37° capitolo

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Mi trascinai stancamente verso la cucina, asciugando con le mani le lacrime che scorrevano lungo le mie guance.

Presi in mano il biglietto di Lorenzo. Fui lì lì per appallottolarlo e buttarlo via, ma mi fermai.

Osservai quelle lettere, quelle parole, che in quel  momento significavano tutto come nulla.

"Ti amerò per sempre". Lorenzo così mi giurava eterno amore, mentre a casa lo attendeva una modella londinese.

Lo piegai e lo posai sulla libreria del salotto, dove avevo intenzione di lasciarlo fino a che non fosse stato ricoperto dalla polvere.

Per un solo istante mi girai verso il letto, vedendo su di esso l'immagine di Lorenzo. Poi scossi la testa per allontanare quel pensiero. Lui stava con Kate. Punto e basta. Quella era stata solo...

Cos'era stata quella notte? Certo non era definibile come "avventura", viste le parole che mi aveva scritto sul biglietto, ma non era nemmeno la notte tra due fidanzati.

Pensavo a tutto questo mentre facevo colazione. Sicuramente un lato negativo del vivere da sola era la solitudine, quella nube di tristezza che ogni tanto mi assaliva, la cui sola cura non era altro che la compagnia.

Uscii di casa per andare a lavorare, come ogni giorno.

Mentre camminavo con passo spedito per il centro di Milano, diretta verso il mio ufficio, il mio sguardò si posò su uno di quei cartelli che si trovano fuori dai tabaccai, quelli con le notizie più importanti del giorno.

Lessi: "Lorenzo Chiesa torna all'Inter".

Chiusi gli occhi e gli riaprii dopo qualche secondo per assicurarmi che non fosse stato uno scherzo del sonno.

No, non lo era.

Lorenzo era all'Inter, era a Milano. L'avrei incontrato sempre più spesso, il rischio di vederlo sarebbe stato costantemente dietro l'angolo.

Ma come mai non me lo aveva detto? Gli sarebbero bastate tre  parole per dirmi che  sarebbe tornato a Milano. Cosa gli costava?

Accelerai il passo, cercando in tutti i modi di evitare che le lacrime ricominciassero a scendere lungo le mie guance.

Per tutto il giorno non pensai ad altro che a lui, a come si era comportato il giorno prima e a come se ne era andato senza lasciare altro che un biglietto, che mi aveva creato un'enorme confusione in testa.

Ma io, in fondo, lo sapevo qual era il vero problema: io lo amavo ancora. Tutto ciò che avevamo passato non aveva scalfitto in alcun modo quel profondo sentimento che provavo nei suoi confronti.


Quella sera tornai a casa, stanca morta. Ordinai un glovo e mi spaparanzai sul divano guardando la Tv. Non certo la cura migliore per la solitudine ma comunque era rilassante.

Sentii suonare al campanello.

Mi trascinai stancamente verso la porta d'ingresso, consapevole che chiunque fosse mi avrebbe vista con addosso un pigiama peloso e delle pantofole.

Poco contava.

Quando guardai dalla spioncino chi fosse, per poco il mio cuore non si fermò.

Era Lorenzo.

Trassi un profondo respiro e gli aprii.

"Che vuoi?", gli chiesi, senza nemmeno salutarlo.

Mi prese per un braccio, mi trascinò verso di lui, e mi baciò.

Non riuscii a resistergli, ma dopo un po' mi staccai.

"Perchè?", gli chiesi, praticamente in lacrime.

"Perchè ti amo"

"Ma allora perchè te ne sei andato stamattina?"

Nessuna risposta.

"Lo vedi? Non mi dici nulla. Io non ci capisco più nulla Lorenzo! Andava tutto bene fra noi, poi per colpa del litigio di una sera tu non ti fai più vivo per tre anni. Poi ci vediamo alla festa di compleanno di Fede e tu mi dici che ti sono mancata. Il giorno dopo mi baci e mi porti a letto, per poi andartene il giorno dopo lasciandomi un biglietto in cui scrivi che mi amerai per sempre. Poi ora torni qui e mi baci. Mi puoi spiegare cosa vuol dire tutto questo?"

Ormai stavo piangendo a dirotto, ignorando il fatto che probabilmente tutto il mascara che mi ero messa quella mattina era colato sul mio viso, creando degli aloni nero attorno agli occhi.

"Scusa. Il problema è che credevo di poter vivere senza di te, senza la tua voce, il tuo sorriso, ma non ci riesco. E' più forte di me. Non c'è stato giorno in tre anni in cui non abbia pensato a te. Ma ora che sono nella tua stessa città non ce la faccio a starti lontano... non ce la faccio"

"Nessuno ti ha detto che devi starmi lontano, voglio solo capire che cavolo hai in testa"

"te"

"e Kate?"

"La devo lasciare"

"Quando?"

"Domani"

Lo fissai. "Giuri?"

"Giuro. Domani alle otto vieni da me per cena."

E mi porse le chiavi del suo appartamento. "Non serve che suoni, usa le chiavi", aggiunse poi.

"Sicuro?"

"Sono sicuro amore mio"

Detto questi mi baciò, avvolgendomi in un abbraccio, come solo lui sapeva fare.


Lorenzo Chiesa || la prova che il destino esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora