo meraviglioso che lo stringeva a sua volta. Era in Paradiso, e lei lo baciava con la dolcezza del miele che scorreva lentamente. Forse pensava di riuscire ad addolcirlo, così, di riversare dentro di lui un po' di quel sentimento. Beh, pensò Draco, se davvero era quella la sua intenzione, un po' ci stava riuscendo. Era sul punto di perdere totalmente la testa, di dirle addio con tanto di fazzoletto al vento. E intanto la sua mente si riempiva di cose orribili, diabetiche, romantiche. Più il bacio si allungava, più quella lingua gli rispondeva, più lui avrebbe volentieri dato fuoco a tutta la sua dignità per farla contenta. Le avrebbe detto di tutto, le cose più svenevoli e zuccherose che gli sarebbero saltate in mente. Lei doveva solo chiedere. Ora che lo aveva in pugno, davvero, doveva solo chiedere.
« Facciamolo. » Draco, impetuoso, le fece scorrere la bocca sul collo, le dita chissà dove tra le pieghe dell'uniforme della ragazza. « Granger... Hermione, sto soffrendo ».
« Aspetta. » Il mormorio di lei risultò soffocato da quell'abbraccio serrato. « Attento ».
« Mi manderai al manicomio. » Le braccia di Draco la strinsero forte, e le baciò la guancia, lanciandole uno sguardo. « Sei crudele. Lo fai apposta, accidenti, e io... »
« Se vuoi non ti bacio più » sorrise Hermione, la voce rotta.
Draco la interruppe con un altro bacio intenso, profondo, di quelli che gli fecero sbarellare il poco autocontrollo rimasto. E lei gli rispondeva, eccome se lo faceva. Avrebbe dovuto mettere in moto le mani e tirargli un ceffone forte, staccarlo da sé, dargli una regolata. Invece andava avanti, ed era... terribile. Che odio.
« Qui non ci vede nessuno. » Mormorò, affannato, continuando a baciarle ogni traccia di pelle nuda. « E' buio, siamo soli, e anche se dovesse entrare un fantasma, beh, in fondo cosa impor... »
« No. » Hermione tentò di placarlo in tono gentile ma deciso, le dita artigliate alle sue spalle. « Siamo Caposcuola, e stiamo già trasgredendo le regole. Dobbiamo... » fu interrotta da un nuovo bacio del Serpeverde, « dovevamo parlare della visita a casa tua ».
« Ah... sì. » Draco le baciò ancora il collo, poi risalì sulla mascella, fino ad dischiuderle la bocca. Fu un bacio avventato, quasi violento, e avrebbe avuto lunga durata se Hermione non lo avesse respinto, all'improvviso, allontanandosi da lui. Accostò la fronte a quella del ragazzo e Draco la osservò, deliziosamente rosso porpora, il respiro affannato quanto il proprio. « Sì. Sì. Sarà un gala di beneficenza, comunque ».
« Come... cosa? » domandò lei, il fiato corto e gli occhi ancora chiusi.
« Gala, Granger. Domani... domani a casa mia ci sarà questo evento... »
« Un gala?! » Hermione, riscuotendosi improvvisamente, lo guardò con tanto d'occhi. « E tu me lo dici adesso? »
Draco alzò appena le spalle, ma continuava ad avvinghiarla stretta, senza lasciarle la possibilità di scappare. Quel bacio gli aveva annebbiato la mente. Dio, che effetto gli aveva fatto. Se non gliene avesse dato subito un altro, sarebbe impazzito. Ma quando ci provò, assaggiandole le labbra con passione, la Granger rispose soltanto per un attimo prima di tornare a guardarlo. Sembrava sconvolta. « Un gala » mormorò flebilmente.
« Un ballo. » Rispose Draco, per quanto la sua poca lucidità glielo consentisse. « Una cosa aristocratica, sai. Elegante. Tu sarai la mia dama ».
« Lo avevo già capito. » Sbottò lei impaziente. « Ma sono stati i tuoi genitori a chiederti di invitarmi? ».
« Sì ».
« Che motivo avrebbero avuto? Mi detestano. » Hermione era preoccupata; si morse le labbra. « Forse hanno in mente qualcos'altro. Forse... »
« Di sicuro hanno cattive intenzioni. » Rispose Draco piattamente. « Ma non devi preoccuparti. C'è mia nonna a difenderti ».
Hermione alzò gli occhi al cielo, ironica. « Che stupida, pensare che avrei potuto contare sul mio cavaliere ».
Draco approfittò della sua esasperazione per baciarla di nuovo. Non poteva farne a meno, era inutile. Non riusciva a frenarsi. Ed era una fortuna, davvero, che lei avesse un poco più di autocontrollo, e che provasse a farlo trattenere, almeno un po'; altrimenti, se fosse dipeso da lui, avrebbero avuto già sette o otto figli. Bè, oddio, era una cifra esagerata, ma secondo Draco rendeva bene l'idea. Si sentiva un animale, un cavernicolo. E la bocca di Hermione era la sua dolce e fresca caverna. Lei lo baciò con lo stesso trasporto, ma con un'agitazione più misurata, cosciente. Non ebbe problemi a separarsi e a chiudergli la bocca con un dito, delicatamente, che Draco baciò di riflesso, perché era lei, era sempre e ancora lei. Poggiò la bocca sul polpastrello, e scese verso il palmo, il dorso della mano. La sentì ridere di solletico. Lui sorrise a sua volta, ed Hermione intrecciò le dita con le sue.
« Dovrei tornare al dormitorio. E' tardi ».
« Sì... » Draco la trasse a sé e la baciò a tradimento, un bacio a fior di labbra. « Ciao, verginella ».
Hermione trasformò il sorriso in una smorfia, ma mentre si allontanava verso la porta sembrava risplendere di serenità. Draco la guardò uscire. Si rese conto di avere un'espressione gongolante stampata in faccia. E, oh, anche la cravatta allentata. Se la rimise a posto. Non era andata per niente male, in fondo. Solo un po' di dramma all'inizio, ma quello, beh, era normale. Rimase un po' lì, seduto sulla cattedra, un sorriso leggermente ebete e la mente che vagava nei ricordi della ragazza. Non seppe esattamente quanto tempo passò; gli sembrava di avere ancora quelle labbra sulle sue anche se non c'erano. Poi dopo un po', riscuotendosi, scese e si diresse a Serpeverde.

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