35° capitolo

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Trascorsero tre anni, tre anni di lacrime, di sospiri, di parole non dette, di messaggi non scritti.

In quei tre anni mi ero laureata ed avevo iniziato a lavorare in uno studio di architettura abbastanza rinomato nel centro di Milano, mentre le vendite del mio libro aumentavano continuamente, andando contro ogni mia aspettativa.

In quei trentasei mesi avevo tentato di dimenticare Lorenzo, ma la mia attrazione verso di lui era indistruttibile e, in fondo, dentro di me, lo avevo sempre saputo.

Per voltare pagina mi ero messa con un mio ex compagno di liceo, Marco, che, come me, si era trasferito a Milano per l'università, ma la nostra storia non durò più di sei mesi: sapevamo entrambi che la mia mente e il mio cuore erano da un'altra parte, più precisamente a Londra.

In un primo tempo Marco aveva deciso di sopportare quella mia perenne malinconia, quella palese tristezza sinonimo della mancanza di una parte di me ma poi, con il passare del tempo, si stancò di vedere nei miei occhi l'ombra di un passato che era destinato a non scomparire mai.

Per circa due mesi dal litigio tra me e Lorenzo, vissi in una sorta di crisi: mi dedicavo solo allo studio, tagliando tutto ciò che riguardava il relazionarsi con le persone ma poi, con il passare dei giorni, mi aprii nuovamente al mondo.

C'erano dei momenti in cui mi dimenticavo del nostro litigio: soprattutto durante le partite mi scoprivo ad esultare con un "grandissimo amore mio" ogni volta che Lorenzo faceva goal, per poi ritornare alla dura realtà qualche istante dopo.

Un giorno andai persino a vedere una partita dal vivo. C'era stato un istante in cui i nostri sguardi si erano incrociati, in cui quei suoi meravigliosi occhi azzurri mi avevano osservata profondamente, dando l'idea di leggermi nel pensiero, come solo loro sapevano fare.

Ma era stato solo un momento.

Lorenzo invece, dal canto suo, sembrava aver superato pienamente la nostra relazione: dopo circa un anno e mezzo dalla nostra rottura aveva trovato una nuova ragazza, di nome Kate, e non l'aveva lasciata più. 


Dopo mesi trascorsi a soffrire ad un certo punto avevo deciso di smetterla: la vita era mia e non potevo sprecarla piangendo per una persona che, a quanto pare, sembrava avermi dimenticata senza troppi problemi.


Quello comunque, era un giorno molto particolare: era il 25 ottobre, compleanno di quello che ormai ero abituata a definire come il "mio fratellone", Federico.

Per quanto le storia tra me e Lorenzo si fosse interrotta per me Federico rimaneva sempre un fratello maggiore, quella persona a cui confidare la mia stessa anima senza mai aver paura di essere tradita. Nessuno mi capiva come lui. Nessuno.

Per il suo compleanno aveva organizzato una festa e, ovviamente, mi aveva invitata.

Mi vestii con un abito nero che arrivava appena sopra le mie ginocchia, scarpe col tacco e borsetta dello stesso colore.

La festa era stata organizzata al Bulgari Hotel, in centro a Milano, vicino a Via Monte napoleone.

Quando feci il mio ingresso nella sala fui accolta dallo stesso festeggiato, che corse ad abbracciarmi.

"Ma come siamo belle", mi disse.

Mi intrattenni poi con alcuni suoi amici. Ebbi pure una conversazione con Paulo Dybala, che tra l'altro acconsentì a darmi alcune lezioni di spagnolo.

Mentre prendevo tranquillamente un drink al bar, lo vidi: notai subito i suoi capelli biondi che facevano il loro ingresso nella sala. Dopo qualche istante i nostri sguardi si incrociarono e, per quella che mi parve un'eternità,  nessuno dei due si mosse.

Fui la prima a distogliere lo sguardo, in quanto improvvisamente vennero a salutarmi Nicolò Barella e Federica Schievenin, che non mi vedevano ormai da anni.

Terminata la conversazione con la coppia, mi spostai verso il terrazzo. Avevo bisogno di aria. 

Non mi ero mai ritrovata così vicina a Lorenzo da tre anni a questa parte.

Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla. Avrei riconosciuto quella mano tra milioni. Quante volte mi aveva sfiorata, toccata, accarezzata.

"Mi sei mancata", mi disse.

Non risposi. Cosa avrei potuto dirgli in fondo? Era colpa sua se ora a stento ci parlavamo, non certo mia.

"Scusa se non ti ho mai scritto, volevo farlo"

A quel punto mi voltai per guardarlo dritto negli occhi. "E allora perché non l'hai fatto?"

"Non lo so, per orgoglio, credo"

"Beh comunque complimenti per il rimpiazzo, devo ammettere che sai scegliere", gli dissi sfidandolo.

"Stai parlando di Kate?"

"Sì, quella lì"

"Non è la stessa cosa"

"Ah no?"

"No, lei non è come te. Tra me e Kate non c'è la stessa connessione mentale che c'era tra di noi"

"Oh ma che bella notizia, ora sì che mi sento bene", gli risposi seccata.

"Non essere arrabbiata"

"Non essere arrabbiata? Lorenzo ma ti rendi conto? Mi hai dato dell'idiota e non ti sei fatto vivo per tre anni. Tu cosa faresti al mio posto?"

"Non pensavo quello che ho detto"

"Beh mi sembra un po' tardi per ammetterlo"

Ci fissammo per quello che poteva essere un secondo, come un'eternità, poi io me ne andai, tornando nel mezzo della festa.

Vederlo a pochi centimetri da me mi stava uccidendo.


Lorenzo Chiesa || la prova che il destino esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora